Webserie Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 18 Jun 2021 19:28:18 +0000 it-IT hourly 1 Giovani papi e camerlenghi https://www.fabriqueducinema.it/serie/interviste-tv-serie-tv/giovani-papi-e-camerlenghi/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/interviste-tv-serie-tv/giovani-papi-e-camerlenghi/#respond Wed, 08 Feb 2017 08:23:45 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4132 In selezione al Miami Web Fest, finalista al Los Angeles Web Fest e vincitore del premio Migliore Sceneggiatura/Costumi ma, soprattutto, del premio come Migliore Web Serie Italiana al Roma Web Fest 2016, Il Camerlengo è la webserie dissacrante e satirica diretta da Marco Castaldi, disponibile su Goofie, piattaforma gratuita e indipendente che raccoglie contenuti originali […]

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In selezione al Miami Web Fest, finalista al Los Angeles Web Fest e vincitore del premio Migliore Sceneggiatura/Costumi ma, soprattutto, del premio come Migliore Web Serie Italiana al Roma Web Fest 2016, Il Camerlengo è la webserie dissacrante e satirica diretta da Marco Castaldi, disponibile su Goofie, piattaforma gratuita e indipendente che raccoglie contenuti originali e prodotta da un’inedita squadra di produttori: Primo Reggiani, Matteo Branciamore e Nicolas Vaporidis, a cui abbiamo chiesto di più di questa sua nuova avventura.

«Mi piace il web – spiega Nicolas – perché è una piattaforma favorevole alla sperimentazione. Oltre ad abbattere i costi del 90% è anche, sicuramente, il futuro dell’entertainment, che non vuol dire la morte di cinema, TV o teatro ma affiancarli; cambia il timing e cambia il modo di raccontare i contenuti ma è lo stesso mondo. Il web non è più una piattaforma amatoriale, è un mezzo indipendente che, e lo abbiamo visto, può essere anche remunerativo. Ma manca ancora un canale distributivo serio, e di certo non ci si può affidare solo a YouTube, perché è completamente indisciplinato e la gente è pigra nel cercare i contenuti da sé, quindi finisce per vedere solo quello che emerge. Quello che stiamo cercando di fare noi con Goofie è creare una piattaforma con una linea editoriale forte e continuativa che raccolga nel tempo un pubblico fidelizzato. Vogliamo produrre contenuti liberi ed esteticamente validi, perciò stiamo insistendo perché le scuole di cinema formino sceneggiatori per il web, che ha una forma di racconto tutta sua. È anche questo il risvolto eccitante del web, stiamo creando un linguaggio nuovo».

Come mai Il Camerlengo?

In rete funziona la commedia, gli altri generi hanno regole molto più difficili da adattare al formato web. Non si racconta Narcos in 5 minuti, l’utente non ha il tempo di affezionarsi né di entrare dentro la storia. Ecco perché sul web hanno successo i The Jackal, Willwoosh, i The Pills, perché la commedia ha una linea verticale breve. Anche le barzellette per far ridere devono essere brevi. Il Camerlengo racconta il Giubileo di Papa Francesco in un modo irriverente; il senso della commedia è anche quello: fare domande intelligenti, non convincere né offrire risposte e sono felice che non abbiamo ricevuto nessuna critica dal pubblico.

Recentemente anche The Young Pope ci ha proposto una figura ecclesiastica piuttosto sfrontata.

Non mi permetterei mai di paragonarci, Sorrentino ha fatto lavoro egregio, noi abbiamo solo giocato. Certo… siamo arrivati un anno prima (sogghigna). Siamo abituati a vedere il Vaticano solo in prima serata su RAI Uno in versione “ufficiale”, noi abbiamo provato a cambiare linguaggio e a raccontare cosa succede dietro al potere, sempre giocando tramite il linguaggio della commedia e senza prenderci troppo sul serio. Perché la verità è che siamo sempre noi i primi ad autocensurarci, credo che se lo fai in modo corretto e con un certo stile puoi raccontare anche cose scomode.

C’è una seconda stagione in vista?

Sì, stiamo pensando di far diventare il nostro Camerlengo Papa! Sono in attesa di scoprire cosa partoriranno quei due geniacci malefici degli sceneggiatori.

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Apocalisse zombie a Roma https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/apocalisse-zombie-a-roma/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/apocalisse-zombie-a-roma/#respond Tue, 10 Jan 2017 08:20:52 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3956 Che cosa succederebbe se Roma fosse invasa dagli zombie? È lo scenario che immaginano Alessandro Di Cristanziano, Sandro Donnici e Fabio Luongo, rispettivamente regista e sceneggiatori di (Z)-The Series, premiata nell’ultima edizione del Roma Web Fest per la Miglior Colonna Sonora, Migliore Scena Horror e, soprattutto, con lo Sky Award Antonio Visca, un premio di […]

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Che cosa succederebbe se Roma fosse invasa dagli zombie?

È lo scenario che immaginano Alessandro Di Cristanziano, Sandro Donnici e Fabio Luongo, rispettivamente regista e sceneggiatori di (Z)-The Series, premiata nell’ultima edizione del Roma Web Fest per la Miglior Colonna Sonora, Migliore Scena Horror e, soprattutto, con lo Sky Award Antonio Visca, un premio di 15.000 euro assegnato personalmente dal responsabile di Sky Atlantic, che, mi dice Alessandro, «useremo per fondare una piccola società di produzione e dedicarci in parte a realizzare la seconda stagione di (Z) – per la quale comunque continueremo a cercare altre realtà produttive interessate – in parte per creare nuovi concept o prodotti da presentare ad altre case di produzioni. (Z) è stato un lavoro molto lungo e nel frattempo io e Sandro abbiamo continuato a collaborare, sono nate tante idee». Il premio Sky ha comportato, inoltre, la messa in onda su Sky Generation, nuovo canale temporaneo di Sky.

Come nasce (Z)-The Series?

Un paio di anni fa Sandro Donnici di sua iniziativa mi ha mandato una sceneggiatura: quando l’ho letta sono rimasto molto colpito, perché era facilissima da immaginare, quindi ci è venuto naturale iniziare a lavorarci sopra. La prima stesura era lunghissima, quindi Sandro ha scritto un prologo di 5 minuti in cui abbiamo messo tutte le nostre conoscenze video per fare una cosa accattivante e far partire la campagna di crowdfunding, finita la quale abbiamo messo su un sito per trovare persone che volessero prendere parte al progetto mettendo a disposizione le loro competenze.

L’horror è un genere piuttosto inusuale sul web…

È vero: c’è da premettere che Sandro ha scritto in un periodo pre The Walking Dead, ma quando io ho letto la sceneggiatura il fenomeno zombie era già di moda, perciò ho pensato “se dobbiamo fare una cosa per il web che sia a portata di tutti, tanto vale sia qualcosa di popolare”. Man mano che ci lavoravamo abbiamo deciso di virare verso il cinema classico: scene lunghe, inquadrature larghe, ispirandoci ai classici dell’horror ma anche ad autori che con il genere non c’entrano niente, i Coen, Refn, Nolan, tra gli altri. Alla fine è nato un prodotto forse più per gli addetti ai lavori che per il pubblico, più abituato alla commedia che è un prodotto molto più semplice da fruire sul web, ma questo lo sapevamo in partenza.

Quand’è che sapremo se Roma sarà definitivamente conquistata dagli zombie?

Stiamo pensando alla seconda stagione, per ora abbiamo un canovaccio d’idee che ci piacerebbe la serie seguisse; in base a chi ci sarà e alle produzioni che riusciremo a coinvolgere capiremo quanto potremo potenziarla. L’obiettivo è dar vita a un prodotto esteticamente simile alla prima stagione mantenendo un entourage piccolo, ma avendo un budget più ampio che mi permetterebbe di curare meglio gli aspetti produttivi, senza dover fare tutto insieme e ritrovarmi a scrivere i piani di lavorazione nei posti e nei momenti più impensabili (ride).

 

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Torna Mike in “Forse sono io 2” https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/torna-mike-in-forse-sono-io-2/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/torna-mike-in-forse-sono-io-2/#respond Wed, 02 Mar 2016 17:18:05 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2829 Dopo il successo della prima serie, andata in onda in prima serata anche su MTV Italia, prende il via oggi sul web Forse sono io 2. Sette nuove puntate visibili sia su YouTube che sul sito ufficiale della serie (www.forsesonoio.it). Regista, ideatore e protagonista della serie Vincenzo Alfieri nei panni Michele Miele, meglio conosciuto come Mike, un giovane attore che […]

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Dopo il successo della prima serie, andata in onda in prima serata anche su MTV Italia, prende il via oggi sul web Forse sono io 2. Sette nuove puntate visibili sia su YouTube che sul sito ufficiale della serie (www.forsesonoio.it).

Regista, ideatore e protagonista della serie Vincenzo Alfieri nei panni Michele Miele, meglio conosciuto come Mike, un giovane attore che si barcamena tra un provino e l’altro in cerca della grande occasione e che, nel frattempo, si trova a fare i conti con la sua disastrosa vita sentimentale, che lo porta a incontrare sempre ragazze sui generis.

Forse sono io 2 prende una piega più noir e surreale, pur mantenendo sempre il taglio comedy e irriverente che ha sancito il successo del primo capitolo. In questa seconda serie il già complicato rapporto uomo/donna toccherà il suo punto più estremo, costringendo Mike a imparare una lezione fondamentale: mai ferire una donna. Perché, se ferisci una donna, le conseguenze potrebbero essere terribili… Mike si troverà, infatti, alle prese con un’oscura maledizione che lo porterà anche a credere di essere diventato pazzo. Ad aiutarlo in questo difficile momento, un eccentrico psicologo interpretato da Gianmarco Tognazzinew entry nella serie. Gianmarco Tognazzi e Vincenzo Alfieri_43

Ritroviamo nel cast di questa seconda serie Marco Cassini, Giulio Pampiglione, Valentina Izumì, Marco Gandolfi Vannini ed Elena Cucci. Tra le new entry, oltre a Tognazzi, Stella Egitto, Andrea Cocco, Josafat Vagni, Samuele Sbrighi, Beatrice Arnera e con la partecipazione di Sara Zanier e di Anna Pettinelli.

Spiega Vincenzo Alfieri: «L’ispirazione al personaggio di Mike mi è arrivata guardando la mia generazione, posso dire che racchiude molte fragilità e molti punti di forza della maggior parte dei trentenni che conosco. Se sono riuscito a realizzare Forse sono io, è perché credo fortemente nel gruppo. Ho voluto dar voce a un insieme di professionalità che, a mio avviso, hanno creato un piccolo gioiello».

Sulla pagina Facebook di FORSE SONO IO contenuti inediti, clip in anteprima e pillole di backstage.

 

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Adotta Uno Studente, la webserie https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/adotta-uno-studente-la-webserie/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/adotta-uno-studente-la-webserie/#respond Fri, 20 Nov 2015 14:58:57 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2218 Mattia è abruzzese, ha vent’anni e deve andare a Roma per studiare. Nella capitale è stato da poco lanciato il progetto AUS (Adotta Uno Studente) per cui gli abitanti delle case popolari vengono incentivati a ospitare i ragazzi che si trasferiscono in città per frequentare l’università. È questo il punto di partenza di AUS, webserie […]

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Mattia è abruzzese, ha vent’anni e deve andare a Roma per studiare. Nella capitale è stato da poco lanciato il progetto AUS (Adotta Uno Studente) per cui gli abitanti delle case popolari vengono incentivati a ospitare i ragazzi che si trasferiscono in città per frequentare l’università.

È questo il punto di partenza di AUS, webserie ospitata dal canale online della RAI dedicato proprio alla serialità made in internet (www.ray.rai.it) e vincitrice del concorso del Premio Solinas La bottega delle webseries.

Anche Antonio Marzotto, il regista di AUS, non è romano. Livornese trentatreenne trapiantato a Roma da due anni e mezzo, insieme alla sceneggiatrice Serena Patrignanelli covava da tempo l’idea di un ragazzo che giunge nella capitale per gli studi. Così, quando lui e Serena sentono parlare del concorso del Solinas, si affrettano a mandare il loro progetto. «Abbiamo pensato che la nostra storia potesse essere giusta per quel formato, anche se io personalmente non sono un grande conoscitore di webserie».

Per poter partecipare, spiega la direttrice artistica del Solinas Annamaria Granatello, i concorrenti dovevano inviare le prime due puntate di 7 minuti l’una, una sceneggiatura e tre soggetti per le tre puntate successive. «Siamo stati contattati – racconta Antonio – come finalisti tra i primi dieci. Poi, durante la premiazione, hanno selezionato il nostro progetto e altri due».

Da quel momento in poi, Antonio e Serena, oltre a vincere 2000 euro, iniziano un laboratorio creativo di quattro mesi con dei tutor, gli stessi professionisti che avevano selezionato i vincitori. Oltre a Granatello ci sono lo sceneggiatore Stefano Sardo (Il ragazzo invisibile), Monica Zappelli, autrice della sceneggiatura de I cento passi, l’attrice e sceneggiatrice Monica Rametta (La kryptonite nella borsa), la montatrice Ilaria Fraioli, il regista Ivan Silvestrini, la regista e produttrice Monica Ricci e il produttore RAI Leonardo Ferrara.

Il percorso con i tutor, dice Antonio, «è stata forse la fase più bella, perché non capita spesso di avere dei professionisti che ti ascoltano, ti seguono, si appassionano allo sviluppo dell’idea e contribuiscono ad accrescerla. Siamo sempre stati incoraggiati a spaziare, a evitare la classica situazione della videocamera in cucina con i personaggi che stanno seduti e parlano, ad allargare il mondo narrativo».

Il punto di partenza è stato il materiale che era già stato scritto, poi ampliato arrivando a cinque sceneggiature da presentare alla RAI. «Il salto qualitativo è stato molto evidente», precisa Annamaria, «li abbiamo spinti a osare di più, a lavorare sui personaggi. Ma soprattutto abbiamo scelto di fare un lavoro di tipo orizzontale e non verticale: è vero che spesso le webserie sono “pillole” tutte fondate sulla comicità, ma è stato sviluppato anche l’aspetto della commedia, di una struttura di maggior respiro che potesse essere seguita passando da un episodio all’altro». E il quinto e ultimo episodio si è concluso lasciando tutte le situazioni aperte per il futuro, con l’idea di aver fatto, con le parole di Antonio,«un grande episodio pilota diviso in cinque puntate».

A quel punto, la direttrice di RAI Fiction Eleonora Andreatta ha scelto quale progetto dei tre sviluppati finanziare con 35.000 euro e poi trasmettere sul canale di webserie della RAI. Dopo aver incontrato tutti i ragazzi ed essersi consultata con i tutor della Bottega la scelta è ricaduta proprio su AUS di Antonio e Serena perché, spiega ancora Annamaria, «abbiamo voluto premiare il progetto del regista che aveva lavorato di meno in precedenza: ci siamo presi la responsabilità di fare un vero esordio, da zero». Così, il laboratorio del Solinas è proseguito: nella fase delle riprese, del montaggio e della post-produzione i tutor hanno continuato a stare al fianco di Antonio e Serena.

Ad accogliere Mattia a Roma, interpretato da Giorgio Cantarini, è l’anziana signora Firmina (Barbara Valmorin), dal fare burbero e accanita giocatrice di tressette. Dagli annunci su internet Mattia si era illuso però che la proprietaria di casa fosse la nipote di Firmina, Marta (Alice Torriani), che invece vive a Londra. Intanto la capitale, altra protagonista, fa incespicare il nuovo arrivato in tutte le sue terribili trafile burocratiche, le distanze incolmabili e la solitudine della grande città.

«Io e Serena – racconta il regista – ci siamo divisi i raggi d’azione: io mi immedesimavo di più in Mattia anche se non sono arrivato a Roma così giovane, ma in generale l’ironia che c’è nei confronti della città è più mia. Serena invece è romana, quindi lei ha contribuito di più allo sviluppo dei personaggi caratteristici della città: ad esempio la parlata di Firmina si rifà a quella di sua nonna».

Per ingaggiare gli attori e il resto della troupe, regista e sceneggiatrice sono stati ancora una volta aiutati dal Solinas, che ha svolto il ruolo della produzione esecutiva. Per gli interpreti, spiega ancora Antonio, «abbiamo fatto dei casting mirati e non aperti, perché avremmo rischiato di perdere troppo tempo. Barbara Valmorin l’avevamo vista poco prima nel film di Ascanio Celestini La pecora nera. Siamo andati a casa sua e lei si è subito innamorata dell’idea. Per quanto riguarda Giorgio Cantarini invece ci era venuta la curiosità di vedere quanti anni ha adesso il bambino di La vita è bella, così abbiamo scoperto che aveva esattamente l’età del personaggio di Mattia, circa venti anni. All’epoca si stava diplomando al Centro Sperimentale, io sono andato a vederlo recitare in un saggio finale e così è iniziato tutto».

Oggi la “serie pilota” di AUS è online, e sembra che stia andando molto bene: «Barbara Valmorin – conferma Antonio – mi ha addirittura raccontato che è stata fermata per strada da dei ragazzini che le hanno chiesto se lei era la signora che ospita Mattia».

Le cinque puntate, a differenza di quanto accade di solito su ray, sono state messe online tutte insieme. «Una distribuzione innovativa», la definisce Annamaria, che fa in modo che si possano vedere tutte d’un fiato e magari sperare che ne arrivino di nuove. Ma ci sarà un seguito? «Vedremo che intenzioni hanno alla RAI… Ma se lo chiedete a me – conclude sorridendo Antonio – spero proprio di sì».

 

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Arrivano gli showrunners! https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/arrivano-gli-showrunners/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/arrivano-gli-showrunners/#respond Fri, 24 Jul 2015 15:39:50 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=1751 Nel nuovo panorama della serialità italiana si sta imponendo la figura anglosassone dello showrunner, l’autore o il gruppo di autori che seguono una serie dalla scrittura fino ai più piccoli dettagli produttivi. In Italia l’esempio di maggior successo è 1992, ma ci sono realtà più piccole che stanno scommettendo su questo paradigma. Una di queste […]

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Nel nuovo panorama della serialità italiana si sta imponendo la figura anglosassone dello showrunner, l’autore o il gruppo di autori che seguono una serie dalla scrittura fino ai più piccoli dettagli produttivi. In Italia l’esempio di maggior successo è 1992, ma ci sono realtà più piccole che stanno scommettendo su questo paradigma. Una di queste è Io tra 20 anni, spinoff web della serie Una grande famiglia. Fabio Paladini e Sara Cavosi, i due giovanissimi showrunner della Cross produzioni che l’hanno curata, ci raccontano la loro esperienza.

Sara, sei appena uscita dal Centro Sperimentale di Roma e ti sei subito trovata in questo progetto ambizioso. Come sei approdata a Io tra 20 anni?

S: Avevo saputo che alla Cross stavano cercando una figura giovane, uno sguardo femminile, e così ho deciso di inviare il mio curriculum e alcuni miei scritti. Fabio già lavorava lì (tra l’altro ho scoperto che anche lui aveva letto le mie cose, le ho trovate in un cassetto!). Dopo un colloquio ho iniziato, e già allora il progetto era nell’aria: la Rai voleva sperimentare con una serie che raccontasse i personaggi della serie principale, vent’anni prima. Ricordo una riunione in produzione insieme alla Rai e a Ivan Silvestrini: Ivan ha spiegato che cercava una ragazza da affiancare a Fabio ed «eccola, ce l’abbiamo!», hanno risposto. Per me è stato un battesimo.

Quindi iniziate subito a lavorare insieme al regista della serie, Ivan Silvestrini, e allo showrunner della serie principale, Ivan Cotroneo.

S: Silvestrini ha subito creato un team che funzionava, facendoci sentire che eravamo importanti, che il progetto sarebbe stato “nostro”, di tutti e tre. Cotroneo ci ha seguito nell’ideazione delle puntate perché tiene tantissimo a Una grande famiglia, e hai suoi personaggi. Poi, in un secondo momento, ci ha lasciati molto più liberi.
F: Sì, ci siamo trovati a lavorare con questi elementi: verticalità, casa sull’albero, capsula del tempo, personaggi di una grande famiglia.

Parlando di questi elementi, da cosa nasce l’idea della capsula del tempo?

F: Da Ivan, e questo è un aneddoto divertente. Lui ha una figlia, per cui un giorno arriva e ci dice tutto entusiasta: «Ho visto Peppa Pig, in una puntata c’è una capsula del tempo, facciamolo anche noi!», e l’abbiamo fatto!

Dopo il percorso di scrittura, a differenza di quello che succede di solito, avete seguito il regista anche nella produzione e addirittura sul set.

S: Il momento più folle è stato forse al tecnopolo, dove abbiamo girato gli interni della casa sull’albero. Ci avevano assicurato che ci sarebbe stato il wifi, invece non c’era e noi dovevamo fare dei cambiamenti da inviare di corsa alla produzione… Abbiamo dovuto disperatamente cercare una connessione internet! Il ritmo era molto serrato.

F: Si è girato tutto in sei giorni. È stato molto divertente.

Questo coinvolgimento per tutta la fase produttiva e di riprese, come ha influito sul copione che avevate scritto?

F: Ivan ci ha voluto con lui a seguire i casting sin dal primo momento.

S: Il caso sicuramente più interessante è stato quello di Marta Jacquier. Quando l’abbiamo vista ci ha colpito subito, sia noi che Ivan la volevamo nella serie. Il personaggio inizialmente era molto più svampito di com’è lei: Marta ha uno sguardo molto consapevole, maturo. Quando l’abbiamo vista ai provini, abbiamo deciso di ricalibrare il personaggio su di lei e ha funzionato.

F: Siamo stati responsabili di scelte importanti, che vanno al di là del solito lavoro dello sceneggiatore: trattandosi sempre di una webserie (anche se per essere una webserie ha un impianto solido), è una di quelle situazioni in cui ti trovi a dover fare un po’ tutto: ci siamo trovati a dover girare i contributi extra per il portale, come le clip in cui si presentavano i personaggi, perché in sei giorni Ivan non poteva seguire tutto. E allora ci siamo armati di telecamera, siamo andati e abbiamo girato.

S: E poi se sei sul set gli attori vengono da te…

F: “Come devo dire questa battuta, quest’altra non mi torna…”. È un tipo di lavoro molto interessante, nuovo, per chi viene da una preparazione classica.

Fabio, tu in particolare vieni da una formazione ibrida, di sceneggiatore televisivo da una parte e di filmmaker web dall’altra.
F: Ho frequentato il Centro Sperimentale di Milano, poi sono venuto a Roma e da lì ho iniziato a lavorare in reparti di scrittura. Ho vissuto una certa flessione del mercato televisivo rispetto a Sara, perché ho iniziato a lavorare a Roma nel 2007 e fino al 2010 la situazione a livello lavorativo era molto diversa, c’erano produzioni che investivano su giovani sceneggiatori perché producevano lunga serialità consolidata. Dopo è cambiato tutto. Io però ho anche una formazione di filmmaking, e a un certo punto ho deciso di investire sul web. A posteriori mi rendo conto che è stato un po’ tutto questo a portarmi dove sono adesso. Se non avessi fatto Soma [la webserie di cui ha firmato i primi due episodi, premiata con cinque awards al LosAngelesWebFest] non avrei conosciuto Ludovico Bessegato [della CROSS production, la produzione dietro a Io tra 20 anni].

Com’è successo?

F: Un giorno un’amica comune mi dice: «Dovresti farti due chiacchere con Ludovico». Ci siamo presi un caffè e gli ho parlato dei miei progetti da filmmaker, così chiacchierando ha scoperto che in realtà venivo dalla televisione più classica, non ero solo il filmmaker fricchettone che faceva i fantathriller! Da lì ho iniziato a lavorare con lui. Avevo scritto delle puntate anche di prima serata, ad esempio quando lavoravo su La Squadra, però ecco, ero sempre stato un autore di puntata, mai curatore di un’intera serie.

Dopo questa esperienza, voi invece come vi vedete tra vent’anni?
F: Io starò pagando l’università a mio figlio, che adesso ha due mesi! Mi piacerebbe continuare a lavorare con questo sistema, a essere showrunner e scrivere belle serie.

 S: Ho in mente anche il cinema, vorrei scrivere un film. Ma le possibilità di racconto che ti dà una serie mi affascinano. Siamo cresciuti con le serie internazionali, spero che un giorno potrò dire di averne scritta una anche io.

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Preti https://www.fabriqueducinema.it/serie/interviste-tv-serie-tv/preti/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/interviste-tv-serie-tv/preti/#respond Fri, 24 Apr 2015 08:35:41 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=1319 In tempi di apoteosi bergogliane c’è ancora chi ha il coraggio di fare satira sul cattolicesimo: con uno stile originalissimo (basta ascoltare il doppiaggio) Preti ha fatto il boom di visualizzazioni in rete. Fabrique ha scovato l’autore Astutillo Smeriglia aka Antonio Zucconi grazie a uno dei suoi amici e collaboratori storici, l’attore Guglielmo Favilla, voce […]

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In tempi di apoteosi bergogliane c’è ancora chi ha il coraggio di fare satira sul cattolicesimo: con uno stile originalissimo (basta ascoltare il doppiaggio) Preti ha fatto il boom di visualizzazioni in rete. Fabrique ha scovato l’autore Astutillo Smeriglia aka Antonio Zucconi grazie a uno dei suoi amici e collaboratori storici, l’attore Guglielmo Favilla, voce del giovane prete-stagista della serie. Ecco il loro dialogo surreale, beffardo e irriverente.

Guglielmo. Eccoci qui. Vorrei chiederti un sacco di cose, sull’amicizia, sulla saggezza e l’immortalità, ma alla fine mi limiterò a un blandissimo “Come nasce Preti”?

Antonio. Preti è nato come cortometraggio, ma già pensato per essere suddiviso in piccoli episodi per una serie web. Ogni scena è infatti più o meno autoconclusiva e funziona anche da sola. È la prima volta che una mia animazione esce dal circuito dei festival di cortometraggi. I corti precedenti venivano sempre piuttosto ignorati quando li mettevo in rete, Preti invece è esploso. Non ho mai capito perché. Tu hai qualche ipotesi?

G. Mah, forse perché della fatal quiete tu sei l’imago a me sì cara vieni o sera.

A. Non credi che magari sia anche dovuto al fatto che siamo stati bravissimi?

G. Parla per te. Io direi due parole su Fabrizio Odetto, il doppiatore del prete più anziano. Fabrizio è stato un apporto fondamentale. Intanto è un doppiatore vero. E poi è un grande attore. Sarebbe bello fare più serie web in tandem. Ma anche seduti in casa propria va benissimo.

A. A proposito, a me sembra che oggi ci sia un clima propizio alla realizzazione di una bella serie web sull’Islam. Pensavo a una ucronìa in cui l’arcangelo Gabriele, invece di annunciare la gravidanza a Maria e dettare il Corano a Maometto, si confonde e fa il contrario. Che ne pensi? Tu fai Gabriele e Fabrizio fa Maometto e la Madonna.

G. Non vedo l’ora. Fosse per me vivrei sempre nel ripostiglio di casa tua pronto all’uso, ogni volta che vuoi. Intendo come doppiatore.

A. Perché secondo te le religioni hanno tutto questo successo?

G. Non lo so, però mi sembra incredibile. Mi ha sempre stupito tantissimo che la gente sia così sospettosa quando deve comprare una macchina usata, mentre se si tratta di metafisica crede senza problemi alle cose più pazzesche: miracoli, resurrezioni, paradisi. Al di là del fatto che queste cose siano vere o false, tutti siamo d’accordo che siano pazzesche, no? Eppure vengono generalmente accettate senza fare domande. Prova a vendere una macchina invisibile se ci riesci, invece Dio si vende benissimo.

A. Mi hai tolto le parole di bocca.

G. Tu hai mai creduto in Dio?

A. Da giovane, sì. Ma quando uno non si fa trovare per vent’anni, cosa ti viene da pensare?

G. Mah, che è uno schivo. O che mi deve dei soldi. Però almeno una telefonata la poteva fare, ecco. Perché adesso non pubblicizzi un po’ tutte le tue altre animazioni fichissime?

A. “Fichissimo” è una parola grossa. La prima cosa da dire è che io, a differenza tua che hai studiato per fare il mestiere che stai facendo, non ho studiato per fare animazioni. Io avevo studiato per scoprire come si formano le stelle, non è una battuta, ma siccome dopo due anni di lavoro tutto quello che avevo scoperto era la mia infelicità, ho deciso di lasciarlo scoprire agli altri e così, dopo varie peripezie, nel 2008 mi sono messo a fare animazioni. Disegnare è l’unico modo che ho trovato per realizzare le mie storie, ma non è una cosa che faccio volentieri, anzi. A me piace scrivere, la parte visiva la lascerei volentieri ad altri. Per esempio l’ultimo corto, Homo homini bisonte, è stato disegnato da Emanuele Simonelli, in arte Emanuelesi, un bravissimo illustratore. Ho insistito tre anni per convincerlo a lavorare con me.

G. Alla fine come hai fatto a convincerlo?

A. Beh, ho tirato fuori tutta la mia classe e il mio fascino e l’ho implorato.

G. Sono molto belle anche le musiche di quel corto.

A. Sono di Vivaldi, Albinoni, Händel e Telemann e sono state composte appositamente per questo corto circa trecento anni fa.

G. Ma in generale c’è una gran cura nella scelta delle musiche per tutti i tuoi corti animati. Complimenti.

A. Da questo punto di vista ogni corto ha una storia a sé. Per esempio Il giorno del Jujitsu ha musiche originali, scritte da un compositore addirittura vivente che si chiama Stefano Galeone e che si è inventato una specie di musica barocco-giapponese; invece Il pianeta perfetto, che parla di un tizio condannato per aver storpiato Bach, ha quasi esclusivamente una sola musica, cioè la tredicesima variazione Goldberg di Bach, che mi sono premurato di suonare di persona senza nessuna vergogna; poi c’è Preti che in pratica è senza musica, c’è solo la canzone creative commons dei titoli di testa e di coda.

G. Due cose per chiudere. Meglio l’amarone o lo sfursat*?

A. L’amarone, poi?

G. Che vuol dire “ucronìa”?

[* Lo Sforzato o Sfursat di Valtellina è un vino passito prodotto a Sondrio (da Wikipedia).]

 

Preti

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Sorpresa “Endless”, thriller onirico in Sicilia https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/sorpresa-endless-thriller-onirico-in-sicilia/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/sorpresa-endless-thriller-onirico-in-sicilia/#respond Wed, 25 Mar 2015 09:50:32 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=1209 Pubblicate da meno di un mese su Youtube, le prime due puntate della webserie “Endless” hanno attirato l’attenzione di migliaia di spettatori. Prodotta da RockBet Produzioni e Velvet, girata da Lucilla Mininno e disponibile anche in versione “internazionale” con sottotitoli, il thriller onirico Endless (otto puntate da dieci minuti) sarebbe già lanciato verso una seconda […]

L'articolo Sorpresa “Endless”, thriller onirico in Sicilia proviene da Fabrique Du Cinéma.

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Pubblicate da meno di un mese su Youtube, le prime due puntate della webserie “Endless” hanno attirato l’attenzione di migliaia di spettatori. Prodotta da RockBet Produzioni e Velvet, girata da Lucilla Mininno e disponibile anche in versione “internazionale” con sottotitoli, il thriller onirico Endless (otto puntate da dieci minuti) sarebbe già lanciato verso una seconda stagione. Alla base del successo del progetto una scelta audace: girare per il web come per il cinema, prendendosi il lusso di scegliere una chiave narrativa – suggestiva e visionaria – assai poco praticata nel frenetico mondo della rete.

Lucilla, Endless ha un ritmo più da sala che da web…

In effetti Endless non è nata come prodotto per il web, ma per il cinema. Ho scelto il web per la grande libertà che mi offriva, soprattutto in termini di distribuzione. Attraverso il web posso far circolare la mia storia senza impigliarmi nelle difficoltà della macchina distributiva istituzionale. E comunque in sala in qualche modo ci siamo arrivati: al cinema Iris di Messina le nostre puntate saranno proiettate prima dei film “ufficiali”.

Non a caso Messina, visto che Endless è girato in Sicilia. Perché là?

Non giro nulla se prima non conosco i posti. E la Sicilia ha dei paesaggi incredibili. Avendo scelto un’impostazione così onirica, più gli snodi della serie si facevano evocativi e più sentivo il bisogno di cercare luoghi che trasudassero, per così dire, sangue.

Il web ti ha permesso anche maggiore libertà a livello creativo?

Sì. Ho sviluppato la storia come preferivo. Se fossi andata da un produttore classico, presentandogli il progetto, credo che mi avrebbe riso in faccia. Endless è un prodotto difficile da raccontare, visivo, evocativo, lavora sulle suggestioni…

Proviamo a raccontarlo?

Lo definirei un thriller onirico. Una storia che ha una componente visionaria, perché lascia allo spettatore la voglia e la capacità di immaginare, e insieme una componente di thriller, con il classico “puzzle” da ricomporre.

Il cinema di David Lynch sembra essere un riferimento importante.

Lo è, come Fellini. Sono due autori di cui ho visto tutto. Del resto… bisogna copiare dai grandi, no?

La libertà di cui parli si è riflessa anche nel lavoro sul set?

Assolutamente sì. Partivo da una sceneggiatura, che ho seguito in maniera fedele. Ma molte cose sono andate aggiungendosi via via, durante la lavorazione. Del resto il mio background è nel teatro e nell’improvvisazione… Molto del materiale creato in questo modo finirà nella seconda serie di Endless. Così come intendo usare anche i suggerimenti arrivati dagli spettatori… sono aperta a tutto, Endless è nato come un progetto supercreativo e tale deve rimanere.

Il tuo curriculum è eterogeneo: attrice, regista, sceneggiatrice, persino montatrice…

Tutto è stato molto naturale. Ho studiato come attrice, poi ho cominciato a scrivere e ho fatto per dieci anni la drammaturga per il teatro. Le competenze e le passioni sono andate accumulandosi. Per ultima è arrivata la regia.

Altri progetti in corso?

Sono al lavoro su due lunghi, un adattamento cinematografico dell’Amleto, che ha già un patrocinio Rai e di cui ho girato un pilot di dieci minuti, e un altro film, più vicino per sensibilità a Endless, dal titolo provvisorio Ninuccio.

Credi che nel cinema italiano ci sia spazio per le donne registe?

Sono cresciuta in Puglia, mi sento una donna molto concreta. Perciò ammetto che per le donne la fase “fisica” della regia possa essere forse più problematica che per gli uomini. Gestire il lavoro del set è un massacro, servono concentrazione, forza e nervi saldi. Ma non sono prerogative esclusivamente maschili. Il mondo cinematografico oggi appartiene agli uomini, sta a noi lottare per riprendercelo.

www.endlesstheseries.com

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Francesca Marino: action woman https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/francesca-marino/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/francesca-marino/#respond Tue, 10 Mar 2015 15:45:35 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=1079 Dopo aver girato due interessanti corti esteticamente molto curati, la ventiquattrenne Francesca Marino ha ideato una webserie e sogna di girare la sua opera prima con Lorenzo Richelmy. Entrata al corso di regia del Centro Sperimentale a soli 20 anni, Francesca Marino si è diplomata pochi mesi fa e, nonostante la giovane età, è già […]

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Dopo aver girato due interessanti corti esteticamente molto curati, la ventiquattrenne Francesca Marino ha ideato una webserie e sogna di girare la sua opera prima con Lorenzo Richelmy.

Entrata al corso di regia del Centro Sperimentale a soli 20 anni, Francesca Marino si è diplomata pochi mesi fa e, nonostante la giovane età, è già da molto che porta avanti contemporaneamente le sue due grandi passioni, entrambe legate a doppio filo al lavoro sull’immagine: la fotografia e la regia. Se come fotografa è affascinata dalle possibilità espressive insite nei ritratti e realizza in particolare book fotografici per attori, come regista sta iniziando a farsi notare per un particolare sguardo in cui convivono una regia dinamica (che si alimenta di piani sequenza, ralenti e suggestivi avvicinamenti della macchina da presa ai volti degli attori) e una forte componente emotiva che emerge tanto dallo stile quanto dallo sviluppo narrativo. Questo incontro tra dinamicità della messa in scena e attenzione per i rapporti umani – evidente nei cortometraggi Knockout (2013) e L’uomo senza paura (2014) – sembrano il tratto distintivo di Francesca, amante del cinema d’azione e di genere ma anche attratta da personaggi oscuri e problematici.

Trovo interessante la tua passione per i piani sequenza e i ciak lunghi. In fondo, rappresentare la dimensione temporale nella sua estensione, è proprio ciò a cui i fotografi non possono aspirare.

Esattamente. In più, uno dei motivi per cui ricorro spesso a questo tipo di ripresa è la mia passione per gli attori. Il piano sequenza o il ciak lungo, oltre a valorizzare un movimento di macchina e a essere una scelta stilistica virtuosa, è anche funzionale a esaltare le interpretazioni. Per esempio, il piano sequenza de L’uomo senza paura in cui padre e figlio sono in macchina, l’ho proprio pensato come un regalo ai due attori. Nonostante avessi coperto la scena con primi piani, piani a due e inquadrature dall’interno del veicolo, in fase di montaggio ho poi deciso di non proporre alcuno stacco per lasciare spazio alle loro performance. Il piano sequenza di cui vado più fiera, comunque, è quello di Knockout, in cui seguo Lorenzo Richelmy per quasi quattro minuti dall’arrivo al parchetto in motorino, fino alla sua ripartenza.

Sia per il tema trattato che per la struttura narrativa, Knockout mi ha ricordato molto un altro tuo precedente corto, L’incontro.

L’incontro è il mio corto di ammissione al Centro Sperimentale ed effettivamente è costruito in maniera molto simile a Knockout. Dopo aver affrontato con il primo la violenza sulle donne, desideravo raccontare anche la storia di una violenza sessuale subìta da un uomo. Lo spunto per raccontare entrambe le storie nasce dal romanzo di Alice Sebold Amabili resti, ma l’idea di Knockout ha preso vita solo dopo aver letto un articolo in cui si diceva di come la violenza sull’uomo è vista in maniera diversa dalla società perché si pensa che i maschi siano capaci di difendersi, e dunque non sarebbero davvero vittime. Mi interessava riflettere sul tema della crisi della virilità e poi naturalmente, dal punto di vista drammaturgico, ho sfruttato il fatto che il protagonista volesse mantenere il segreto sul suo trauma.

Guardando i tuoi lavori, si nota subito una grande attenzione per la messa in scena. L’evidente componente energetica della regia mi ha in alcuni casi ricordato il cinema di Kathryn Bigelow. Quali sono i tuoi registi di riferimento?

Sono molto attratta dal cinema d’azione. Ti potrei fare tanti nomi di registi che mi piacciono ma, da questo punto di vista, uno dei miei preferiti è senz’altro Tony Scott. In particolare, adoro Man on Fire con Denzel Washington e Dakota Fanning. Sogno di girare un action movie, ma sono consapevole che in Italia è difficile trovare i soldi per farlo bene e allora, più realisticamente, punto a un cinema di genere. È curioso che citi proprio Kathryn Bigelow, perché in effetti Daniele Luchetti, il mio insegnante del Centro, una volta mi disse che avevo un modo di girare simile al suo. In particolare, della Bigelow mi piace tantissimo l’uso dello zoom, una figura stilistica molto poco sfruttata in Italia.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Il mio principale obiettivo è quello di esordire il prima possibile nel lungometraggio. Ho un trattamento che è stato da poco sottoposto all’attenzione di diverse produzioni, tra cui anche la Rai. Per ora preferisco non svelare la storia del film, così come il titolo. Posso dire però che si tratta di una storia romantica inserita all’interno di una cornice thriller dalle atmosfere hitchcockiane. Il trattamento l’ho fatto leggere a Lorenzo Richelmy, il mio attore feticcio, con il quale oltre che per Knockout ho collaborato anche per diversi servizi fotografici. Il progetto gli è piaciuto molto e gli piacerebbe farne parte. Certo, sempre che il film si riesca a fare, c’è anche da considerare che la carriera di Lorenzo è in un momento di svolta e credo che lui debba ancora decidere con che cosa ricominciare in Italia dopo la straordinaria avventura del Marco Polo.

Oltre alla tua opera prima, stai lavorando a qualcos’altro?

Sì, nel frattempo ho girato due puntate pilota di Unisex, una webserie che non ha nulla a che vedere con Knockout, L’uomo senza paura o L’incontro. Il registro è quello della commedia ed è tutta strutturata sotto forma di interviste a diversi personaggi, il timido, il palestrato, la romantica, la femminista e così via. Ognuno affronta temi che permettono al mondo maschile e a quello femminile di incontrarsi (tra gli altri, ad esempio, ci sono un episodio dedicato alla tecniche per toccare le tette alle ragazze senza rischiare di essere presi a schiaffi…). Anche la webserie è in attesa di una risposta da Rai Fiction. L’intento è trovare una produzione che acquisti il format, oppure paghi lo sviluppo o la distribuzione. Se non dovessi riuscirci, proverei comunque a fare tutto da sola: insomma, sono o no una donna d’azione?

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