Venezia 79 Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 26 Sep 2022 08:49:32 +0000 it-IT hourly 1 Chiara, la santità secondo Susanna Nicchiarelli https://www.fabriqueducinema.it/festival/chiara-la-santita-secondo-susanna-nicchiarelli/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/chiara-la-santita-secondo-susanna-nicchiarelli/#respond Sat, 10 Sep 2022 10:49:59 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17663 Chiara di Susanna Nicchiarelli è l’ultimo film italiano del concorso di Venezia 79, e compone una ideale trilogia con Nico 1988 e Miss Marx. Un affresco che attraversa i secoli con al centro tre figure femminili, analizzate nel rispettivo contesto storico e culturale, seguendo la loro ricerca di se stesse, del loro posto nel mondo, […]

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Chiara di Susanna Nicchiarelli è l’ultimo film italiano del concorso di Venezia 79, e compone una ideale trilogia con Nico 1988 e Miss Marx. Un affresco che attraversa i secoli con al centro tre figure femminili, analizzate nel rispettivo contesto storico e culturale, seguendo la loro ricerca di se stesse, del loro posto nel mondo, del loro rapporto tra pubblico e privato.

E proprio tenendo presente questo percorso, probabilmente Chiara è il film meno a fuoco dei tre, quello più difficile sia da un punto di vista drammaturgico che formale, un rischio che Susanna Nicchiarelli ha il merito di aver voluto correre, riuscendo a restituire grande lirismo in alcuni momenti e lasciandone altri più opachi, meno approfonditi.

Raccontare la storia di una ragazza di famiglia nobile che nei primi anni del 1200 decide di spogliarsi delle sue ricchezze per sposare la povertà e la preghiera è impresa non facile, se non si vuole cadere nello sterile biografismo cinematografico, ma la sintesi a cui perviene Susanna Nicchiarelli forse è troppo estrema: la “vita precedente” di Chiara è raccontata in una sola scena, sbrigativamente, e chissà se non avrebbe acquisito maggiore ricchezza il personaggio di Margherita Mazzucco (che abbiamo conosciuto con le tre stagioni de L’amica geniale) se l’avessimo vista più in crisi nell’atto di compiere questa scelta.

In ogni caso, si capisce che la regista in questa occasione abbia voluto optare per una messinscena più stilizzata rispetto ai due film precedenti, una narrazione portata avanti più per quadri, per moduli narrativi, che non per concatenazione di eventi. In questo senso trovano ragion d’essere anche i momenti musicali del film, che sono degli spiragli di libertà, di presa di coscienza, di evoluzione del mondo di Chiara e delle altre donne che si uniscono al suo ordine.

E a proposito di ordine, due elementi fondamentali del film sono proprio i confronti/scontri che Chiara ha con Francesco d’Assisi (Andrea Carpenzano) e papa Gregorio IX (Luigi Lo Cascio).

Si tratta, in entrambi i casi, di figure tratteggiate un po’ superficialmente, più per quel che riguarda Francesco, che si ha quasi l’impressione sia un personaggio di ambigui sentimenti, che il cardinale Ugolini, successivamente papa Gregorio, a cui comunque l’interpretazione di Lo Cascio dà uno spessore importante (la scena del pranzo è una delle sequenze memorabili del film).

Senza rivelare troppo, il finale è l’apice di tutta la visione, quello in cui Susanna Nicchiarelli si gioca tutte le sue carte dal punto di vista della visionarietà, della libertà espressiva, della leggerezza, della tenerezza, e anche del ritmo, grazie alla musica e al montaggio. Insomma, quando c’è il marchio della regista, quando si impongono il suo sguardo e il suo stile il film è più riuscito.

Tre note conclusive di grande merito: la lingua in cui è scritto il film, un volgare musicale e suadente; le sublimi location; la commovente dedica alla storica Chiara Frugoni, nostra grande medievista.

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Siccità, la Roma più arida di sempre è targata Paolo Virzì https://www.fabriqueducinema.it/festival/siccita-la-roma-piu-arida-di-sempre-e-targata-paolo-virzi/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/siccita-la-roma-piu-arida-di-sempre-e-targata-paolo-virzi/#respond Fri, 09 Sep 2022 07:24:25 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17625 Tanti, troppi film sono ambientati a Roma, non è una novità. Ma quando un autore ne fa una distopia decidendo di prosciugarla per una crisi idrica, ovviamente giusto con effetti visivi, la cosa si fa più interessante. Mettiamoci pure un bel cast numeroso messo in scena con bilanciata coralità aggiunto alla firma di Paolo Virzì […]

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Tanti, troppi film sono ambientati a Roma, non è una novità. Ma quando un autore ne fa una distopia decidendo di prosciugarla per una crisi idrica, ovviamente giusto con effetti visivi, la cosa si fa più interessante. Mettiamoci pure un bel cast numeroso messo in scena con bilanciata coralità aggiunto alla firma di Paolo Virzì e il gioco è fatto. Almeno per le prime aspettative che si erano già viste dal trailer. Il regista livornese sbarca al Lido ufficialmente fuori concorso, inoltrandosi nelle spire del drammatico, non sempre generose con lui, ma lo spettacolare azzardo per Siccità ci conduce quasi dalle parti del disaster movie. E anche per la situazione di surreale stasi apocalittica nel cuore della nostra Italietta di sfruttatori e di sfruttati, nonché per il generoso parterre di attori, ricorda vagamente L’ingorgo di Luigi Comencini.

In questa Roma anche sui pavimenti delle case borghesi vivono di nascosto gli scarafaggi, Virzì ci tiene sempre a farci notare quanto la sete e la sporcizia diventino generali e trasversali in questa Roma in caduta libera. L’acqua è razionata e i vigili urbani inseguono i trasgressori che utilizzano l’acqua per lavare l’auto. Cosa vietatissima. Intanto l’estate torrida ha seccato il Tevere mostrandocelo vuoto come una specie di giallastra discarica abusiva.

Dai quartieri bene l’influencer Tommaso Ragno dispensa saggezze fioccanti di like e commenti col suo smartphone; l’autista Valerio Mastandrea attraversa invece la città e le manifestazioni violente alle prese con allucinazioni dal suo passato sedute sul suo sedile posteriore; Elena Lietti spreca acqua annaffiando di nascosto una piantina mentre messaggia febbrilmente; Silvio Orlando fa un carcerato di Rebibbia, sorridente pure se di lungo corso; e Gabriel Montesi è un borgataro che ricomincia a lavorare dopo un difficile periodo di stop.

Ma ci sono pure Vinicio Marchioni, Sara Serraiocco, Monica Bellucci, Max Tortora, Emanuela Fanelli, Claudia Pandolfi e Diego Ribon (gustosissimo il suo serioso climatologo veneto salito agli onori delle cronache). Tutti personaggi necessari i loro, ognun col proprio peso narrativo, e perfettamente stilizzati. Pregio di una scrittura orizzontale che tesse una rete abilmente snodata dall’inizio alla fine lasciandoci esplorare i meandri di un mondo-Roma inedito e stupefacente. E, nella loro tragicità, prendendo vita dal calamaio di un commediografo, non mancano neanche di farci sorridere amaramente.

Giunge alla sua opera più matura Virzì, complice anche la pandemia Covid. Siamo di fronte a un affresco distopico e di costume perché racconta non proprio un futuro, ma un oggi diverso, possibile e speriamo non probabile, fatto di anime che sono tra noi. Forse è questo lo spirito del tempo colto da un regista come lui. Per questo Siccità è accostabile alla sua pièce teatrale Se non ci sono altre domande, ma pure al suo più celebre Ferie d’agosto. Entrambi corali, totali, e guarda caso, con Silvio Orlando.

Impressionano il dramma ambientale e sociale, il senso di sconforto e disorientamento di fronte alla privazione di acqua. H2O come elemento fondamentale della vita, dell’equilibrio e della sanità. Toglierla a un paese e alla sua capitale fa venire quasi le traveggole, come una visione di pre-Natività in mezzo al letto seccato del Tevere, quando uno dei protagonisti guarderà attonito un uomo simile a un San Giuseppe immigrato, in cammino a condurre con sé un asinello sul quale siede una ragazzina incinta. Insomma, Siccità vi potrebbe seriamente scoppiare dentro al cuore quando uscirà al cinema. Non all’improvviso, ma il 29 settembre.

 

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Casa Fabrique 2022, i ritratti dei protagonisti https://www.fabriqueducinema.it/magazine/attori/casa-fabrique-2022-i-ritratti-dei-protagonisti/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/attori/casa-fabrique-2022-i-ritratti-dei-protagonisti/#respond Thu, 08 Sep 2022 07:55:37 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17622 Un hub di competenze, un luogo di incontro per addetti ai lavori e cinefili, un palcoscenco per performance, dibattiti e proiezioni. Tutto questo e altro ancora è stato Casa Fabrique, che si è svolta durante la 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia dall’1 al 4 settembre. Tanti gli ospiti famosi che sono venuti a […]

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Un hub di competenze, un luogo di incontro per addetti ai lavori e cinefili, un palcoscenco per performance, dibattiti e proiezioni. Tutto questo e altro ancora è stato Casa Fabrique, che si è svolta durante la 79esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia dall’1 al 4 settembre.

Tanti gli ospiti famosi che sono venuti a trovarci per parlare con il pubblico, discutere di cinema o bere un calice di vino in un’atmosfera rilassata. Davide Manca, direttore della fotografia nonché direttore artistico di Fabrique du Cinéma e organizzatore di Casa Fabrique, ha voluto ritrarli nelle foto in bianco e nero che vedete nella gallery, cogliendo con delicatezza in ciascuno di loro un frammento di anima.

 

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Il signore delle formiche, emozionante atto d’accusa contro il conformismo https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/il-signore-delle-formiche-emozionante-atto-daccusa-contro-il-conformismo/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/il-signore-delle-formiche-emozionante-atto-daccusa-contro-il-conformismo/#respond Wed, 07 Sep 2022 09:08:54 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17595 Il ritorno di Gianni Amelio a Venezia è un film emozionante, potentissimo, attraversato da una rabbia sotterranea sotto il manto di una scrittura ispiratissima e intrisa sempre di tenerezza. È questo Il signore delle formiche, la storia del processo al poeta, drammaturgo ma innanzitutto mirmecologo Aldo Braibanti, accusato di plagio nei confronti di un suo […]

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Il ritorno di Gianni Amelio a Venezia è un film emozionante, potentissimo, attraversato da una rabbia sotterranea sotto il manto di una scrittura ispiratissima e intrisa sempre di tenerezza. È questo Il signore delle formiche, la storia del processo al poeta, drammaturgo ma innanzitutto mirmecologo Aldo Braibanti, accusato di plagio nei confronti di un suo giovane studente. Il reato di plagio, che di per sé significa ben poco, era un modo per condannare un tipo di influenza psicologica e quindi fisica esercitata su un altro essere umano. Arma giudiziaria impugnata spesso contro la diversità, contro l’anticonformismo, e difatti, pochi anni dopo, cancellata dal codice penale.

Il film di Amelio ha un pregio che salta subito all’occhio e cioè le ambientazioni: il casale, soprannominato “la torre”, dove Braibanti ha la sua comune, nella quale le arti performative e figurative convivono con la biblioteca a cui attinge per regalare libri ai propri allievi, libri di poesia, storia dell’arte, i romanzi italiani oggetto del dibattito culturale e politico (come per esempio Il disprezzo di Moravia, al quale si fa riferimento successivamente, nel film, con una battuta geniale: sono assolutamente sconsigliabili, ai giovani, i libri scritti meno di cento anni fa…), e infine le teche con le colonie di formiche, oggetto dello studio di Braibanti e strumento per una importante lezione, che attraversa tutto il film, sul bene comune da preferire al successo individuale, “lo stomaco privato e lo stomaco sociale”; e poi c’è Roma, città ostile e notturna, la città delle feste in terrazza, stravaganti per il giovane Ettore ma da cui pure apprende qualcosa di Braibanti (e quindi di se stesso), ma anche la città del Palazzaccio, la città del processo, di un’assurda inquisizione condotta con, alla mano, un codice primitivo e uno sconcertante bigottismo.

Aldo Braibanti è tratteggiato da Amelio con aspetti pasoliniani che vanno dalla montatura degli occhiali, al nome dato alla madre (Susanna), al ragazzo in tenuta da calcio rossa e blu con cui si incontra all’inizio del film, ed è interpretato da Luigi Lo Cascio con una prova perfetta, misurata, cesellata nella voce e nei gesti, di una intensità che sugli schermi veneziani quest’anno ha pochissimi rivali. E tutti gli altri personaggi che ruotano intorno a Braibanti sono all’altezza del confronto: non c’erano dubbi su Elio Germano e Sara Serraiocco, la soprano Anna Caterina Antonacci nel ruolo della madre del giovane Ettore, ma è straordinaria la scoperta di Leonardo Maltese. Ha potuto beneficiare di un grande direttore di attori quale è sempre stato Gianni Amelio, ma il modo in cui ha reso la sofferenza del proprio personaggio, soprattutto al processo, ormai consumato dalla scellerata “cura” all’elettroshock, ha del prodigioso.

Basterebbe anche il prolungato primo piano che Amelio gli dedica durante la sua deposizione per poterne avere un’idea, e per avere idea anche della strada registica che percorre tutto il film: laddove si può non montare, laddove l’inquadratura può restare lunga e raccontare una evoluzione, un divenire, laddove la mancanza di stacchi genera una estenuante empatia, lì c’è la mano di un maestro.

Che poi, in realtà, c’è in nuce, nella scrittura. Un film su una vicenda così vergognosa, sulla quale si espressero all’epoca anche Pasolini, Moravia, Morante, Bellocchio, che tuttavia Amelio conduce con mano più poetica che indignata, prediligendo sempre la riflessione alla sterile denuncia.

 

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L’immensità, il film più rischioso e sincero di Emanuele Crialese https://www.fabriqueducinema.it/festival/limmensita-il-film-piu-rischioso-e-sincero-di-emanuele-crialese/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/limmensita-il-film-piu-rischioso-e-sincero-di-emanuele-crialese/#respond Mon, 05 Sep 2022 07:58:27 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17589 L’immensità, il nuovo film di Emanuele Crialese, dopo una lunghissima gestazione, arriva finalmente in concorso a Venezia 79. Crialese mancava dal lido dal 2011, quando portò Terraferma. Questa volta, l’opera è strettamente autobiografica, scritta dal regista insieme a Francesca Manieri e Vittorio Moroni, e messa in scena con l’aiuto di alcuni eccezionali collaboratori: scenografie di […]

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L’immensità, il nuovo film di Emanuele Crialese, dopo una lunghissima gestazione, arriva finalmente in concorso a Venezia 79. Crialese mancava dal lido dal 2011, quando portò Terraferma.

Questa volta, l’opera è strettamente autobiografica, scritta dal regista insieme a Francesca Manieri e Vittorio Moroni, e messa in scena con l’aiuto di alcuni eccezionali collaboratori: scenografie di Dimitri Capuani, costumi di Massimo Cantini Parrini, fotografia di Gergely Pohárnok.

La storia de L’immensità si potrebbe sintetizzare dicendo che si tratta di un romanzo di formazione, un bildungsroman intimo, con la dodicenne Adriana, maggiore di tre fratelli nella Roma degli anni ’70, che si chiama e si fa chiamare Andrea perché già consapevole che la sua identità è in disaccordo con il suo dato biologico, e in funzione della costruzione di questa stessa identità sono scandite le sue giornate: l’attesa che arrivi un segnale dal cielo, divino o no che sia, oppure l’esplorazione avventurosa di una vicina baraccopoli, una di quelle alla Brutti, sporchi e cattivi, dove l’incontro con la piccola Sara genera in Adriana/Andrea i primi impulsi carnali.

L’infanzia di Adriana e dei suoi fratelli non è semplice, dentro mura domestiche bellissime e arredate con gusto, piene di design e di colori, perfettamente nello spirito del tempo: il padre, uomo in carriera assente, burbero, infedele, violento con moglie e figli, è fin da subito l’orco, il nemico, e la madre, invece, è la complice silenziosa, personaggio cruciale affidato a Penélope Cruz, perfetta per questo ruolo in sottrazione nel quale si alternano momenti di euforia, di tenerezza, di forte personalità con crolli impietosi in un dolore profondo, che la porterà finanche alla separazione dai propri figli.

Non sempre, nel film di Crialese, il percorso di Adriana è a fuoco, ma forse è giusto che sia così per la natura stessa della protagonista: la ricerca di una nuova identità, in una ragazza di 12 anni, sebbene molto sveglia e intelligente, non può necessariamente essere un percorso lineare, ma deve vivere di fiammate di acquisita consapevolezza.

Ecco perché L’immensità va avanti scandito da momenti di distensione e alcune sequenze, invece, molto forti e coinvolgenti, come i balletti in bianco ispirati visivamente alla televisione dell’epoca, in cui Adriana e la madre rimettono in scena Prisencolinensinainciusol di Celentano oppure le coreografie improvvisate per rendere speciali i gesti banali del quotidiano, fra cui quella su Rumore di Raffaella Carrà, venuta a mancare durante le riprese del film e così omaggiata dal regista. Insomma, i momenti più riusciti sono quelli in cui la storia si lascia andare alla leggerezza, al gioco dei bambini in compagnia della madre sofferente, che sono quelli in cui si vede che Crialese, che in questo film autobiografico ha messo in gioco tutta la sua vita, si prende i rischi maggiori ma, allo stesso tempo, è anche massimamente sincero.

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Ti mangio il cuore, Pippo Mezzapesa: “Elodie come il bianco e nero, una scelta istintiva e potente” https://www.fabriqueducinema.it/festival/ti-mangio-il-cuore-pippo-mezzapesa-elodie-come-il-bianco-e-nero-una-scelta-istintiva-e-potente/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/ti-mangio-il-cuore-pippo-mezzapesa-elodie-come-il-bianco-e-nero-una-scelta-istintiva-e-potente/#respond Sun, 04 Sep 2022 16:27:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17583 Ti mangio il cuore, il nuovo film di Pippo Mezzapesa, è in concorso a Orizzonti a Venezia. Il film è una decisa zampata d’autore nella carriera del regista pugliese che, dopo Il paese delle spose infelici e Il bene mio, affronta una storia di faide familiari, perpetrate nel tempo, nell’oscuro mondo della mafia del Gargano, […]

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Ti mangio il cuore, il nuovo film di Pippo Mezzapesa, è in concorso a Orizzonti a Venezia. Il film è una decisa zampata d’autore nella carriera del regista pugliese che, dopo Il paese delle spose infelici e Il bene mio, affronta una storia di faide familiari, perpetrate nel tempo, nell’oscuro mondo della mafia del Gargano, la cosiddetta quarta mafia, raccontata nel libro omonimo di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, edito da Feltrinelli.

Mezzapesa gira un film materico, intriso di terra, fango, sangue, sudore, carnale sia nelle manifestazioni della morte che in quelle dell’amore, attraversato da uno spirito selvaggio che sembra annullare lo scorrere del tempo, il 1960 è uguale al 2014, che sarà uguale fra cent’anni. Un potente bianco e nero, la presenza seducente e mefistofelica di Elodie, femme fatale di un mondo primitivo e crudele, una squadra di attori affiatati: di questo e altro parliamo con Mezzapesa, poco prima della première del film.

Quando hai cominciato a pensare a Ti mangio il cuore?

Il libro mi è stato proposto dagli autori, quando era ancora in bozze, e leggendo questa analisi attentissima del fenomeno della mafia foggiana, la cosiddetta quarta mafia, ho ritrovato una storia alla quale mi ero appassionato molti anni prima, quando era emersa dalla cronaca la vicenda della prima pentita della mafia del Gargano, una donna che per la sua ricerca di amore, un amore bruciante, fa esplodere la faida assopita fra due famiglie. Eppure, questa sua scelta aiuta a decapitare questo stesso sistema mafioso.

Il Gargano non è la terra di cui sei originario.

Io sono di un’altra parte della Puglia che però comunque è vicina. Conosco il contesto di questo film, è una realtà quasi sconosciuta, su cui far luce perché è estremamente violenta e che si è accresciuta proprio a causa del suo essere poco nota. Raccontare questa ferita, quest’ombra nella mia terra, credo che possa servire a rimarginarla.

Il bianco e nero ti è servito a dare l’impressione che, nonostante un passaggio temporale fra il prologo e il resto del film, le dinamiche si ripropongano uguali, un eterno ritorno?

Il bianco e nero è stato scelto per raccontare i grandi contrasti di questa storia. C’è un contrasto anche nel titolo: “ti mangio il cuore” può essere promessa di morte ma anche folle dichiarazione d’amore. Questa ambivalenza è anche il contrasto della storia, che è cruda, dura, violenta, ma anche fatta di fragilità, di voglia di vivere, di sensibilità, di grazia. Per restituire queste dinamiche quindi ho pensato di utilizzare solo due colori: il bianco e il nero. In fondo il bianco e nero mi ha anche consentito una sorta di astrazione e, non ultimo, la possibilità di raccontare il fulcro della storia: l’ineluttabilità del male e la difficoltà di sradicarlo.

In un film dall’estetica così precisa il rapporto con il direttore della fotografia è cruciale.

Quando ho comunicato al direttore della fotografia, Michele D’Attanasio, l’esigenza di girare in bianco e nero, lui l’ha subito condivisa. È stato bello cominciare a vivere, a guardare in bianco e nero: le scelte dei colori, le consistenze dei materiali sono fatte tutte in funzione dei contrasti del bianco e nero, ci siamo abituati a vivere così.

Hai scelto molti attori che non sono pugliesi, questo ha comportato un grande lavoro sulla lingua.

Avevo a cuore che il dialetto fosse attendibile, e di conseguenza il lavoro sulla lingua è durato mesi, c’era un dialogue coach che ha seguito gli attori in preparazione e poi è stato presente sul set a controllare fino al minimo accento. Per me restituire l’idioma di quella terra, che è molto crudo, gutturale, era essenziale per il racconto.

Hai riunito Tommaso Ragno e Francesco Di Leva, che tornano insieme dopo Nostalgia di Mario Martone.

Sono due grandissimi attori, attori di struttura ma allo stesso tempo anche di grande istinto, capaci di mimesi, è stato un privilegio dirigerli.

Sei un regista che lascia spazio all’improvvisazione?

Credo che il set sia un momento di vita, di creazione, un viaggio che va vissuto tutti insieme. Ci deve essere una guida, certo, ma la guida deve anche farsi influenzare da tutte le energie che emergono sul set, che sono sia umani che paesaggistici. Ci si lascia influenzare dall’estro degli attori, da come il personaggio viene reinterpretato e rivisto dall’attore, e allo stesso tempo si deve essere disponibili a tutti i piccoli imprevisti che i luoghi in cui si va a girare ti presentano. Tutto questo arricchisce la storia.

Le location sono posti che già conoscevi?

Sono posti che conoscevo molto bene ma che ho imparato a conoscere ancora meglio, perché la prima cosa che faccio, prima ancora di fare scouting con la produzione, è visitare da solo o al massimo col direttore della fotografia i luoghi in cui si andrà a girare, per entrare nell’anima dei posti, capirne l’essenza e raccontarli con consapevolezza.

Come è avvenuta la scelta di Elodie, qui al suo esordio?

Un po’ come la faccenda legata al bianco e nero: un’intuizione iniziale, istintivamente. Serviva una personalità forte, che avesse una sensualità dirompente, violenta, ma allo stesso tempo sapesse comunicare verità, sensibilità, capacità di emozionare. Elodie era perfetta. Il percorso di ricerca del personaggio è stato incredibile, è stata una scelta molto coraggiosa sia da parte mia e della produzione che, soprattutto, da parte sua, perché non è semplice esordire al cinema con un personaggio così sfaccettato.

Il finale di Ti mangio il cuore apre a una speranza, a una remissione, però l’ultimissima inquadratura può significare che esiste qualche cosa di inestirpabile negli esseri umani. Sei d’accordo?

Ancora una volta: l’ineluttabilità del male. Il male è alienabile, sì, è una scelta di vita: la scelta di Marilena, il personaggio di Elodie, va nella direzione dello sradicamento del male, ma attenti, perché le radici sono difficili da estirpare.

 

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Apre oggi Casa Fabrique a Venezia 79 con un ricco programma di incontri e proiezioni https://www.fabriqueducinema.it/focus/casa-fabrique-vi-aspetta-a-venezia-79/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/casa-fabrique-vi-aspetta-a-venezia-79/#respond Sun, 07 Aug 2022 09:32:59 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17487 Fabrique du Cinéma, la rivista che da dieci anni scopre i nuovi talenti del cinema italiano, torna al festival di Venezia con un programma ricco di incontri, proiezioni e presentazioni dall’1 al 4 settembre. Nell’elegante location di Villa Malusa, a pochi minuti a piedi dal Palazzo del cinema, Casa Fabrique è pronta ad accogliere gli appassionati della […]

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Fabrique du Cinéma, la rivista che da dieci anni scopre i nuovi talenti del cinema italiano, torna al festival di Venezia con un programma ricco di incontri, proiezioni e presentazioni dall’1 al 4 settembre.

Nell’elegante location di Villa Malusa, a pochi minuti a piedi dal Palazzo del cinema, Casa Fabrique è pronta ad accogliere gli appassionati della settima arte e gli addetti ai lavori. Una bellissima villa dall’ampio giardino in cui assistere a proiezioni, incontri e presentazioni di film e libri con registi, autori e attori, e incontrare dal vivo lo staff di Fabrique.

Saranno quattro giorni fitti di appuntamenti all’insegna di temi centrali oggi nel cinema e non solo, come diversità e inclusione, sostenibilità ambientale, nuove modalità di produzione e distribuzione.

Fra i tanti momenti di confronto spiccano il 2 settembre Fabrique Diversity Day, giornata all’insegna di diversità e inclusione, e il 4 settembre Cinematographers’s Brunch, meeting informale fra i direttori della fotografia presenti alla Mostra per incentivare il dialogo sull’evoluzione del mestiere, sulle tecnologie e soprattutto sulla possibilità di una transizione ecologica anche sui set cinematografici.

Fin dalle passate edizioni Casa Fabrique è un punto di incontro per protagonisti del nuovo cinema italiano alla Mostra veneziana. Fra i tanti ospiti che sono passati nella casa di Fabrique ricordiamo: Alessandro Borghi, Greta Scarano, Silvia d’Amico, Liliana Fiorelli, Valentina Lodovini, Donatella Finocchiaro, Marianna Di Martino, Andrea Arcangeli, Rocio Moralez, Massimiliano Gallo.

GIOVEDÌ 1 settembre

Ore 15:30

Inaugurazione di Casa Fabrique a Villa Malusa alla presenza delle autorità cittadine, di Confesercenti Venezia e CNA Ascoli Piceno.

Presentazione del nuovo numero della rivista «Fabrique du Cinéma»: in copertina uno degli attori del momento, Eduardo Scarpetta.

A seguire proiezione dei cortometraggi Fillide di Anna Concetta Consarino e Neet di Andrea Biglione e del secondo lungometraggio di Luna Gualano, Credimi.

VENERDÌ 2 settembre

Fabrique Diversity Day, una giornata all’insegna del tema diversità e inclusione.

Ore 18:30

Performance di Francesco Riva con il monologo DiSlessiA… Dove Sei Albert?, incentrato sui disturbi specifici di apprendimento (DSA), che offre stimoli per scardinare tutti gli stereotipi sulle diversità.

Ore 19:00

Tavola rotonda sul tema diversità e inclusione nel mondo del cinema, di cui parleranno il regista e direttore della fotografia Amir Ra, l’autrice e sceneggiatrice Chiara Sfregola (Camera Single, Signorina), il regista e autore Giovanni Algieri (Cosa manca, La prima luna storta), l’autore e attore Francesco Riva (Premio Zocca Giovani 2018), l’attrice e life coach Anna Fusco e la produttrice e sociologa Silvia Armeni.

Modera: il giornalista Emanuele Rauco.

E con: Andrea Venditti e Giorgia Fiori.

A seguire proiezione dei cortometraggi Io sono Fatou di Amir Ra, Violè di Giovanni Algieri, Artemisia di Gabriel Cash.

SABATO 3 SETTEMBRE

Ore 16:30

Presentazione del Festival del Cinema di Strada, Stenterello Film Festival dedicato alla commedia e di International Cilento Film Festival; premiazione del contest Younger’s In.Movie.

A seguire proiezione di Lux Santa, documentario di Matteo Russo (trailer) e di Temno, film d’animazione ispirato alla Metamorfosi di Franz Kafka, realizzato dall’artista Gildo Atzori, con le musiche originali di Samuele Dessì e sceneggiatura e regia di Bepi Vigna, scrittore, regista e autore di fumetti (Nathan Never).

DOMENICA 4 SETTEMBRE

Ore 12:30 Cinematographers’ Brunch

Con il patrocinio di AIC (Autori Italiani Cinema), Casa Fabrique ospita il Cinematographers’ Brunch, un momento d’incontro per i direttori della fotografia e gli autori presenti alla 79a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Un appuntamento che sarà un brunch informale per stimolare il dialogo fra gli addetti ai lavori sulla necessità di avviare una vera transizione ecologica sui set cinematografici, proponendo una riflessione su alcuni punti chiave: l’evoluzione del mestiere di direttore della fotografia, le tecnologie, le nuove attrezzature, la collaborazione tra i reparti.

Gli attori principali di questo confronto saranno i professionisti che vivono quotidianamente l’esperienza del set e le aziende leader produttrici delle strumentazioni tecnologiche per il cinema. È solo grazie al loro confronto che si potrà avviare concretamente il cambiamento green sui set.

Il Cinematographers’ Brunch di Casa Fabrique si svolge in collaborazione con: Prolight, azienda italiana d’eccellenza nella produzione di corpi illuminanti per cinema e TV; Flat Parioli, società di post produzione, specializzata in color correction e VFX; Alta Movie, azienda di droni di ultima generazione entrata con grande entusiasmo e professionalità nel mercato cinematografico.

Ore 16:30 Libri da Film

Un incontro sullo strettissimo connubio fra editoria e cinema, con la presentazione dei libri C’era una volta il cartone animato. La nascita del cinema d’animazione in Italia di Luciana Pensuti (Kappabit); La ragazza col genio in valigia di Marianna Bonavolontà (Scatole Parlanti); Non trovo più parole di Leone Rossi, prefazione di Andrea Purgatori (Bookabook).

Ore 18:00 “Nuovo Cinema Breve”

Panel dedicato al cortometraggio e ai suoi asset finanziari, con un focus sulla distribuzione tra festival e piattaforme oggi.

Intervengono: Alessandro Loprieno, Founder & Ceo di WeShort, Luigi Sales, Head of Original Production di Giffoni Innovation Hub, Gianpaolo Barozzi Hr Director Cisco, l’autore e produttore Cristiano D’Alterio e il regista e attore Carlo Falconetti.

Moderano: Luca Ottocento, direttore responsabile di Fabrique du Cinéma e l’attrice Sofia Elena Taglioni.

A seguire proiezione dei cortometraggi H1 di Luigi Marmo, Amarsi un po’ di Mario Santocchio, Kala di Carlo Falconetti.

 

PARTNERS:

Prolights, Flat Parioli, I Wonder Full, Younger’s In.Movie, Stenterello Film Festival, AR Production,  D-Vision Movie People, Alta Movie, DAM, Armeni G.E.S., Guasco, Cineclub Venezia, Confesercenti Metropolitana Venezia Rovigo, CNA Ascoli Piceno, AIC, Déluge, WeShort, Giffoni Innovation Hub, Giuliani Occhiali, Colli della Murgia, Nic Tartaglia,  Tenute Agricole Santojanni, Cantine Fina, Milano 71

 

Villa Malusa via A. Barbarigo, 5 – 30126 Venezia

 

 

 

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