Valerio Di Benedetto Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 18 Mar 2022 09:46:04 +0000 it-IT hourly 1 Giulia: una protagonista senza filtri nel nuovo film di Ciro De Caro   https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/giulia-una-protagonista-senza-filtri-nel-nuovo-film-di-ciro-de-caro/ Wed, 16 Feb 2022 14:09:00 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16787 Ciro De Caro sorprende ancora una volta con il suo terzo film Giulia – Una selvaggia voglia di libertà, dopo Spaghetti Story e Acqua di marzo, entrambi accolti positivamente dalla critica e dal pubblico. Il film uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 17 febbraio, distribuito da Koch Media e prodotto da Ugo Baistrocchi, Maurizio De […]

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Ciro De Caro sorprende ancora una volta con il suo terzo film Giulia – Una selvaggia voglia di libertà, dopo Spaghetti Story e Acqua di marzo, entrambi accolti positivamente dalla critica e dal pubblico. Il film uscirà nelle sale cinematografiche italiane il 17 febbraio, distribuito da Koch Media e prodotto da Ugo Baistrocchi, Maurizio De Arcangelis e Michael Fantauzzi.

Giulia (Rosa Palasciano) è costantemente in bilico tra il bisogno dell’amore di una famiglia e una travolgente voglia di libertà. Nel suo viaggio in una Roma estiva e assolata è affiancata da personaggi atipici come lei (nel cast anche Valerio Di Benedetto, Fabrizio Ciavoni e Matteo Quinzi).

‘‘Verità, rigore e leggerezza’’: come si traducono questi tre concetti nella tua regia?

È un processo che va dalla scrittura fino al montaggio. Tecnicamente cerco di lasciare quanto più spazio possibile agli attori. Chiedo a tutto il cast tecnico di non limitare in nessun modo la fisicità, l’espressività, i movimenti degli attori. Chiedo agli attori di accogliere il personaggio senza trasformarsi in qualcos’altro. Non ho previsto nessun reparto trucco perché mi sembrava un eccessivo passo verso la finzione. Per quei personaggi lì, la vita di tutti i giorni è senza trucco. Non ho voluto la segretaria d’edizione per avere la libertà di cercare qualcosa di vero, di nuovo, senza qualcuno che interrompesse il flusso, affinché i ciak fossero sempre diversi. Non bisogna cedere alla regola ‘‘si fa così, si è fatto sempre così’’, il rigore nella ricerca della verità dev’essere ferreo. Leggerezza perché tutto dev’essere semplice, dalla troupe al materiale tecnico, al rapporto che c’è sul set con tutti, soprattutto a partire dagli attori. Non mi piace dire che li ‘‘dirigo’’, ma che insieme troviamo una strada comune. La leggerezza di potersi muovere liberamente senza avere vincoli, pesi, che ti tengono inchiodato alle scelte fatte a tavolino e che poi sarebbe meglio cambiare.

Hai scritto il film con Rosa Palasciano. Com’è stato il processo creativo a due?

Lavorando con Rosa mi sono reso conto che se avessi dovuto scrivere solo io un personaggio così, avrei raccontato ancora una volta un personaggio femminile come ce lo immaginiamo noi uomini, quindi in maniera superficiale e non rispettosa. Rosa mi ha aiutato a comprendere quanto può essere limitata e superficiale la visione che abbiamo di un personaggio femminile.

Quello di Giulia è un personaggio complesso che rompe con la rappresentazione stereotipata che vediamo spesso nel cinema. Quali sono le sfumature che rendono la protagonista così reale?

Con Rosa, che è un’attrice talentuosa e istintiva, ci siamo posti la sfida di scrivere e mettere in scena un personaggio che viaggiasse su un confine sottile, per renderlo vero e reale. Giulia è un personaggio che odi e ami, e se Rosa non avesse avuto la capacità di camminare su questa linea sottile sarebbe facilmente caduta nel drammatico, nel melodrammatico o nella comicità. Le sfumature rendono questo personaggio credibile, e sono fatte dalle piccole cose che spesso al cinema vengono tagliate perché sono troppo normali. Un personaggio è vero perché ha quelle sfumature che abbiamo tutti. Ogni battuta, scena, sequenza, non è studiata in modo tale da raccontare l’essenziale, cioè quello che serve far capire al pubblico, ma è basata sul contesto e sul sottotesto.

Giuia
Rosa Palasciano è Giulia.

All’inizio del film Giulia afferma di desiderare una famiglia, poi paradossalmente si scontra con i parenti del suo ex-fidanzato in occasione di un incontro. Emerge una frattura della società, i loro sono due mondi che parlano senza capirsi.

Giulia si scontra con un concetto più ampio non solo di famiglia, ma di realtà, che considera desiderabile solo una vita programmata e prevedibile. La famiglia del suo ex rappresenta chi non riesce a comprendere le persone che vivono in maniera diversa nella nostra società, che non vuol dire per forza in maniera totalmente opposta. C’è una frattura, uno scontro di due mondi che non possono stare assieme. Pur volendo entrambi una stessa cosa come concetto, una famiglia, quelle che cercano sono famiglie diverse.

Giulia raccoglie continuamente giocattoli abbandonati senza aver dato alla luce nessun bambino…

L’idea ci è venuta mentre passeggiavamo al mare: al tramonto le onde trasportavano i giocattoli usati sulla spiaggia. Non era previsto, ma ci ha aiutato nella costruzione del personaggio di Giulia che accumula giochi come una formica accumula cibo per l’inverno, sperando che il suo desiderio di maternità si realizzi. Giulia non ha soldi e quello è il modo in cui può preparare le cose per questo bambino che tanto desidera. A me piace immaginare che quel bambino è anche lei, è Giulia bambina, il personaggio che non si vede ma a cui lei vorrebbe donare una felicità o un’infanzia probabilmente migliore di quella che ha avuto.

Nel film vengono affrontate tematiche sociali che rispecchiano la situazione contemporanea, qualsiasi ragazzo o ragazza potrebbe essere Giulia, con difficoltà relazionali e di occupazione. A quale riflessione vorresti portare le nuove generazioni?

Non so se ti deludo, ma non voglio portare a nessuna riflessione. Non pretendo di avere una soluzione e indicare la strada a qualcuno, ma solo puntare la luce su un mondo e su personaggi che secondo me vengono ignorati dal cinema italiano o rappresentati in maniera superficiale e grottesca. Voglio bene ai personaggi che ho raccontato e proprio per questo li voglio far vedere per quello che sono, senza calcare la mano sulla comicità o sul dramma. Mi limito a questo, a mostrare qualcosa per quello che è senza filtri.

 

 

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Webserie, amore e arte ai tempi del precariato https://www.fabriqueducinema.it/serie/interviste-tv-serie-tv/web-serie-amore-e-arte-ai-tempi-del-precariato/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/interviste-tv-serie-tv/web-serie-amore-e-arte-ai-tempi-del-precariato/#respond Wed, 19 Oct 2016 10:09:24 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3695 “Vissi d’arte, vissi d’amore”, cantava la Tosca di Puccini. E la serialità per il web si reinventa attraverso due progetti che li raccontano entrambi nell’era dell’online e della crisi. Roma. Giulia (Elena Radonicich), laureata con lode in sociologia, lavora come barista in un pub. In seguito a un rapporto occasionale, rimane incinta di Michele (Valerio […]

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“Vissi d’arte, vissi d’amore”, cantava la Tosca di Puccini. E la serialità per il web si reinventa attraverso due progetti che li raccontano entrambi nell’era dell’online e della crisi.

Roma. Giulia (Elena Radonicich), laureata con lode in sociologia, lavora come barista in un pub. In seguito a un rapporto occasionale, rimane incinta di Michele (Valerio Di Benedetto), sfaticato trentenne che vive con i suoi e cambia lavori come fossero calzini. In quella che sembra una potenziale catastrofe, Giulia trova inaspettatamente l’opportunità, presso l’Università Cattolica, per avviare il suo progetto di tesi… a patto che dimostri di avere una famiglia. Michele, messo alla porta dai genitori, accetta di trasferirsi dalla ragazza e fingere di esserne il marito.

L’amore ai tempi del precariato, diretta da Michele Bertini Malgarini, è la webserie in cinque puntate prodotta dalla The Young Films di Carla Altieri e Roberto de Paulis. Giuseppe Mele, organizzatore generale, racconta che tutto è cominciato da un laboratorio per nuovi progetti web organizzato dal Premio Solinas: «Il soggetto di Michele ha partecipato e, con l’aiuto della Young Films, nel 2014 è stato girato il teaser, ottenendo poi un piccolo finanziamento dalla RAI. Si tratta di un tipo di commedia inedito per il panorama italiano, che si ispira a pellicole americane di successo come SuXbad o le commedie romantiche con Cameron Diaz. La novità sta nel raccontare l’amore come un posto precario, un progetto che ha un inizio e una fine. A mischiare le carte in tavola, inoltre, c’è il ritorno di Elisa (Daniela Virgilio), nuovo capo di Michele nonché ex fiamma mai davvero dimenticata».

Una narrazione serrata, un montaggio dinamico e insolite trovate registiche sono i punti di forza di una storia che conquisterà la curiosità del pubblico: «La vicenda di Giulia e Michele piacerà per la sua ironia e freschezza. Il segreto della sua riuscita è la solida e costruttiva collaborazione del regista con tutti i reparti. Dalla realizzazione del teaser si è creato un gruppo di lavoro molto coeso fatto di giovani tra i 20 e i 28 anni. C’erano pochi fondi, compensati però da una grandissima creatività, e tanti attori da coordinare. Il lavoro di squadra ha aiutato a rientrare nel budget e a dare energia al set. La troupe aveva mezzi minimi, eppure, grazie al talento, ha dato alla serie un’impronta personale e uno stile. Il merito va, tra gli altri, alla costumista Ginevra De Carolis, al direttore della fotografia Fabio Paolucci, alla scenografa Serena Agneti, alla make up artist Alice Gentili. Chi ha realizzato L’amore ai tempi del precariato si è formato nel mondo del cinema e ha saputo offrire una nuova chiave di lettura, dalle inquadrature al montaggio».

Perché scegliere di investire in un format come la webserie? «Il nome della casa di produzione la dice lunga: crede nei progetti giovani e cerca nomi emergenti. La webserie è il futuro: pensiamo al lavoro di piattaforme come Netflix o HBO, che danno spazio a cinema e serie in maniera innovativa. Con internet si arriva dappertutto e in Italia dobbiamo tenerci al passo, puntando a una comunicazione veloce e pratica».

 

foto-fabbrica-1Max Giovagnoli, coordinatore dell’Area Cinema e New Media dello IED di Roma, ha condiviso con noi i dettagli su Fabbrica, docufiction dedicata al mondo degli artisti teatrali, di cui è direttore creativo: «È la prima webserie dello IED. Il nome viene dallo Young Artist Program del Teatro dell’Opera di Roma, riservato a venti artisti provenienti da tutto il mondo. La tentazione di mettere una macchina da presa nei loro occhi è stata, da parte nostra, fortissima. In più, in passato ho fatto parte del Corpo di Ballo del Teatro e conoscevo bene la magia nascosta dietro le quinte. Da lì è nata la proposta alla Fondazione, che ha risposto con entusiasmo. Lo stesso mostrato dal neodirettore di IED Roma, Nerina Di Nunzio, e dai tredici studenti di Video Design, Sound Design e Media Design che hanno seguito i protagonisti tutti i giorni, per sei mesi di riprese, diventati sette episodi da sei minuti ciascuno. L’opera lirica è universale, come il web, e Fabbrica è stata preceduta da sei mesi di “pillole” distribuite online sui canali social del Teatro. È stata una palestra importante per conoscere il suo pubblico futuro, molto più giovane di quanto pensassimo. Nonostante non ci sia nulla di sceneggiato (a parte la voce narrante in testa e coda), la serie racconta momenti e questioni determinanti per qualunque artista: l’uso del tempo, il valore del sacrificio, la fortuna di possedere un talento e allo stesso tempo il timore di sprecarlo o di fallire… Si passa da un’emozione all’altra senza filtri. Come in ogni docuserie, non avevamo “attori”, ma artisti riservati e bisognosi di grande concentrazione. In altri momenti, abbiamo girato in magazzini giganteschi, con decine di operai intenti a segare, piallare e a costruire scenografie che avrebbero dovuto essere usate sul palco la sera stessa. Il piano di produzione ha seguito, allo stesso tempo, le masterclass degli studenti e gli spettacoli in cartellone, le trasferte e le produzioni… tutto in tempo reale. Non solo gli artisti di Fabbrica sono diventati ottimi professionisti, in questi mesi, ma anche i giovani diplomati che hanno lavorato alla serie. Sono loro il piccolo miracolo di questa produzione e hanno dato al progetto tutto l’amore possibile».

La serialità worldwide è un focolaio inesauribile di storie, linguaggi e progetti. Come collocare Fabbrica al suo interno? «La serie sperimenta inquadrature antitelevisive e colleziona dettagli, raccontando la magia del palcoscenico in maniera completamente nuova. Il web ha dato a Fabbrica tutta la libertà di cui aveva bisogno e riceverà in cambio un prodotto unico che, grazie all’Opera di Roma, girerà tra i teatri più importanti d’Europa. E magari darà vita ad altri progetti di questo tipo: confrontarsi con modi originali di raccontare l’arte è una delle opportunità più ispiranti per un narratore d’immagini».

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