Ti mangio il cuore Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 07 Oct 2022 08:20:33 +0000 it-IT hourly 1 Fabrique e i protagonisti del cinema italiano illuminano Borgo Ripa https://www.fabriqueducinema.it/cinema/people/fabrique-e-i-protagonisti-del-cinema-italiano-illuminano-borgo-ripa/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/people/fabrique-e-i-protagonisti-del-cinema-italiano-illuminano-borgo-ripa/#respond Mon, 26 Sep 2022 08:32:41 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17709 Il 23 settembre Fabrique du Cinéma è tornato a Borgo Ripa per la presentazione del 37esimo numero della rivista trimestrale del nuovo cinema italiano con una festa dedicata all’arte, al cinema e alla musica. Protagonisti assoluti i nuovi volti del cinema italiano iniziando dal giovanissimo cast della serie Amazon Prisma: Mattia Carrano, Matteo Scattaretico e […]

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Il 23 settembre Fabrique du Cinéma è tornato a Borgo Ripa per la presentazione del 37esimo numero della rivista trimestrale del nuovo cinema italiano con una festa dedicata all’arte, al cinema e alla musica.

Protagonisti assoluti i nuovi volti del cinema italiano iniziando dal giovanissimo cast della serie Amazon Prisma: Mattia Carrano, Matteo Scattaretico e LXX Blood.

Dopo l’inaugurazione delle mostre di Sara Zaffignani, Lucia Caputo, Claudia Montesi e Clementina Aliberti, sullo schermo di Fabrique ad illuminare la prima parte della serata il cortometraggio distopico Nostos (2021) presentato dal regista Mauro Zingarelli e il surreale Diorama (2021) presentato dalla regista Camilla Carè. Alla conduzione della serata la giovane e talentuosa attrice Paola Bettinaglio.

A seguire il lungometraggio Generazione Neet – La banda della Marana (2021) alla presenza del regista Andrea Biglione e degli attori protagonisti Daniele Trombetti, Daniele Locci, Chiara Vinci, Alice Luvisoni e Giulia Vittoria Cavallo. Il film vuole immaginare la generazione “Neet” (acronimo di Not in Education, Employment or Training) alle prese con la reintroduzione della leva obbligatoria.

A conclusione del momento della serata dedicato al grande schermo, sul palco di Fabrique du Cinéma si sono susseguiti Princess (2022), una toccante storia di prostituzione ambientata in una pineta incantata, presentata dal regista Roberto De Paolis e Ti mangio il cuore (2022), l’elegante racconto di una tortuosa vicenda di amore e criminalità, alla presenza degli attori Francesco Patanè, Brenno Placido e Giovanni Trombetta.

Nella cornice di Borgo Ripa si è poi esibito Ainé per un intenso live concert seguito dal dj set di Valerio Diggiu.

Non solo sul palco, ma anche tra gli ospiti della serata i volti del cinema italiano tra cui Gabriel Montesi, Lorenzo Zurzolo, Elda Alvigini, Blu Yoshimi, Aurora Moroni, Federica Lucaferri, Tea Falco, Francesco Gheghi, Marta Filippi, Nicole Rossi e Pietro Sparvoli.

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Ti mangio il cuore, Pippo Mezzapesa: “Elodie come il bianco e nero, una scelta istintiva e potente” https://www.fabriqueducinema.it/festival/ti-mangio-il-cuore-pippo-mezzapesa-elodie-come-il-bianco-e-nero-una-scelta-istintiva-e-potente/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/ti-mangio-il-cuore-pippo-mezzapesa-elodie-come-il-bianco-e-nero-una-scelta-istintiva-e-potente/#respond Sun, 04 Sep 2022 16:27:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17583 Ti mangio il cuore, il nuovo film di Pippo Mezzapesa, è in concorso a Orizzonti a Venezia. Il film è una decisa zampata d’autore nella carriera del regista pugliese che, dopo Il paese delle spose infelici e Il bene mio, affronta una storia di faide familiari, perpetrate nel tempo, nell’oscuro mondo della mafia del Gargano, […]

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Ti mangio il cuore, il nuovo film di Pippo Mezzapesa, è in concorso a Orizzonti a Venezia. Il film è una decisa zampata d’autore nella carriera del regista pugliese che, dopo Il paese delle spose infelici e Il bene mio, affronta una storia di faide familiari, perpetrate nel tempo, nell’oscuro mondo della mafia del Gargano, la cosiddetta quarta mafia, raccontata nel libro omonimo di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, edito da Feltrinelli.

Mezzapesa gira un film materico, intriso di terra, fango, sangue, sudore, carnale sia nelle manifestazioni della morte che in quelle dell’amore, attraversato da uno spirito selvaggio che sembra annullare lo scorrere del tempo, il 1960 è uguale al 2014, che sarà uguale fra cent’anni. Un potente bianco e nero, la presenza seducente e mefistofelica di Elodie, femme fatale di un mondo primitivo e crudele, una squadra di attori affiatati: di questo e altro parliamo con Mezzapesa, poco prima della première del film.

Quando hai cominciato a pensare a Ti mangio il cuore?

Il libro mi è stato proposto dagli autori, quando era ancora in bozze, e leggendo questa analisi attentissima del fenomeno della mafia foggiana, la cosiddetta quarta mafia, ho ritrovato una storia alla quale mi ero appassionato molti anni prima, quando era emersa dalla cronaca la vicenda della prima pentita della mafia del Gargano, una donna che per la sua ricerca di amore, un amore bruciante, fa esplodere la faida assopita fra due famiglie. Eppure, questa sua scelta aiuta a decapitare questo stesso sistema mafioso.

Il Gargano non è la terra di cui sei originario.

Io sono di un’altra parte della Puglia che però comunque è vicina. Conosco il contesto di questo film, è una realtà quasi sconosciuta, su cui far luce perché è estremamente violenta e che si è accresciuta proprio a causa del suo essere poco nota. Raccontare questa ferita, quest’ombra nella mia terra, credo che possa servire a rimarginarla.

Il bianco e nero ti è servito a dare l’impressione che, nonostante un passaggio temporale fra il prologo e il resto del film, le dinamiche si ripropongano uguali, un eterno ritorno?

Il bianco e nero è stato scelto per raccontare i grandi contrasti di questa storia. C’è un contrasto anche nel titolo: “ti mangio il cuore” può essere promessa di morte ma anche folle dichiarazione d’amore. Questa ambivalenza è anche il contrasto della storia, che è cruda, dura, violenta, ma anche fatta di fragilità, di voglia di vivere, di sensibilità, di grazia. Per restituire queste dinamiche quindi ho pensato di utilizzare solo due colori: il bianco e il nero. In fondo il bianco e nero mi ha anche consentito una sorta di astrazione e, non ultimo, la possibilità di raccontare il fulcro della storia: l’ineluttabilità del male e la difficoltà di sradicarlo.

In un film dall’estetica così precisa il rapporto con il direttore della fotografia è cruciale.

Quando ho comunicato al direttore della fotografia, Michele D’Attanasio, l’esigenza di girare in bianco e nero, lui l’ha subito condivisa. È stato bello cominciare a vivere, a guardare in bianco e nero: le scelte dei colori, le consistenze dei materiali sono fatte tutte in funzione dei contrasti del bianco e nero, ci siamo abituati a vivere così.

Hai scelto molti attori che non sono pugliesi, questo ha comportato un grande lavoro sulla lingua.

Avevo a cuore che il dialetto fosse attendibile, e di conseguenza il lavoro sulla lingua è durato mesi, c’era un dialogue coach che ha seguito gli attori in preparazione e poi è stato presente sul set a controllare fino al minimo accento. Per me restituire l’idioma di quella terra, che è molto crudo, gutturale, era essenziale per il racconto.

Hai riunito Tommaso Ragno e Francesco Di Leva, che tornano insieme dopo Nostalgia di Mario Martone.

Sono due grandissimi attori, attori di struttura ma allo stesso tempo anche di grande istinto, capaci di mimesi, è stato un privilegio dirigerli.

Sei un regista che lascia spazio all’improvvisazione?

Credo che il set sia un momento di vita, di creazione, un viaggio che va vissuto tutti insieme. Ci deve essere una guida, certo, ma la guida deve anche farsi influenzare da tutte le energie che emergono sul set, che sono sia umani che paesaggistici. Ci si lascia influenzare dall’estro degli attori, da come il personaggio viene reinterpretato e rivisto dall’attore, e allo stesso tempo si deve essere disponibili a tutti i piccoli imprevisti che i luoghi in cui si va a girare ti presentano. Tutto questo arricchisce la storia.

Le location sono posti che già conoscevi?

Sono posti che conoscevo molto bene ma che ho imparato a conoscere ancora meglio, perché la prima cosa che faccio, prima ancora di fare scouting con la produzione, è visitare da solo o al massimo col direttore della fotografia i luoghi in cui si andrà a girare, per entrare nell’anima dei posti, capirne l’essenza e raccontarli con consapevolezza.

Come è avvenuta la scelta di Elodie, qui al suo esordio?

Un po’ come la faccenda legata al bianco e nero: un’intuizione iniziale, istintivamente. Serviva una personalità forte, che avesse una sensualità dirompente, violenta, ma allo stesso tempo sapesse comunicare verità, sensibilità, capacità di emozionare. Elodie era perfetta. Il percorso di ricerca del personaggio è stato incredibile, è stata una scelta molto coraggiosa sia da parte mia e della produzione che, soprattutto, da parte sua, perché non è semplice esordire al cinema con un personaggio così sfaccettato.

Il finale di Ti mangio il cuore apre a una speranza, a una remissione, però l’ultimissima inquadratura può significare che esiste qualche cosa di inestirpabile negli esseri umani. Sei d’accordo?

Ancora una volta: l’ineluttabilità del male. Il male è alienabile, sì, è una scelta di vita: la scelta di Marilena, il personaggio di Elodie, va nella direzione dello sradicamento del male, ma attenti, perché le radici sono difficili da estirpare.

 

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