The End? Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 01 Apr 2022 17:45:39 +0000 it-IT hourly 1 The End? L’inferno fuori. Apocalisse zombie in ascensore https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/the-end-linferno-fuori-apocalisse-zombie-in-ascensore/ Mon, 24 Dec 2018 09:16:36 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=12182 Classe 1985. Il regista Daniele Misischia ha esordito in sala a ferragosto con un The End? L’inferno fuori, horror inconsueto per il mercato italiano e venato di reminiscenze dei classici degli anni Ottanta. Una formazione cinematografica iniziata alla NUCT di Cinecittà, le esperienze come operatore di macchina da presa e regista di seconda unità per […]

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Classe 1985. Il regista Daniele Misischia ha esordito in sala a ferragosto con un The End? L’inferno fuori, horror inconsueto per il mercato italiano e venato di reminiscenze dei classici degli anni Ottanta.

Una formazione cinematografica iniziata alla NUCT di Cinecittà, le esperienze come operatore di macchina da presa e regista di seconda unità per i Manetti Bros ne L’ispettore Coliandro e Il commissario Rex. ll suo zombie movie low budget, prodotto dalla Mompracem degli stessi Manetti e RAI Cinema, grazie al braccio distributivo di 01 Distribution è uscito in sala a metà agosto e vede come protagonista Alessandro Roja. L’ex-Dandi di Romanzo criminale – La serie veste i panni di un manager di alta finanza che resta chiuso in un ascensore mentre intorno a lui si consuma un’apocalisse che vede le persone infettarsi trasformandosi in zombie.

Ambienta tutto a Roma Misischia. Dalle immortali silhouette delle statue che dominano San Giovanni ci rinchiude in un incubo claustrofobico fatto di elementi caratteristici del genere horror. All’interno di questo spazio angusto determinato solo dai numeri dei piani, riversa i peccati di un personaggio snob e infido che dovrà cercare di sopravvivere, come mai avrebbe immaginato, in un tripudio di splatter, exploitation e rimorsi di coscienza. Così abbondano scene di azione e corpo a corpo, sangue utilizzato come una punteggiatura grafica a segnare i personaggi quanto il mood di una storia ben determinata a terrorizzare il suo pubblico.

the end

Come nasce l’idea del tuo The End?

Qualche anno fa, insieme al co-sceneggiatore Cristiano Ciccotti. Pensavo che sarebbe stato divertente raccontare l’apocalisse dal punto di vista di un poveraccio bloccato dentro un ascensore. Ragionando abbiamo capito che la soluzione meno costosa e più veloce era lo zombie movie, e da lì ne abbiamo tirato fuori un film atipico per il genere. Perché il punto di forza non è tanto lo zombie, anche se è meglio chiamarli infetti perché sono persone infettate, quanto invece l’assedio claustrofobico portato a un livello estremo.

Un intero film ambientato in situazioni claustrofobiche era anche una delle suggestioni accarezzate a suo tempo da Hitchcock.

Sì, assolutamente. Hitchcock è stato una delle maggiori influenze per me. Soprattutto per la costruzione della tensione nei suoi film.

Chiudere un set e un cast in ascensore che tipo di esperienza si è rivelata?

In realtà è stato complicato da realizzare, ma anche molto divertente. Complicato perché un film tutto in una sola location ti costringe a mantenere una tensione sempre altissima. La concentrazione quando si gira su quello che sta succedendo e sulle scene d’azione deve rimanere massima per necessità, altrimenti rischi di rendere il film noioso per lo spettatore. Ma è anche divertentissimo, perché stabilizzarti sulla stessa location ti obbliga a stare in contatto ancora più stretto con cast e troupe. Da queste cose nascono buone sinergie che ti fanno vivere meglio il set.

Tutto va avanti per una porta bloccata che decreta la vita o la morte di ogni personaggio. C’è qualche episodio che ti è rimasto impresso durante la lavorazione?

Ti potrei raccontare un paio di cose legate alla lavorazione e alla preparazione di Alessandro Roja all’interno dell’ascensore. Prima di ogni scena di suspense o azione avevamo stabilito con lui di far partire una musica assordante. Un grind-metal che potesse fomentare l’adrenalina nell’attore. Invece per la suspense avevamo scelto la musica de La cosa composta da Ennio Morricone, con un andamento molto lento e thrillerico. Roja ha voluto anche essere sorpreso sul set riguardo all’entrata in scena degli zombie per lavorare meglio a uno spavento reale, e il risultato si vedeva bene già dai girati. Molte volte facevamo rumori improvvisi o lasciavamo passare gli infetti davanti all’ascensore dov’era chiuso, ma senza che lo sapesse prima.

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Più che a The Walking Dead, ormai una sorta di bibbia moderna per chi si cimenta nello zombie movie, ti rifai alle lezioni di Bava, Carpenter e Romero confezionando il tuo lavoro in stile anni ’80.

È verissimo. The Walking Dead non l’ho mai apprezzata come serie. Giusto la prima stagione era interessante, con Frank Darabont alla regia, che ho sempre ritenuto molto in gamba. Però poi anche TWD ha subito la maledizione di un po’ tutte le serie. Andando avanti i personaggi si annacquano diventando irrealistici e ora galleggiano in una soap-opera-zombie. Riguardo all’horror mi sono rifatto a John Carpenter e Sam Raimi, e a Romero fino a un certo punto. Qualcuno ha trovato similitudini tra The End? e i due Demoni di Lamberto Bava. E sicuramente credo che qualcosa a livello inconscio ci sia.

Roma e gli zombie. Il tuo film è una specie di metafora sociale alla Romero rispetto a questo binomio?

Non volutamente. Per quanto riguarda un sottotesto sociopolitico sicuramente qualcosa c’è, perché quando si fa un horror si va a rappresentare la società, anche se in modo grottesco. Il nostro contesto però non è squisitamente legato a Roma, perché la storia potrebbe essere ambientata in qualsiasi grande città di potere governata dal denaro. Poteva trattarsi di Milano come New York. Certo, con Roma ho avuto la possibilità di girare in una delle città più belle del modo. Quindi fare un totale dall’alto con il drone riprendendo i cadaveri sul Lungotevere è un’occasione ghiotta per un regista di genere.

Infatti da qualche tempo il cinema di genere ha ricominciato a interessare gli autori e il pubblico. Come vedi il futuro dell’horror?

È un genere che ha ancora tanto da dire, anche se in questo momento i film che escono sono spesso la fotocopia l’uno dell’altro. Quando però è usato per raccontare qualcosa di attuale offre l’occasione di riflettere. Le persone amano spaventarsi, soprattutto al cinema, perciò è un genere che non morirà mai. Anche se alcuni mi hanno detto: “Scusa, l’horror mi spaventa, perciò non andrò a vederti al cinema”. Come se avessi girato il nuovo Esorcista. Magari! È l’unico film che riesce ancora a terrorizzarmi. Però aver fatto un film prodotto da RAI e Manetti Bros, e poi distribuito da 01, è la prova concreta che qualcosa sta cambiando. Spero che si arrivi presto a produrre in Italia una decina di film di genere all’anno, cosa fino a poco tempo fa impensabile.

The End? ha un punto interrogativo nel titolo. Stai già puntando a un sequel o a un franchise?

In realtà no. O non ancora. The End? era stato proposto come titolo internazionale da uno degli organizzatori del London FrightFest Film Festival, al quale abbiamo partecipato lo scorso anno. Il titolo originale era In un giorno la fine, ma a me era piaciuta molto quella nuova idea del punto interrogativo così, prima dell’uscita italiana, abbiamo deciso con 01 di renderlo titolo ufficiale. Secondo me non è un film da sequel, ma se dovesse capitare e ci fosse possibilità non mi tirerei indietro.

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Fino all’inferno o The End? Ad agosto il cinema italiano è di genere https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/fino-allinferno-o-the-end-ad-agosto-il-cinema-italiano-e-di-genere/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/fino-allinferno-o-the-end-ad-agosto-il-cinema-italiano-e-di-genere/#respond Fri, 03 Aug 2018 05:30:31 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11077 Sono solamente due i film italiani in sala ad agosto. Diretti da giovani registi autoriali dediti al cinema di genere. Cominciamo con l’uscita del 2 agosto. Fino all’inferno è l’opera di Roberto D’Antona. Attore, sceneggiatore e regista, tira le fila di un crime, o di un gangster movie ad esser più classicheggianti, ammicca alle Iene […]

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Sono solamente due i film italiani in sala ad agosto. Diretti da giovani registi autoriali dediti al cinema di genere. Cominciamo con l’uscita del 2 agosto. Fino all’inferno è l’opera di Roberto D’Antona. Attore, sceneggiatore e regista, tira le fila di un crime, o di un gangster movie ad esser più classicheggianti, ammicca alle Iene tarantiniane quanto alla serie tv Breaking Bad. Il suo nuovo lavoro si piomba di proiettili anche per mano di killer glaciali e implacabili in stile Terminator e Matrix e condisce le mirabolanti disavventure di questa banda di rapinatori scapestrati fino a scovare tracce di sci-fi. D’Antona, tentato da sirene d’oltreoceano, americanizza pure i nomi dei suoi rapinatori facendo il protagonista, Rusty, criminale di periferia che con una batteria di mezze tacche si ritrova a vendicare un amico fronteggiando boss di zona e strani esperimenti genetici.

Il gusto del cinema americano, della battutaccia grassa e delle pistolettate facili rende molle il ventre di questo film a tante tentazioni. Ci si allunga in un inseguimento/fuga dove i risvolti e i supponibili climax si susseguono copiosi, per questo non ci troviamo di fronte a una piena maturità autoriale né a esecuzioni impeccabili. Però la voglia di mettersi in gioco e di buttarsi nella macchina cinema divertendosi fa di questo lavoro uno strano animale abbastanza apprezzabile. Tanti i momenti ilari, anche se a volte il buon gusto corre via senza troppo senso, caricando anche il lato trash. In conclusione, pur con attori che non brillano e nonostante i troppi sogni di rock’n’roll che zavorrano il pastiche, Fino all’Inferno tira fuori tanti di quei conigli dal cilindro, e pure se non perfetti non si riesce a non volergli un po’ di bene. Forse le molteplici idee narrative sarebbero bastate per un’intera trilogia con narrazioni più asciutte. Peccati di gioventù? Il tempo ci risponderà.

Esce invece il 14 agosto, praticamente a Ferragosto, uno dei film più fuori dagli schemi che sia mai stato adottato da 01 Distribution negli ultimi anni. Ve la immaginate Roma decimata da un’epidemia zombie? Lo ha fatto Daniele Misischia, filmaker di genere, nello specifico horror. Per il suo The End? L’inferno fuori prende Alessandro Roja e ce lo riconsegna inamidato businessman fedifrago e senza scrupoli. Poco prima di un importante incontro di lavoro, nel palazzo della sua company, l’ascensore si blocca e da lì inizia un calvario di ammazzamenti e claustrofobia denso di adrenalina, morti viventi e sangue infetto. Tutto accadrà esclusivamente all’interno e intorno a questa trappola invalicabile. Solo uno spiraglio per le porte bloccate lo collega all’esterno: un corridoio che gli mostrerà l’orrore di scelte estreme per sopravvivere.

Compagno di viaggio negli inferi sarà il poliziotto impersonato da Claudio Camilli, caratterista faccia nuova che troverà sempre più spazi nel cinema italiano. Altre presenze nel cast Euridice Axen e anche se solo in voce Carolina Crescentini. Progetto prodotto dalla Mompracem dei Manetti Bros e Rai Cinema, The End? approfitta del deserto ferragostano per mettersi alla prova in un grande circuito distributivo. Il Dna da horror anni ’70-’80 c’è, quindi anche quelle imperfezioni che lo sporcano rendendolo già vintage nella sua confezione. Di riferimenti estetici ai grandi registi del genere di quegli anni ce ne sono molti, ma il tocco italiano di ambientare un’apocalisse a Roma rappresenta la vera cifra della sua singolarità. Per due ore sembrerà di essere tornati ai tempi precedenti anche lo Zio Tibia, quando l’horror era un giocattolo tagliente, più smaliziato e meno mainstream, che alle sensazioni forti ci puntava dritto e senza troppi orpelli.

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