Terrence Malick Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 21 Jun 2021 17:26:09 +0000 it-IT hourly 1 The Book of Vision apre la Settimana della Critica a Venezia https://www.fabriqueducinema.it/festival/the-book-of-vision-apre-la-settimana-della-critica-a-venezia/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/the-book-of-vision-apre-la-settimana-della-critica-a-venezia/#respond Thu, 03 Sep 2020 08:00:08 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=14301 Figlio d’arte ˗ il padre è stato attore teatrale, cinematografico e doppiatore di rango ˗ Carlo S. Hintermann arriva al suo primo lungometraggio a soggetto con una vasta e lunga esperienza alle spalle, nel cinema e non solo. Produttore, tecnico del suono, musicista, filmmaker completo, Hintermann ha diretto diversi documentari, ha lavorato accanto a nomi […]

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Figlio d’arte ˗ il padre è stato attore teatrale, cinematografico e doppiatore di rango ˗ Carlo S. Hintermann arriva al suo primo lungometraggio a soggetto con una vasta e lunga esperienza alle spalle, nel cinema e non solo. Produttore, tecnico del suono, musicista, filmmaker completo, Hintermann ha diretto diversi documentari, ha lavorato accanto a nomi autorevoli della scena internazionale (regista della seconda unità per Malick, produttore per Naderi), ha pubblicato ˗ lavorando nelle collane della casa editrice Ubulibri ˗ e scritto libri di cinema, in Italia e oltreconfine.

The Book of Vision, una produzione imponente in cui figura anche Terrence Malick

The Book of Vision, che apre l’edizione di quest’anno della SIC a Venezia, è il risultato di un congegno produttivo imponente, soprattutto per un esordio che coinvolge tre diversi paesi ˗ Italia, Gran Bretagna e Belgio ˗ e raggruppa un cast tecnico-artistico internazionale di alto livello (dallo scenografo David Crank al direttore della fotografia Jörg Widmer, fino all’interprete Charles Dance) coronato dalla presenza di Terrence Malick come produttore esecutivo.

Una giovane chirurgo abbandona la carriera per dedicarsi agli studi sull’involuzione del rapporto tra medico e paziente, concentrando le sue ricerche sul diario illustrato che raccoglie le seicentesche annotazioni di quel che si rivela l’ultimo illuminato uomo di scienze ancora capace di sincretistica apertura all’idea del corpo umano come parte di un organismo fatto anche di componenti immateriali e invisibili; appena prima che la scienza finisca per concentrarsi sulla meccanica razionale dei processi organici. Nel passato come nel presente le nascite e le morti scandiscono incessantemente il progredire degli eventi.

Dietro il fasto della lussureggiante fotografia e dei costumi d’epoca non c’è, come ci si potrebbe aspettare, l’ennesimo film europeo d’autore dalle alte pretese pseudoartistiche, ma il racconto teorico e fantasioso di un appassionato artigiano d’immagini in movimento. Così è Carlo S. Hintermann, che pensa l’arte come ottenimento tecnico e non frutto d’ispirazione aerea, e che pratica il cinema come lavoro collettivo applicato con dedizione alla messa in forma del mondo.

Passato e presente in un unico flusso temporale

Al centro del film sta il gioco di un racconto che congiunge in un solo flusso temporale il diciassettesimo secolo e il presente: anche in questo caso, alla prevedibile pendolarità del meccanico andirivieni tra passato e presente il regista sostituisce una inconsueta commistione, confusione, permeabilità tra il già stato, un profondo presente e il futuro prossimo. Nonostante ci siano successione di azioni e reazioni, uno sviluppo narrativo e un movimento progressivo, si ha la forte impressione che tutto avvenga fuori del tempo, e che i personaggi ˗ che mostrano una fin troppo accurata attenzione nella messa in scena e nello studio del gesto ˗, quasi immobili, non facciano che adempiere al compiersi di un destino circolare.

Il più forte impulso dinamico viene forse da una colonna sonora stratificata e sovrabbondantemente condita, nella quale intorno alle voci e ai suoni si rincorrono brani musicali che sferzano longitudinalmente il film, rubando di quando in quando la scena alle immagini.

The Book of Vision è aperto da una citazione dello scrittore Bufalino ˗ presa tra l’altro da un romanzo, Diceria dell’untore, in rima suggestiva coll’impianto del film ˗ che allude al perno centrale del racconto: la “visione” del titolo è quella “apocalittica” dell’essere umano che, non oltre ma attraverso la propria condizione materiale, allunga lo sguardo oltre la storia di sé, scorgendo il tempo del mondo come una successione di tracce intrecciate l’una nell’altra, dentro un unico flusso senza interruzioni, che intorno alle sue rivoluzioni circolari conforma una trasformazione costante e senza fine.

A valle di queste suggestive e stimolanti idee, la prosa di Hintermann non mostra (ancora) i segni della fluidità matura, restando come irrigidita e in alcune delle sue articolazioni addirittura bloccata dal sovraccarico di senso atteso e non espresso. E tuttavia colpisce la gamma di scelte ardite e originali, tra le quali di certo spicca il gusto dichiaratamente riferito al cinema fantasy degli anni Ottanta, che fonde trucchi analogici e effetti visivi digitali in un coerente e concreto universo iconografico fantasmagorico.

 

 

 

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Terrence Malick e La rabbia giovane, on the road per le Badlands https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/terrence-malick-e-la-rabbia-giovane-on-the-road-per-le-badlands/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/terrence-malick-e-la-rabbia-giovane-on-the-road-per-le-badlands/#respond Fri, 07 Dec 2018 09:14:56 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11920 Terrence Malick è considerato il J. D. Salinger del cinema: ha concesso pochissime interviste, stipulato un contratto che impedisce di usare la sua immagine a fini promozionali e ha dato il suo benestare per un documentario sulla sua vita, Rosy-Fingered Dawn – Un film su Terrence Malick (2002) diretto da Luciano Barcaroli, Carlo Hintermann,  Gerardo Panichi e […]

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Terrence Malick è considerato il J. D. Salinger del cinema: ha concesso pochissime interviste, stipulato un contratto che impedisce di usare la sua immagine a fini promozionali e ha dato il suo benestare per un documentario sulla sua vita, Rosy-Fingered Dawn – Un film su Terrence Malick (2002) diretto da Luciano Barcaroli, Carlo Hintermann,  Gerardo Panichi e Daniele Villa, dove però non appare mai e la sua figura è descritta attraverso le interviste a colleghi e amici.

Malick inizia la sua carriera come script-doctor, non sempre accreditato e, nel 1973, scrive, dirige, interpreta un piccolo ruolo e finanzia personalmente la sua opera prima: La rabbia giovane (titolo dalla traduzione banale rispetto al più evocativo Badlands), un film indipendente interpretato da Martin Sheen (Kit) e Sissy Spacek (Holly), ispirato alle vicende reali del serial killer Charles Starkweather e della giovane compagna Caril Ann Fugate, negli anni ‘50. Un road-movie introspettivo, una spirale di delitti, una favola americana di amore e ribellione. Kit e Holly sono mossi dalla stessa inquietudine, lei scrive tutto sul suo diario – con piglio innocente – lui segue i suoi impulsi omicidi, persi e senza una direzione si muovono con la loro giovinezza rabbiosa per il paesaggio tragico e deserto delle Badlands.

Terrence Malick

Gli omicidi perpetrati dalla coppia, quindici anni lei e venticinque lui, sono un viaggio verso la follia. Se Holly li vive come in stato di trance e senza un’effettiva partecipazione emotiva, Kit sfiora la schizofrenia mentre i suoi attacchi di rabbia si fanno sempre più incontrollabili. Ma è proprio Kit l’anello debole, quasi ricerca la cattura come una liberazione, dall’inizio è destinato a compiere quel suicidio inventato per depistaggio, che sia in un incendio o su una sedia elettrica, la morte è l’unico modo di essere libero. Mentre Holly se la cava con poco, prima di sposare un uomo qualunque e tornare alla vita normale alla quale è destinata.

L’esordio di Malick è un film insolito, accolto con sorprendente entusiasmo alla sua anteprima al New York Film Festival. La pellicola con la sua originalità e l’altissimo gusto estetico, nonostante il budget ridotto, colpisce la Warner Bros che ne acquista i diritti e la distribuisce, pagando una cifra tre volte più alta del budget del film, cogliendo il significato sociale dell’opera che delinea in modo realistico la realtà provinciale della parte più selvaggia degli Stati Uniti.

La rabbia giovane ha già in sé tutte quelle che sono le caratteristiche del cinema di Malick: la rappresentazione cruda degli avvenimenti, l’importanza della natura selvaggia, il rapporto uomo-natura, la voce fuori campo introspettiva (quella di Holly, in questo caso), la fotografia curata e l’attenzione per la colonna sonora. Questo dimostra la chiarezza di idee, lo stile già formato e la visione che Malick ha del mondo, che nel corso della sua filmografia non cambia ma matura lentamente, sfiorando vette di perfezione assoluta.

Terrence Malick

Un po’ Lolita e un po’ A sangue freddo, l’opera prima di Terrence Malick è poetica e letteraria prima ancora che cinematografica, ma basterebbe dire che Bruce Springsteen ha tratto ispirazione da La rabbia giovane per incidere il singolo Nebraska, per capire che è uno dei film più evocativi degli anni ’70, un vero e proprio cult-movie.

Terrence Malick è un autore dai contenuti duri e spietati, che presenta al grande pubblico ritratti di uomini in crisi, con sé stessi e con la società della quale fanno parte. Malick ha uno stile unico, filosofico e spirituale, ed è noto per il suo perfezionismo maniacale e per la sua capacità intrinseca di dividere sempre pubblico e critica. Il regista americano ha segnato l’arte cinematografica con una ritrovata poesia visiva di rara bellezza, meritandosi piogge di candidature agli Oscar e un posto tra i grandi del cinema.

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