Stefano Sollima Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Thu, 11 Oct 2018 21:04:25 +0000 it-IT hourly 1 Soldado: Stefano Sollima e il cinema tra Italia e Stati Uniti https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/soldado-stefano-sollima-e-il-cinema-tra-italia-e-stati-uniti/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/soldado-stefano-sollima-e-il-cinema-tra-italia-e-stati-uniti/#respond Fri, 12 Oct 2018 07:00:46 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11570 «Passare dall’Italia a gestire un progetto hollywoodiano è impegnativo. Da un certo un punto di vista è come se ricominciassi da capo. Tutto quello che farai te lo dovrai riguadagnare passo per passo. Ma è anche la cosa che lo rende interessante. Sopratutto perché non ho perso quello che normalmente si perde: la specificità.» L’11 […]

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«Passare dall’Italia a gestire un progetto hollywoodiano è impegnativo. Da un certo un punto di vista è come se ricominciassi da capo. Tutto quello che farai te lo dovrai riguadagnare passo per passo. Ma è anche la cosa che lo rende interessante. Sopratutto perché non ho perso quello che normalmente si perde: la specificità.»

L’11 ottobre a Roma Stefano Sollima presenta alla stampa il suo primo film di produzione USA: Soldado. Un action-thriller che riscrive il mito della frontiera sul confine tra Messico e Stati Uniti: un muro che separa il famigerato sogno americano da una feroce guerra tra bande. I cartelli della droga sono al centro del muro. Non sono solo povere anime a pagare per attraversarlo: sembra che anche i terroristi abbiano iniziato a pagare il biglietto. Fermarli è il compito di due antieroi, già protagonisti di Sicario di Denis Villeneuve: l’agente federale Graver (Josh Brolin) e Alejandro (Benicio Del Toro), un uomo che si è scoperto killer dopo lo sterminio della sua famiglia. Il risultato non è quel film prevedibile, smaccatamente americano che molti aspettavano. E’ a tutti gli effetti un film di Stefano Sollima, il regista di A.C.A.B. – All Cops Are Bastards (2012) Suburra (2015) e Gomorra – La Serie.

«In Europa il film parte quasi sempre dal regista. Il presupposto è che abbia un controllo creativo molto più forte. Il sistema è più semplice: un produttore, un distributore, meno parti in causa. In America il sistema produttivo è estremamente più complesso.» Sollima descrive i molteplici attori di questo gioco delle parti: dalla proprietà letteraria agli studios e i loro executives, fino ai distributori esteri. E racconta così il suo principale timore: cedere il controllo, o essere licenziati e rinunciare direttamente al film. «E’ molto più facile perdere il tuo tocco. Ed è il motivo per cui loro ti chiamano. E’ questo il loro talento. Rischi di essere veramente marginale nel processo creativo.»

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Come ha saputo difendersi dai classici cliché del mito della frontiera, ma anche da quel mito della trasparenza, che tradizionalmente si conviene al regista hollywoodiano? Con la sua proverbiale nonchalance, il regista romano risponde: «Penso di essere stato molto insistente. Io non faccio parte di quel mondo, ho il mio. Non dovevamo fidanzarci per forza. Sono stato tranquillo e fermo nelle mie scelte. E ho avuto la fortuna di incontrare dei produttori illuminati, che volevano esattamente quel film, l’hanno protetto e difeso.»

Josh Brolin e Guillermo Del Toro erano già protagonisti di Sicario di Denis Villleneuve (2015). Nella visione di Sollima, Soldado (qui il trailer italiano ufficiale) non è né un prequel né un sequel. Il precedente di riferimento è piuttosto la saga di Alien, dove ogni capitolo corrisponde al cineasta che l’ha realizzato: «L’unico punto di contatto era l’universo narrativo di riferimento e alcuni degli attori. Soldado è un film che puoi tranquillamente vedere senza aver visto Sicario. Mi sono trovato molto a mio agio con il racconto di Sheridan. L’ho trovato subito vicinissimo al mio cinema.»

Ma qual è il vero punto di rottura che separa Soldado dall’esperienza di un film come Sicario? Il punto, per Sollima è l’assenza di uno sguardo morale, ovvero il punto di vista che ammorbidisce la trama audiovisiva del film e soprattutto forza lo spettatore nella lettura della realtà. «In Soldado, per come è costruito il racconto, perdi qualsiasi riferimento tra Bene e Male. I due protagonisti partono per vendicarsi di una strage. Contrastando il male iniziano a esercitarlo. Nessun personaggio è filtrato da uno sguardo morale. Benicio Del Toro è un uomo che ha quasi perso la sensibilità rispetto a quello che vive. Poi si mette contro tutti. Dal punto di vista dello spettatore, non c’è più riferimento. Non c’è niente che ti possa aiutare a digerire il processo. In questo senso certo, è un film provocatorio: nessuno ti guida per mano, quando ti siedi nella sala. E’ un’esperienza abbastanza destabilizzante. Ma è bello, a me piace così.»

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Se la mancanza di una netta e artificiale demarcazione tra Bene e Male vi ricorda le opere precedenti di Sollima, il regista conferma di aver ottenuto pieno controllo su Soldado: compreso un final-cut diverso dallo script iniziale. Il suo specifico linguaggio (oltre al finale aperto ed ellittico) traspare anche dall’utilizzo di una nuova musica apocalittica (quella di Gomorra-La Serie è opera dei Mokadelic) affidata qui all’estro del compositore islandese Hildur Guðnadóttir.

A proposito di attori: Fabrique ha chiesto a Sollima se per caso il personaggio del Segretario di Stato, somigliasse al Soldato Joker di Full Metal Jacket di Stanley Kubrick, che è diventato grande e si avvia alla carriera di Presidente. Alcuni temi, nell’Americana di Trump, restano all’ordine del giorno. «Sono un grandissimo fan di Matthew Modine. Ho scelto io tutti gli attori, eccetto ovviamente i due protagonisti di Sicario. Quando il film è uscito in America, c’è stato in momento di sgomento. Sembrava un film di attualità. Ma non c’è nessun riferimento reale. Alcuni concetti corrispondono a quelli usate da Trump durante la sua campagna elettorale. Noi avevamo scritto la sceneggiatura due anni prima. Alcuni temi sono nell’aria. Il tema dell’immigrazione non è stato inventato da Trump: esisteva quarant’anni prima, anzi da secoli.»

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Alessandro Borghi https://www.fabriqueducinema.it/magazine/cover/alessandro-borghi/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/cover/alessandro-borghi/#respond Fri, 01 Jan 2016 16:18:30 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2461 A sentire lui non cambia nulla, è solo una questione di impegni e di tempo che inizia a mancare. Ma per uno degli attori più quotati del momento, protagonista dei film di punta dell’anno Non essere cattivo e Suburra, la cosa più importante è il successo del cuore, quello sì che dà alla testa. Sfatiamo […]

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A sentire lui non cambia nulla, è solo una questione di impegni e di tempo che inizia a mancare. Ma per uno degli attori più quotati del momento, protagonista dei film di punta dell’anno Non essere cattivo e Suburra, la cosa più importante è il successo del cuore, quello sì che dà alla testa.

Sfatiamo subito un mito: non inizi come stunt-man, ma, praticando da sempre le arti marziali, gli amici ti propongono ad alcuni provini per “guadagnarti la giornata”. Allora, una volta per tutte: come nasce la tua passione per il cinema?

Nasce in realtà per caso, all’uscita da una palestra con quello che ancora oggi è il mio agente: insistette per farmi fare un provino per Distretto di Polizia 6, fui preso e da li è iniziato il percorso che mi ha portato fino a qui.

 Se non ti avesse notato sarebbe andata diversamente?

Probabilmente farei il commercialista, pensa che noia!

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Dopo tante fiction e corti è arrivata la grande occasione con il cinema. Quante difficoltà si incontrano prima di emergere in Italia?

Tantissime difficoltà ma non, come vuole il luogo comune, per via delle raccomandazioni, piuttosto perché da noi non ci sono progetti interessanti ai quali partecipare. E quando arrivano c’è troppa offerta rispetto alla domanda,  a quel punto bisogna sgomitare parecchio oppure essere fortunati e trovarsi al posto giusto al momento giusto.

Gli attori bravi quindi ci sono, ma sono troppi rispetto alle opere buone?

Di attori bravi ce ne sono molti nel nostro paese, la differenza è che ad esempio Francia e Spagna hanno fatto dell’industria cinematografia una parte importante del loro sistema economico. Evidentemente in Italia questo non accade, o meglio sta accadendo finalmente di nuovo grazie al coraggio di tante persone che si buttano in progetti indipendenti, riuscendo a portare a termine dei piccoli miracoli come Non essere cattivo.

Che emozione si prova a far parte di un film che stentava a trovare una produzione e ora forse rappresenterà l’Italia alla notte degli Oscar?

È un pensiero che cerco di rimuovere, è talmente assurdo, una cosa che non ci aspettavamo. Per i due giorni successivi alla notizia nessuno di noi si è parlato. Andremo a Los Angeles per fare la promozione del film, la forza della pellicola all’estero credo possa essere far capire e raccontare cosa c’è stato dietro la sua realizzazione. Si devono innamorare del progetto, se comprendono la determinazione da cui nasce allora ci sarà una grandissima probabilità di arrivare nella cinquina. Se non fosse stato per Valerio Mastandrea noi non saremmo qui a parlare: Valerio è andato fisicamente a bussare alle porte dei produttori per cercare finanziamenti.

E una volta che arriva il successo?

Per ora semplicemente ho meno tempo del solito, per quanto riguarda il successo “materiale” molti più impegni, ma se parliamo di successo interiore, quello che hai nel cuore è la più grande ricompensa che ci può essere per chi vuole fare questo lavoro, perché aver preso parte a film come Non essere cattivo e Suburra vale tutti gli sforzi.

Cosa diresti a un ragazzo che vorrebbe fare l’attore?

Prima di tutto bisogna essere sinceri con se stessi, riuscire a capire se davvero si è in grado di fare questo mestiere oppure no: io sapevo che non avrei potuto fare il calciatore e ho smesso. Per fare l’attore ci si deve semplicemente nutrire di questa arte, togliersi l’idea che si diventi ricchi, è un lavoro che va fatto come una specie di vocazione. Ti pone ogni giorno alla prova con te stesso e ti prepara a ricevere dei no, che sono molti più dei sì nella carriera di un attore, d’altronde come i no che si prendono nella vita.Borghi 2

C’è un personaggio che ti ha entusiasmato a tal punto da farti dire: “Caspita, avrei voluto farlo io”?

Sono innamorato del Theodore interpretato da Joaquin Phoenix in Her di Spike Jonze, un personaggio di quelli che ti costringono a lavorare di fino, e non a caso hanno preso uno degli attori più bravi per farlo. Un ruolo simile sarebbe per me meraviglioso da interpretare perché si allontana moltissimo da quello che ho fatto finora, sarebbe una nuova sfida artistica.

Quando hai preso coscienza di essere divenuto un attore?

Quando Stefano Sollima mi ha chiamato per dirmi che sarei stato io Numero 8 [il suo personaggio in Suburra] dentro di me è scoppiato qualcosa, ho avuto la consapevolezza che questo per me era diventato un mestiere e non un hobby. Una volta che ho intrapreso questo cammino ho deciso che sarebbe stata la mia strada: altrimenti mi sarebbe piaciuto essere un atleta professionista di qualsivoglia sport, perché vedo negli atleti uno spirito di sacrificio e una dedizione che in qualche modo ritrovo nel mio mestiere.

Programmi per il futuro?

Ho lavorato a un film indipendente di un giovane regista del Centro Sperimentale che si chiama Michele Vanucci, non so che percorso farà ma è un altro piccolo miracolo. Per l’anno prossimo ci sono già diverse idee in ballo, bisogna solo avere il tempo di mettersi seduti e capire che strada prendere.

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