Spring Attitude Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 21 Jun 2021 17:16:31 +0000 it-IT hourly 1 Frah Quintale: un campionario incredibile di storie a colori https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/frah-quintale-un-campionario-incredibile-di-storie-a-colori/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/frah-quintale-un-campionario-incredibile-di-storie-a-colori/#respond Mon, 29 Oct 2018 09:44:42 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11708 Gemello abbandona la scena con ancora addosso il suo naturale carico di elettricità. La sala dell’Italian Attitude Stage vive una stasi di passaggio, ancora più piena di prima con l’aria che si fa più canicolare, movimenti intorno al bar, folla accalcata sotto al palco, quando l’orologio annuncia l’una di notte ed il pezzo forte di […]

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Gemello abbandona la scena con ancora addosso il suo naturale carico di elettricità. La sala dell’Italian Attitude Stage vive una stasi di passaggio, ancora più piena di prima con l’aria che si fa più canicolare, movimenti intorno al bar, folla accalcata sotto al palco, quando l’orologio annuncia l’una di notte ed il pezzo forte di giornata si fa attendere. Luci vermiglia, riflessi indaco, fari che orbitano sul vapore umano, sul calore ansante di migliaia di respiri congiunti, prima che appaia una testa tonda, una papalina anni ’90, un camicione largo a maniche corte ed una presenza a metà tra Giuliano Sangiorgi e Space One, il pubblico grida, i cellulari si alzano al furore di un concerto che deve ancora iniziare.

Frah Quintale è sul palco e attacca subito con uno dei suoi pezzi più riusciti, ma è il microfono a fare le bizze e la sua voce si perde in mezzo ai suoni dei suoi orchestrali ed al coro di tutti i presenti, ma è un peccato e lo percepiscono tutti, così una volta terminata la musica il buon Frah ricomincia, a cappella, trascina il suo pubblico e ricomincia da capo, con i suoi otto miliardi di persone e nessuna voglia di tornare a casa. I pezzi da fare sono tanti, adesso che il microfono funziona bene, adesso che l’ambiente si fa ancora più caldo, tra la pioggerella che punzecchia la strada all’esterno ed il sudore che puntella le fronti all’interno. Una dopo l’altra le canzoni si accavallano ed è quasi una sorpresa rendersi conto di come siano tutte giuste, una dopo l’altra sembrano una selezione di una lunga carriera e non la sequenza che caratterizza poco più di un album e mezzo di storia, i pezzi più deboli sono pochi e forse non ce ne sono.

Frah quintale

Frah Quintale ha talento, è innegabile, le parole si incastrano armoniose una sull’altra, retaggio da rap, amore pop, scorza indie, ogni strofa funziona, la sua direzione è precisa e probabilmente scavalca tanti indecisi che questo processo di evoluzione dall’Hip Hop lo avevano tentato prima di lui, compreso lo stesso Coez. Frah Quintale funziona e funziona anche sul palco di Spring Attitude, in questa curiosa veste autunnale, e funziona così bene che quasi non si respira, per la gente che continua a sopraggiungere e per un coro senza sosta che attraversa l’intera scaletta, da “Branchie” a “Stupefacente”, da “Chapeau” amputata di Carl Brave alla più intimista “Accattone”, prima di tornare su con la divertente “Sì, ah”, recitata con saltelli da tutti i presenti. La splendida “Missili” alla quale manca il timbro inconfondibile di Giorgio Poi, poi “Cratere”, “Gli Occhi”, “Gravità”, e sembra un peccato non citarne qualcuna, come non cantarle, non seguire le sue braccia al cielo, prima dei giochi con l’autotune, prima di una serata che sembra appena cominciata.

Hai visto mai che c’è un altro cantante in circolazione che forse non sparisce dopo due pezzi passati in radio. Hai visto mai che forse adesso quello spazio è conquistato e non dovuto, se anche un festival dal sapore internazionale come Spring Attitude ha scelto di dedicare un intero Stage ai prodotti di casa nostra, lasciandogli un ruolo di primissima rilevanza. Non che prima non accadesse, vedi Cosmo e i Coma_Cose, ma mai come ora c’era tutta questa voglia, che ci piace definire necessaria. E balliamo senza testa al centro di questa festa. Frah Quintale regge la scena e la reggono i suoi pezzi, scorrono altri fiumi di frasi, di amori persi e rincorsi, di letti freddi, di camminate nei treni la notte a riconoscere i nomi sulle scritte disegnate, lo stesso nome che adesso trovi sulla locandina di un concerto, a raccontare le sue storie di provincia, di alcol e occhi rossi, di lampioni spenti, rumeni ubriachi e cattive compagnie, di storie a colori, anche quando la strada ed il cielo hanno lo stesso grigio.

Frah quintale

Non ci sono capolavori, ma canzoni fatte a mestiere, non c’è De André, ma un campionario di vita credibile, sincera, viva, quel male d’amore che si ripete non porta troppa poesia, ma un po’ di droga, bottiglie di birra e notti sbagliate, come tutti noi, Frah Quintale da Brescia non è qui per salvare la musica, non è qui per salvare nessuno, forse solo sé stesso, facendolo però ci sta regalando tante piccole perle che rimangono in testa e in bocca, cantandole con lui ed in macchina sulla via buia del ritorno. E se per stare un po’ in giro cerchiamo ancora un motivo, oggi ne abbiamo trovati parecchi, perché preferiamo Roma quando c’è Spring Attitude e sul palco ci sono artisti come Gemello e Frah Quintale.

Le foto sono una gentile concessione di Spring Attitude.

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Coma_Cose: quando c’è voglia di cantare in italiano https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/coma_cose-quando-ce-voglia-di-cantare-in-italiano/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/coma_cose-quando-ce-voglia-di-cantare-in-italiano/#respond Fri, 01 Jun 2018 13:42:27 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10585 Sono nell’area antecedente al club dove bar, divani e piante fanno da ingresso alla sala. Il concerto è finito da una ventina di minuti abbondanti. Ho una birra in mano mentre parlo con un dj di zona e un’account manager: discutiamo del secondo tragico Calcutta, di Vasco Brondi e del duo che abbiamo appena ascoltato. […]

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Sono nell’area antecedente al club dove bar, divani e piante fanno da ingresso alla sala. Il concerto è finito da una ventina di minuti abbondanti. Ho una birra in mano mentre parlo con un dj di zona e un’account manager: discutiamo del secondo tragico Calcutta, di Vasco Brondi e del duo che abbiamo appena ascoltato. Si parla di nuovi linguaggi, di evoluzione dei testi, di musica che ritorna e canzoni non all’altezza. Ma soprattutto notiamo una cosa che ci fa un gran bene al cuore: c’è voglia di Italia, c’è voglia di cantare in italiano. Questa nuova ondata “indie”, questo nuovo filone di cantanti, gruppi, progetti e featuring ci sta restituendo un piacere quasi antico, quello di cantare nella nostra lingua madre, di sentire, comprendere, vivere ogni parola strillata al vento.

Come in un buco spazio temporale, al quale erano sopravvissuti indenni solo Cesare Cremonini e pochi altri, siamo riemersi dallo tsunami del Brit Pop, del Punk Americano, dell’Indie Rock e giù a discorrere ogni inclinazione possibile. Li abbiamo amati certo, abbiamo studiato l’inglese per loro, abbiamo cantato i loro modi dire e le loro città, ma poi ci sono mancate le nostre. Che ritornano prepotenti. Che si insinuano nelle nostre cuffie. Che fioriscono nelle nostre città. Come funghi. Come lumache dopo la pioggia. Come risvegliarsi da un coma e ritrovare un sacco di cose. Come i Coma_Cose, forse l’ultimo meraviglioso regalo di questo filone “indie” nostrano.

coma_cose

Due ragazzi, uno ha la barba e il cappellino, l’altra ha labbra morbide, sorriso largo e nuca bionda. Indossano dei giacchetti da metalmeccanici e salgono sul piccolo palco del Lanificio saltellando pieni di carica. Si annunciano con un «Coma_Cose nella casa», che già vuol dire molto, niente «in the house» e niente «Yo», c’è un’anima italiana, che diventa presto una «Anima Lattina», in uno dei pezzi che già spiccano nel loro ristretto campionario. Ed è anche uno dei numerosi riferimenti alla musica cantautoriale italiana che per anni ci è sembrata così distante e inaccessibile. E dopo Battisti la ritroviamo anche quando chiamano in causa Celentano, oppure con la «dolce venere di rime» che ci riporta a De Gregori che, nonostante tutto, è ancora il loro «artista rap preferito».

Le canzoni sono poche, sono giovani e sono fresche come il panorama di cannucce nei bicchieri di plastica. Le canzoni sono poche ma già le conoscono tutti, qualche centinaio di persone che invece di giocherellare con l’ombrellino da cocktail in un tavolino all’aperto hanno preferito venire, in questo sabato di quasi estate, nel caldo di un club compatto e accogliente. Per ascoltare loro, i Coma_Cose, una delle più belle sorprese di questa spumeggiante scena italiana. Fanno parte della scia, ma non assomigliano a nessuno, ammucchiano e si ammucchiano dentro generi e sinfonie, mischiano parole come fossero giocattoli e ci regalano un linguaggio nuovo che ci raggiunge, ci trasforma e ci emoziona ancora una volta.

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Accompagnati da una batteria che si adombra sullo sfondo, Fausto ha il cappellino sulla fronte e fa avanti e indietro sul palco tipo riscaldamento a bordo campo, Francesca agita braccia e testa dorata con movenze alla Eminem d’annata. Un’insegna con una S ed una A sovrasta il centro palco e ci ricorda quel gioiello tutto romano che è lo Spring Attitude degli amici di L-Ektrica, che gentilmente ci regala un’altra serata come questa.

La folla agita le braccia a tempo di musica, i ragazzi sul palco alternano ritmi rap a strofe melodiche, sforzi da romanticismo post-impero e sfogo sociale, senza moralismi, senza sofisticazioni, una Milano già bevuta, una serie di giochi di parole intelligenti senza essere pretenziosi, acrobazie divertenti, tanta Italia in salsa internazionale. E non importa se le canzoni sono veramente poche e si esauriscono prima di esserne soddisfatti, anche loro sul palco ne sembrano dispiaciuti, ma quasi scusandosi ci dicono «abbiamo solo queste, però facciamo ancora qualche altra roba», un breve intervallo con la cover di “Cani Sciolti” dei gloriosi Sangue Misto e poi qualche canzone da ripetere.

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«Post-Concerto» funge già da grande classico di repertorio nonostante abbia appena pochi mesi di vita: tutti ripetono le strofe come un mantra fatto di novità e sorrisi stupiti, per quella pioggia transitiva che ci «temporala», o per la splendida immagine di una «Sarajevo sulle tapparelle che il sole mitraglia di luce», flash mnemonico che nella mente accomuna le camere da letto di qualunque generazione. Fino alle dichiarazioni d’amore di due figli dell’epoca nuova, qualcosa di immaginifico e poetico come «la mia ragazza è bella come David Bowie» per arrivare alla voglia di occupare, e di andare a dormire col cane nella testa dell’altro, come in un gigantesco centro sociale.

Un ragazzo dell’organizzazione dell’evento mi confessa la sua soddisfazione, ma soprattutto la sua felicità nel riconoscere sui volti dei Coma_Cose uno stupore sincero, appassionato, quando vedono così tanti romani cantare a memoria le loro canzoni, una sensazione che gli ricorda il primo Cosmo, passato anche lui tra le sapienti mani dello Spring Attitude qualche anno fa. Non possiamo che augurare ai ragazzi di Milano lo stesso successo del piemontese, e ringraziamo questa nuova Italia musicale, giovane e piena di vita. Che viene da anni di niente, ma vuole tutto. Come i Coma_Cose dal Giambellino.

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Le fotografie sono una gentile concessione di Fabio Germinario e di Spring Attitude.

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