Simone Liberati Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 01 Apr 2022 17:44:17 +0000 it-IT hourly 1 Venezia 75: La profezia dell’armadillo, dal fumetto al film https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-la-profezia-dellarmadillo-dal-fumetto-al-film/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-la-profezia-dellarmadillo-dal-fumetto-al-film/#respond Mon, 03 Sep 2018 13:00:40 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11220 Fenomeno editoriale degli ultimi anni, Michele Rech, al secolo, anzi sui fumetti Zerocalcare, sbarca al cinema. O meglio a Venezia 2018. In Concorso per la sezione Orizzonti, La profezia dell’armadillo, il primo dei libri disegnati dall’autore di Rebibbia è diventato l’omonimo film da lui stesso sceneggiato insieme a Oscar Glioti, Valerio Mastandrea e Johnny Palomba. […]

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Fenomeno editoriale degli ultimi anni, Michele Rech, al secolo, anzi sui fumetti Zerocalcare, sbarca al cinema. O meglio a Venezia 2018. In Concorso per la sezione Orizzonti, La profezia dell’armadillo, il primo dei libri disegnati dall’autore di Rebibbia è diventato l’omonimo film da lui stesso sceneggiato insieme a Oscar Glioti, Valerio Mastandrea e Johnny Palomba. Si riprendono le microstorie di Zero e dello stralunato amico Secco, in carne e ossa impersonati da Simone Liberati e Pietro Castellitto. La madre di Zero ha il volto di Laura Morante, mentre l’armadillo, vera punta di diamante del film, imbraca con muso e armatura Valerio Aprea.

Vivere il nuovo millennio nella periferia est di Roma non è cosa facile. Tra una blanda disoccupazione interrotta da lezioncine di francese impartite a un giovincello di Roma Nord e gli scambi metropolitani col Secco, la notizia della morte di una vecchia amica francese può diventare un terremoto emotivo. Ma la vita deve continuare, così i consigli del coscienzioso armadillo chissà, potrebbero tornare utili un giorno.

la profezia

La ritmica del racconto è inquadrata più sul linguaggio del fumetto che in quello cinematografico, che spesso risolve tante inquadrature in maniere piuttosto banali o prevedibili. In tema di fumetti italiani riformulati in cinema sembra di assistere al cuginetto di Paz! il film di Renato De Maria sui personaggi di Andrea Pazienza. Forse i fumetti di Zerocalcare godono di una popolarità simile a quelli di Paz negli anni Ottanta, ma la soluzione cinematografica, diretta da Emanuele Scaringi per La profezia poteva essere un po’ più ispirata, almeno visivamente. Avrebbe avuto bisogno di una regia più sbarazzina e una macchina da presa con più inventiva.

La direzione degli attori è senza infamia e senza lodi. Prova ne è che un attore giovane di spiccato talento come Liberati, esplosivo in Cuori puri lo scorso anno, per dirne una, qui fa giusto il suo. Ma senza picchi degni di nota. Capita ai giovani quando diretti da un regista esordiente ancora un po’ acerbo. Respira meglio il personaggio di Castellitto. In senso lato e non, visto che il suo sport preferito è pippare spray al peperoncino. Ma nel suo caso l’esagerazione del carattere aiuta la resa comica.

la profezia

La vera novità è l’armadillo. Aprea mette su un personaggio da annali. Conoscevamo già la saggezza sardonica del quadrupede parlante, chicche e battute che da sei anni popolano la fantasia dei lettori, ma voce e tremolii laconici, quasi dagli echi fantozziani di Aprea gli regalano non solo la terza dimensione, ma il movimento in un mondo e soprattutto in un costume entrambi veri. Nessun effetto speciale o lavorazione di postproduzione, l’artefice di questo costume-armatura è la costumista Francesca Casciello. Deo gratias, c’è ancora qualcuno che lavora artigianalmente le proprie creature fantastiche. E adesso sappiamo pure come trovarle fuori dalla carta.

I contenuti su una generazione indolente e solitaria, sospesa tra reminiscenze di cultura pop anni Ottanta in periferie mai rammendate, stallo più o meno perenne nell’insicurezza economica, familiare e sociale da una parte e mondo vorticoso accelerato dalle tecnologie e dalla crescita sono le pinze che stringono i nostri personaggi. In questo, pur visivamente manchevole, la fedeltà concettuale al fumetto rimane molto solida. Il film di Scaringi è pieno di grandi battute e pensieri lampanti, ma pur sempre sbilanciato nella resa registica. Dopo la Mostra del Cinema di Venezia sarà nelle sale dal 13 settembre. Soltanto questo libro di Zerocalcare ha venduto oltre 100mila copie. Riusciranno Zero e Secco a fare gli stessi numeri anche al cinema?

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Al via la nuova edizione dei Fabrique Awards! https://www.fabriqueducinema.it/focus/al-via-la-nuova-edizione-dei-fabrique-awards/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/al-via-la-nuova-edizione-dei-fabrique-awards/#respond Mon, 16 Jul 2018 08:15:48 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10957 Dopo il grande successo della prima edizione, con oltre 1.300 lavori inviati da 70 paesi, si aprono oggi le iscrizioni per l’edizione 2018 dei Fabrique International Awards, il premio che Fabrique du Cinéma promuove come riconoscimento alla creatività e alla sperimentazione, aperto alle produzioni di tutto il mondo. Un respiro internazionale che allarga l’orizzonte della rivista del […]

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Dopo il grande successo della prima edizione, con oltre 1.300 lavori inviati da 70 paesi, si aprono oggi le iscrizioni per l’edizione 2018 dei Fabrique International Awards, il premio che Fabrique du Cinéma promuove come riconoscimento alla creatività e alla sperimentazione, aperto alle produzioni di tutto il mondo.

Un respiro internazionale che allarga l’orizzonte della rivista del nuovo cinema italiano senza tradirne lo spirito: promuovere l’innovazione e la ricerca formale e contenutistica con un’attenzione particolare – ma non esclusiva – per i giovani autori e le opere prime.

LA GIURIA

A conferma della vocazione al superamento dei confini nazionali, anche la composizione della giuria, che nelle passate edizioni si è avvalsa di personalità del calibro di Alessandro Borghi, Valentina Lodovini, Federico Zampaglione, Ivan Carlei, Piero Messina.

Fabrique Awards Vinicio Marchioni

Nell’edizione 2017 a presiedere la commissione è stato Willem Dafoe, straordinario interprete di tante pellicole di culto, da Platoon di Oliver Stone a Spider-Man di Sam Raimi, passando per L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, Antichrist e Nymphomaniac di Lars Von Trier. Gli altri giurati, tutti noti professionisti ed esperti del cinema italiano e internazionale, erano Vinicio Marchioni (attore, Romanzo criminale – la serie, Il contagio) Fabio Guaglione e Fabio Resinaro (registi di Mine e autori di Ride, nelle sale a settembre), Valentina Lodovini (attrice, Montalbano, Benvenuti al Sud), Christian Halsey Solomon (produttore American Psycho, Padri e figlie), Alessandro Usai (Ceo Colorado Film),  Jacopo Chessa (direttore del Centro Nazionale del Cortometraggio).

I PREMI

Sono cinque le sezioni dei Fabrique International Awards – Miglior lungometraggio, Miglior cortometraggio, Miglior webserie, Miglior documentario e Miglior sceneggiatura – che si aggiungono alle categorie tradizionali dedicate al cinema italiano: Opera prima, Opera innovativa e sperimentale, Attore rivelazione, Attrice rivelazione e Tema musicale.

Fabrique Awards Actual

I VINCITORI DELLA PRIMA EDIZIONE

Nella cerimonia che si è tenuta a Spazio 900 il 15 dicembre 2017 a Roma sono stati premiati fra gli altri Gatta Cenerentola di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone (Opera innovativa e sperimentale), Easy di Andrea Magnani (Opera prima), Bikini Blue di Jarek Marszewski (Lungometraggio internazionale), Mama di Eduardo Vieitez (Cortometraggio internazionale), Valentina Bellè (attrice rivelazione) e Simone Liberati (attore rivelazione).

La cerimonia di premiazione della nuova edizione si svolgerà il 14 dicembre 2018 sempre nella splendida location di Spazio 900.

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Festival di Cannes: “Cuori puri” https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-cuori-puri/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-cuori-puri/#respond Thu, 25 May 2017 08:44:25 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8613 Siamo forti, a questa Quinzaine. Amatissimo e applauditissimo anche Cuori puri, terzo e ultimo film italiano della sezione, lungometraggio d’esordio di Roberto De Paolis, che arriva alla prima regia dopo un percorso composito che è partito dalla fotografia (con esposizioni in tutta Europa) e la video arte. C’era un’energia particolare nella sala dell’Hotel Marriott, sede […]

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Siamo forti, a questa Quinzaine. Amatissimo e applauditissimo anche Cuori puri, terzo e ultimo film italiano della sezione, lungometraggio d’esordio di Roberto De Paolis, che arriva alla prima regia dopo un percorso composito che è partito dalla fotografia (con esposizioni in tutta Europa) e la video arte.

Simone Liberati in una scena di Cuori puri

C’era un’energia particolare nella sala dell’Hotel Marriott, sede della Quinzaine: oltre a tutto il cast del film e a buona parte della troupe, era presente anche Jonas Carpignano, e una congiuntura astrale favorevole ci ha permesso di godere del film seduti accanto niente di meno che a Ed Lachman, affascinato durante la proiezione e molto contento all’accensione delle luci.

Cuori puri è una storia di periferia. È una storia, ancora una volta, che parla dei margini, siano essi sociali e/o geografici. Come A Ciambra, che sta tra i rom di Gioia Tauro, o L’intrusa, ambientato a Ponticelli, all’ombra del Vesuvio, Cuori puri affonda le radici nel grigiore di Tor Sapienza, ed è la storia di due ragazzi, Stefano e Agnese (Simone Liberati e Selene Caramazza, bravissimi, mai sotto la soglia dell’autenticità delle parole e dei gesti), che si aprono l’uno con l’altra fino a un atto di sacrificio estremo, che per lui significa perdere il lavoro, per lei, invece, perdere qualcos’altro, qualcosa di più intimo, nascosto, proibito, contravvenendo a una madre religiosissima (Barbora Bobulova) e alla lezione del parroco-guida spirituale dell’intera comunità (Stefano Fresi).

Stefano è un ragazzo che vive davvero una vita difficile: la madre e il padre sono disperati, il padrone di casa dopo due anni di affitto arretrato li sfratta e li costringe a vivere in una roulotte, con il conseguente inasprimento delle tensioni familiari, viene licenziato da un supermercato, riesce a trovare un altro lavoro come guardiano di un parcheggio con la complicazione del campo rom confinante e si ritrova con la madre che gli elemosina quelle poche centinaia di euro che lui riesce a guadagnare e un padre intrattabile con il quale viene quasi alle mani.

Ci sarebbe l’alternativa dello spaccio, ma Stefano proprio non è portato, e l’esuberante amico Lele (Edoardo Pesce, che gigioneggia e incute timore allo stesso tempo) prova a farglielo capire: ma Stefano è un “cuore puro”, non è fatto per frequentare la scuola della strada, fa il duro con i rom ma poi li difende, dovrebbe vendere la droga ma la coscienza lo bacchetta di fronte alle richieste dei ragazzini di 12 anni.

Selene Caramazza in una scena di Cuori puri

Il destino lo fa incontrare due volte con Agnese, prossima al compimento dei 18 anni e incatenata alla promessa di arrivare vergine al matrimonio, di cui sono artefici una madre fin troppo possessiva e il simpatico Don Luca, interprete molto sui generis delle Sacre Scritture.

Il film, date le premesse, è il barcamenarsi di questi due ragazzi fra cause impedienti di vario genere e barriere sociali o morali che in qualche modo bisogna scavalcare. Denominatore comune di altre prove del nostro cinema recente, si pensi a Fiore, a La ragazza del mondo, sono le nostre storie, che i nostri registi dimostrano di saper affrontare con piglio sicuro.

De Paolis si affida alla scuola del cinema-verità, sgancia la macchina dal cavalletto e alterna i primi piani ai campi lunghissimi, accenna il contesto e poi si attacca ai personaggi, predilige ogni volta che è possibile la luce naturale e suggerisce ai suoi attori di improvvisare i dialoghi, di conferire alle scene il loro apporto, il loro vissuto, e la strategia è vincente: l’aderenza alla realtà in più momenti raggiunge picchi talmente elevati che si prova quasi la sensazione di essere intrusi; anche grazie alla fluidità del dialetto Simone Liberati e Edoardo Pesce, su tutti, riescono a farci credere a ogni parola che dicono. E questo è sempre un pregio.

 

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