Sergio Castellitto Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 30 Jan 2024 16:02:26 +0000 it-IT hourly 1 Enea, il fascino rabbioso della borghesia https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/enea-il-fascino-rabbioso-della-borghesia/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/enea-il-fascino-rabbioso-della-borghesia/#respond Thu, 11 Jan 2024 08:32:48 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18900 Gli auricolari sempre nelle orecchie ti connettono con il mondo ma ti distaccano dal prossimo, e forse pure da te stesso. Chissà se l’Enea di Pietro Castellitto, al cinema da oggi, se ne rende conto mentre svapa nella limo che se lo scarrozza per la Roma bene. Gli eventi della sua vita agiata gli scivolano […]

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Gli auricolari sempre nelle orecchie ti connettono con il mondo ma ti distaccano dal prossimo, e forse pure da te stesso. Chissà se l’Enea di Pietro Castellitto, al cinema da oggi, se ne rende conto mentre svapa nella limo che se lo scarrozza per la Roma bene. Gli eventi della sua vita agiata gli scivolano addosso come fossero tracce Spotify. Così questo trentenne galleggia tra la gestione del suo localone sushi-dance e l’amico aviatore, le feste passate a salutare, gli eccessi tirati su dal naso e una famiglia borghese e perbenista che sognerebbe la propria pace. Invece a Enea capita di entrare in un grosso giro di spaccio, così le cose cambieranno. Per sempre.

Castellitto torna a scrivere e dirigere dopo I predatori. Non perde ferocia, anzi. Il suo mondo stavolta si restringe esclusivamente su una Roma Nord di bella facciata ma priva di valori saldi. O meglio, anch’essi come brani Spotify passano e spariscono dal player della vita in un soffio. “Le ragazze belle rendono la vita leggera come un treno di nuvole”, dirà al primo appuntamento a Benedetta Porcaroli. Spinta dal motore della vitalità giovanile, la leggerezza si mescola con un’arroganza silente ma punzecchiante come un laserino negli occhi. E alla base una totale mancanza di umanità e reale contatto con l’altro da sé compone una rabbia recondita che permea anche i più insospettabili.

Alla regia vuole strafare Castellitto, più che nel suo lavoro precedente. In parte ce la fa, anche lasciando scoperti vari aspetti di quella che sarebbe un’intricata vicenda criminale. A proposito di questo è Adamo Dionisi, ex-boss gitano di Suburra, a interpretare il grosso capoclan che prende a cuore Enea rivolgendogli il frasario poetico e sano che non ti aspetteresti mai e poi mai da un tipo così. Sarà paradossalmente lui a incarnare in toto tutti quei valori scivolati via come sashimi avanzato. L’interpretazione di Dionisi vale una significativa fetta di film. Fa tenerezza poi la presenza del vero fratello Cesare Castellitto nei panni del fratellino quindicenne bullizzato e ingenuo. E quella del placido padre di Enea interpretato proprio da Sergio Castellitto. Infine lo scontro con Giorgio Montanini, già protagonista dell’opera prima. Stavolta l’attore marchigiano si ripulisce dal fascistello che interpretò per Castellitto dando vita a uno scrittore che simboleggerà l’opulenza, la ricchezza, ma probabilmente non la potenza. Spetterà agli audaci quella? Chissà.

I personaggi di questo lavoro galleggiano sperduti tra rimorsi e rabbia. Si nutre di piccoli paradossi e grandi cortocircuiti questo film che non lascia tranquilli. In certe atmosfere riecheggia la Borghesia tratteggiata da Bunuel, in altre ci si può percepire il filo invisibile che lo lega incoscientemente al contemporaneo Saltburn di Emerald Fennell, entrambi cuccioli in qualche modo debitori dell’eredità liscia e spietata di American Psycho. Anche se in fin dai conti l’ombra di un’influenza sorrentiniana potrebbe essere sospettabile quanto naturale. Enea, il film, non sia mai il ragazzotto, schiaffeggia, taglia e distrugge quando apparentemente accarezza e accoglie nel suo agio. Sbruffone nella forma e nella sostanza Castellitto ci piace anche con le sue imperfezioni perché ha coraggio e stile. Sarebbe una gran cosa prima poi vederlo lavorare insieme ai D’Innocenzo. Il cinema italiano ha bisogno anche di questi enfant terrible, con tutti i loro pregi e tutti i loro difetti.

 

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Il cattivo poeta: Sergio Castellitto fa rivivere Gabriele D’Annunzio https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/il-cattivo-poeta-sergio-castellitto-fa-rivivere-gabriele-dannunzio/ Thu, 20 May 2021 07:35:06 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15579 Se si pensa a qual è una delle figure emblematiche nel panorama letterario italiano, non può non venir in mente il nome di Gabriele D’Annunzio. Figura da sempre associata al fascismo, ma, allo stesso tempo, unico uomo in grado di far tremare il regime dittatoriale instaurato da Mussolini, che, con il Vate, decide di intraprendere […]

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Se si pensa a qual è una delle figure emblematiche nel panorama letterario italiano, non può non venir in mente il nome di Gabriele D’Annunzio. Figura da sempre associata al fascismo, ma, allo stesso tempo, unico uomo in grado di far tremare il regime dittatoriale instaurato da Mussolini, che, con il Vate, decide di intraprendere una “cordiale inamicizia”, paragonandolo a «un dente malato, che o lo si ricopre d’oro o lo si estirpa».

Da questa consapevolezza filologica parte il primo lungometraggio di Gianluca Jodice (regista e sceneggiatore), Il cattivo poeta, un film che si colloca in quel filone di opere contemporanee – di cui Matteo Rovere (qui in veste di produttore) è un anticipatore – che vedono nella storia italiana un substrato ricco di linfa per il cinema.

Con un tocco intimo, posato e artigianale, Gianluca Jodice conduce lo spettatore nell’intimo di un protagonista scomodo e controverso della nostra cultura, decidendo però di mostrarlo da un punto di vista originale. La sinuosità della macchina da presa si affianca, infatti, a Giovanni Comini (interpretato con delicatezza e discrezione da Francesco Patané, al suo debutto sul grande schermo), il cui occhio si pone allo stesso livello di noi spettatori: ospite silenzioso all’interno di un’amara e malinconica visione, quella di D’Annunzio (incarnato da un camaleontico Sergio Castellitto), che rimane però un eterno soggetto onnipresente e fuoricampo allo stesso tempo.

In ciò, diventa fondamentale non solo lo scontro/incontro con Comini, che rappresenta tutto ciò che D’Annunzio stesso era e che ha ormai perso (se il primo ha più futuro che passato nelle proprie vene, il secondo ha invece più passato alle spalle che futuro davanti), ma anche il Vittoriale, luogo deputato in cui il poeta, finanziato da Mussolini, si era posto in auto-esilio, in attesa di quell’ultimo sussulto di vitalità, rappresentato proprio dall’incontro con la figura del giovane federale fascista.

Jodice e Rovere – come hanno sottolineato nella conferenza stampa di presentazione – fotografano il Vate in quel logorante cul de sac nel quale il poeta decadente si è rinchiuso in un vortice di ossessioni che lo hanno trasformato in un recluso, in un mitologico Nosferatu (nota Rovere), che riversa la propria anima tormentata dentro la geografia dello spazio che abita (quasi come in uno sperduto “deserto dei tartari”). Spazio che non viene visto tanto come un deposito d’antiquariato, ma come un luogo archeologico di potenza, decadenza e desiderio vitale.

La regia, all’opposto, decide di essere pulita e controllata, al fine di lasciar scolpire la figura del Vate non tanto tramite eventi o dialoghi (che, in ogni caso, la sceneggiatura ricostruisce  con un lavoro meticoloso di documentazione), ma attraverso un’estetica affidata all’evocazione fotografica e scenografica (curate rispettivamente da Daniele Ciprì e Tonino Zera), in grado di restituire un taglio antico e classico con tonalità profonde come il giallo, il verde e il nero, che richiamano in più occasioni i dipinti metafisici di De Chirico.

Il cattivo poeta (coproduzione italo-francese che arriva oggi, con duecento copie, nelle sale) è dunque un’opera che si sgancia dal contemporaneo alla ricerca di nuovi codici, che tengano però sempre presente il tessuto culturale in cui siamo immersi. In questo contesto, sebbene l’aspetto filologico, soprattutto all’inizio, risulta eccessivamente pressante, si viene a delineare un film “epidermico”, dove, più che le parole, a risuonare sono le immagini

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Ricchi di fantasia: Castellitto e Ferilli ricchi per caso https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/ricchi-di-fantasia-castellitto-e-ferilli-ricchi-per-caso/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/ricchi-di-fantasia-castellitto-e-ferilli-ricchi-per-caso/#respond Thu, 27 Sep 2018 06:23:33 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11394 Si è più ricchi quando si è innamorati veramente o per il biglietto vincente della lotteria nel taschino? Ce lo mostra Ricchi di fantasia (qui il trailer ufficiale), la nuova commedia di Francesco Micciché mettendo insieme Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli. La struttura spinge l’imitazione di situazioni classiche in stile commedia all’italiana. I protagonisti hanno lo stesso […]

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Si è più ricchi quando si è innamorati veramente o per il biglietto vincente della lotteria nel taschino? Ce lo mostra Ricchi di fantasia (qui il trailer ufficiale), la nuova commedia di Francesco Micciché mettendo insieme Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli. La struttura spinge l’imitazione di situazioni classiche in stile commedia all’italiana. I protagonisti hanno lo stesso nome dei loro personaggi, così Sergio e Sabrina amanti entrambi bloccati da rispettivi consorti e famiglie fanno saltare le loro unioni ufficiali per una forte vincita. Peccato sia soltanto uno scherzo dei colleghi di Sergio, giù al cantiere, capeggiati da Paolo Calabresi. Ma ormai i cocci sono rotti e la fuga in un pulmino scalcinato insieme a figli vari più madre/suocera petulante si trasforma in un roadmovie verso la Puglia.

Si tratteggia l’Italietta che vorrebbe ma non può. Non solo nel lavoro, dove Sergio subisce angherie economiche sfumate di truffa dal costruttore che lo schiavizza, un Gianfranco Gallo impeccabilmente sibillino. Ma dove i sogni artistici di Sabrina sono bloccati nei siparietti canterini da pianobar per neofascisti. A tal riguardo, Faccetta nera in versione animazione ristorante è chiaro segno dei nostri tempi: oggi il film vorrebbe criticare ma verrà frainteso dai più, per poi un domani essere osservato con inedito interesse per la ribellione stretta sotto i denti dei nostri artisti e autori attuali. E tutto per un comodo, condiviso meccanismo di valutazione timorosa dell’oggi. La Commedia all’Italiana girava intorno ai problemi, li avvolgeva, ma a un certo punto li colpiva frontalmente, non di striscio. E a suo modo cerca di fare lo stesso anche Ricchi di fantasia.

ricchi di fantasia

Andando avanti Micchiché mette in rilievo Antonio Catania e Antonella Attili, ricchi sfrenati e machiavellici. Escono frasi come: «La tristezza è per i ricchi» o «Per salvare la faccia rischiamo di perderla». Sì, perché ogni personaggio qui è impegnato a dimostrare quello che non potrebbe. La lotta di classe di una volta muta in guerra tra poveri. Tanto tra colleghi squattrinati con falsi biglietti vincenti quanto tra nuovi membri di una famiglia allargata per sbaglio. Si capovolgono anche le politicizzazioni. I ricchi diventano di sinistra e i poveri più destrorsi. Addio slogan come potere operaio e potere al popolo. È il ricco che ha tempo e potere per acculturarsi e diventare fine intellettuale dalla parte del giusto, seppur umettato di cupidigia. Al povero restano invece sole, cuore e livore. Ora vale un si salvi chi può generalizzato, apparentemente orizzontale. Ognuno con i propri mezzi. Ricchi o poveri che siano. Leciti o meno. Il ché ci richiede un’osservazione più complessa rispetto al passato.

Si ride amaro e di cuore in questa commedia che a ogni lettura è capace di mostrarci nuove sfaccettature. Finti poveri e finti ricchi si mescolano come carte ben orchestrate in un gioco di ruoli che ha solo rari momenti di stallo narrativo e un cast sempre frizzantino. «Viviamo in una società dove non c’è oggettività nella propria ricchezza»: ha ragionato durante la conferenza stampa di presentazione Paolo Calabresi, che interpreta il collega di Sergio, spalla d’appoggio e amico di sempre. «Ricchezza in sé è la finanza, ormai virtuale. Indipendentemente da questo siamo un paese che ha sempre fatto finta di essere più ricco di quello che è. Abbiamo voluto sempre aspirare ad essere qualcosa di superiore a ciò che eravamo. Chi fa finta di essere povero essendo ricco, lo fa per un piano deliberato. Invece chi finge di essere ricco, pur essendo povero, ha un piano di disperazione».

ricchi di fantasia

Tra gli attori spiccano poi la bambolosità new-age del personaggio di Matilde Gioli, che fa la figlia mitigatrice di Sergio, e il suo piccolo Art interpretato da Vincenzo Sebastiani. Viso pacioccone e linguetta pronta al tempo comico. Non manca nemmeno un curioso segno distintivo della commedia sentimental-familiare contemporanea lanciato da Moretti, poi perseguito da Muccino e tanti altri: la scena della canzone corale in automobile. E stavolta, scuserete lo spoiler, è il turno di Pupo. Con Su di noi. Cantiamo, ché ci passa.

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Guglielmo Poggi è “Il tuttofare” con Castellitto https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/guglielmo-poggi-e-il-tuttofare-con-castellitto/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/guglielmo-poggi-e-il-tuttofare-con-castellitto/#respond Tue, 17 Apr 2018 00:00:46 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10045 Definirlo un giovane attore sarebbe riduttivo, perché Guglielmo Poggi è sì un attore emergente di talento ma è anche musicista, narratore di storie e regista. Classe 1990, dopo tanti ruoli in cui si è egregiamente cimentato – come in alcune piccole ma interessanti parti come “avviatore di storie” (Smetto quando voglio, L’estate addosso, Beata ignoranza) […]

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Definirlo un giovane attore sarebbe riduttivo, perché Guglielmo Poggi è sì un attore emergente di talento ma è anche musicista, narratore di storie e regista. Classe 1990, dopo tanti ruoli in cui si è egregiamente cimentato – come in alcune piccole ma interessanti parti come “avviatore di storie” (Smetto quando voglio, L’estate addosso, Beata ignoranza) – o altre in cui ha avuto ruoli più importanti – come ne Il nostro ultimo di Ludovico Di Martino – arriva il suo primo ruolo da protagonista, nel lungometraggio d’esordio di Valerio Attanasio, Il tuttofare (Vision Distribution, al cinema dal 19 aprile) che racconta una vicenda tutta italiana e molto attuale: quella di Antonio Bonocore, praticante in legge, che sogna un contratto nel prestigioso studio del suo mentore, il principe del foro Salvatore “Toti” Bellastella (Sergio Castellitto) ma, disposto a tutto pur di lavorare, si troverà in guai seri.

Guglielmo Poggi ne Il tuttofareGuglielmo, com’è nata la tua passione per il cinema e la recitazione?

I miei genitori sono due bravissimi attori, ma inizialmente non erano favorevoli che intraprendessi questa carriera anche io, così all’inizio ho cominciato col doppiaggio. Quella è stata la scintilla, perché alla fine dovendo dare la voce a un personaggio, finisci col recitare insieme a lui.

Ed ora finalmente è arrivato per te un ruolo da protagonista in un’opera prima. Come sei stato scelto?

Per un attore come me, che fino ai 26 anni aveva fatto film belli ma sempre con parti piccole, quando è arrivato Il tuttofare è stato pazzesco perché mi sono visto proiettato in qualcosa a cui pensavo di arrivare fra anni. Io non sono uno facilissimo per i casting, perché sono a metà fra il caratterista e il primo attore, ma per questo film cercavano un interprete con una grande esperienza teatrale – ci sono scene molto lunghe, bisognava interagire con Castellitto – che sembrasse un ragazzino ma che non lo fosse veramente, e con una certa attitudine ai tempi comici. Dopo il disgraziato, il coatto, il fattone, ora interpreto uno studioso perfettino che non sa niente della vita. Questo è fare l’attore: viaggiare e allontanarsi da sé.

Lo sceneggiatore Valerio Attanasio con Il tuttofare firma la sua opera prima. Com’è stato lavorare con lui?

Con Valerio siamo praticamente cresciuti insieme, la vita ci ha fatto ricontrare (dopo Smetto quando voglio, dove lui era sceneggiatore) e già dal provino sentivo che quella parte io la avrei fatta meglio di chiunque altro, ma non per presunzione, perché ci sono degli artisti con cui ti capisci al volo. Tutto qui. E lui ha un modo di trattare temi seri con una leggerezza e ironia molto intelligente. Mette gli attori nelle condizioni di fare bene il loro lavoro. Non sentirai mai Valerio dire “dilla come la dici al supermercato”, mai, sul set non c’era nessuno che non recitasse, e questo secondo me è un modo alto di fare cinema.

Il film infatti è una commedia, nonostante la vicenda che racconta sia tremendamente drammatica e attuale.

Se questa storia non fosse raccontata come commedia sarebbe fin troppo inquietante, invece con un tono grottesco puoi dire le cose così come sono. Finalmente ecco una commedia su una generazione, quella dei millennials, il cui mondo del lavoro non era ancora stato raccontato. Antonio Bonocore – il mio personaggio – è in linea con un’idea di compromesso non solo professionale ma anche esistenziale. Non esiste un limite di dignità, di etica. Eppure l’etica dovrebbe garantirla la giustizia, e pur essendo lui un portento del diritto, sembra non sapere neanche che cosa sia. Conosco più di una persona che si è trovata ad affrontare una situazione non dignitosa o che ha dovuto accettarla perché era nella condizione di essere “sostituibile”. L’idea dell’insostituibilità non esiste più.

Guglielmo Poggi Il tuttofareIl tuo boss, capo, datore di lavoro, che è interpretato da Sergio Castellitto, qui è un personaggio molto ambiguo. Com’è stato recitare a fianco di un grande attore come lui?

Sergio è stato straordinario perché ha avuto l’intuizione di interpretare il suo personaggio non come despota autoritario, ma anzi sempre sorridente, capace di lusingare le capacità di Antonio, esattamente come fa il potere: esalta una generazione di ragazzi capaci ma non dà loro i mezzi, e questa è esattamente la chiave del film.

Negli ultimi anni hai diretto alcuni cortometraggi che hanno avuto un grande successo. Quali sono i temi di cui vorresti parlare da regista?

Con Un po’ prima di sparire (2016) ho parlato di bulimia e in Siamo la fine del mondo (2017) ho raccontato un suicidio “in diretta”. Quello che ora vorrei raccontare è l’alienazione provocata dalle nuove tecnologie: temo che la mancanza di luoghi di aggregazione possa portare gli esseri umani a un futuro molto arido.

Cosa consiglieresti a un giovane attore che volesse intraprendere la tua carriera?

Gli consiglierei di tenere sempre i piedi per terra, ma prima ancora di dedicarsi a ciò che lo incuriosisce, andare a vedere una mostra o leggere un libro: il materiale per essere un bravo attore è ovunque. Siamo gli eredi naturali di Gassman, Manfredi, e non stiamo parlando di gente fotogenica che andava sul set e diceva due battute, stiamo parlando di grandissimi intellettuali, di artigiani del loro lavoro, persone incantevoli capaci di stupire sempre.

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Maratea e le Giornate Internazionali del Cinema Lucano https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/maratea-le-giornate-internazionali-del-cinema-lucano/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/maratea-le-giornate-internazionali-del-cinema-lucano/#respond Mon, 24 Jul 2017 13:26:19 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8995 Nel 1995 Giuseppe Tornatore la scelse per ambientarvi la Sicilia de L’uomo delle stelle. Quella stessa terra vent’anni dopo è stata teatro della fuga rocambolesca tentata da Edoardo Leo, Anna Foglietta e Luca Argentero assieme a tutta la sgangherata banda di Noi e la Giulia a bordo di una Giulia 1300: stiamo parlando della Lucania, […]

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Nel 1995 Giuseppe Tornatore la scelse per ambientarvi la Sicilia de L’uomo delle stelle. Quella stessa terra vent’anni dopo è stata teatro della fuga rocambolesca tentata da Edoardo Leo, Anna Foglietta e Luca Argentero assieme a tutta la sgangherata banda di Noi e la Giulia a bordo di una Giulia 1300: stiamo parlando della Lucania, terra dei lupi e di cinema, che dal 25 al 29 luglio ospiterà le Giornate Internazionali del Cinema Lucano – Premio Maratea/Basilicata nella splendida location di Maratea.

Giornate del cinema Internazionale

 

La manifestazione vedrà la presenza di ospiti illustri del mondo del cinema, da Sergio Castellitto e Margaret Mazzantini – che presenteranno il loro ultimo lavoro Fortunata –  a Christian De Sica e Leonardo Pieraccioni, da Valerio Mastandrea a Valeria Golino, Carolina Crescentini e Ambra Angiolini.

A Maratea i cinque giorni di kermesse, dedicati alla promozione, allo sviluppo e alla valorizzazione della settima arte, saranno arricchiti da dibattiti, proiezioni, incontri con i “big” del mondo del cinema, finalizzati alla riflessione sull’attuale panorama cinematografico italiano ed estero, ma anche all’analisi di tendenze e scenari futuri.

Le Giornate Internazionali del Cinema Lucano si svolgeranno sotto l’egida della giovane Lucana Film Commission che, nata nel 2012, ha da subito manifestato la vocazione a creare un distretto del cinema e dell’audiovisivo in Basilicata, che funga da punto di incontro tra i tanti e talentuosi giovani filmmakers e i “big” del cinema, con i quali sviluppare future collaborazioni. In questo senso si veda anche la tavola rotonda che metterà a confronto i direttori delle più importanti kermesse cinematografiche di Venezia, Roma, Pesaro, Torino e Karlovy-Vary.

Ma non di solo cinema si parlerà a Maratea: grande spazio sarà dedicato ai migliori youtuber che infiammano le nuove generazioni con video dal linguaggio frenetico e diretto, sintomo di un’aspirazione, quella della Lucana Film Commission, ad occuparsi dell’audiovisivo a 360 gradi.

QUI IL PROGRAMMA

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