Roberto Recchioni Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 06 Sep 2022 13:18:43 +0000 it-IT hourly 1 Ambra Garlaschelli: «Tanto più forte è una luce, tanto più mostruosa è l’ombra che proietta» https://www.fabriqueducinema.it/focus/ambra-garlaschelli-tanto-piu-forte-e-una-luce-tanto-piu-mostruosa-e-lombra-che-proietta/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/ambra-garlaschelli-tanto-piu-forte-e-una-luce-tanto-piu-mostruosa-e-lombra-che-proietta/#respond Tue, 19 Jul 2022 07:16:05 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17402 «Tanto più una luce è forte, tanto più netta e mostruosa è l’ombra che proietta». Con questa massima Ambra Garlaschelli sintetizza il suo segno grafico: luci e ombre intense, accostate fra loro a creare immagini di grande impatto. L’illustratrice e fumettista lombarda ribadisce però che è molto aperta alle sperimentazioni, mentre alcuni suoi progetti, come […]

L'articolo Ambra Garlaschelli: «Tanto più forte è una luce, tanto più mostruosa è l’ombra che proietta» proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
«Tanto più una luce è forte, tanto più netta e mostruosa è l’ombra che proietta». Con questa massima Ambra Garlaschelli sintetizza il suo segno grafico: luci e ombre intense, accostate fra loro a creare immagini di grande impatto. L’illustratrice e fumettista lombarda ribadisce però che è molto aperta alle sperimentazioni, mentre alcuni suoi progetti, come ci ha raccontato, mostrano un consapevole impegno femminista.

Partiamo dalla bellissima illustrazione per la copertina del Dylan Dog Color Fest. Com’è nata la collaborazione con Bonelli e quale è stato il tuo approccio a un personaggio iconico?

La collaborazione per questa cover è nata in realtà un po’ per caso. Credo che Roberto Recchioni [il curatore della testata, ndr] mi abbia scovata per via di un post di Michele Garofoli sul sito Lo Spazio Bianco. Dopo qualche mese ho realizzato una commission proprio su Dylan Dog che deve essere piaciuta, perché subito dopo Roberto mi ha contattata per propormi di realizzare una cover per il Color Fest. Caso vuole che dovessero uscire anche le storie di Spugna, Jacopo Starace e Officina Infernale, che conosco molto bene, per cui realizzare la cover del loro numero è stata proprio una coincidenza fortunata. Roberto mi aveva chiesto di proporre un’immagine che raccontasse l’immaginario legato all’Indagatore dell’incubo, per cui ho cercato di condensare il maggior numero di informazioni creando diversi livelli di lettura. La prima cosa che volevo risultasse evidente era Dylan che con un gesto della mano ci invita al silenzio, collegandosi ai segreti e al mistero che li circonda. Dopodiché ho inserito una serie di sotto-tracce all’interno del personaggio, visibili solo se si osserva meglio, come un teschio sovrapposto alla faccia di Dylan, mani mostruose che lo afferrano e due scheletri che gli sussurrano all’orecchio.

Immagino che le atmosfere oscure di Dylan Dog si sposino bene con il tuo immaginario grafico, fatto di neri profondi e lampi luminosi. È così?

Sì, direi proprio che a livello di immaginario le atmosfere cupe sono indubbiamente nelle mie corde. Preferisco comunque non etichettarmi in una categoria troppo specifica perché mi piace variare e sperimentare cose nuove. Sono molto attratta dalle note scure, dai movimenti del nero, dalle sue sovrapposizioni e dai contrasti che si creano ed è così che vengo percepita. Ma non significa che abbia un tipo di personalità cupa, anzi!

Qual è stata la tua formazione e quali i tuoi riferimenti nelle arti visive, dal cinema alla letteratura?

Dopo la maturità mi sono iscritta allo IED di Milano, sezione Illustrazione e Arti visive. Durante il corso triennale ero ancora molto incerta sulla scelta e anche dopo il diploma ho fatto altro, principalmente grafica; all’illustrazione e alle arti visive mi sono riavvicinata abbastanza di recente. Del nero profondo di cui parli mi sono re-innamorata con l’inizio del mio lavoro nei laboratori di incisione, osservando gli inchiostri calcografici, probabilmente, ma ciò non toglie che mi sia sempre riempita gli occhi di immagini di ogni tipo. Potrei darti una lista di nomi e riferimenti ma sarebbe lunghissima. Indubbiamente le atmosfere cupe e desaturate, le luci nette o soffuse, i tratti nervosi mi hanno sempre attratta, ma nella categoria del visivo rientrano fumetti, illustrazioni, fotografia, grafica, cinema, persino la musica e i testi senza immagini lasciano comunque una sorta di immagine interna. Shakera poi il tutto: il risultato sarà contaminazione pura che però mantiene un mood di fondo e avrai la mia lista di influenze.

Che rapporto hai invece con il fumetto, sia da lettrice che da autrice?

Io e il fumetto abbiamo un flirt da anni, anche se nasco principalmente come illustratrice e grafica. Col fumetto a livello autoriale sto amoreggiando a tempo perso, ho un progetto personale in cantiere che porto avanti quando riesco e che mi sono ripromessa di finire in tempi utili. Per il resto leggo fumetti da quando ho imparato a leggere, anche se il vero amore restano i libri. Certo, il fumetto ha una sintesi testo/immagine che lo rende potentissimo rispetto a un libro, ma entrambi fanno parte di ciò che sono diventata a livello personale e professionale. Attualmente sto attraversando l’incomprensibile (a me stessa in primis) “fase cosmologica”: in pratica leggo solo saggi sulla fisica quantistica (prima o poi la capirò!) o sulle origini dell’universo, boh!

In Favola vera, la storia che hai disegnato per l’antologia Artiste di Flavia Luglioli, ti sei occupata della grande pittrice manierista Lavinia Fontana. Come hai lavorato a questo progetto su una figura storica?

La storia che mi è stata affidata da Flavia riguardava il primo incontro tra la grande pittrice Lavinia Fontana e Antonieta Gonzales, una bambina di dieci anni affetta da ipertricosi, una malattia caratterizzata da un eccesso di peluria su tutto il corpo ereditata dal padre. Quest’ultimo fu donato al re di Francia come animale esotico, venne educato a corte e infine si sposò con una nobildonna da cui ebbe due figli, entrambi con la stessa malattia genetica. Si pensa che la storia della sua famiglia abbia ispirato la favola de La bella e la bestia.  Nel mio racconto, volutamente muto, volevo dare risalto alla dolcezza e alla timidezza di Antonieta, che ho immaginato a disagio per il fatto di dover essere ritratta proprio per la sua diversità, mentre volevo che Lavinia risultasse molto materna, pratica e aperta (fu madre di ben 11 figli ed era incinta al momento dell’incontro con la bambina), cosa che, unita alla complicità dei due figli e del cane che la accompagnano nella storia, alla fine convincerà Antonieta a uscire dal suo nascondiglio per giocare, permettendo la realizzazione del famoso ritratto.

Il progetto di questo libro mira anche ad approfondire il ruolo e il lavoro di molte artiste, a volte poco note al grande pubblico. Una sensibilità e un’esigenza, il racconto delle donne, che in un senso diverso – ma per certi aspetti contiguo – ritorna anche nel romanzo La porta del cielo di Ana Llurba, che hai illustrato per Eris. Cosa ci puoi dire delle tue esperienze professionali in questo senso?

Concordo, sia per Favola vera che per La porta del cielo di Ana Llurba il tema femminile è molto forte, così come nel libro che ho illustrato di recente per Sonzogno, Galatea, sul testo di Madeline Miller. Soprattutto gli ultimi due racconti citati sono legati a personaggi femminili che cercano di scappare o evadere da un rapporto tossico, violento e dominante legato a figure maschili. Ultimamente ho realizzato molte illustrazioni legate al tema femminista. Credo che sia un momento molto forte quello che stiamo vivendo, in cui la voce delle donne, un po’ in tutti i settori compreso quello artistico, si sta facendo sentire parecchio con lo scopo di dare più fastidio possibile proprio perché è evidente che esiste ancora una grande disparità tra i generi, sia in ambito privato che professionale. La strada da fare è ancora lunga e credo che qualsiasi voce in più aggiunta al coro sia utile.

L’illustrazione per Dylan Dog probabilmente ha fatto conoscere il tuo segno anche in ambiti nuovi. Cosa puoi dirci dei tuoi ultimi progetti?

Effettivamente ci sono un po’ di progetti in chiusura e altri in cantiere: un piccolo progetto di animazione, Premise, sul tema del desiderio e della violenza, creato insieme all’amico animatore Roberto Grasso; poi un libro illustrato insieme a un amico scrittore e animalista, Francesco Cortonesi, sulla storia di Mocha Dick, la balena che ispirò Moby Dick, realmente esistita; c’è poi un video musicale per il gruppo Pray For the Day, fatto di inchiostri in movimento e animazioni a segno nervoso; infine il famoso fumetto personale a cui accennavo prima, che si intitola Rain Dogs, come la canzone di Tom Waits. Insomma, non ci si annoia…

L'articolo Ambra Garlaschelli: «Tanto più forte è una luce, tanto più mostruosa è l’ombra che proietta» proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/focus/ambra-garlaschelli-tanto-piu-forte-e-una-luce-tanto-piu-mostruosa-e-lombra-che-proietta/feed/ 0
Roberto Recchioni, il cavaliere oscuro https://www.fabriqueducinema.it/magazine/arts/roberto-recchioni-il-cavaliere-oscuro/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/arts/roberto-recchioni-il-cavaliere-oscuro/#respond Thu, 02 Jul 2015 14:09:26 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=1672 Roberto Recchioni è un autore, sceneggiatore, fumettista e oggi una sorta di produttore che scova altri artisti, gli scava dentro l’anima creativa e tira fuori quanto di più bello possano dire. Lui forse non se n’è accorto, ma insieme a Leo Ortolani, Gipi e Zerocalcare, è uno dei quattro giganti del fumetto attuale. Nella sede […]

L'articolo Roberto Recchioni, il cavaliere oscuro proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Roberto Recchioni è un autore, sceneggiatore, fumettista e oggi una sorta di produttore che scova altri artisti, gli scava dentro l’anima creativa e tira fuori quanto di più bello possano dire.

Lui forse non se n’è accorto, ma insieme a Leo Ortolani, Gipi e Zerocalcare, è uno dei quattro giganti del fumetto attuale.

Nella sede di Uno Studio in Rosso, il luogo che ha creato insieme ad altri sette sceneggiatori e fumettisti, Roberto ha la sua postazione al centro della sala e, al fianco della sua statuetta di The Dark Knight, a cui chiede spesso consiglio, controlla le sorti dello studio ma anche del futuro del fumetto italiano.

È un cavaliere a sua volta perché sta contribuendo ad arginare l’erosione di cultura in Italia. L’edicola e le librerie hanno vissuto un periodo di crisi profonda. La rivoluzione che sta vivendo il fumetto però sta arrestando questa crisi e la nuova generazione di fumettisti sta costringendo a suon di vendite le librerie ad aprire un reparto comics.

Recchioni è uno degli artefici di questo cambio di rotta. Emblematico quello che è successo da quando è diventato il responsabile editoriale di Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo creato da Tiziano Sclavi. È il secondo fumetto più venduto in Italia, ma nel momento in cui gli è stato chiesto di diventarne il curatore soffriva di una forte emorragia di lettori che andava arrestata.

Roberto: Tiziano ha fatto il mio nome, io ci ho pensato molto perché la mole di lavoro e la responsabilità erano enormi, bisognava prendersi grossi rischi e fare scelte complicate. Ma sapevo di essere la persona giusta, perché non ho nessuno spirito di sopravvivenza. Se mi affidi una sfida rischiosa tendo ad accettarla perché non temo il fallimento, il fallimento ci può stare.

È stato un lavoro molto faticoso in cui Recchioni ha dovuto innanzitutto, il primo anno, gestire e recuperare una serie di storie che erano già in magazzino. Mentre la seconda fase è stata molto ambiziosa, perché la sfida era rilanciare il personaggio agli occhi di lettori affezionati ma sempre in diminuzione. La sua capacità di rimanere fedele pur cambiando tutto è stato il segreto.

R: I suoi primi successori hanno tentato di codificarlo, ma l’hanno fermato nel tempo. Ora, per me Dylan non è un personaggio fermo, tradire Dylan non è dargli un cellulare, semmai mettere il personaggio in una condizione di non azione. Quindi riportare Dylan in uno stato sempre mutevole per me è nel pieno rispetto del personaggio. Il lettore nostalgico, che dire… la nostalgia non si può vincere del tutto.

In realtà la battaglia è stata vinta. Oggi la perdita dei lettori è stata arrestata e la Bonelli sta iniziando ad acquistarne di nuovi.

Tra i segreti anche quello di portare nelle storie la più stretta attualità. Così come Roberto fece da sceneggiatore per l’albo Mater Morbi, uscito nel gennaio 2010 ma scritto nel pieno caso Englaro.

R: Tiziano guardava la realtà e la raccontava attraverso i suoi occhi e la veicolava attraverso Dylan Dog. È quello che ho chiesto di fare a tutti gli sceneggiatori. Non tutti i mesi ci riusciremo, qualche volta ci sarà la storia di alleggerimento, però lo scopo è quello. Scrivere storie che risultino significative, se no è niente.

Recchioni è onnipresente. Lui dice spesso che il fumetto, la letteratura e il cinema sono tre linguaggi ben distinti ma dietro c’è sempre la stessa cosa, scrivere. E lui scrive. Stanno arrivando tre romanzi per la Mondadori, il primo in uscita a ottobre. È in pre-produzione il primo lungometraggio di cui è autore. La sua serie Orfani, di cui sta preparando la quarta stagione oltre alle edizioni deluxe per la Bao Publishing, è pronta per diventare una serie tv. Praticamente ogni mese esce una novità a fumetti con la sua firma, da Battaglia ai prossimi I maestri dell’orrore, o come l’ultima nata The 4 Hoods, la prima serie per ragazzi della Sergio Bonelli Editore.

R: Il bello della scrittura è che la declini e la trovi dietro ogni forma di espressione. Il mio ambito è il fumetto e rimarrò sempre nei fumetti. Poi mi permetto esperienze in altri media, l’importante è pensare che questi linguaggi si parlino. Se domani Orfani diventerà una serie televisiva è perché è stata pensata per avere anche un tipo di sfruttamento in quel senso.

P: Hai la percezione di come il mondo ti osservi?

R: Di solito mi insultano… Mi piacerebbe essere ricordato in una maniera rilevante. Non riesco a pensare ad altro se non che il gesto che faccio deve essere significativo. Deve “riverberare”. Il dinamismo è il cardine del mio stato d’essere. Combattere le critiche è semplice, basta continuare a seppellirle di fatti.

Forse chi guarderà a questo periodo tra decenni si accorgerà che si è trattato di uno dei momenti di svolta nella cultura italiana. Roberto Recchioni ha già segnato il nostro tempo. Ha spazzato via il terrore di vivere in una stagione culturale vuota e lo ha fatto insieme alla generazione degli autori che oggi parla e soprattutto scrive costantemente, ricordando che dietro a quei “pupazzi” ci sono esseri umani.

P: Il tuo primo ricordo legato al fumetto?

R: Molti ricordi, ma uno in particolare riguarda Topolino: quando l’ho visto per la prima volta ho chiesto a mia madre come facevano a farlo e lei mi rispose “con gli stampini”. Ecco, mi sono detto subito, da grande voglio fare gli stampini.

L'articolo Roberto Recchioni, il cavaliere oscuro proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/arts/roberto-recchioni-il-cavaliere-oscuro/feed/ 0