Premio Solinas Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 19 Jul 2023 13:12:49 +0000 it-IT hourly 1 Carolina Cavalli: Ho scoperto la regia grazie ad Amanda https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/carolina-cavalli-ho-scoperto-la-regia-grazie-ad-amanda/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/carolina-cavalli-ho-scoperto-la-regia-grazie-ad-amanda/#respond Mon, 24 Oct 2022 03:00:05 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17876 I film hanno bisogno di pubblico, e il pubblico d’incontrare i protagonisti del grande schermo. Così dopo la partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia, durante il lancio cinematografico del suo Amanda, abbiamo parlato con Carolina Cavalli, regista alla sua opera prima che ci ha raccontato del film (con qualche aneddoto inaspettato). Amanda, interpretata da […]

L'articolo Carolina Cavalli: Ho scoperto la regia grazie ad Amanda proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
I film hanno bisogno di pubblico, e il pubblico d’incontrare i protagonisti del grande schermo. Così dopo la partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia, durante il lancio cinematografico del suo Amanda, abbiamo parlato con Carolina Cavalli, regista alla sua opera prima che ci ha raccontato del film (con qualche aneddoto inaspettato).

Amanda, interpretata da Benedetta Porcaroli, è una ragazza sospesa tra l’indifferenza dei suoi genitori e una solitudine che vuole infrangere ritrovando un’amica d’infanzia, Rebecca, Galatea Bellugi, anche lei in conflitto con la madre, Giovanna Mezzogiorno. Nel cast, prima volta da attore, anche il cantautore Michele Bravi.

Possiamo dire che Amanda è una storia d’amicizia?

Sì, ma soprattutto di ricerca dell’amicizia e del proprio posto nel mondo. È una storia d’amicizia un po’ ideale come l’amico immaginario che ci creiamo da bambini per dar sollievo all’inevitabile sensazione di solitudine che si prova anche da piccoli. È un antidoto che fa parte di noi e crescendo, per me, cercare l’amica ideale è come cercare il proprio posto del mondo. Forse non c’è, ma è bello continuare a cercarla. Ed è quello che fa Amanda.

A proposito di solitudine, qui sembrano proprio gli adulti a coltivare e imporre solitudini alle loro figlie.

Direi piuttosto una sorta d’isolamento, in cui le figlie possono sentirsi protette o lontane da tutto. A ogni modo risalta un’impossibilità di comunicazione e di rapporto con la realtà, il mondo esterno. La realtà è una cosa strana poi, perché è qualsiasi cosa condivisa. Quindi l’astrazione di sé dalla realtà è più isolamento che solitudine. Però sì, ce l’hanno tutti gli adulti del film.

È la tua prima regia: sei sceneggiatrice, hai scritto Zero per Netflix, ma sei partita vincendo il Solinas e adesso ti sei ritrovata sul set dietro la macchina da presa.

Sì, ho sempre sceneggiato, soprattutto per il seriale. Ho lavorato in tantissimi script negli ultimi cinque anni. Poi alcuni progetti escono, altri si fermano, ma Amanda è venuto anche come regista. Non sapevo se sarei stata adatta perché mi sento estremamente a mio agio riportando sul foglio la mia immaginazione, la regia mi sembrava diametralmente opposta. In tante cose lo è, ma è talmente adrenalinica che provoca quasi dipendenza. Infatti ho già di nuovo voglia di girare, non me lo sarei mai aspettato.

«Siamo in mezzo al niente», «Tu stai in mezzo al niente». Si dicono Amanda e la sorella a un certo punto. E fa riflettere sui tanti non-luoghi che hai scelto come ambientazioni.

Mi affascinano molto le frasi che possono voler dire tutto o niente. E lì ad esempio Amanda e la sorella si trovano a discutere in mezzo ad un parcheggio vuoto. Lo spaesamento è stato molto importante, avere dei luoghi che non fossero significativi geograficamente. Luoghi che si sentissero, più che vedersi. Sono location scelte non per lo stile ma per la storia. Perciò i miei non-luoghi sono quasi un non-esserci.

Amanda

Infatti dalla casa in cemento di Giovanna Mezzogiorno alle grandi stanze spoglie della villa di famiglia di Amanda, dalla natura rigogliosa fino agli squarci vuoti di città al neon hai privilegiato ambientazioni molto evocative. Dove hai girato?

È vero. Ho girato principalmente a Torino e nei comuni dell’hinterland. Sai, è una città che ti offre la possibilità di sentirti dappertutto e da nessuna parte. A volte sembra il Midwest, ogni tanto Parigi. Mi dà sempre l’impressione di essere un po’ sospesa: ha un cielo tanto piatto che sembra un mare, ma in lontananza ti mostra le montagne. La trovo molto strana, a tratti malinconica e quindi poetica.

A un certo punto mostri una specie di obelisco acuminato in fondo a un parcheggio …

È l’obelisco di un outlet di Torino! Vedi che è una città un po’ buffa? Sembra aggiunto in postproduzione, e invece è reale. In generale non abbiamo aggiunto niente in post, magari abbiamo giusto tolto qualcosa. Invece lo scoiattolo che si vede alle spalle di Amanda sulla strada è stato un colpo di fortuna. È sbucato dal nulla, con una bellissima coda alta, guardava in macchina e si è messo quasi in posa!

Su quello infatti ero in dubbio se fosse aggiunto in CGI o no… Perché era perfetto anche nei tempi.

È verissimo, ed è stato un momento meraviglioso.

E con gli attori com’è andata? Hai messo insieme due giovani attrici, ma poi ha tirato fuori dal cilindro un cantautore come Michele Bravi…

Micky ha il suo universo ma è un attore, legge il personaggio e lo interpreta distanziandosi da sé. Al provino ha portato una proposta molto forte che non mi aspettavo e abbiamo lavorato proprio su quella. Ho fatto dei provini a tutti ed è stato scioccante per me cambiare dal foglio alla realtà. Poi però capisci che la realtà è piena di dettagli e sfumature che possono offrirti nuove intuizioni o difficoltà che devi impegnarti a superare in modo creativo. Lo stesso aiuto ti arriva dagli attori, perché con loro il personaggio che hai scritto esiste a prescindere dalla tua immaginazione

L’ARTICOLO COMPLETO È DISPONIBILE SOLO PER GLI ABBONATI, CLICCA QUI PER ABBONARTI A FABRIQUE 

 

L'articolo Carolina Cavalli: Ho scoperto la regia grazie ad Amanda proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/carolina-cavalli-ho-scoperto-la-regia-grazie-ad-amanda/feed/ 0
“Blurred”, se mi lasci ti cancello https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/blurred-se-mi-lasci-ti-cancello/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/blurred-se-mi-lasci-ti-cancello/#respond Thu, 12 Jan 2017 08:42:16 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3949 Francesco Agostini, filmmaker emiliano poco più che trentenne, ha vinto tantissimi premi come sceneggiatore (fra cui: Storie Al Femminile Solinas 2008, Sonar Subject 2009, Menzione D’Onore Franco Solinas 2011, Sonar Subject e Script 2011) ma nessuna delle sue storie è mai stata realizzata. Così un bel giorno ha deciso di andare a Los Angeles a […]

L'articolo “Blurred”, se mi lasci ti cancello proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Francesco Agostini, filmmaker emiliano poco più che trentenne, ha vinto tantissimi premi come sceneggiatore (fra cui: Storie Al Femminile Solinas 2008, Sonar Subject 2009, Menzione D’Onore Franco Solinas 2011, Sonar Subject e Script 2011) ma nessuna delle sue storie è mai stata realizzata. Così un bel giorno ha deciso di andare a Los Angeles a girare un’idea che si era impadronita della sua immaginazione. Qualche mese dopo nasce Blurred, un corto di 14 minuti di produzione interamente italiana che non può lasciare indifferenti, perché oltre ad essere finalmente una storia originale, ben scritta, ben diretta e ben interpretata, parla della cosa più universale del mondo: l’amore.

Blurred racconta di un mondo dove le persone innamorate si riconoscono al primo sguardo. E non è un modo di dire: gli “innamorati” mostrano a tutti il loro vero volto, a differenza dei “non innamorati” che sono “blurrati” e se ne vanno in giro con il viso nascosto da una macchia che li rende tutti uguali e indistinguibili. In questo mondo c’è Rob, che sta cercando di capire perché Vic lo abbia lasciato e sia tornata ad essere blurrata come tutti gli altri.

Francesco, come sei diventato uno sceneggiatore pluripremiato senza film realizzati?

Dieci anni fa mi sono trasferito a Roma per fare il corso di sceneggiatura RAI Script. Da allora sono sempre stato pagato per scrivere, mi commissionavano film o serie TV che però poi non si facevano mai – sono un grande sceneggiatore che non ha mai fatto nessun film nonostante abbia vinto premi importanti. Poi ho iniziato a fare televisione come autore, e adesso lavoro come producer per due canali del pacchetto Sky. Ma ho sempre voluto fare cinema, così un anno e mezzo fa, dato che lavoravo ininterrottamente da otto anni, e avevo un’idea forte in testa, mi sono detto: sai che c’è? Che il mio corto, me lo faccio io.

Perché hai deciso di realizzarlo in America?

A livello di ambientazione avrei potuto anche girarlo in Italia, Los Angeles è come se non ci fosse. La scelta di girarlo in America è il frutto di fattori psicologici e coincidenze. Prima di tutto perché volevo andare in un posto dove nessuno sapeva chi fossi e dove potevo fare tutto quello che volevo. Volevo essere libero di fare quello che mi piaceva, senza chiedere favori a nessuno. E poi avevo un amico, Giorgio Fabbri, che era nella giuria del Premio Solinas, che vive a Los Angeles e fa il producer. Quando l’ho chiamato per dirgli che volevo raggiungerlo per fare un corso di sceneggiatura, lui mi ha risposto che con quei soldi avrei potuto girarmi un cortometraggio. E così non ci ho pensato due volte.

Com’è nata l’idea di Blurred?

Nasce tutto da una semplice battuta. Ero con degli amici e non so come chiacchierando ci siamo messi a parlare dei siti dove le persone sono “blurrate”, ad esempio siti hot, dove ci sono persone normali che non vogliono essere riconosciute.  Ad un certo punto qualcuno ha detto: “Pensa se una escort ti bussasse alla porta e quando le apri scopri che è davvero blurrata!” Da lì mi è scattata l’idea, così ho iniziato a scrivere un mezzo giallo, un thriller. Ma in realtà sono un grande romantico, e volevo fare un film d’amore. Così mi sono soffermato a pensare a cosa significasse davvero essere blurrati, e mi è venuta in mente una cosa in cui credo veramente: che la cosa stupenda di quando ti innamori è il modo in cui tu racconti te stesso alla persona che ami, è il vederti nuovo negli occhi di questa persona. Perché quando sei da solo hai il tuo lavoro, la tua casa, i tuoi amici, e puoi essere tante cose, però quando sei con la persona che ami veramente puoi essere solo te stesso. Inoltre io sono un grande fautore dell’autobiografico. Mi ero appena lasciato con la mia ragazza e volevo parlare di separazione.

Qual è il messaggio che hai voluto dare?

Due sono i messaggi: il primo è che quando sei innamorato conosci veramente te stesso e mostri te stesso agli altri. E il secondo è che non c’è “sòla” – come dicono a Roma – più grossa che essere innamorati di una persona che non ti ama più.

Raccontaci il percorso produttivo.

Una volta pronta ho mandato la sceneggiatura a Giorgio e insieme l’abbiamo sviscerata. Dopo avermi istruito sul mercato dei corti americano e aver deciso il budget, mi ha messo in contatto con Edoardo Di Silvestri, direttore produttivo del corto, e con John Rosario, che sarebbe poi diventato il direttore della fotografia. Tutto ciò è successo dall’Italia, ci sentivamo in orari assurdi. Poi mi sono messo alla ricerca degli attori: John mi ha presentato il suo migliore amico, un bravissimo attore di Philadelphia, Matt Riker, che era perfetto per la parte. Gli ho fatto un provino via Skype che ha superato subito. Con lei invece è stata più difficile. L’ho trovata attraverso un sito di casting dove in tre giorni si sono candidate 380 attrici. Fra queste, ne ho selezionate 60. Arrivato a Los Angeles, per 12 dollari l’ora ho affittato una stanza munita di una 5D, un green screen, un computer, una brocca d’acqua e una segretaria che ti organizza i provini. Le ragazze erano tutte bravissime. Ma io ho scelto Tory Taranova. Tre giorni dopo abbiamo iniziato a girare.

Sul set eri lo sceneggiatore, il regista e il produttore. Come hai fatto a gestire questi tre ruoli insieme?

È stata una situazione un po’ schizofrenica. Perché come autore e regista avrei voluto fare cose che però come produttore non potevo sostenere. L’esperienza sul set è stata straordinaria. Abituato ai set italiani dove tutti danno sempre una mano, appena ho provato ad aiutare a scaricare il camion, John mi ha preso in disparte e mi ha detto che così gli stavo facendo fare brutta figura perché aiutarli era come dirgli che non erano capaci. Così mi ha detto: “Il tuo compito è solo immaginare”. Incredibile! Io in realtà nasco come regista, anche se la regia è uno sport per ricchi. Io mi sono sempre mantenuto da solo, dai 18 ai 20 anni ho lavorato in una fabbrica di pomodori, non mi potevo permettere il CSC. Invece scrivere non ti costa nulla. Il primo anno che ero a Roma facevo il cassiere di un cinema ai Parioli e la sera, quando ero in pausa, scrivevo.

E poi cosa è successo? Com’è stato accolto il tuo lavoro?

In realtà è successa una cosa che tuttora non mi spiego: Blurred non è stato selezionato a nessun festival del mondo, nonostante io lo abbia mandato a oltre settanta festival. Poi però ho finito i soldi, e quindi ho deciso di metterlo online. Appena l’ho caricato mi ha chiamato Il Kino che sta lanciando un servizio On Demand. In 5 giorni ha fatto 600 visualizzazioni, e in un paio di settimane più di 2000, che per il web non è niente, però per un corto che dura 14 minuti è un ottimo risultato. I commenti sono stati tutti positivi. Io spero che facendolo vedere in giro il più possibile si smuova qualcosa, perché chi fa questo lavoro lo ha molto apprezzato.

Secondo te il problema sta nella storia che hai scelto di raccontare e nella sua originalità?

In Italia c’è questo brutto circolo vizioso in cui gli sceneggiatori dicono che non scrivono idee originali e fuori dagli schemi perché i produttori non gliele fanno fare. Dall’altra parte ci sono i produttori che dicono di non ricevere nessuna idea originale. Purtroppo è vero che spesso i film italiani raccontano storie piccole, ambientate nel giardino dietro casa. Manca l’universalità.

Progetti per il futuro?

Il mio progetto per il futuro è Bob: una sceneggiatura che ho scritto qualche anno fa, che ha vinto tantissimi premi, fra cui il Premio Sonar sia come soggetto che come sceneggiatura e la Menzione d’onore al Premio Solinas. Il mio progetto ora è fare quel film. Fatemelo fare, come sceneggiatore, come regista, ma fatemelo fare.

L'articolo “Blurred”, se mi lasci ti cancello proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/blurred-se-mi-lasci-ti-cancello/feed/ 0
Adotta Uno Studente, la webserie https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/adotta-uno-studente-la-webserie/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/adotta-uno-studente-la-webserie/#respond Fri, 20 Nov 2015 14:58:57 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2218 Mattia è abruzzese, ha vent’anni e deve andare a Roma per studiare. Nella capitale è stato da poco lanciato il progetto AUS (Adotta Uno Studente) per cui gli abitanti delle case popolari vengono incentivati a ospitare i ragazzi che si trasferiscono in città per frequentare l’università. È questo il punto di partenza di AUS, webserie […]

L'articolo Adotta Uno Studente, la webserie proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Mattia è abruzzese, ha vent’anni e deve andare a Roma per studiare. Nella capitale è stato da poco lanciato il progetto AUS (Adotta Uno Studente) per cui gli abitanti delle case popolari vengono incentivati a ospitare i ragazzi che si trasferiscono in città per frequentare l’università.

È questo il punto di partenza di AUS, webserie ospitata dal canale online della RAI dedicato proprio alla serialità made in internet (www.ray.rai.it) e vincitrice del concorso del Premio Solinas La bottega delle webseries.

Anche Antonio Marzotto, il regista di AUS, non è romano. Livornese trentatreenne trapiantato a Roma da due anni e mezzo, insieme alla sceneggiatrice Serena Patrignanelli covava da tempo l’idea di un ragazzo che giunge nella capitale per gli studi. Così, quando lui e Serena sentono parlare del concorso del Solinas, si affrettano a mandare il loro progetto. «Abbiamo pensato che la nostra storia potesse essere giusta per quel formato, anche se io personalmente non sono un grande conoscitore di webserie».

Per poter partecipare, spiega la direttrice artistica del Solinas Annamaria Granatello, i concorrenti dovevano inviare le prime due puntate di 7 minuti l’una, una sceneggiatura e tre soggetti per le tre puntate successive. «Siamo stati contattati – racconta Antonio – come finalisti tra i primi dieci. Poi, durante la premiazione, hanno selezionato il nostro progetto e altri due».

Da quel momento in poi, Antonio e Serena, oltre a vincere 2000 euro, iniziano un laboratorio creativo di quattro mesi con dei tutor, gli stessi professionisti che avevano selezionato i vincitori. Oltre a Granatello ci sono lo sceneggiatore Stefano Sardo (Il ragazzo invisibile), Monica Zappelli, autrice della sceneggiatura de I cento passi, l’attrice e sceneggiatrice Monica Rametta (La kryptonite nella borsa), la montatrice Ilaria Fraioli, il regista Ivan Silvestrini, la regista e produttrice Monica Ricci e il produttore RAI Leonardo Ferrara.

Il percorso con i tutor, dice Antonio, «è stata forse la fase più bella, perché non capita spesso di avere dei professionisti che ti ascoltano, ti seguono, si appassionano allo sviluppo dell’idea e contribuiscono ad accrescerla. Siamo sempre stati incoraggiati a spaziare, a evitare la classica situazione della videocamera in cucina con i personaggi che stanno seduti e parlano, ad allargare il mondo narrativo».

Il punto di partenza è stato il materiale che era già stato scritto, poi ampliato arrivando a cinque sceneggiature da presentare alla RAI. «Il salto qualitativo è stato molto evidente», precisa Annamaria, «li abbiamo spinti a osare di più, a lavorare sui personaggi. Ma soprattutto abbiamo scelto di fare un lavoro di tipo orizzontale e non verticale: è vero che spesso le webserie sono “pillole” tutte fondate sulla comicità, ma è stato sviluppato anche l’aspetto della commedia, di una struttura di maggior respiro che potesse essere seguita passando da un episodio all’altro». E il quinto e ultimo episodio si è concluso lasciando tutte le situazioni aperte per il futuro, con l’idea di aver fatto, con le parole di Antonio,«un grande episodio pilota diviso in cinque puntate».

A quel punto, la direttrice di RAI Fiction Eleonora Andreatta ha scelto quale progetto dei tre sviluppati finanziare con 35.000 euro e poi trasmettere sul canale di webserie della RAI. Dopo aver incontrato tutti i ragazzi ed essersi consultata con i tutor della Bottega la scelta è ricaduta proprio su AUS di Antonio e Serena perché, spiega ancora Annamaria, «abbiamo voluto premiare il progetto del regista che aveva lavorato di meno in precedenza: ci siamo presi la responsabilità di fare un vero esordio, da zero». Così, il laboratorio del Solinas è proseguito: nella fase delle riprese, del montaggio e della post-produzione i tutor hanno continuato a stare al fianco di Antonio e Serena.

Ad accogliere Mattia a Roma, interpretato da Giorgio Cantarini, è l’anziana signora Firmina (Barbara Valmorin), dal fare burbero e accanita giocatrice di tressette. Dagli annunci su internet Mattia si era illuso però che la proprietaria di casa fosse la nipote di Firmina, Marta (Alice Torriani), che invece vive a Londra. Intanto la capitale, altra protagonista, fa incespicare il nuovo arrivato in tutte le sue terribili trafile burocratiche, le distanze incolmabili e la solitudine della grande città.

«Io e Serena – racconta il regista – ci siamo divisi i raggi d’azione: io mi immedesimavo di più in Mattia anche se non sono arrivato a Roma così giovane, ma in generale l’ironia che c’è nei confronti della città è più mia. Serena invece è romana, quindi lei ha contribuito di più allo sviluppo dei personaggi caratteristici della città: ad esempio la parlata di Firmina si rifà a quella di sua nonna».

Per ingaggiare gli attori e il resto della troupe, regista e sceneggiatrice sono stati ancora una volta aiutati dal Solinas, che ha svolto il ruolo della produzione esecutiva. Per gli interpreti, spiega ancora Antonio, «abbiamo fatto dei casting mirati e non aperti, perché avremmo rischiato di perdere troppo tempo. Barbara Valmorin l’avevamo vista poco prima nel film di Ascanio Celestini La pecora nera. Siamo andati a casa sua e lei si è subito innamorata dell’idea. Per quanto riguarda Giorgio Cantarini invece ci era venuta la curiosità di vedere quanti anni ha adesso il bambino di La vita è bella, così abbiamo scoperto che aveva esattamente l’età del personaggio di Mattia, circa venti anni. All’epoca si stava diplomando al Centro Sperimentale, io sono andato a vederlo recitare in un saggio finale e così è iniziato tutto».

Oggi la “serie pilota” di AUS è online, e sembra che stia andando molto bene: «Barbara Valmorin – conferma Antonio – mi ha addirittura raccontato che è stata fermata per strada da dei ragazzini che le hanno chiesto se lei era la signora che ospita Mattia».

Le cinque puntate, a differenza di quanto accade di solito su ray, sono state messe online tutte insieme. «Una distribuzione innovativa», la definisce Annamaria, che fa in modo che si possano vedere tutte d’un fiato e magari sperare che ne arrivino di nuove. Ma ci sarà un seguito? «Vedremo che intenzioni hanno alla RAI… Ma se lo chiedete a me – conclude sorridendo Antonio – spero proprio di sì».

 

footer_1100x270

 

L'articolo Adotta Uno Studente, la webserie proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/adotta-uno-studente-la-webserie/feed/ 0
L’amore davanti al “Monitor” https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/lamore-ai-tempi-del-monitor/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/lamore-ai-tempi-del-monitor/#respond Mon, 19 Oct 2015 14:10:24 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2102 Presentato con successo alla Festa del Cinema di Roma (sezione Alice nella città/Panorama) “Monitor” è un’opera affascinante che segna l’esordio nel lungometraggio di Alessio Lauria, prodotta da Rai Cinema e Tea Time Film con un budget di 200.000 euro.  Noi di Fabrique lo avevamo già intervistato a proposito del divertentissimo corto Sotto casa, divenuto un piccolo […]

L'articolo L’amore davanti al “Monitor” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Presentato con successo alla Festa del Cinema di Roma (sezione Alice nella città/Panorama) “Monitor” è un’opera affascinante che segna l’esordio nel lungometraggio di Alessio Lauria, prodotta da Rai Cinema e Tea Time Film con un budget di 200.000 euro. 

Noi di Fabrique lo avevamo già intervistato a proposito del divertentissimo corto Sotto casa, divenuto un piccolo cult sul web con la sua storia di un uomo in estasi per aver trovato parcheggio davanti al portone del proprio palazzo. A pochi anni di distanza Alessio Lauria ha girato Monitor, un’atipica love story ambientata in un mondo distopico, solo apparentemente perfetto, in cui i dipendenti di una multinazionale sfogano ansie e frustrazioni a dei monitor, persone che li ascoltano da dietro un muro senza conoscerne l’identità e hanno il compito di stilare relazioni per l’azienda. Il risultato è un’opera prima per molti versi coraggiosa, inventiva e ottimamente realizzata.

Una delle cose migliori di Monitor sono le interpretazioni di tutti gli attori, in primis dei protagonisti Michele Alhaique e Valeria Bilello. Qual è stata la tua esperienza con loro?

Michele è stato fin dall’inizio la prima scelta mia e di Manuela Pinetti, tanto che abbiamo scritto la sceneggiatura pensando al suo volto. Nonostante avesse un range abbastanza ristretto di emozioni entro cui poter spaziare, è riuscito a rendere con efficacia l’evoluzione di un personaggio che pur cambiando non si snatura mai. Valeria Bilello invece mi era piaciuta molto in Happy Family di Salvatores e fin da subito si è dimostrata una persona estremamente intelligente e ricettiva. C’è stata un’affinità immediata tra noi e anche lei, come Michele, è stata bravissima nel non andare mai sopra le righe, giocando con microespressioni e microtoni.

Così come le interpretazioni e la sceneggiatura, composta da dialoghi asciutti, anche la regia si caratterizza per un’essenzialità priva di virtuosismi.

Il mio gusto personale è legato all’essenzialità e alla sobrietà. Sono convinto che se si usano i movimenti di macchina solo se funzionali a un particolare momento del racconto acquistano un valore aggiunto e si possono apprezzare di più. Nel contesto di un film low budget come il nostro non ci sarebbe comunque stato modo di dedicarsi a elaborati movimenti di macchina, che avrebbero richiesto molto tempo e una grossa organizzazione. In questo caso, quindi, la scelta di una regia essenziale si è dimostrata a tutti gli effetti la più adeguata.

Non capita spesso di riuscire a girare un lungo avendo alle spalle un solo corto. Come ci sei riuscito?

Entrambi i miei lavori sono stati realizzati grazie al Premio Solinas. Sotto casa è nato nel contesto del concorso “Talenti in Corto” ed ha avuto molta fortuna. Nello stesso anno, il 2011, ho vinto anche il concorso “Solinas Experimenta” e così poco dopo ho avuto l’opportunità di iniziare a lavorare a Monitor. Per tutto il processo di scrittura e di realizzazione del film il Solinas mi ha messo a disposizione tutor molto preparati e da loro ho imparato davvero tanto.

 

L'articolo L’amore davanti al “Monitor” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/lamore-ai-tempi-del-monitor/feed/ 0