Pietro Marcello Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 20 Jul 2022 14:04:12 +0000 it-IT hourly 1 Futura, i giovani secondo Marcello, Munzi e Rohrwacher https://www.fabriqueducinema.it/festival/futura-i-giovani-secondo-marcello-munzi-e-rohrwacher/ Sat, 17 Jul 2021 14:57:50 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15862 Il terzo dei quattro film italiani selezionati alla Quinzaine des Réalisateurs è il film collettivo (la definizione è degli autori) Futura, di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher, con il titolo – appropriato e suggestivo – mutuato da Lucio Dalla, il quale è stato oggetto di un altro lavoro di Pietro Marcello che in […]

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Il terzo dei quattro film italiani selezionati alla Quinzaine des Réalisateurs è il film collettivo (la definizione è degli autori) Futura, di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher, con il titolo – appropriato e suggestivo – mutuato da Lucio Dalla, il quale è stato oggetto di un altro lavoro di Pietro Marcello che in questi giorni è visionabile su Nexo Digital, Per Lucio, montaggio di materiale d’archivio sul grande musicista bolognese.

Futura è un film sui giovani. Come ha voluto precisare a chiare lettere Marcello in una delle serate della Quinzaine in cui il film è stato proiettato, nel nostro tempo si dà troppo spazio alla voce dei “vecchi”, è invece giusto che i giovani abbiano una propria tribuna di espressione, un territorio d’elezione che li elegga portavoce del proprio tempo. Ed è molto bello che questo territorio sia il cinema.

Un cinema didattico, quello dei nobili intenti di cui antichi maestri italiani sono stati paladini: si pensi a Rossellini, naturalmente, ma anche il reportage-fiume di Luigi Comencini I bambini e noi, di cui alcuni spezzoni significativi e iconici sono sapientemente inseriti nel montaggio di Futura.

Questa è dunque la missione di Marcello, Munzi e Rohrwacher, un cinema didattico che non tenga la lezioncina pedante agli spettatori, ma che in qualche modo ne smuova la coscienza, ne amplifichi le vedute, insomma, non un cinema che finisca in parlamento e generi la redazione di nuovi DDL (che, comunque, non sarebbe male), ma un cinema che penetri nel quotidiano, e che aiuti a gettare uno sguardo nuovo su questo enorme, importante e variegato corpus della società: la gioventù.

Il film ha vissuto una lavorazione avventurosa (è proprio il caso di dirlo: come il nome della casa di produzione di Pietro Marcello). Iniziato nel febbraio del 2020 come un viaggio attraverso tutta la penisola (Marcello è un grande ammiratore di Guido Piovene e del suo Viaggio in Italia, chissà che la suggestione non venga da lì), alla ricerca di ragazze e ragazzi in ogni contesto urbano ed extra-urbano, ha poi avuto la battuta d’arresto della pandemia e dei vari lockdown. La diffusione del nuovo virus, senza diventare un fatto su cui speculare opportunisticamente e sul quale aggiustare la rotta del film, è una circostanza storica che, per tragica ed epocale che sia, non cambia il punto di vista sui giovani e sul loro futuro: le incertezze e le speranze delle allieve del corso per estetiste di Mariglianella in provincia di Napoli sarebbero state le stesse, comunque, e lo stesso vale per le matricole della Normale di Pisa; i ragazzi della campagna teramana vivono in un tempo che sembra sospeso (per quanto il film sia orizzontale, come lo ha definito Marcello nell’introduzione a una delle proiezioni di Cannes, la sensibilità dei registi emerge seppur discretamente dai rispettivi reportage: in questo caso, il discorso su una dimensione a-temporale, di un’epoca indefinibile, è una cifra che appartiene ad Alice Rohrwacher da sempre), viceversa hanno le idee molto chiare sul presente e su alcune sue deformazioni dovute ai social network i ragazzi della periferia romana intervistati da Francesco Munzi.

L’aspetto visivo, infine, merita una sottolineatura: le riprese rigorosamente in 16 millimetri (una tavolozza quasi ideologica alla quale Pietro Marcello, per fortuna, non rinuncia mai) conferiscono ai volti di questi ragazzi una statura iconica che col digitale difficilmente si sarebbe raggiunta, e i tre autori, tutti eccezionali ideatori di immagini per il cinema, non rinunciano mai alle sacrosante regole della composizione. Per questa felice commistione fra la cura estetica e la profondità di penetrazione dentro alla materia d’indagine, questo film sì, come auspica Pietro Marcello, può fare scuola.

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Venezia 76: Martin Eden, Pietro Marcello affascina ma non rende giustizia a Jack London https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-martin-eden-pietro-marcello-affascina-ma-non-rende-giustizia-a-jack-london/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-martin-eden-pietro-marcello-affascina-ma-non-rende-giustizia-a-jack-london/#respond Tue, 03 Sep 2019 07:54:39 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=13234 A quattro anni di distanza dal successo internazionale di critica di Bella e perduta (che vinse premi in numerosi festival in giro per il mondo, tra cui Locarno), Pietro Marcello torna con un progetto molto ambizioso: l’adattamento di uno dei più importanti romanzi dello scrittore statunitense Jack London, Martin Eden. Vista la natura anticonvenzionale e […]

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A quattro anni di distanza dal successo internazionale di critica di Bella e perduta (che vinse premi in numerosi festival in giro per il mondo, tra cui Locarno), Pietro Marcello torna con un progetto molto ambizioso: l’adattamento di uno dei più importanti romanzi dello scrittore statunitense Jack London, Martin Eden. Vista la natura anticonvenzionale e libera del suo cinema, da sempre refrattario alle standardizzazioni e difficilmente riducibile a qualsivoglia etichetta, l’attesa per questo nuovo film di finzione del quarantatreenne regista casertano era molto alta. E Marcello, anche in questo caso, si conferma un cineasta talentuoso dallo sguardo originale, che si pone fieramente al di fuori delle logiche dell’industria.

La nota storia del giovane marinaio dalle umili origini che per amore di una bella ragazza altoborghese decide di acculturarsi e lottare strenuamente per divenire uno scrittore di fama, viene trasposta dal regista e dal co-sceneggiatore Maurizio Braucci (già collaboratore di Marcello nel citato Bella e perduta) in una Napoli dove i riferimenti temporali non sono mai ben definiti e tendono a spaziare nel corso dei decenni del Novecento. Dalla California di inizio secolo scorso del romanzo, dunque, si passa a un capoluogo campano sospeso nel tempo. L’intento è quello di evidenziare come il testo di London, pubblicato integralmente per la prima volta nel 1909, abbia anticipato alcuni dei grandi temi che hanno segnato profondamente tutto il Novecento: la contrapposizione tra visione individualista e socialista del mondo, la prepotente affermazione della cultura di massa, la lotta di classe.

martin eden 2

A questo scopo, come del resto ci aveva già abituato in Bella e perduta, Pietro Marcello gioca in maniera intrigante con l’alternanza di riprese dal vivo e materiale d’archivio, rendendo così anche sul piano prettamente visivo il legame delle vicende narrate con quelle della Storia (il film si apre con alcune immagini dell’anarchico e scrittore italiano Errico Malatesta). Se questo stratagemma stilistico conduce a momenti molto stimolanti, in particolar modo sul piano strettamente formale (ogni singola inquadratura è una gioia per gli occhi di chi guarda), a deludere è l’assenza di una struttura drammaturgica sufficientemente forte e del necessario approfondimento dei complessi temi introdotti.

Nel suo libero adattamento del lavoro di London, Marcello decide di isolare solo pochi momenti-chiave del romanzo. In questo modo, però, diversi importanti passaggi narrativi risultato troppo veloci (ad esempio, la nascita in Martin Eden dell’ardente passione per la cultura e dell’interesse per la politica, le incomprensioni con la donna di cui si innamora a prima vista e con il marito della sorella) e alcuni rapporti tra i personaggi, fondamentali per lo sviluppo della storia, rimangono in superficie (su tutti, quello tra il protagonista e l’intellettuale Russ Brissenden).

Di conseguenza il film non si dimostra in grado di sfruttare il notevole potenziale drammatico e melodrammatico che risiede nella pagine dello scrittore statunitense e finisce anche per non stimolare un’adeguata riflessione sui nodali temi che vorrebbe mettere in risalto. Nonostante la rara eleganza formale, le buone prove di tutti gli attori principali (Luca Marinelli è una conferma, la giovane Jessica Cressy una piacevole sorpresa) e l’assai lodevole volontà di seguire sentieri poco battuti nel panorama cinematografico italiano, dunque, Martin Eden fallisce nel suo obiettivo primario: portare sul grande schermo la consistenza e l’acutezza dell’opera di Jack London. 

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