Palomar Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 25 Jan 2021 14:48:59 +0000 it-IT hourly 1 Mauro Aragoni: dal fantasy sardo allo spaghetti western https://www.fabriqueducinema.it/serie/mauro-aragoni-dal-fantasy-sardo-allo-spaghetti-western/ Mon, 13 Jul 2020 07:16:03 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=14223 Dopo il successo del suo cortometraggio Nuraghes s’Arena, con protagonista il rapper Salmo, Mauro Aragoni, uno dei più promettenti registi esordienti del panorama contemporaneo del cinema italiano, è ora sul set della serie That dirty black bag, prodotta da Palomar in collaborazione con Bron, di cui può Aragoni può rivelare ancora molto poco: si solo […]

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Dopo il successo del suo cortometraggio Nuraghes s’Arena, con protagonista il rapper Salmo, Mauro Aragoni, uno dei più promettenti registi esordienti del panorama contemporaneo del cinema italiano, è ora sul set della serie That dirty black bag, prodotta da Palomar in collaborazione con Bron, di cui può Aragoni può rivelare ancora molto poco: si solo che è stata definita “un western, con un pizzico di horror e mistero, e con elementi di steampunk”.

Dopo il fortunato Nuraghes, Mauro Aragoni è al lavoro su una serie internazionale

In esclusiva per Fabrique, ripartendo dal successo di Nuraghes (2017), da poco più di un mese disponibile anche in streaming, lo abbiamo intervistato spaziando tra cinema e serie, tra nuovi e vecchi progetti, tra personalissime fonti di ispirazione e progetti futuri.

Nuraghes, il tuo apprezzatissimo corto, che si potrebbe definire un fantasy proto-sardo, è da poco più di un mese disponibile sulle piattaforme on demand; perché secondo te è ancora attuale?

 Molti fan lo riguardano spesso proponendomi diversi significati e interpretazioni, o facendomi parecchie domande su cose che mi chiedo persino io. Una volta lessi il commento di un ragazzo che spiegava il finale ad altri spettatori e ne rimasi affascinato anche io. Credo sia perché è un’opera onirica, che apre diverse strade. Questo rende Nuraghes suggestivo e curioso, e forse per questo resta ancora adesso attuale.

Da dove scaturisce un’idea così insolita?

Per quanto sia una storia inventata, il corto è ispirato da una civiltà realmente esistita della quale purtroppo non si sa molto; questa civiltà è così misteriosa e visivamente potente che ho optato per girare il film nel modo più oscuro. La trama è molto semplice, volutamente banale direi, ma proprio per questo regala spazio alla regia e alle atmosfere creando l’equilibrio tra storia e visione.

Nuraghes di Mauro Aragoni
Un’immagine del cortometraggio di Mauro Aragoni

Parliamo ora del progetto che ti sta tenendo impegnato in questi mesi: That dirty black bag. Anzitutto, qual è per te la differenza fondamentale tra lavorare a un cortometraggio e lavorare a una serie?

Le serie sono colossi. È molto difficile fare una serie, ci sono infiniti particolari, incastri che complicano  le cose, più di quanto accade a un film o un lungometraggio. Spesso basta spostare una pedina, un secondo, un dettaglio per far crollare interamente una linea che dura delle ore. Le serie sono delicate, complesse e lunghe. Sul set devi dare il meglio di te in meno tempo cercando di ottenere la stessa qualità dei film. È una sfida, ma anche un elemento cruciale dell’evoluzione del racconto seriale; tant’è che se oggi le serie non avessero la qualità del cinema e fossero rimaste alle fiction di vecchio stampo, personalmente non avrei scelto di lavorarci.

Quali sono i nomi che ti hanno di più influenzato per la realizzazione di Nuraghes e che continuano a essere una guida anche per la nuova serie?

Ho sempre amato Carpenter, Kubrick e Tarantino. Nuraghes prende anche molta ispirazione dal manga Berserk e da Valhalla Rising di Refn: tutti nomi e titoli che mi guidano anche nella realizzazione di That dirty black bag, oltre ovviamente alla trilogia di Leone.

Come procede questa tua esperienza internazionale a capo di un grossa produzione? E quali sono i progetti futuri?

Procede bene anche se è molto impegnativa. Sto vivendo un periodo molto particolare della mia vita, lavorare in una serie internazionale con i grandi del cinema non è solo un’occasione, ma anche il sogno di una vita e un grande onore. Riguardo al futuro, ho tanti film nel cassetto, tante idee tra cui Nuraghes 2, ma diciamo che per ora non vedo l’ora di avere tra le mani il cofanetto blu ray di That dirty black bag.

 

 

 

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“Favola”: Filippo Timi è una casalinga anni ’50 https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/favola-filippo-timi-casalinga-anni-50/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/favola-filippo-timi-casalinga-anni-50/#respond Thu, 30 Nov 2017 14:32:03 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9717 Una casa vaporosa e colorata come una bomboniera, una casalinga impeccabile tutti sorrisi, tacchi, messa in piega e abiti svasati in colori pastello, una barboncina (finta) spettatrice impietosa della vicenda. Favola è stato uno spettacolo autobiografico scritto e interpretato da Filippo Timi che ha girato l’Italia con successo. La complicità del regista Sebastiano Mauri e […]

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Una casa vaporosa e colorata come una bomboniera, una casalinga impeccabile tutti sorrisi, tacchi, messa in piega e abiti svasati in colori pastello, una barboncina (finta) spettatrice impietosa della vicenda. Favola è stato uno spettacolo autobiografico scritto e interpretato da Filippo Timi che ha girato l’Italia con successo. La complicità del regista Sebastiano Mauri e della coprotagonista Lucia Mascino ha permesso di realizzare il sogno dell’autore trasformando Favola in un film. Con due media così diversi, il tradimento era non solo auspicabile bensì necessario. E Favola, prodotto grazie all’intervento di Palomar, tradisce il materiale d’origine nella forma più che nella sostanza connotandosi come un’opera unica.

Se si esclude qualche libertà nella parte finale, il film di Mauri persegue con eccezionale tenacia l’unità di luogo. Tutta l’azione si svolge nell’artificiosa casetta di Mrs. Fairytale, alter ego “da sogno” di Filippo Timi che passa il tempo parlando con la cagnolina Lady e rassettando l’appartamento perché “più una donna fatica in casa più è bella agli occhi del marito”. Pur essendo sola tutto il giorno, visto che il marito Stan torna dal lavoro solo la sera in tempo per picchiarla ed esercitare il suo ruolo di capofamiglia, la giornata di Fairytale viene movimentata da un via vai di ospiti, dall’arcigna madre interpretata da Piera degli Esposti ai tre aitanti gemelli che vivono nella villetta vicina, Tim, Ted e Glenn, ma la visitatrice più assidua è Mrs. Emerald (Lucia Mascino), migliore amica e confidente di Fairytale che, a sua volta, deve vedersela con un marito distante e disinteressato.

Un'immagine da FavolaParlando dell’approdo al cinema, Filippo Timi spiega: “A teatro Fairytale è un personaggio. Lo spettacolo poteva durare due ore e un quarto o arrivare a tre, giocavamo sull’improvvisazione. Al cinema i personaggi si sono trasformati in persone. L’immaginario degli anni ‘50 mi è servito per esasperare le differenze tra maschile e femminile. Era un’epoca in cui le donne erano obbligate a innamorarsi della lavatrice. Ma serviva anche a me per cimentarmi in qualcosa di diverso. Io sono un cinghiale umbro, trasformarmi in una casalinga americana era quanto di più lontano potessi immaginare”.

Senza svelare troppo della trama, i colpi di scena che vedono coinvolte Fairytale e l’amica Emerald hanno molto a che vedere con l’immaginario di Filippo Timi. Chi conosce l’attore sa bene che le sue provocazioni ruotano spesso e volentieri intorno alla sua sessualità e non è la prima volta che lo vediamo in scena en travesti, impegnato a riflettere sulla propria identità. La conferma arriva dal regista Sebastiano Mauri, il quale ammette che le influenze dichiarate, in particolare Douglas Sirk, gli hanno permesso di toccare temi delicati come la libera espressione del proprio io e la guerra contro le convenzioni di genere. “Ci siamo rifatti ai drammi di Douglas Sirk, ma anche ad autori più recenti come Todd Haynes e Pedro Almodovar usando scenografie, costumi e luci per abbracciare lo stato d’animo dei personaggi. Tutto è al servizio delle emozioni. Questo è un mondo irreale perché esiste nella testa della nostra protagonista. Douglas Sirk parlava di sottomissione della donna. Anche noi trattiamo temi delicati, ma lo facciamo con leggerezza, a volte sfioriamo il demenziale”.

Filippo Timi, protagonista di Favola
Filippo Timi

Favola permette a Filippo Timi di liberare il proprio talento istrionico cimentandosi in lunghi monologhi, sbandierando vezzi linguistici (tra cui un uso molto personale della “z”) e sfoderando le proprie abilità fisiche. L’attore, che si muove sui tacchi con eccezionale agilità, ammette di essere stato aiutato dal pattinaggio artistico. “La prima cosa che ti insegnano è che se stai fermo cadi. Sui tacchi è uguale. Portando il 47 ho una pianta bella larga che ha richiesto dei tacchi piuttosto alti per non creare un effetto zattera. Quello che ho imparato è che trasformarsi in una donna è fisicamente doloroso”.

Favola è una girandola di gag, duetti, invenzioni; un’opera punteggiata di dialoghi scoppiettanti che valorizza la chimica instauratasi tra Timi e la compagna di set Lucia Mascino, novella Kim Novak che appare in scena sfoggiando abiti che ricalcano le mise della bionda di Hitchcock. La patina ironica lascia, però, trapelare riflessioni ben più profonde legate alla solitudine all’identità, alle dinamiche tra i sessi e all’accettazione di sé che danno all’opera con ben altro peso. Come confessa Filippo Timi “di me in Fairytale c’è il desiderio, un giorno, di essere felice per quello che sono senza essere incasellato in qualcosa”.

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