Mostra del cinema di Venezia Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 31 Aug 2022 19:42:11 +0000 it-IT hourly 1 Apre oggi Casa Fabrique a Venezia 79 con un ricco programma di incontri e proiezioni https://www.fabriqueducinema.it/focus/casa-fabrique-vi-aspetta-a-venezia-79/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/casa-fabrique-vi-aspetta-a-venezia-79/#respond Sun, 07 Aug 2022 09:32:59 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17487 Fabrique du Cinéma, la rivista che da dieci anni scopre i nuovi talenti del cinema italiano, torna al festival di Venezia con un programma ricco di incontri, proiezioni e presentazioni dall’1 al 4 settembre. Nell’elegante location di Villa Malusa, a pochi minuti a piedi dal Palazzo del cinema, Casa Fabrique è pronta ad accogliere gli appassionati della […]

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Fabrique du Cinéma, la rivista che da dieci anni scopre i nuovi talenti del cinema italiano, torna al festival di Venezia con un programma ricco di incontri, proiezioni e presentazioni dall’1 al 4 settembre.

Nell’elegante location di Villa Malusa, a pochi minuti a piedi dal Palazzo del cinema, Casa Fabrique è pronta ad accogliere gli appassionati della settima arte e gli addetti ai lavori. Una bellissima villa dall’ampio giardino in cui assistere a proiezioni, incontri e presentazioni di film e libri con registi, autori e attori, e incontrare dal vivo lo staff di Fabrique.

Saranno quattro giorni fitti di appuntamenti all’insegna di temi centrali oggi nel cinema e non solo, come diversità e inclusione, sostenibilità ambientale, nuove modalità di produzione e distribuzione.

Fra i tanti momenti di confronto spiccano il 2 settembre Fabrique Diversity Day, giornata all’insegna di diversità e inclusione, e il 4 settembre Cinematographers’s Brunch, meeting informale fra i direttori della fotografia presenti alla Mostra per incentivare il dialogo sull’evoluzione del mestiere, sulle tecnologie e soprattutto sulla possibilità di una transizione ecologica anche sui set cinematografici.

Fin dalle passate edizioni Casa Fabrique è un punto di incontro per protagonisti del nuovo cinema italiano alla Mostra veneziana. Fra i tanti ospiti che sono passati nella casa di Fabrique ricordiamo: Alessandro Borghi, Greta Scarano, Silvia d’Amico, Liliana Fiorelli, Valentina Lodovini, Donatella Finocchiaro, Marianna Di Martino, Andrea Arcangeli, Rocio Moralez, Massimiliano Gallo.

GIOVEDÌ 1 settembre

Ore 15:30

Inaugurazione di Casa Fabrique a Villa Malusa alla presenza delle autorità cittadine, di Confesercenti Venezia e CNA Ascoli Piceno.

Presentazione del nuovo numero della rivista «Fabrique du Cinéma»: in copertina uno degli attori del momento, Eduardo Scarpetta.

A seguire proiezione dei cortometraggi Fillide di Anna Concetta Consarino e Neet di Andrea Biglione e del secondo lungometraggio di Luna Gualano, Credimi.

VENERDÌ 2 settembre

Fabrique Diversity Day, una giornata all’insegna del tema diversità e inclusione.

Ore 18:30

Performance di Francesco Riva con il monologo DiSlessiA… Dove Sei Albert?, incentrato sui disturbi specifici di apprendimento (DSA), che offre stimoli per scardinare tutti gli stereotipi sulle diversità.

Ore 19:00

Tavola rotonda sul tema diversità e inclusione nel mondo del cinema, di cui parleranno il regista e direttore della fotografia Amir Ra, l’autrice e sceneggiatrice Chiara Sfregola (Camera Single, Signorina), il regista e autore Giovanni Algieri (Cosa manca, La prima luna storta), l’autore e attore Francesco Riva (Premio Zocca Giovani 2018), l’attrice e life coach Anna Fusco e la produttrice e sociologa Silvia Armeni.

Modera: il giornalista Emanuele Rauco.

E con: Andrea Venditti e Giorgia Fiori.

A seguire proiezione dei cortometraggi Io sono Fatou di Amir Ra, Violè di Giovanni Algieri, Artemisia di Gabriel Cash.

SABATO 3 SETTEMBRE

Ore 16:30

Presentazione del Festival del Cinema di Strada, Stenterello Film Festival dedicato alla commedia e di International Cilento Film Festival; premiazione del contest Younger’s In.Movie.

A seguire proiezione di Lux Santa, documentario di Matteo Russo (trailer) e di Temno, film d’animazione ispirato alla Metamorfosi di Franz Kafka, realizzato dall’artista Gildo Atzori, con le musiche originali di Samuele Dessì e sceneggiatura e regia di Bepi Vigna, scrittore, regista e autore di fumetti (Nathan Never).

DOMENICA 4 SETTEMBRE

Ore 12:30 Cinematographers’ Brunch

Con il patrocinio di AIC (Autori Italiani Cinema), Casa Fabrique ospita il Cinematographers’ Brunch, un momento d’incontro per i direttori della fotografia e gli autori presenti alla 79a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Un appuntamento che sarà un brunch informale per stimolare il dialogo fra gli addetti ai lavori sulla necessità di avviare una vera transizione ecologica sui set cinematografici, proponendo una riflessione su alcuni punti chiave: l’evoluzione del mestiere di direttore della fotografia, le tecnologie, le nuove attrezzature, la collaborazione tra i reparti.

Gli attori principali di questo confronto saranno i professionisti che vivono quotidianamente l’esperienza del set e le aziende leader produttrici delle strumentazioni tecnologiche per il cinema. È solo grazie al loro confronto che si potrà avviare concretamente il cambiamento green sui set.

Il Cinematographers’ Brunch di Casa Fabrique si svolge in collaborazione con: Prolight, azienda italiana d’eccellenza nella produzione di corpi illuminanti per cinema e TV; Flat Parioli, società di post produzione, specializzata in color correction e VFX; Alta Movie, azienda di droni di ultima generazione entrata con grande entusiasmo e professionalità nel mercato cinematografico.

Ore 16:30 Libri da Film

Un incontro sullo strettissimo connubio fra editoria e cinema, con la presentazione dei libri C’era una volta il cartone animato. La nascita del cinema d’animazione in Italia di Luciana Pensuti (Kappabit); La ragazza col genio in valigia di Marianna Bonavolontà (Scatole Parlanti); Non trovo più parole di Leone Rossi, prefazione di Andrea Purgatori (Bookabook).

Ore 18:00 “Nuovo Cinema Breve”

Panel dedicato al cortometraggio e ai suoi asset finanziari, con un focus sulla distribuzione tra festival e piattaforme oggi.

Intervengono: Alessandro Loprieno, Founder & Ceo di WeShort, Luigi Sales, Head of Original Production di Giffoni Innovation Hub, Gianpaolo Barozzi Hr Director Cisco, l’autore e produttore Cristiano D’Alterio e il regista e attore Carlo Falconetti.

Moderano: Luca Ottocento, direttore responsabile di Fabrique du Cinéma e l’attrice Sofia Elena Taglioni.

A seguire proiezione dei cortometraggi H1 di Luigi Marmo, Amarsi un po’ di Mario Santocchio, Kala di Carlo Falconetti.

 

PARTNERS:

Prolights, Flat Parioli, I Wonder Full, Younger’s In.Movie, Stenterello Film Festival, AR Production,  D-Vision Movie People, Alta Movie, DAM, Armeni G.E.S., Guasco, Cineclub Venezia, Confesercenti Metropolitana Venezia Rovigo, CNA Ascoli Piceno, AIC, Déluge, WeShort, Giffoni Innovation Hub, Giuliani Occhiali, Colli della Murgia, Nic Tartaglia,  Tenute Agricole Santojanni, Cantine Fina, Milano 71

 

Villa Malusa via A. Barbarigo, 5 – 30126 Venezia

 

 

 

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Federico Demattè e il suo Inchei, che “in rumeno significa finire” https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/federico-dematte-e-il-suo-inchei-che-in-rumeno-significa-finire/ Fri, 04 Mar 2022 09:37:50 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16870 Adolescenza: quel periodo della vita in cui solo i nostri coetanei sembrano comprenderci. Cosa succederebbe se in una fase così delicata fossimo costretti ad allontanarci proprio da loro? Tenta di dare una risposta a questa domanda Inchei, cortometraggio di esordio di Federico Demattè, vincitore come Miglior Short Film e Miglior Regia alla Settimana Internazionale della […]

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Adolescenza: quel periodo della vita in cui solo i nostri coetanei sembrano comprenderci. Cosa succederebbe se in una fase così delicata fossimo costretti ad allontanarci proprio da loro? Tenta di dare una risposta a questa domanda Inchei, cortometraggio di esordio di Federico Demattè, vincitore come Miglior Short Film e Miglior Regia alla Settimana Internazionale della critica nell’ambito del Festival di Venezia 2021. La motivazione della giuria recita: «per la narrazione libera da ogni sovrastruttura che permette ai protagonisti di essere completamente credibili».

“Inchei” è una parola rumena che significa “finire”. Il film racconta di Armando, ragazzo rom di 15 anni che vive con la madre e i fratelli tra le baracche della periferia di Milano Est; nel pieno della sua adolescenza è costretto a lasciare amici e amori per partire con la famiglia alla volta di Berlino, dove il nuovo compagno della madre è riuscito a trovare un lavoro. Federico Demattè nasce a Trento nel ’96, si sposta nel 2016 a Berlino, poi a Londra e dopo tre anni torna in Italia pubblicando il romanzo Jennifer salta giù. Attualmente frequenta l’Accademia Naba a Milano.

Il tuo arrivo nel mondo del cinema avviene con un film che parla di addii: perché questa scelta?

La partenza è un tema che mi ha da sempre affascinato. Paradossalmente ho sempre iniziato i miei lavori parlando di momenti finali, addii: quando suonavo in una band musicale, il primo EP parlava della nostra partenza da Trento e il mio primo romanzo raccontava di quella per Berlino. È un tema che torna spesso nel mio lavoro: forse è la mia tendenza a farmi affascinare dalla nostalgia e dalla malinconia, sentimenti che mi suggeriscono tante sfumature narrative ed estetiche.

Come hai conosciuto Armando e perché hai scelto proprio la sua storia?

Prima di conoscere Armando avevo già scritto la sceneggiatura del corto, volevo parlare della partenza di un ragazzo rom. Armando mi è stato consigliato da un’assistente sociale per la sua situazione insolita: la sua famiglia, rom, aveva deciso di staccarsi dai campi nomadi e di vivere in una sorta di ibrido, una vita nelle baracche piena però di conoscenze e frequentazioni milanesi. Di Armando mi ha colpito subito la dolcezza, è un ragazzo molto sensibile e di grande empatia. E dal punto di vista “antropologico” è stato naturalmente molto interessante osservare il suo essere rom e al contempo adolescente milanese al 100%.

Inchei
Armando Barosanu in “Inchei”.

Con Inchei hai vinto il premio come miglior regia per «la capacità di entrare in intimità con i personaggi e gli ambienti». Come ci sei riuscito?

In molti hanno pensato che le scene che mostro nel cortometraggio fossero state “spiate”, mentre in realtà scaturiscono dall’intimità che io e gli attori abbiamo costruito insieme. Si è creata una grande vicinanza fra noi della troupe e i ragazzi e questo anche grazie al fatto che per mesi ci siamo visti e abbiamo progettato insieme battute e scene. Alla fine osservavo la compagnia di amici di Armando e, sempre per riprendere il discorso della nostalgia, mi sembrava di rivedere la mia vecchia comitiva di amici sedicenni di Trento.

Come è andata con la famiglia di Armando?

Inserirmi all’interno della famiglia è stato più complesso. La sintonia con i ragazzi è avvenuta in maniera più naturale, mentre con la madre di Armando all’inizio non nego che ero in imbarazzo. Ero frenato da scrupoli morali, non ero sicuro che fosse realmente giusto entrare così dentro le loro faccende personali. Gradualmente però ci siamo avvicinati gli uni agli altri e alla fine ciò che era nato come un “mio” progetto è diventato un obiettivo condiviso. Si è creata una sorta di simbiosi di sogni.

Nasci a Trento, nel 2016 ti  sposti a Berlino, poi a Londra e infine a Milano. A differenza di Armando tu non sembri temere cambiamenti e addii.

Ricerco in continuazione il cambiamento e contemporaneamente ne ho paura, ma mi consola il fatto che novità e futuro alla fine terrorizzano un po’ tutti. Sono un carattere fragile, sensibile e sempre indeciso ma sento di avere dei sogni così grandi che non posso contenerli. Quando si tratta di seguire questi sogni metto la paura da parte, anzi la uso proprio come fosse un mezzo per raggiungerli

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Freaks Out, un Gabriele Mainetti senza limiti https://www.fabriqueducinema.it/festival/freaks-out-un-gabriele-mainetti-senza-limiti/ Wed, 08 Sep 2021 18:00:27 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16000 Quarto film italiano in concorso a Venezia 78, arriva Freaks Out, opus magnum di Gabriele Mainetti e suo secondo lungometraggio dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, che è stato uno spartiacque nella storia recente del cinema italiano. Se le ambizioni di Jeeg Robot erano già coraggiose e il tentativo di importazione di modelli cinematografici esterni era […]

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Quarto film italiano in concorso a Venezia 78, arriva Freaks Out, opus magnum di Gabriele Mainetti e suo secondo lungometraggio dopo Lo chiamavano Jeeg Robot, che è stato uno spartiacque nella storia recente del cinema italiano.

Se le ambizioni di Jeeg Robot erano già coraggiose e il tentativo di importazione di modelli cinematografici esterni era da ritenersi riuscito, quantomeno premiato dall’accoglienza del pubblico, qui Mainetti si spinge ancora oltre, con un film la cui lavorazione ha richiesto un numero di settimane di riprese inedito per il nostro sistema produttivo, un dispendio di effetti speciali e effetti visivi altrettanto magniloquente, una confezione che francamente non ha nulla da invidiare a prodotti di nazionalità più abituate alla grandeur: gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Corea del Sud, la Russia.

Il pretesto narrativo per questo affresco fantastico sulla Roma occupata dai nazisti nel 1943 è un piccolo teatro di strada gestito da Israel, interpretato da Giorgio Tirabassi, che recluta fra i suoi fenomeni da baraccone quattro strambe figure: Fulvio, l’uomo lupo di Claudio Santamaria, Cencio, il domatore di insetti interpretato da Pietro Castellitto, Mario, nano con poteri magnetici col volto di Giancarlo Martini e la ragazza elettrica, Matilde, che è Aurora Giovinazzo, il personaggio più complesso e anche quello decisivo.

I quattro freak della storia passeranno attraverso molte peripezie e molti incidenti di percorso che riassumere qui sarebbe impossibile – anche vista la durata del film, 141 minuti -, si separano, si ritrovano, vengono fatti prigionieri, si liberano, combattono, a volte nulla possono neanche i loro superpoteri, altre volte sono invece determinanti. Incontreranno anche un altro gruppo di personaggi, una curiosa e agguerrita brigata di partigiani con l’accento pugliese, ciascuno con una menomazione o una deformità, ma ciascuno pure dotato di abilità straordinarie, e saranno loro gli eroi di un immancabile “arrivano i nostri” pienamente inserito dello schema del film d’avventura, rispettato dall’inizio alla fine.

I cattivi sono, naturalmente, i nazisti, pure tratteggiati con qualche miracoloso potenziale, per esempio l’interessante trovata di rendere Franz, l’assoluto antagonista dei freak, un sublime pianista e anche “la Cassandra del Reich”, con il potere di prevedere il futuro: futuro che va dalla caduta del regime – quindi sulla breve distanza – fino all’invenzione dell’iPhone. Ebbene sì, proprio l’iPhone, generatore della sequenza più visionaria e coraggiosa del film.

Come si può vedere, gli elementi nel calderone sono tantissimi e a Mainetti va riconosciuto il coraggio di aver fatto di tutto, produttivamente parlando, per mettere dentro Freaks Out tutte le idee, le situazioni, le coreografie, le battaglie che ha immaginato e sognato, senza porsi limiti, senza timore reverenziale dei riferimenti cinefili sparpagliati lungo il percorso, che vanno da Tarantino a Burton, da Spielberg fino ad arrivare addirittura al Rossellini di Roma città aperta. Anche a costo di sembrare prolisso, anche a costo di sfiorare la bulimia visiva e sonora, è ammirevole la tenacia nel tenere insieme ogni cosa, pur di realizzare l’opera agognata.

Ma pur all’interno di un impianto produttivo così gigante, a prendere felicemente il sopravvento sono gli attori: il cast è azzeccatissimo, sono bravissimi tutti i quattro freak, Castellitto che si lascia andare alla romanità borgatara spinta, Santamaria animalesco e colto insieme, Martini è bravo a non diventare macchietta (il pericolo, con il suo personaggio, era dietro l’angolo), Aurora Giovinazzo è commovente nella gestione del dolore legato al proprio superpotere, in ogni sua apparizione è memorabile Tirabassi, e una menzione particolare va a Max Mazzotta, il capo dei partigiani, in grado di dare un fuoco al personaggio del gobbo che per espressività e per presenza scenica animalesca è destinato a rimanere.

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Ariaferma, il carcere (metaforico) di Servillo e Orlando https://www.fabriqueducinema.it/festival/ariaferma-il-carcere-metaforico-di-servillo-e-orlando/ Mon, 06 Sep 2021 15:34:59 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15970 È sempre una gioia quando vede la luce delle sale un nuovo film di Leonardo Di Costanzo, autore poliedrico, mente dai vasti orizzonti che per il cinema cosiddetto di finzione ha sempre attinto alla lunga e fruttuosa esperienza da documentarista, e ha portato avanti un percorso coerente, come se si fosse prefissato fin dall’esordio di […]

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È sempre una gioia quando vede la luce delle sale un nuovo film di Leonardo Di Costanzo, autore poliedrico, mente dai vasti orizzonti che per il cinema cosiddetto di finzione ha sempre attinto alla lunga e fruttuosa esperienza da documentarista, e ha portato avanti un percorso coerente, come se si fosse prefissato fin dall’esordio di imporsi come il regista degli spazi chiusi, dei microcosmi, dell’isolamento, delle fughe surreali dai luoghi reali. Ariaferma, scritto dal regista insieme a Valia Santella e Bruno Oliviero (una sceneggiatura che non ha un solo cedimento, né nella struttura, né nei dialoghi), racconta un momento critico all’interno di un carcere situato in un luogo imprecisato, come sempre in Di Costanzo la geografia si dirada e perde via via la sua connotazione, e il teatro dell’azione diventa come sospeso in una nube: la casa circondariale chiude, ma i trasferimenti vengono bloccati per problemi burocratici, e dodici detenuti devono restare lì, in un luogo abbandonato e spettrale, e con loro tutto il personale di guardia, a capo del quale c’è Toni Servillo, che per schematizzare come si fa nei polizieschi americani fa lo sbirro buono, in coppia con lo sbirro cattivo che invece è Fabrizio Ferracane.

I dodici ospiti del carcere sono tutti molto diversi fra loro, ognuno a rappresentare un “tipo”: c’è il giovane con istinti suicidi, ci sono gli extracomunitari, c’è il pedofilo da tutti messo al bando, e c’è quello misterioso, il più mite, che però – viene detto a un certo punto, senza rivelare pienamente il mistero – è anche il più pericoloso di tutti: si chiama Carmine Lagioia (interpretato magistralmente e in sottrazione da Silvio Orlando), e gli viene successivamente conferito l’incarico di chef, diventando di conseguenza un po’ il “sindaco” del carcere, da tutti rispettato, e l’unico con l’autorità di trattare con il Gaetano Gargiulo di Servillo.

È questo incontro a generare la tensione narrativa che dà l’acqua della vita alla storia, con Gargiulo che prova a porre le distanze fra sé e il detenuto, ma col passare del tempo i due trovano i punti d’incontro: il culmine è uno scambio di battute che potrebbe fare da epigrafe a tutto il film, che suona tipo “Lagioia, sei tu che sei in carcere”, e il detenuto ribatte “E perché, voi no?”. Non potrebbe avere più ragione.

Ariaferma segna un po’ una svolta, un’evoluzione, e perché no una summa nel cinema di Di Costanzo: c’è una regia solidissima, splendida somma non algebrica di direzione degli attori e gusto figurativo, coadiuvato dalla fotografia di Luca Bigazzi che con Di Costanzo riesce a esprimersi sempre ad altissimi livelli, come già ne L’intervallo. Importante anche il sonoro di Xavier Lavorel, che ha il suo momento trionfale a chiusura della scena più importante del film e anche una delle più belle e memorabili di questo festival: la cena, di notte, a lume di torce elettriche a causa della mancanza di elettricità, con detenuti e agenti che siedono al tavolo insieme, annullando l’effetto del carcere diventando quello che sono: esseri umani.

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La ragazza ha volato, Alma Noce è da lode https://www.fabriqueducinema.it/festival/la-ragazza-ha-volato-alma-noce-e-da-lode/ Sat, 04 Sep 2021 12:33:15 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15958 Torna utile una bella battuta del film di Paolo Sorrentino come epigrafe per La ragazza ha volato, il lungometraggio di Wilma Labate presentato a Venezia nella sezione Orizzonti Extra: “Noi non sappiamo quello che succede nelle case degli altri”. La scrittura per immagini di Labate incornicia questo racconto con alcuni avvolgenti movimenti di macchina che […]

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Torna utile una bella battuta del film di Paolo Sorrentino come epigrafe per La ragazza ha volato, il lungometraggio di Wilma Labate presentato a Venezia nella sezione Orizzonti Extra: “Noi non sappiamo quello che succede nelle case degli altri”.

La scrittura per immagini di Labate incornicia questo racconto con alcuni avvolgenti movimenti di macchina che restituiscono proprio questa sensazione: in testa e in coda al film, i balconi e le finestre di Trieste, tutte uguali l’una all’altra ma ciascuna contenitore di una storia diversa, teatro di gioie, di dolori, di umanità per cui provare rispetto, compassione, senza giudizio, perché il protagonista della storia che stiamo guardando potrebbe essere il nostro vicino e, se non è lui, allora potremmo essere noi.

Sono subito esplicite quindi le intenzioni registiche di Wilma Labate: un film di osservazione, di sguardo, qualche piano sequenza, ma anche semplicemente inquadrature lunghe, con un proprio respiro, che inducono all’attesa, ma anche invitano a prendere parte a ciò che si sta vedendo.

La ragazza ha volato è la storia di un’adolescente di nome Nadia, una ragazza come tante, forse un po’ solitaria, ma introversa, che quando esce dal proprio guscio inciampa in un ragazzo di cui sfortunatamente accetta un invito: i due si ritrovano a casa di lui, c’è l’umiliazione, c’è il ricatto, c’è la violenza.

Ammirevoli la discrezione e l’economia di scrittura: ci sono le mani dei fratelli D’Innocenzo nella sceneggiatura di questo film, e un certo sapore di gioventù prigioniera e disincantata e di adulti inermi e incapaci di vera comunicazione sono argomenti che i due autori romani hanno nelle loro corde. “È una storia fatta di personaggi che subiscono la vita nel disordine e nell’inerzia. Nadia è una ragazzetta attraente che si muove nel grigiore, con una famiglia affettuosa ma immobile nel destino della periferia, non degradata, solo difficile e sciatta”, dice Wilma Labate, che segue la sua straordinaria protagonista senza il pedinamento “di nuca” che ci stiamo abituando a vedere troppo spesso, né con quella macchina a mano che punta a far dire “dardenniano” di qualunque film ruoti intorno a un personaggio fulcro di tutta la storia. Come già detto, la scrittura per immagini di Labate è misurata, essenziale, mai troppo né troppo poco.

Un’ultima menzione va ad Alma Noce, che interpreta Nadia: bravissima nella prima parte del film, dove le parole che pronuncia si possono quasi contare, ma ancora più brava dal momento della scoperta che le cambia la vita, e in tutti i momenti successivi di accettazione, gestione, condivisione del proprio destino.

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Venezia 76: Martin Eden, Pietro Marcello affascina ma non rende giustizia a Jack London https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-martin-eden-pietro-marcello-affascina-ma-non-rende-giustizia-a-jack-london/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-martin-eden-pietro-marcello-affascina-ma-non-rende-giustizia-a-jack-london/#respond Tue, 03 Sep 2019 07:54:39 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=13234 A quattro anni di distanza dal successo internazionale di critica di Bella e perduta (che vinse premi in numerosi festival in giro per il mondo, tra cui Locarno), Pietro Marcello torna con un progetto molto ambizioso: l’adattamento di uno dei più importanti romanzi dello scrittore statunitense Jack London, Martin Eden. Vista la natura anticonvenzionale e […]

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A quattro anni di distanza dal successo internazionale di critica di Bella e perduta (che vinse premi in numerosi festival in giro per il mondo, tra cui Locarno), Pietro Marcello torna con un progetto molto ambizioso: l’adattamento di uno dei più importanti romanzi dello scrittore statunitense Jack London, Martin Eden. Vista la natura anticonvenzionale e libera del suo cinema, da sempre refrattario alle standardizzazioni e difficilmente riducibile a qualsivoglia etichetta, l’attesa per questo nuovo film di finzione del quarantatreenne regista casertano era molto alta. E Marcello, anche in questo caso, si conferma un cineasta talentuoso dallo sguardo originale, che si pone fieramente al di fuori delle logiche dell’industria.

La nota storia del giovane marinaio dalle umili origini che per amore di una bella ragazza altoborghese decide di acculturarsi e lottare strenuamente per divenire uno scrittore di fama, viene trasposta dal regista e dal co-sceneggiatore Maurizio Braucci (già collaboratore di Marcello nel citato Bella e perduta) in una Napoli dove i riferimenti temporali non sono mai ben definiti e tendono a spaziare nel corso dei decenni del Novecento. Dalla California di inizio secolo scorso del romanzo, dunque, si passa a un capoluogo campano sospeso nel tempo. L’intento è quello di evidenziare come il testo di London, pubblicato integralmente per la prima volta nel 1909, abbia anticipato alcuni dei grandi temi che hanno segnato profondamente tutto il Novecento: la contrapposizione tra visione individualista e socialista del mondo, la prepotente affermazione della cultura di massa, la lotta di classe.

martin eden 2

A questo scopo, come del resto ci aveva già abituato in Bella e perduta, Pietro Marcello gioca in maniera intrigante con l’alternanza di riprese dal vivo e materiale d’archivio, rendendo così anche sul piano prettamente visivo il legame delle vicende narrate con quelle della Storia (il film si apre con alcune immagini dell’anarchico e scrittore italiano Errico Malatesta). Se questo stratagemma stilistico conduce a momenti molto stimolanti, in particolar modo sul piano strettamente formale (ogni singola inquadratura è una gioia per gli occhi di chi guarda), a deludere è l’assenza di una struttura drammaturgica sufficientemente forte e del necessario approfondimento dei complessi temi introdotti.

Nel suo libero adattamento del lavoro di London, Marcello decide di isolare solo pochi momenti-chiave del romanzo. In questo modo, però, diversi importanti passaggi narrativi risultato troppo veloci (ad esempio, la nascita in Martin Eden dell’ardente passione per la cultura e dell’interesse per la politica, le incomprensioni con la donna di cui si innamora a prima vista e con il marito della sorella) e alcuni rapporti tra i personaggi, fondamentali per lo sviluppo della storia, rimangono in superficie (su tutti, quello tra il protagonista e l’intellettuale Russ Brissenden).

Di conseguenza il film non si dimostra in grado di sfruttare il notevole potenziale drammatico e melodrammatico che risiede nella pagine dello scrittore statunitense e finisce anche per non stimolare un’adeguata riflessione sui nodali temi che vorrebbe mettere in risalto. Nonostante la rara eleganza formale, le buone prove di tutti gli attori principali (Luca Marinelli è una conferma, la giovane Jessica Cressy una piacevole sorpresa) e l’assai lodevole volontà di seguire sentieri poco battuti nel panorama cinematografico italiano, dunque, Martin Eden fallisce nel suo obiettivo primario: portare sul grande schermo la consistenza e l’acutezza dell’opera di Jack London. 

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Venezia 76: Carlo Sironi convince con la sua opera prima Sole https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-sole-il-convincente-esordio-di-carlo-sironi/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-sole-il-convincente-esordio-di-carlo-sironi/#respond Sun, 01 Sep 2019 09:29:34 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=13218 La maternità e l’analisi dei contesti sociali disagiati sono temi ricorrenti nella sinora ristretta filmografia di Carlo Sironi. Già nei cortometraggi Cargo (2012) e Valparaiso (2016), molto apprezzati nel circuito dei festival internazionali, il cineasta trentaseienne si era infatti concentrato su questi aspetti: nel primo venivano raccontate le vite di una prostituta ucraina incinta e […]

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La maternità e l’analisi dei contesti sociali disagiati sono temi ricorrenti nella sinora ristretta filmografia di Carlo Sironi. Già nei cortometraggi Cargo (2012) e Valparaiso (2016), molto apprezzati nel circuito dei festival internazionali, il cineasta trentaseienne si era infatti concentrato su questi aspetti: nel primo venivano raccontate le vite di una prostituta ucraina incinta e di un ragazzino che la porta quotidianamente sulle strade della provincia romana; nel secondo, si mostravano le vicende di una donna in gravidanza rinchiusa in un centro di identificazione ed espulsione della capitale.

Presentato in concorso nella sezione Orizzonti della Mostra del Cinema di Venezia e ben accolto dalla critica, Sole è incentrato sul rapporto che si instaura tra Ermanno (l’esordiente Claudio Segaluscio), un giovane privo di prospettive che passa le giornate tra slot machine e piccoli furti, e Lena (Sandra Drzymalska), una ragazza polacca giunta in Italia con l’intenzione di vendere la figlia che porta in grembo allo scopo di raggiungere la Germania e dare una svolta alla propria vita. Per soldi Ermanno accetta di fingersi il padre della bimba, così da rendere più semplice il successivo affidamento allo zio e alla moglie che non possono avere figli. Il ragazzo dovrà assistere Lena nella fase precedente il parto ma, quando i due impareranno a conoscersi, le cose inizieranno lentamente a cambiare.

sole

Girato in formato 4:3 facendo ricorso quasi esclusivamente a riprese con macchina fissa, l’esordio nel lungometraggio di Sironi è stilisticamente rigoroso e assai efficace nel rendere sul piano formale il sentimento di isolamento, spaesamento e inquietudine che domina i due protagonisti. Senza concedere nulla alla retorica o a banali edulcorazioni, Sole ci conduce con indubbia forza visiva in una periferia perlopiù indefinita (anche se il dialetto parlato è quello romano e il film è stato girato tra Roma e Nettuno) dalla quale non sembra esserci scampo e ha il notevole pregio di evitare tanto sentimentalismi quanto facili soluzioni. 

Nonostante il ritmo della narrazione risulti a tratti eccessivamente lento e la scarsità di dialoghi non permetta sempre di mettere adeguatamente a fuoco le dinamiche psicologiche che guidano i personaggi, Sole si rivela un’opera prima audace, asciutta e molto interessante che segnala la presenza di un futuro, potenziale nuovo autore nel panorama cinematografico italiano. Non è un caso, d’altronde, che il film nella sua fase di sviluppo sia stato ammesso ai laboratori creati nel contesto di alcuni dei principali festival cinematografici (la Résidence de la Cinéfondation di Cannes, il Sundance Mediterranean Lab, la Script Station della Berlinale e il TorinoFilmLab). Ne siamo certi, del romano Carlo Sironi sentiremo parlare ancora.

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Venezia 76: Il sindaco del rione Sanità secondo Mario Martone https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-mario-martone/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-mario-martone/#respond Sat, 31 Aug 2019 10:57:53 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=13212 Primo dei tre film italiani in concorso alla 76a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Il sindaco del rione Sanità segna il ritorno dietro la macchina da presa di Mario Martone a un solo anno di distanza dall’ultimo Capri-Revolution, presentato dodici mesi fa in anteprima mondiale proprio al Lido. L’idea di portare sul grande […]

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Primo dei tre film italiani in concorso alla 76a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Il sindaco del rione Sanità segna il ritorno dietro la macchina da presa di Mario Martone a un solo anno di distanza dall’ultimo Capri-Revolution, presentato dodici mesi fa in anteprima mondiale proprio al Lido. L’idea di portare sul grande schermo la celebre commedia in tre atti del 1960 di Eduardo De Filippo, incentrata sulla figura di un potente boss intento a gestire il rione Sanità sostituendosi completamente allo Stato, è venuta al regista nel 2017 mentre lavorava all’adattamento teatrale portato in scena con successo al teatro NEST, nella periferia napoletana di San Giovanni a Teduccio. Gli attori sono in grandissima parte gli stessi dello spettacolo e così la realizzazione del film è stata insolitamente rapida, con le riprese che si sono svolte in sole quattro settimane.

Come ha spiegato oggi lo stesso Martone durante la conferenza stampa veneziana, l’intento era quello di proporre al cinema il lavoro teatrale di due anni fa rimanendo il più fedele possibile al testo di Eduardo, in un’ottica però di attualizzazione drammaturgica che trasportasse le vicende nella Napoli contemporanea: “Tutto è iniziato dall’intuizione del protagonista Francesco Di Leva di far interpretare il personaggio di Barracano da un uomo giovane, che rimandasse all’età dei boss di oggi, invece che da un anziano di 75 anni come nell’opera originale. Da qui, proprio come in una scacchiera, sono derivate tante altre mosse concatenate fra loro, che ci hanno portato a misurarci con il lavoro di Eduardo con grande fedeltà, anche sul piano della struttura in tre atti, ma al tempo stesso proponendo una reinvenzione in chiava odierna”.

martone

Dal film emergono con forza riflessioni su temi universali presenti nel testo di De Filippo, quali la centralità dei rapporti familiari, il senso del dovere e quello di colpa, la lealtà e il tradimento, così come ci si concentra sul sottile confine tra bene e male. Per Martone era molto importante rappresentare anche sul grande schermo “la Napoli perbene e la Napoli criminale, il muro che da sempre le divide così come la zona grigia che invece le fa convergere”. Da questo punto di vista, come ci ha tenuto a sottolineare lo stesso cineasta napoletano, è centrale il personaggio di Della Ragione, il fido dottore che aiuta il boss Antonio Barracano a gestire il potere: “Il ruolo di questo figlio di un professore dell’Università di Napoli, che non si sa perché viva con Barracano in una specie di rapporto pinteriano tra prigionia e amore, è fondamentale. Si tratta di un rapporto molto complesso e ambiguo che ha la funzione di stringere concretamente le due Napoli su cui riflette Eduardo. Dall’altra parte invece c’è il panettiere Arturo Santaniello, che è il vero antagonista di Barracano, colui che gli getta in faccia la sua onestà come a volerlo umiliare. Un gesto, questo, che porterà a una serie di conseguenze intricate e inattese”.

In sala come evento speciale distribuito da Nexo Digital solo dal 30 settembre al 2 ottobre prossimi, Il sindaco del rione Sanità può contare su un cast ben assortito e di alto livello (tra cui spiccano in particolare gli ottimi Francesco Di Leva/Antonio Barracano e Massimiliano Gallo/Arturo Santaniello) e riesce in un’impresa che sulla carta non era affatto semplice: restituire al cinema con buona efficacia la complessità e la profondità del lavoro di uno dei più grandi drammaturghi italiani del Novecento. Il cinema italiano in concorso a Venezia ha iniziato con il piede giusto.

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Casa Fabrique a Venezia 74 https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/casa-fabrique-venezia-74/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/casa-fabrique-venezia-74/#respond Mon, 28 Aug 2017 11:58:05 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9123 Anche quest’anno Fabrique du Cinéma, con il sostegno di Manila Grace sarà presente alla 74.a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con uno spazio dedicato dal 30 agosto al 5 settembre. Casa Fabrique, una meravigliosa villa a 200 metri dal Palazzo del Cinema (lungomare G. Marconi, 25) è la cornice ideale per ospitare i protagonisti del nuovo […]

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Anche quest’anno Fabrique du Cinéma, con il sostegno di Manila Grace
sarà presente alla 74.a Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con uno spazio dedicato dal 30 agosto al 5 settembre.

Casa Fabrique, una meravigliosa villa a 200 metri dal Palazzo del Cinema (lungomare G. Marconi, 25) è la cornice ideale per ospitare i protagonisti del nuovo cinema italiano, presenti al Festival di Venezia, intervistati ogni giorno per Fabrique du Cinéma dalla fashion blogger Alessandra Airò.

Tra le tante attività che si svolgeranno a Casa Fabrique lo showroom della celebrity stylist Stefania Sciortino, la gift room per i nostri ospiti, e l’intervento quotidiano di addetti ai lavori e giornalisti sui film e gli eventi presenti alla Mostra, a cura della direttrice responsabile di Fabrique du Cinéma Ilaria Ravarino. Il portfolio di Fabrique sarà realizzato da Roberta Krasnig.

Inoltre da Casa Fabrique l’1 settembre verrà lanciato il concorso Tweet Your Script che coinvolgerà gli appassionati del grande schermo, chiedendo loro di condensare in 140 caratteri (incluso l’hashtag #FabriqueTYS) un’idea vincente per un film mai realizzato prima.

Il contest sarà aperto a ricevere i tweet  dei concorrenti fino al 15 ottobre, accompagnando la fase di selezione del Fabrique International Awards, il premio con cui la rivista promuove la creatività e la sperimentazione in ambito cinematografico, aperto da quest’anno alla produzioni di tutto il mondo.

Tutte le idee presentate saranno selezionate e giudicate dalla redazione di Fabrique du Cinéma e l’autore/autrice dell’idea vincente sarà premiato in occasione dell’evento conclusivo del Fabrique International Awards, che si terrà a Roma il 15 dicembre prossimo.

Infine, il 2 settembre alle ore 17 presso l’Hotel Excelsior, nello Spazio della Regione del Veneto si svolgerà la tavola rotonda dal titolo:

A ciascuno il suo premio: festival e territorio tra indotto, identità ed empowerment locale

Il dibattito della tavola rotonda, stimolato dalla presenza di importanti direttori di festival cinematografici nazionali, avrà l’obiettivo di identificare l’indotto sociale, economico e culturale di eventi, premi e rassegne cinematografiche sul proprio territorio.

Sarà anche l’occasione per presentare il nuovo numero della rivista con la cover delle gemelle Fontana, gli approfondimenti su John Turturro, i consigli di Ferzan Ozpetek ai giovani registi, e il focus su Susanna Nicchiarelli e la sua “Nico 1988” post rock, film di apertura a Venezia nella sezione “Orizzonti”.

CASA FABRIQUE

LUNGOMARE G. MARCONI 25

LIDO DI VENEZIA

INFO

https://www.fabriqueducinema.it/
https://www.facebook.com/FabriqueDuCinema
[email protected]

 UFFICIO STAMPA Fabrique du Cinéma
Antonella Bartoli | [email protected] | 339 7560222

logo Fabrique e sponsor Casa Fabrique

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