Massimiliano Gallo Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 11 Jan 2022 08:41:28 +0000 it-IT hourly 1 Alessandro Gassmann torna in sala da regista con “Il silenzio grande” https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/alessandro-gassman-il-silenzio-grande/ Fri, 17 Sep 2021 13:21:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16060 Figlio d’arte per sempre? Seppur orgoglioso dell’eredità paterna (e materna, ricordiamo che la madre è l’attrice francese Juliette Mayniel), da tempo Alessandro Gassmann ha intrapreso un percorso di crescita artistica passato dapprima attraverso la recitazione, con un’enorme varietà di ruoli che spaziano dal cinema al teatro alla televisione, per poi approdare alla regia. Fresco Presidente […]

L'articolo Alessandro Gassmann torna in sala da regista con “Il silenzio grande” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Figlio d’arte per sempre? Seppur orgoglioso dell’eredità paterna (e materna, ricordiamo che la madre è l’attrice francese Juliette Mayniel), da tempo Alessandro Gassmann ha intrapreso un percorso di crescita artistica passato dapprima attraverso la recitazione, con un’enorme varietà di ruoli che spaziano dal cinema al teatro alla televisione, per poi approdare alla regia. Fresco Presidente di giuria dei Fabrique Awards edizione 2021, Alessandro Gassmann si dice “onorato” della nomina, lui che il giovane cinema italiano lo ha sempre valorizzato, e anche se oggi si smarca con eleganza dalla categoria definendosi “signore di mezza età”, l’aspetto da eterno ragazzo e la voce energica sembrano voler continuare a smentire l’anagrafe.

E proprio il suo quarto lungometraggio da regista, Il silenzio grande, presentato a alle Giornate degli Autori veneziane, approda ora in sala. «Questo è il primo film che dirigo senza esserne anche attore ed è anche il primo film di finzione che presento a Venezia da regista» spiega Alessandro Gassmann. L’unico suo precedente veneziano dietro la macchina da presa è il documentario Torn – Strappati del 2015, dedicato a un gruppo di artisti siriani rifugiati in Giordania o Libano che Gassmann ha incontrato durante un viaggio in veste di ambasciatore dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Il silenzio grande è «un lungo viaggio iniziato quando lo scrittore Maurizio de Giovanni è venuto a trovarmi a teatro. L’idea era fare qualcosa insieme, così ha scritto questa storia che parla di umanità che si incontrano. È la storia di una famiglia napoletana colta e raffinata caduta in disgrazia. Non avendo più soldi decidono di vendere la casa di famiglia, ma il capofamiglia non è d’accordo. Lo spettacolo teatrale, di cui io ho fatto la regia, ha debuttato al Festival di Napoli e poi è andato in tournée, è stato un grande successo di critica». A quel punto il passaggio dal teatro al cinema è stato naturale, come ricorda Gassmann che, oltre a dirigere Il silenzio grande, è anche co-autore dello script insieme a Maurizio de Giovanni e Andrea Ozza.

Il cast di quella che definisce una “commedia malinconica” è composto Massimiliano Gallo nei panni del capofamiglia, ruolo già interpretato a teatro, e Margherita Buy in quelli della moglie Rose. «Margherita non è napoletana, come non lo è il personaggio di Rose, una donna colta, fuori dal comune. Il film è ambientato a Napoli nel 1965 – data simbolica, non a caso è l’anno in cui sono nato – e contiene una componente visionaria, un coup de théâtre finale. Ma è soprattutto un film di attori, ce ne sono due giovanissimi, Antonia Fotaras ed Emanuele Linfatti, che interpretano i figli».

il silenzio grande con massimiliano gallo
Massimiliano Gallo in una scena de “Il silenzio grande”.

Proprio nei confronti dei giovani Alessandro Gassmann nutre una particolare attenzione anche e soprattutto sul set. «Dai giovani imparo tantissimo» ci dice. «Oggi le occasioni non mancano, i giovani possono esprimersi. Quello che manca, almeno in Italia, sono budget più adeguati. Serve più coraggio per lanciare i giovani autori in un mercato sempre più ampio». Il rapporto tra Alessandro Gassmann e il suo pubblico, giovane o meno giovane, è garantito da una presenza assidua su Twitter, unico social media che usa, dove il cineasta non ha peli sulla lingua tanto da alimentare accese discussioni per via delle sue posizioni nette. «Se insultano blocco, ma trovo Twitter uno strumento prezioso per alimentare una conversazione col pubblico. Molti miei colleghi preferiscono evitare, ma io temo gli indifferenti, li ritengo parte del problema. Non si tratta di urlare più forte, mi interessa capire il punto di vista di chi ha opinioni diverse dalle mie. I social ci hanno fatto diventare una società che ha smesso di informarsi, ma posta di tutto, fake news comprese. Così facendo lede la libertà degli altri».

Il tentativo di migliorare la società, per quanto possibile, per Alessandro Gassmann passa anche attraverso la trasmissione della conoscenza appresa dal padre Vittorio o da altri grandi incontrati nel proprio cammino come Gigi Proietti, che nel 2017 ha diretto ne Il premio. «Nascere in una casa di attori di successo è senza dubbio un privilegio» ammette l’attore e regista. «L’unico svantaggio è che siamo stati etichettati come snob perché non abbiamo mai frequentato certi salotti. In famiglia ci siamo fatti da soli, caratteristica questa comune a mio padre e a Proietti: non hanno mai preso scorciatoie. Erano convinti che il tempo desse loro la base per diventare indimenticabili. Oggi, grazie ai social media, puoi diventare famoso anche se non sai fare niente. Ma chi fa l’attore per diventare famoso ha sbagliato. Si sceglie di fare l’attore per raccontare la società».

E quella odierna è una società stravolta dall’emergenza sanitaria che vede gli incassi dei cinema stentare mentre le piattaforme streaming decollano grazie agli abbonati sempre più numerosi. «Purtroppo la pandemia non è finita» ammette sconsolato Alessandro Gassmann. «Le piattaforme tengono vivo il cinema, ma la visione in sala è un’altra cosa. Quando ho visto Il silenzio grande per la prima volta sullo schermo è stata un’emozione immensa, ho provato un senso di condivisione che la televisione non può restituire. Purtroppo le persone non si sentono al sicuro al chiuso, così i cinema stanno vivendo una crisi drammatica. Va detto che le piattaforme, negli ultimi anni, hanno prodotto serie di grande qualità. Io ne sono un fruitore, ma non le considero un sostituto del cinema. Per questo credo che una vaccinazione di massa sia necessaria per tornare in sala con tranquillità e provare a fare ripartire il settore».

Pur sperimentandone tutta la drammaticità, Alessandro Gassmann ammette che la pandemia lo ha spinto a rivedere alcune delle sue priorità: “Poco prima del lockdown mi sono ritrovato insieme alla mia famiglia nella casa di campagna in Maremma e questo ci ha permesso di trascorrere questo periodo in modo piacevole, potevamo anche uscire a fare quattro passi. Dopo 5 mesi fermo in casa, ho capito che il tempo a stare senza fare niente mi era piaciuto. Così ho deciso di lavorare di meno, guadagnando anche di meno, per dedicarmi a progetti più rischiosi. Voglio essere più selettivo nei lavori che accetto, l’anno scorso ho interpretato due opere prime, Mio fratello rincorre i dinosauri e Non odiare, che mi hanno dato tante soddisfazioni. Invece ho detto no al terzo capitolo di Non ci resta che il crimine. Intendiamoci, non rinnego niente, non ho niente contro questo tipo di commedie, ma oggi non mi sento più di farle. Il mio obiettivo principale è recitare sempre di meno per dedicarmi alla regia. Questo è il futuro che vedo per me”. Dopo aver ultimato Il silenzio grande, Gassmann ha però accettato di recitare un film di cui è molto soddisfatto. Il progetto diretto da Francesco Lagi per adesso è top secret e porta il curioso titolo de Il pataffio. Vista l’ambientazione medievale del film, la mente corre immediatamente a L’armata Brancaleone, uno dei titoli più celebri tra i tanti interpretati da Vittorio Gassman. Nuovo confronto con l’eredità paterna in vista? “Non posso dire niente” ammette Alessandro sornione. “Anzi, una cosa la posso dire: il film è tratto da un romanzo di Luigi Malerba a cui Mario Monicelli si era ispirato per creare il linguaggio de L’armata Brancaleone”. Et voilà, il link tra passato e presente è servito.

L'articolo Alessandro Gassmann torna in sala da regista con “Il silenzio grande” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Venezia 75: Saremo giovani e bellissimi, il film musicale di Letizia Lamartire https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-saremo-giovani-e-bellissimi-il-film-musicale-di-letizia-lamartire/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-saremo-giovani-e-bellissimi-il-film-musicale-di-letizia-lamartire/#respond Mon, 03 Sep 2018 08:28:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11232 La Mostra del Cinema di Venezia quest’anno è stata travolta dalla musica e sono le donne a guidare la tendenza: da Lady Gaga, attrice protagonista in A Star Is Born di Bradley Cooper, a Natalie Portman che si fa pop star in Vox Lux diretto da Brady Corbet, senza dimenticare la vicenda incredibile raccontata nel […]

L'articolo Venezia 75: Saremo giovani e bellissimi, il film musicale di Letizia Lamartire proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
La Mostra del Cinema di Venezia quest’anno è stata travolta dalla musica e sono le donne a guidare la tendenza: da Lady Gaga, attrice protagonista in A Star Is Born di Bradley Cooper, a Natalie Portman che si fa pop star in Vox Lux diretto da Brady Corbet, senza dimenticare la vicenda incredibile raccontata nel documentario Arrivederci Saigon di Wilma Labate. Se è nata una star forse è però proprio Letizia Lamartire con Saremo giovani e bellissimi, unico film italiano in concorso alla Settimana Internazionale della Critica. Gli affezionati ricorderanno la giovane regista dalla proiezione dell’anno scorso, con l’indimenticabile corto Piccole Italiane.

L’opera prima di Letizia Lamartire è un film musicale che racconta la storia di Isabella: una star degli anni Novanta, con un unico singolo di successo, che ormai quarantenne si ritrova a suonare vecchie canzoni nei pianobar con Bruno, il figlio ventenne.

Saremo giovani e bellissimi, sullo sfondo di un’incantevole Ferrara, è soprattutto la storia di un rapporto speciale e fuori dagli schemi, quello tra una madre e un figlio che usano la musica per capirsi. Canzoni e dialoghi, anche grazie a un buon montaggio di Fabrizio Franzini, portano avanti una narrazione ritmata, con pochi rallentamenti. La bellissima Barbora Bobulova, brava anche a cantare, interpreta con naturalezza Isabella e Alessandro Piavani trova una dimensione credibile nel lasciarsi vivere di Bruno, che scrive la sua musica di nascosto – quei testi in inglese dal sound indie-rock, così distanti dalla musica della madre.

saremo giovani e bellissimi

I due vivono incastrati in una relazione ambigua e morbosa. Isabella fa parte di quella generazione di genitori che hanno usato i figli per perpetrare i propri sogni infranti, mentre Bruno sembra nato per adorarla, occuparsi di lei e accompagnarla alla chitarra nei live al Big Star. Ricopre però più la figura dell’amante che quella del figlio: gelosie, nevrosi, ripicche, baci a fine concerto e un memorabile litigio durante una cena a quattro. Bruno le perdona tutto, è affascinato e forse è anche un po’ innamorato di questa donna sexy, immatura e fragile, senza maschere.

Intorno a Isabella gravitano altri personaggi, la madre che era stata troppo severa con lei in gioventù, l’ex fiamma e Umberto (Massimiliano Gallo), il nuovo interesse romantico, alla quale vengono affidate quasi tutte le gag del film. Personaggi che restano comunque un contorno: la relazione madre-figlio catalizza tutta l’attenzione e anche la trama non lascia troppo spazio alle storyline secondarie.

Curioso come le relazioni sembrino svilupparsi tutte in triangoli sentimentale: tra Isabella, Bruno e la musica, tra Bruno, la madre e Arianna e tra Isabella, Umberto e Bruno. Tutto cambia proprio con l’arrivo di Arianna (Federica Sabatini), la giovane leader di un gruppo rock-underground. Bruno ne è subito attratto e, da questo punto in poi, la promessa anticonvenzionale del film viene un po’ infranta; si inizia a giocare su terreni già battuti. Tutti maturano, comprendono i propri sbagli e crescono. Isabella si ravvede, come se fosse necessario, ed è un peccato. Il coraggio iniziale di dare spazio alla narrazione di una donna differente e lontana dal senso di colpa e dagli stereotipi, si va via via affievolendo e il film abbandona le premesse perturbanti.

saremo giovani e bellissimi

Il lato musicale resta un punto centrale e decisamente riuscito, la musica di Matteo Buzzanca guida tutto: i tre generi suonati dai personaggi sono visibilmente il punto zero della loro creazione, il loro aspetto, i costumi e ogni più piccolo dettaglio. Dopotutto, il film unisce le due più grandi passioni di Letizia Lamartire, musica e immagine, la giovane regista condensa con competenza e autenticità gli anni di studio in conservatorio e le notti passate a suonare nei pub baresi.

L’altro punto di forza di questo film sono i personaggi, soprattutto Isabella. Letizia Lamartire riesce a ritrarre una donna che non vuole crescere, contraddittoria, simpatica e insopportabile insieme. Una quarantenne intrappolata nel passato, non ancora pronta a guardare in faccia la realtà e abbandonare l’illusione del successo. Lo spettatore forse lo capisce ancora prima della protagonista stessa, che non è la gravidanza inaspettata ad averle stroncato la carriera. Ammettere di non essere mai stata brava abbastanza è difficile, non per orgoglio ma per una questione d’identità. Isabella a quel punto avrebbe dovuto domandarsi: se non sono una star, se non sono la mia musica, cosa sono? Ed è quello il nodo che bisognava sciogliere e approfondire, il grumo pulsante della vicenda.

L’opera prima di Letizia Lamartire è nel complesso un film piacevole, con una regia composta che cerca a tratti di osare, con ottimi risultati. La sceneggiatura ha i suoi difetti, ma ha dato vita a dei personaggi affascinanti, nonostante un’evidente – ma comprensibile, per un’esordiente – paura di rischiare. Se Isabella è stata una meteora, ci auguriamo che il talento di Letizia Lamartire brilli ancora nel panorama del nuovo cinema italiano. C’è bisogno di registe, personaggi femminili tridimensionali e sogni impossibili che solo il cinema può realizzare, come quello di rimanere per sempre giovani e bellissimi, ingannando il tempo.

L'articolo Venezia 75: Saremo giovani e bellissimi, il film musicale di Letizia Lamartire proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-saremo-giovani-e-bellissimi-il-film-musicale-di-letizia-lamartire/feed/ 0
Il sindaco del rione Sanità secondo Martone https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-martone/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-martone/#respond Thu, 03 May 2018 12:47:51 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10209 San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Il Bronx partenopeo con le palazzine di Via Taverna del Ferro a pochi metri dal mare, tristemente famose per le scorribande camorriste delle baby gang. Su una di queste c’è il volto di Maradona dello street art Jorit Agoch. Non è l’unica opera di riqualificazione nata nel […]

L'articolo Il sindaco del rione Sanità secondo Martone proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Il Bronx partenopeo con
le palazzine di Via Taverna del Ferro a pochi metri dal mare, tristemente famose per le scorribande camorriste delle baby gang. Su una di queste c’è il volto di Maradona dello street art Jorit Agoch. Non è l’unica opera di riqualificazione nata nel quartiere; c’è la iOS Devoloper Academy, la scuola della formazione Apple, la prima in Europa e un nuovo Campus dell’Università Federico II. Poi ci sono le famiglie Mazzarella D’Amico e Rinaldi -Reale-Formicola che secondo la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) si contendono i territori di spaccio.

E infine c’è il Napoli Est Teatro, un collettivo, un progetto socio culturale, nato per usare il teatro come antidoto alla camorra. Con i ragazzi del Nest, Mario Martone ha
realizzato la sua prima regia di un testo di Eduardo De Filippo, Il sindaco del rione Sanità. Lo spettacolo nasce grazie alla collaborazione produttiva tra il Teatro Stabile di Torino e la compagnia di Luca De Filippo, Elledieffe ora guidata dalla moglie, Carolina Rosi.

La commedia di Eduardo venne scritta nel 1960, appartiene alla raccoltaCantata dei giorni dispari, nasce come un testo scomodo che porta alla ribalta la camorra con il suo protagonista Antonio Baraccano, guida del Rione Sanità, uomo d’onore e amministratore a modo suo delle diatribe del quartiere. Per la riscrittura di questo testo, Martone parte dalla realtà di San Giovanni a Teduccio e dai ragazzi del Nest, attori giovani che vivono sulla propria pelle la guerra di camorra.

Il sindaco del rione sanitàCosì la lussuosa villa di Antonio Baraccano si trasforma in un appartamento moderno con mobili d’acciaio e plexiglas (scene di Carmine Guarino). Un bunker patinato regno di un Antonio Baraccano (Francesco Di Leva), giovane e palestrato. Non è, come lo aveva immaginato Eduardo, l’uomo d’onore simbolo di un’epoca
di valori che procede verso il tramonto, ma il giovane boss della nuova camorra, deciso e spietato, pragmatico e razionale al tal punto da comprarsi l’amore dei figli e della moglie.

L’ambiguità degli affetti intimi della famiglia Baraccano è una pedina che la regia di Martone sa muovere bene, con un ritmo serrato, scene cruente, che ricordano serie televisive come Gomorra o Suburra. La lingua non è più il dialetto napoletano armonioso di Eduardo, ma quello violento delle strade, delle nuove generazione e del rap. Proprio con questa musica inizia lo spettacolo, il rapper Ralph P canta la sua Niente ‘e nuovo, profetica dichiarazione di un futuro condannato a non cambiare.

Indispensabile per questa operazione folle e complessa sono gli attori, i protagonisti volti noti della televisione e del cinema. Francesco Di Leva veste i panni giovani e violenti di Antonio Baraccano, dandogli un’energia unica mentre Giovanni Ludeno (il dottor Della Ragione) e Massimiliano Gallo (Arturo Santaniello) restano legati di più alla tradizione eduardiana, creando un contrasto coerente che crea un equilibrio costante. “Il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà, se parla al proprio pubblico agendo in una dimensione politica”. Queste sono le parole che Mario Martone usa per descrivere il suo sindaco del rione Sanità.

Un gesto politico e sociale che va oltre la rappresentazione teatrale e incarna
un mondo vivo e reale in tutta la sua drammaticità.

L'articolo Il sindaco del rione Sanità secondo Martone proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-martone/feed/ 0