Mario Martone Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 20 Jul 2022 14:07:06 +0000 it-IT hourly 1 Nostalgia di Mario Martone: Favino detective del passato nelle viscere di Napoli https://www.fabriqueducinema.it/focus/nostalgia-di-mario-martone-favino-detective-del-passato-nelle-viscere-di-napoli/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/nostalgia-di-mario-martone-favino-detective-del-passato-nelle-viscere-di-napoli/#respond Wed, 25 May 2022 06:56:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17238 Mario Martone è un artista infaticabile. Senza menzionare nel dettaglio tutte le incursioni a teatro e nell’opera lirica (che comunque, solo nell’ultimo anno e mezzo, hanno registrato delle vette ne Il filo di mezzogiorno, da Goliarda Sapienza, e nella trilogia di film-opera per la Rai, Traviata, Barbiere di Siviglia e Bohème), Martone si è messo […]

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Mario Martone è un artista infaticabile. Senza menzionare nel dettaglio tutte le incursioni a teatro e nell’opera lirica (che comunque, solo nell’ultimo anno e mezzo, hanno registrato delle vette ne Il filo di mezzogiorno, da Goliarda Sapienza, e nella trilogia di film-opera per la Rai, Traviata, Barbiere di Siviglia e Bohème), Martone si è messo al lavoro sul suo ultimo film immediatamente dopo le impegnative riprese di Qui rido io. Anzi, in realtà è successo durante: come ha raccontato in una intervista rilasciata a Film TV Ippolita di Majo, il lavoro su Nostalgia era cominciato nel lockdown del 2020, che di fatto spezzò in due le riprese del film su Eduardo Scarpetta, interrotto dopo gli interni a Roma e al quale mancavano due settimane di esterni da girare a Napoli.

Nostalgia è un romanzo postumo di Ermanno Rea, grande scrittore napoletano che ha fatto letteratura sublime attingendo alla sua esperienza di giornalista cominciata negli anni ’50 all’Unità di Napoli, all’angiporto Galleria (oggi piazzetta Matilde Serao), una redazione che all’epoca era una palestra eccezionale e si ammantò, successivamente, di alone leggendario. Dopo Mistero Napoletano, La dismissione, Napoli Ferrovia e Il sorriso di don Giovanni (per citarne alcuni), Rea non fece in tempo a vedere pubblicato Nostalgia, uscito nel 2017, un anno dopo la morte dell’autore.

Mario Martone sul set di Nostalgia
Mario Martone in una pausa delle riprese di “Nostalgia” (ph: Elio Di Pace).

Al centro del romanzo, l’amicizia virile di Felice Lasco e Oreste Spasiano, inseparabili, simbiotici nel bene e soprattutto nel male, cresciuti nel Rione Sanità, il più misterioso e mistico dei quartieri antichi di Napoli, un quartiere di catacombe, di cimiteri, di riti sacri e pagani, di fondaci e palazzi monumentali, scavato nel tufo della collina di Capodimonte e al quale Ermanno Rea ha sempre fatto riferimento ed è sempre tornato, come in alcuni bei momenti di cui si legge già in Napoli Ferrovia.

Martone cominciò subito i sopralluoghi alla Sanità, accompagnato dal direttore della fotografia Paolo Carnera, e nel settembre del 2021 le riprese ebbero inizio. Per quanto ci sia potuta essere programmazione, il Rione Sanità non è stato uno sfondo neutro ma, formicolante della sua varia e febbrile umanità, ha avuto una vita propria che Martone è stato geniale ad accogliere e integrare dentro al film. Stabilito il campo base in un parcheggio nelle viscere del rione, agili furgoncini con le macchine da presa, le attrezzature per la presa diretta, i costumi e i fabbisogni di scenografia correvano avanti e indietro per i vicoli, la maggior parte della troupe sfrecciava in motorino per raggiungere più in fretta le location, la complicità degli abitanti aiutava ad avere a disposizione punti di vista privilegiati da balconi, terrazzi, cortili e vasci (i bassi).

Se nel romanzo Rea si cala nei panni di un narratore interno che racconta le vicende di Felice e Oreste, nel film Martone inventa un raffinato concerto di sguardi: a volte noi siamo Felice Lasco, altre volte, pedinandolo con la macchina a mano oppure seguendolo dall’alto con teleobiettivi strettissimi che lo isolano dallo sfondo, lo stiamo evidentemente spiando, come lo sta spiando Oreste Spasiano, l’amico perduto che Felice vuole ritrovare dopo quarant’anni di assenza da Napoli e di lontananza dall’anziana madre.

Ma non può bastare un affettuoso viaggio nella memoria: non può bastare a Oreste, che si è sentito tradito dall’amico che ha ricostruito la propria vita in un’altra città, in un’altra nazione, in un altro continente, e non basta neanche alla madre di Felice, giunta a un grado di consunzione raccontato da Martone con una pietas magistrale, che consegna a una ideale antologia alcune scene di questo film.

Pierfrancesco Favino Nostalgia
Pierfrancesco Favino.

La seconda, grande differenza rispetto all’opera di Rea è che il romanzo comincia dalla fine. Martone e di Majo, sfrondando la storia di ogni dettaglio cronachistico o giornalistico, hanno invece privilegiato uno svelamento progressivo della vicenda: Martone non vuole fare un film “sociale”, ma vuole raccontare un sentimento, una vicenda umana, e se Felice scende negli inferi, nel vero senso della parola, noi ci scenderemo con lui. E se si guarda Nostalgia da questa prospettiva, non si fa fatica a considerarlo un gemello, in chiave maschile, de L’amore molesto, dove la Delia di Anna Bonaiuto pure si trasforma in detective di un doloroso passato. E, a voler essere più naïf, il parallelismo non finisce qui: L’amore molesto è l’unico film di Martone a essere stato in concorso al Festival di Cannes, raggiunto proprio quest’anno da Nostalgia.

Infine, come sempre nei film di Martone, un accenno alla statura degli interpreti, fra nuove e antiche collaborazioni: Pierfrancesco Favino nei panni di Felice è monumentale, non solo per lo studio fatto sulla lingua, una commistione di napoletano, riacquisito poco a poco con l’avanzare del film, e l’arabo, la lingua del lavoro e dell’amore, ma per una caratterizzazione del personaggio che parte dal modo in cui cammina e arriva fino al modo in cui mangia e beve; l’orco Oreste Spasiano di Tommaso Ragno, chiuso nel suo fatiscente castello da cui domina il quartiere, nerboruto, animalesco nelle espressioni verbali e fisiche, una presenza così misteriosa e temibile che, arrivati alla fine del film, si potrebbe tentare una acrobazia interpretativa e immaginare che non esista, che sia un demone, uno dei tanti che infestano le grotte della Sanità; il padre Rega cucito addosso a Francesco Di Leva, che trasmette fedelmente al suo personaggio una missione che è propria della sua quotidianità, con il NEST di San Giovanni a Teduccio; sempre grandi, Aurora Quattrocchi nei panni della madre, Luciana Zazzera nel ruolo della commara e Nello Mascia, un po’ guantaio, un po’ angelo custode.

 

 

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Venezia 76: Il sindaco del rione Sanità secondo Mario Martone https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-mario-martone/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-76-il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-mario-martone/#respond Sat, 31 Aug 2019 10:57:53 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=13212 Primo dei tre film italiani in concorso alla 76a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Il sindaco del rione Sanità segna il ritorno dietro la macchina da presa di Mario Martone a un solo anno di distanza dall’ultimo Capri-Revolution, presentato dodici mesi fa in anteprima mondiale proprio al Lido. L’idea di portare sul grande […]

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Primo dei tre film italiani in concorso alla 76a edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Il sindaco del rione Sanità segna il ritorno dietro la macchina da presa di Mario Martone a un solo anno di distanza dall’ultimo Capri-Revolution, presentato dodici mesi fa in anteprima mondiale proprio al Lido. L’idea di portare sul grande schermo la celebre commedia in tre atti del 1960 di Eduardo De Filippo, incentrata sulla figura di un potente boss intento a gestire il rione Sanità sostituendosi completamente allo Stato, è venuta al regista nel 2017 mentre lavorava all’adattamento teatrale portato in scena con successo al teatro NEST, nella periferia napoletana di San Giovanni a Teduccio. Gli attori sono in grandissima parte gli stessi dello spettacolo e così la realizzazione del film è stata insolitamente rapida, con le riprese che si sono svolte in sole quattro settimane.

Come ha spiegato oggi lo stesso Martone durante la conferenza stampa veneziana, l’intento era quello di proporre al cinema il lavoro teatrale di due anni fa rimanendo il più fedele possibile al testo di Eduardo, in un’ottica però di attualizzazione drammaturgica che trasportasse le vicende nella Napoli contemporanea: “Tutto è iniziato dall’intuizione del protagonista Francesco Di Leva di far interpretare il personaggio di Barracano da un uomo giovane, che rimandasse all’età dei boss di oggi, invece che da un anziano di 75 anni come nell’opera originale. Da qui, proprio come in una scacchiera, sono derivate tante altre mosse concatenate fra loro, che ci hanno portato a misurarci con il lavoro di Eduardo con grande fedeltà, anche sul piano della struttura in tre atti, ma al tempo stesso proponendo una reinvenzione in chiava odierna”.

martone

Dal film emergono con forza riflessioni su temi universali presenti nel testo di De Filippo, quali la centralità dei rapporti familiari, il senso del dovere e quello di colpa, la lealtà e il tradimento, così come ci si concentra sul sottile confine tra bene e male. Per Martone era molto importante rappresentare anche sul grande schermo “la Napoli perbene e la Napoli criminale, il muro che da sempre le divide così come la zona grigia che invece le fa convergere”. Da questo punto di vista, come ci ha tenuto a sottolineare lo stesso cineasta napoletano, è centrale il personaggio di Della Ragione, il fido dottore che aiuta il boss Antonio Barracano a gestire il potere: “Il ruolo di questo figlio di un professore dell’Università di Napoli, che non si sa perché viva con Barracano in una specie di rapporto pinteriano tra prigionia e amore, è fondamentale. Si tratta di un rapporto molto complesso e ambiguo che ha la funzione di stringere concretamente le due Napoli su cui riflette Eduardo. Dall’altra parte invece c’è il panettiere Arturo Santaniello, che è il vero antagonista di Barracano, colui che gli getta in faccia la sua onestà come a volerlo umiliare. Un gesto, questo, che porterà a una serie di conseguenze intricate e inattese”.

In sala come evento speciale distribuito da Nexo Digital solo dal 30 settembre al 2 ottobre prossimi, Il sindaco del rione Sanità può contare su un cast ben assortito e di alto livello (tra cui spiccano in particolare gli ottimi Francesco Di Leva/Antonio Barracano e Massimiliano Gallo/Arturo Santaniello) e riesce in un’impresa che sulla carta non era affatto semplice: restituire al cinema con buona efficacia la complessità e la profondità del lavoro di uno dei più grandi drammaturghi italiani del Novecento. Il cinema italiano in concorso a Venezia ha iniziato con il piede giusto.

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Mario Martone: cinema e politica secondo me https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/mario-martone-cinema-e-politica-secondo-me/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/mario-martone-cinema-e-politica-secondo-me/#respond Wed, 19 Dec 2018 12:51:00 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=12058 Con una carriera di film dal taglio letterario ma sempre legati saldamente a temi attuali, Mario Martone ha raccontato storie profondamente umane sia in teatro che al cinema. Da domani è in sala il suo ultimo lavoro Capri-Revolution (qui la nostra recensione da Venezia), ambientato nella Capri del 1914 e interpretato da Marianna Fontana. In occasione dei […]

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Con una carriera di film dal taglio letterario ma sempre legati saldamente a temi attuali, Mario Martone ha raccontato storie profondamente umane sia in teatro che al cinema. Da domani è in sala il suo ultimo lavoro Capri-Revolution (qui la nostra recensione da Venezia), ambientato nella Capri del 1914 e interpretato da Marianna Fontana.

In occasione dei Fabrique Awards, di cui è stato applaudito ospite consegnando il premio alla Miglior opera prima 2018, abbiamo ripercorso con lui alcune tappe del suo percorso artistico e i suoi ricordi personali. Proprio questi ultimi sono andati anche a fondersi, un po’ inaspettatamente, con l’ultimo film di Paolo Virzì.

L’intervista completa la troverete sul prossimo numero di Fabrique du Cinéma.

capri

Oggi nel percorso di crescita di un autore conta di più una preparazione scolastica, quindi tecnica, o la pratica e quindi la vita sul set respirando cinema?

Credo di essere la persona meno indicata a rispondere perché ho fatto i miei primi lavori da giovanissimo. Un totale autodidatta. Iniziai in seconda liceo, senza aver frequentato nessuna scuola di cinema, né aver fatto da assistente. Di una cosa sono però certo: l’importanza del confronto e della dimensione collettiva. Puoi trovare te stesso, come regista o come attore solo attraverso il confronto nel lavoro collettivo, con gli altri, perciò una scuola è importante per quello che t’insegneranno i docenti, ma più di tutto saranno importanti i compagni con cui svilupperai un vero confronto. Nei giorni scorsi, vedendo Notti magiche di Paolo Virzì, mi è tornato alla mente l’inizio degli anni ’90 in cui eravamo in tanti a fare cinema a Roma, venendo da città diverse. Ricordo i dibattiti con Paolo. Lui era legato al cinema italiano, alla sceneggiatura e alla commedia. Io invece avevo un’idea di cinema diversa. Poi a distanza di anni le cose si metabolizzano in un film. Infatti, io ho girato con sceneggiature molto importanti, mentre Paolo ha dimostrato che con le immagini costruisce bene come nella scrittura. È stato fondamentale quel confronto iniziale, anche attraverso le discussioni. Oggi sui set ci sono più regole, anche per una maggiore sicurezza e quindi è un bene, ma al tempo stesso sono minori le possibilità di accedervi facilmente. 

In Capri-Revolution Marianna Fontana interpreta una pastorella che scopre il mondo. La sua crescita di donna passa tra un percorso di maturità cronologica naturale e la scoperta dell’indipendenza. Quanto è politico il suo cinema?

Non ho niente contro il termine ‘politico’, che viene dal greco polis. E io sono un regista di teatro che ha portato in scena molte tragedie greche. Per me l’idea di politica è il pensiero sul vivere insieme, sulla comunità. Siamo in un tempo dove la parola politica ha assunto un’accezione sporca, bisognerebbe sapere invece che ha anche un valore estremamente importante. Il teatro, ad esempio, che si tratti di tragedia greca o di Shakespeare, è politica in quanto racconta vicende di uomini in relazione alle loro comunità. È questo il valore che condivido. Il mio cinema non vuole lanciare messaggi o dare lezioni, si limita a porre delle domande. Ai miei personaggi, a me stesso e alle persone che lavorano con me sul set. Vive di un’interrogazione continua tra dubbi e possibilità e Capri-Revolution ne è una sintesi molto chiara perché mette molte idee in campo. Nessuna presentata come vincente, ma si racconta il confronto tra idee diverse. Certamente c’è l’amore per un personaggio femminile che è il perno del film, attraversando questo flusso di idee anche contrastanti. Lucia è affascinata mentre impara a padroneggiare temi così complessi per scoprire la sua propria identità. Penso sia questa la chiave di lettura. Soprattutto in un tempo di grande alienazione come quello che stiamo vivendo.

capri

A questo proposito, un regista, un intellettuale di oggi come può apportare un segno positivo alla cultura del proprio paese?

Facendo bei film e creando processi collettivi. Quello che bisogna cercare di fare quando uno spettatore vede un tuo film è far scattare qualcosa di vitale, una relazione. I film devono essere aperti, “farsi” da un lato e dall’altro dello schermo. E gli spettatori non possono essere passivi. Dobbiamo ricreare un rapporto intimo, come quello che vivevo io da ragazzino quando mi sentivo coinvolto dalle immagini che guardavo alla televisione. Dobbiamo coinvolgere lo spettatore in quello stesso modo. Ricorda quando in Noi credevamo, a un certo punto, ho messo una struttura in cemento armato completamente anacronistica nell’800?Ecco, quello è un segno chiaro del voler scuotere lo spettatore.

Un po’ come fece Sofia Coppola in Maria Antonietta, dove tra gli oggetti della Regina di Francia inserì scarpe da ginnastica moderne.

Certo, anche lei intendeva dare la stessa scossa attraverso questo espediente.

Ci sono giovani registi italiani, magari all’opera prima, che segue con interesse?

Non posso che ricordare il film che ho premiato proprio ai Fabrique Awards, La terra dell’abbastanza dei fratelli D’Innocenzo. Ma ce ne sono molti altri, mi sembra un momento molto vivo per il cinema italiano.

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Mario Martone, Elena Ferrante e la Morte di un matematico napoletano https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/mario-martone-elena-ferrante-e-la-morte-di-un-matematico-napoletano/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/mario-martone-elena-ferrante-e-la-morte-di-un-matematico-napoletano/#respond Wed, 10 Oct 2018 08:09:47 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11536 Mario Martone ha concluso quest’anno la trilogia iniziata da Noi credevamo e Il giovane favoloso con Capri-Revolution, presentato alla 75° Mostra del Cinema di Venezia, un film corale con una bravissima Marianna Fontana come protagonista. Il regista napoletano incarna poco lo stereotipo dell’artista: intellettuale ma senza esibizionismi, sognatore ma concreto artigiano della sua arte, decisamente […]

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Mario Martone ha concluso quest’anno la trilogia iniziata da Noi credevamo e Il giovane favoloso con Capri-Revolution, presentato alla 75° Mostra del Cinema di Venezia, un film corale con una bravissima Marianna Fontana come protagonista.

Il regista napoletano incarna poco lo stereotipo dell’artista: intellettuale ma senza esibizionismi, sognatore ma concreto artigiano della sua arte, decisamente un uomo di teatro con la vocazione per il cinema. Fa parte di quella corrente che viene chiamata il risorgimento napoletano: quell’affacciarsi del cinema come una vrenzola dal balcone, quello sguardo sulle cose che trasforma il privato in pubblico. La poetica di Martone è tutta lì, nella ricerca di una verità nascosta sotto la pelle quando si fa sottile, insieme a quel mescolarsi continuo e perfetto tra letteratura e cinema.

Uno dei film più famosi di Martone è la sua opera seconda, L’amore molesto (1995), tratto dal romanzo d’esordio di Elena Ferrante, la sua tetralogia pubblicata dalle Edizioni E/O è stata portata di recente sul grande schermo dai primi due episodi de L’Amica Geniale, la serie diretta da Saverio Costanzo e realizzata dall’inedita alleanza tra HBO, Wildside, RAI, Tim Vision e Fandango .

mario martone

L’opera prima di Mario Martone è meno famosa, nonostante la vittoria ai David e ai Nastri d’argento per il miglior esordio: Morte di un matematico napoletano (1992) è la storia del luminare Renato Caccioppoli, uno scienziato talentuoso ma tormentato, consumato da un logorio interiore che l’ha portato al suicidio. La pellicola mostra l’ultima settimana di vita di Renato (Carlo Cecchi), a partire dalla stazione in cui viene fermato dalla polizia per ubriachezza, per passare poi alle lunghe passeggiate e agli incontri con il fratello Luigi (Renato Carpentieri), l’ex moglie (Anna Bonaiuto), i compagni del PCI e gli studenti; soprattutto Pietro, interpretato da Toni Servillo in una delle sue prime apparizioni cinematografiche.

Martone dipinge, in un modo un po’ naïf, un uomo disilluso e stordito dall’alcol, ma soprattutto ne tratteggia il rapporto conflittuale con Napoli, che accoglie ma prosciuga e sa negarsi come la più crudele delle madri. La regia è aspra e secca e la macchina da presa, con l’ottima direzione della fotografia di Luca Bigazzi, segue Renato tra le viscere di una Napoli crepuscolare. E pensare che il film, Martone, lo voleva girare in bianco e nero, ma poi Bigazzi gli ha fatto cambiare idea, colpito dal giallognolo della luce napoletana. Morte di un matematico napoletano è una pellicola realizzata camminando a lungo, un po’ come Caccioppoli, che si spostava solo a piedi. Nel film quasi non compaiono automobili e, dopotutto, sono proprio le lunghe passeggiate del matematico ad averlo reso un personaggio impresso nella memoria collettiva: genio errante, emaciato e dall’impermeabile logoro.

morte di un matematico

Caccioppoli diceva «Quelli che si limitano saggiamente a ciò che pare loro possibile non avanzeranno mai di un passo», così Martone lo gira lo stesso, questo film quasi senza budget, e riesce a realizzare una pellicola ambientata nel ’59 riprendendo la Napoli del ’91. Mancavano i soldi per fare il film, trovare i costumi e ricostruire le scenografie con la cartapesta, allora ha cercato la Napoli del passato in quella presente. Non è un’operazione che sarebbe riuscita ovunque, perché Napoli è tante città in una e quello di Martone è un lavoro quasi archeologico, uno scavare. Un po’ come cercarsi dentro e trovare un dolore che ci somiglia e che ricorda il passato, come quella Facoltà di Matematica abbandonata, ancora con le tribune e i palchi a restituire quel senso di soggezione, distanza e spettacolo accademico.

Caccioppoli e Martone non avevano in comune solo la città, il matematico aveva abitato proprio nel palazzo dove Martone aveva vissuto in adolescenza «un grande palazzo napoletano, di quelli che sono più che altro delle piccole città» e allora, forse, questa storia ha scelto Martone e non il contrario. Ed è un po’ tutto lì, quel senso ancestrale di cinema, quell’esorcizzare i propri fantasmi sul grande schermo per lasciarseli alle spalle.

Per Martone, il cinema è fatale, accade e non si può cambiare mai più, lo paragona al tirare frecce: c’è tutta una preparazione ma a scagliarle basta un attimo. Vi sfido a dimenticarla, una volta vista, la morte di quel matematico napoletano, il funerale profondo e ipocrita insieme, quella mano che non afferra il polso e quella luce gialla che illumina ogni cosa ma non salva nessuno.

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Venezia 75: Capri-Revolution, un ritratto al femminile di Mario Martone https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-capri-revolution-un-ritratto-al-femminile-di-mario-martone/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-capri-revolution-un-ritratto-al-femminile-di-mario-martone/#respond Thu, 06 Sep 2018 17:27:24 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11271 Quest’isola compare e scompare continuamente alla vista e sempre diverso è il profilo che ciascuno ne coglie. In questo mondo troppo conosciuto è l’unico luogo ancora vergine e che ci attende sempre, ma solo per sfuggirci di nuovo. Con queste parole della scrittrice italiana Fabrizia Ramondino inizia Capri-Revolution (qui il trailer ufficiale), ultimo lungometraggio italiano in concorso […]

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Quest’isola compare e scompare continuamente alla vista
e sempre diverso è il profilo che ciascuno ne coglie.
In questo mondo troppo conosciuto è l’unico luogo ancora vergine
e che ci attende sempre, ma solo per sfuggirci di nuovo.

Con queste parole della scrittrice italiana Fabrizia Ramondino inizia Capri-Revolution (qui il trailer ufficiale), ultimo lungometraggio italiano in concorso nella Selezione Ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia. Siamo nel 1914 e, con lo spettro sempre di un’imminente guerra, la giovane Lucia, unica figlia di una famiglia di pastori, passa le giornate portando a pascolare il bestiame, tra le montagne della celebre isola del Golfo di Napoli. Stanca dell’arretratezza mentale dei suoi famigliari e dei suoi compaesani, un pomeriggio decide di avvicinare Seybu, il capo spirituale di un gruppo di intellettuali dediti alla natura e alla libertà di pensiero. Nonostante il parere contrario dei fratelli, Lucia stringe un legame sempre più forte con l’uomo e i suoi compagni, scoprendo gradualmente una forza interiore che le permetterà di trovare la propria indipendenza.

capri

In uscita nelle sale italiane a Natale, Capri-Revolution segna il ritorno dietro la macchina da presa di Mario Martone, dopo tre anni dal corto Pastorale cilentana e dopo quattro dal successo de Il giovane favoloso con Elio Germano. In continuità con il passato del regista, questo nuovo lungometraggio pone l’accento fin dalle prime sequenze sul paesaggio, che diventa il vero protagonista della narrazione. Grazie alla fotografia di Michele D’Attanasio e alle scenografie di Giancarlo Muselli, gli scorci montani e marittimi dell’isola di Capri si tingono di una luce nostalgica, che riesce paradossalmente a confermare e a contrapporsi ad un mondo antico ormai – almeno teoricamente – non più così diffuso. Se il tema dell’arretratezza è imperante nella narrazione degli eventi e nella caratterizzazione dei personaggi, tale elemento non è dunque totalizzante nella messa in scena, che guarda al passato come ad una realtà non da riproporre concretamente, ma almeno da ricordare.

Nelle strade e nei sentieri di una Capri malinconica, si muove poi un personaggio inconsueto: Lucia, modello archetipico di una femminilità indipendente, rompe con qualsiasi schema pregresso, rovesciando le logiche culturali che la imprigionavano e aprendosi ad una realtà che le è maggiormente consona. Da questo punto di vista, Capri-Revolution è una storia molto moderna: tralasciando azzardati paragoni con la società contemporanea, Martone rappresenta un ritratto al femminile estremamente controcorrente, la cui riuscita è merito anche della convincente Marianna Fontana, vista in Indivisibili di Edoardo De Angelis. Seppur funzionale per le logiche del racconto, tale focalizzazione appare però sbilanciata rispetto alle linee narrative secondarie come quella dei fratelli o della problematica Lilian, che nella parte conclusiva del lungometraggio si perdono in conclusioni sbrigative o completamente assenti.

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Sempre nella seconda ora, più illuminata è invece la decisione di introdurre un tema difficile come quello della Prima Guerra Mondiale che, in modo non eccessivamente marcato, sconvolge il racconto, portando la protagonista a perdere le proprie certezze e a maturarne altre. Non sacrificando il proprio stile velatamente malinconico, Mario Martone gioca quindi sulla figura femminile fino alla fine, permettendo allo spettatore – uomo o donna che sia – di immedesimarsi con un’eroina tanto moderna quanto implicitamente ancorata al passato, senza sfociare in un pericoloso anacronismo.

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Il sindaco del rione Sanità secondo Martone https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-martone/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-martone/#respond Thu, 03 May 2018 12:47:51 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10209 San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Il Bronx partenopeo con le palazzine di Via Taverna del Ferro a pochi metri dal mare, tristemente famose per le scorribande camorriste delle baby gang. Su una di queste c’è il volto di Maradona dello street art Jorit Agoch. Non è l’unica opera di riqualificazione nata nel […]

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San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Il Bronx partenopeo con
le palazzine di Via Taverna del Ferro a pochi metri dal mare, tristemente famose per le scorribande camorriste delle baby gang. Su una di queste c’è il volto di Maradona dello street art Jorit Agoch. Non è l’unica opera di riqualificazione nata nel quartiere; c’è la iOS Devoloper Academy, la scuola della formazione Apple, la prima in Europa e un nuovo Campus dell’Università Federico II. Poi ci sono le famiglie Mazzarella D’Amico e Rinaldi -Reale-Formicola che secondo la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) si contendono i territori di spaccio.

E infine c’è il Napoli Est Teatro, un collettivo, un progetto socio culturale, nato per usare il teatro come antidoto alla camorra. Con i ragazzi del Nest, Mario Martone ha
realizzato la sua prima regia di un testo di Eduardo De Filippo, Il sindaco del rione Sanità. Lo spettacolo nasce grazie alla collaborazione produttiva tra il Teatro Stabile di Torino e la compagnia di Luca De Filippo, Elledieffe ora guidata dalla moglie, Carolina Rosi.

La commedia di Eduardo venne scritta nel 1960, appartiene alla raccoltaCantata dei giorni dispari, nasce come un testo scomodo che porta alla ribalta la camorra con il suo protagonista Antonio Baraccano, guida del Rione Sanità, uomo d’onore e amministratore a modo suo delle diatribe del quartiere. Per la riscrittura di questo testo, Martone parte dalla realtà di San Giovanni a Teduccio e dai ragazzi del Nest, attori giovani che vivono sulla propria pelle la guerra di camorra.

Il sindaco del rione sanitàCosì la lussuosa villa di Antonio Baraccano si trasforma in un appartamento moderno con mobili d’acciaio e plexiglas (scene di Carmine Guarino). Un bunker patinato regno di un Antonio Baraccano (Francesco Di Leva), giovane e palestrato. Non è, come lo aveva immaginato Eduardo, l’uomo d’onore simbolo di un’epoca
di valori che procede verso il tramonto, ma il giovane boss della nuova camorra, deciso e spietato, pragmatico e razionale al tal punto da comprarsi l’amore dei figli e della moglie.

L’ambiguità degli affetti intimi della famiglia Baraccano è una pedina che la regia di Martone sa muovere bene, con un ritmo serrato, scene cruente, che ricordano serie televisive come Gomorra o Suburra. La lingua non è più il dialetto napoletano armonioso di Eduardo, ma quello violento delle strade, delle nuove generazione e del rap. Proprio con questa musica inizia lo spettacolo, il rapper Ralph P canta la sua Niente ‘e nuovo, profetica dichiarazione di un futuro condannato a non cambiare.

Indispensabile per questa operazione folle e complessa sono gli attori, i protagonisti volti noti della televisione e del cinema. Francesco Di Leva veste i panni giovani e violenti di Antonio Baraccano, dandogli un’energia unica mentre Giovanni Ludeno (il dottor Della Ragione) e Massimiliano Gallo (Arturo Santaniello) restano legati di più alla tradizione eduardiana, creando un contrasto coerente che crea un equilibrio costante. “Il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà, se parla al proprio pubblico agendo in una dimensione politica”. Queste sono le parole che Mario Martone usa per descrivere il suo sindaco del rione Sanità.

Un gesto politico e sociale che va oltre la rappresentazione teatrale e incarna
un mondo vivo e reale in tutta la sua drammaticità.

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Fabrique con il cinema italiano a sostegno del Baobab https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/#respond Thu, 21 Jul 2016 12:58:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3420 Il 19 luglio 2016 moltissimi autori e protagonisti del cinema italiano si sono mobilitati a sostegno del Baobab, associazione che si occupa dei migranti transitanti a Roma. Moltissimi sono stati i sostenitori di questa iniziativa, fra cui: Gianni Amelio, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Gianfranco Rosi, Daniele Vicari, Andrea Segre, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Valeria Golino, […]

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Il 19 luglio 2016 moltissimi autori e protagonisti del cinema italiano si sono mobilitati a sostegno del Baobab, associazione che si occupa dei migranti transitanti a Roma.

Moltissimi sono stati i sostenitori di questa iniziativa, fra cui: Gianni Amelio, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Gianfranco Rosi, Daniele Vicari, Andrea Segre, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Valeria Golino, Luca Zingaretti, Claudio Santamaria, Mario Martone, Maya Sansa, Sabina Guzzanti.

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