Margherita Buy Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 19 Jul 2023 13:09:18 +0000 it-IT hourly 1 Il sol dell’avvenire. Il Moretti che aspettavamo da tanto https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/il-sol-dellavvenire-il-moretti-che-aspettavamo-da-tanto/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/il-sol-dellavvenire-il-moretti-che-aspettavamo-da-tanto/#respond Thu, 20 Apr 2023 13:28:32 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18399 Dopo la prova opaca di Tre piani torna da protagonista Nanni Moretti. Dalle prime immagini Il sol dell’avvenire trasmetteva già buone sensazioni, ma alla visione si rivela come una folgorante rinascita. Il suo alter ego è Giovanni, regista autoriale e navigato, che tanto gli somiglia, alle prese con il suo set ambientato nel quartiere Quarticciolo […]

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Dopo la prova opaca di Tre piani torna da protagonista Nanni Moretti. Dalle prime immagini Il sol dell’avvenire trasmetteva già buone sensazioni, ma alla visione si rivela come una folgorante rinascita. Il suo alter ego è Giovanni, regista autoriale e navigato, che tanto gli somiglia, alle prese con il suo set ambientato nel quartiere Quarticciolo di una Roma del ’56, dove il Partito Comunista raccordava parti importanti della vita e del lavoro delle persone.

Moretti escogita un intreccio di metacinema tra la Roma borghese attuale, popolata di personaggi assortiti, ognuno con la sua piccola fragilità, ognuno con la sua stortura, e il quartiere popolare di quasi settant’anni fa. Da psicoterapeuti che rispondono al telefono durante le sedute a produttori francesi dalla doppia vita; da registi ciecamente dediti a una compiaciuta violenza filmica fino ad attrici impuntate sull’improvvisare oltre il copione. Queste e tante altre le piccole e grandi rigidità e tic Moretti ce li fotografa nella sua nuova galleria con una lucidità giocosa e pedante a fasi alterne.

Il regista si prende cura dello spettatore con lezioni di cinema e sogni politici rivolti al passato togliattiano, ma profondamente attinenti alle tante svolte che hanno portato a oggi. Ma ipotizza pure un Quarticciolo ancora senza luce negli anni Cinquanta, e magari qualcuno potrebbe prendersela per la licenza, più che poetica, cinematografica. Resta il fatto che Moretti mostra a modo suo l’impegno politico attraverso il grande schermo con Silvio Orlando e Barbora Bobulova, segretario di sezione del PCI lui, sua moglie sarta tesserata e militante lei. Grazie a loro, la comunità artistica di un circo ungherese fuggito dalle repressioni sovietiche troverà il sostegno del PCI e del quartiere. Barbora e Silvio sono gli attori che seguono Giovanni, anche se i sabot della prima saranno motivo di reprimende morettiane da consegnare all’immaginario dei fan. 

Tanto autocitazionismo negli stilemi, inevitabile per un grande vecchio – lo fa anche Spielberg nel suo ultimo lavoro – ma anche tanto puro morettismo che inevitabilmente dividerà. Ma la costruzione del pastiche è così complessa e ricca di stratificazioni che potrebbe coinvolgere anche ben oltre il pubblico degli aficionados. Certo, Cannes arriva tra un mese, e l’affermazione sulla Croisette dov’è in concorso, spingerebbe Il sol dell’avvenire ulteriormente. 01 Distribution intanto scommette impegnandoci ben 500 sale.

Ed è una scommessa anche per i produttori. Nel ruolo della moglie produttrice di Giovanni abbiamo una Margherita Buy schiacciata dallo sguardo iperuranico del marito regista. E grazie a lei, Moretti, insieme alle sceneggiatrici Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santella, ci schiude le vie alternative, professionali e non, di una donna giunta al capolinea del proprio matrimonio. La fotografia di Michele D’Attanasio esplode meglio che in Tre piani per lscelta del colore. Splendidi poi nella loro leggerezza musicale gli intermezzi sognanti ed estemporanei con Blu Yoshimi e Michele Eburnea, in un’epoca a metà strada tra il ’56 e il nostro 2023. Certo anche Moretti, come tanti registi italiani, non molla il vizietto della cantatina corale in macchina. Ma è con i suoi ben noti cliché che torna in sala un Nanni profondamente autoironico e giocoso, proprio passando attraverso la sua stessa pedanteria. Come il grande soliloquio sul set di un giovane regista assetato di sangue, al quale metterà i bastoni tra le ruote. Scena surreale, ma al tempo stesso lezione di cinema altissima quanto tragicomica perché disseziona il concetto di violenza estetizzata. Una sequenza della quale si parlerà certamente in futuro.

il sol dell'avvenire
Silvio Orlando e Barbora Bobulova,

Il sol dell’avvenire si scopre come il lavoro più complesso e multiforme di Moretti. Quindi giù con stilettate folgoranti al mercato delle piattaforme streaming; lo sguardo sensibile contro pregiudizi sull’omosessualità; la riflessione sull’accettazione di coppie etero con età molto distanti; le co-distribuzioni internazionali “strada facendo” necessarie alla sopravvivenza di un set; il musical come punteggiatura estetica; dire qualcosa di sinistra attraverso il cambiamento sociale a prescindere dalle bandiere rosse; la sostituzione della vespa coi monopattini elettrici; l’egocentrismo pervicace dei vecchi, registi e non; l’impiego di grandi attori europei come Mathieu Amalric, Jerzy Stuhr, Zsolt Anger; e alcune curiose preveggenze. Una è il pericoloso orso fuggito dal circo, sembra scritto apposta pensando al triste caso JJ4. Invece il film è stato girato l’anno scorso, in estate, e con la sua vitalità fa centro perché fa ridere e commuovere.

 

 

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Alessandro Gassmann torna in sala da regista con “Il silenzio grande” https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/alessandro-gassman-il-silenzio-grande/ Fri, 17 Sep 2021 13:21:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16060 Figlio d’arte per sempre? Seppur orgoglioso dell’eredità paterna (e materna, ricordiamo che la madre è l’attrice francese Juliette Mayniel), da tempo Alessandro Gassmann ha intrapreso un percorso di crescita artistica passato dapprima attraverso la recitazione, con un’enorme varietà di ruoli che spaziano dal cinema al teatro alla televisione, per poi approdare alla regia. Fresco Presidente […]

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Figlio d’arte per sempre? Seppur orgoglioso dell’eredità paterna (e materna, ricordiamo che la madre è l’attrice francese Juliette Mayniel), da tempo Alessandro Gassmann ha intrapreso un percorso di crescita artistica passato dapprima attraverso la recitazione, con un’enorme varietà di ruoli che spaziano dal cinema al teatro alla televisione, per poi approdare alla regia. Fresco Presidente di giuria dei Fabrique Awards edizione 2021, Alessandro Gassmann si dice “onorato” della nomina, lui che il giovane cinema italiano lo ha sempre valorizzato, e anche se oggi si smarca con eleganza dalla categoria definendosi “signore di mezza età”, l’aspetto da eterno ragazzo e la voce energica sembrano voler continuare a smentire l’anagrafe.

E proprio il suo quarto lungometraggio da regista, Il silenzio grande, presentato a alle Giornate degli Autori veneziane, approda ora in sala. «Questo è il primo film che dirigo senza esserne anche attore ed è anche il primo film di finzione che presento a Venezia da regista» spiega Alessandro Gassmann. L’unico suo precedente veneziano dietro la macchina da presa è il documentario Torn – Strappati del 2015, dedicato a un gruppo di artisti siriani rifugiati in Giordania o Libano che Gassmann ha incontrato durante un viaggio in veste di ambasciatore dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR).

Il silenzio grande è «un lungo viaggio iniziato quando lo scrittore Maurizio de Giovanni è venuto a trovarmi a teatro. L’idea era fare qualcosa insieme, così ha scritto questa storia che parla di umanità che si incontrano. È la storia di una famiglia napoletana colta e raffinata caduta in disgrazia. Non avendo più soldi decidono di vendere la casa di famiglia, ma il capofamiglia non è d’accordo. Lo spettacolo teatrale, di cui io ho fatto la regia, ha debuttato al Festival di Napoli e poi è andato in tournée, è stato un grande successo di critica». A quel punto il passaggio dal teatro al cinema è stato naturale, come ricorda Gassmann che, oltre a dirigere Il silenzio grande, è anche co-autore dello script insieme a Maurizio de Giovanni e Andrea Ozza.

Il cast di quella che definisce una “commedia malinconica” è composto Massimiliano Gallo nei panni del capofamiglia, ruolo già interpretato a teatro, e Margherita Buy in quelli della moglie Rose. «Margherita non è napoletana, come non lo è il personaggio di Rose, una donna colta, fuori dal comune. Il film è ambientato a Napoli nel 1965 – data simbolica, non a caso è l’anno in cui sono nato – e contiene una componente visionaria, un coup de théâtre finale. Ma è soprattutto un film di attori, ce ne sono due giovanissimi, Antonia Fotaras ed Emanuele Linfatti, che interpretano i figli».

il silenzio grande con massimiliano gallo
Massimiliano Gallo in una scena de “Il silenzio grande”.

Proprio nei confronti dei giovani Alessandro Gassmann nutre una particolare attenzione anche e soprattutto sul set. «Dai giovani imparo tantissimo» ci dice. «Oggi le occasioni non mancano, i giovani possono esprimersi. Quello che manca, almeno in Italia, sono budget più adeguati. Serve più coraggio per lanciare i giovani autori in un mercato sempre più ampio». Il rapporto tra Alessandro Gassmann e il suo pubblico, giovane o meno giovane, è garantito da una presenza assidua su Twitter, unico social media che usa, dove il cineasta non ha peli sulla lingua tanto da alimentare accese discussioni per via delle sue posizioni nette. «Se insultano blocco, ma trovo Twitter uno strumento prezioso per alimentare una conversazione col pubblico. Molti miei colleghi preferiscono evitare, ma io temo gli indifferenti, li ritengo parte del problema. Non si tratta di urlare più forte, mi interessa capire il punto di vista di chi ha opinioni diverse dalle mie. I social ci hanno fatto diventare una società che ha smesso di informarsi, ma posta di tutto, fake news comprese. Così facendo lede la libertà degli altri».

Il tentativo di migliorare la società, per quanto possibile, per Alessandro Gassmann passa anche attraverso la trasmissione della conoscenza appresa dal padre Vittorio o da altri grandi incontrati nel proprio cammino come Gigi Proietti, che nel 2017 ha diretto ne Il premio. «Nascere in una casa di attori di successo è senza dubbio un privilegio» ammette l’attore e regista. «L’unico svantaggio è che siamo stati etichettati come snob perché non abbiamo mai frequentato certi salotti. In famiglia ci siamo fatti da soli, caratteristica questa comune a mio padre e a Proietti: non hanno mai preso scorciatoie. Erano convinti che il tempo desse loro la base per diventare indimenticabili. Oggi, grazie ai social media, puoi diventare famoso anche se non sai fare niente. Ma chi fa l’attore per diventare famoso ha sbagliato. Si sceglie di fare l’attore per raccontare la società».

E quella odierna è una società stravolta dall’emergenza sanitaria che vede gli incassi dei cinema stentare mentre le piattaforme streaming decollano grazie agli abbonati sempre più numerosi. «Purtroppo la pandemia non è finita» ammette sconsolato Alessandro Gassmann. «Le piattaforme tengono vivo il cinema, ma la visione in sala è un’altra cosa. Quando ho visto Il silenzio grande per la prima volta sullo schermo è stata un’emozione immensa, ho provato un senso di condivisione che la televisione non può restituire. Purtroppo le persone non si sentono al sicuro al chiuso, così i cinema stanno vivendo una crisi drammatica. Va detto che le piattaforme, negli ultimi anni, hanno prodotto serie di grande qualità. Io ne sono un fruitore, ma non le considero un sostituto del cinema. Per questo credo che una vaccinazione di massa sia necessaria per tornare in sala con tranquillità e provare a fare ripartire il settore».

Pur sperimentandone tutta la drammaticità, Alessandro Gassmann ammette che la pandemia lo ha spinto a rivedere alcune delle sue priorità: “Poco prima del lockdown mi sono ritrovato insieme alla mia famiglia nella casa di campagna in Maremma e questo ci ha permesso di trascorrere questo periodo in modo piacevole, potevamo anche uscire a fare quattro passi. Dopo 5 mesi fermo in casa, ho capito che il tempo a stare senza fare niente mi era piaciuto. Così ho deciso di lavorare di meno, guadagnando anche di meno, per dedicarmi a progetti più rischiosi. Voglio essere più selettivo nei lavori che accetto, l’anno scorso ho interpretato due opere prime, Mio fratello rincorre i dinosauri e Non odiare, che mi hanno dato tante soddisfazioni. Invece ho detto no al terzo capitolo di Non ci resta che il crimine. Intendiamoci, non rinnego niente, non ho niente contro questo tipo di commedie, ma oggi non mi sento più di farle. Il mio obiettivo principale è recitare sempre di meno per dedicarmi alla regia. Questo è il futuro che vedo per me”. Dopo aver ultimato Il silenzio grande, Gassmann ha però accettato di recitare un film di cui è molto soddisfatto. Il progetto diretto da Francesco Lagi per adesso è top secret e porta il curioso titolo de Il pataffio. Vista l’ambientazione medievale del film, la mente corre immediatamente a L’armata Brancaleone, uno dei titoli più celebri tra i tanti interpretati da Vittorio Gassman. Nuovo confronto con l’eredità paterna in vista? “Non posso dire niente” ammette Alessandro sornione. “Anzi, una cosa la posso dire: il film è tratto da un romanzo di Luigi Malerba a cui Mario Monicelli si era ispirato per creare il linguaggio de L’armata Brancaleone”. Et voilà, il link tra passato e presente è servito.

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Maria Roveran: “Il cinema è libertà e dialogo coi giovani” https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/maria-roveran-il-cinema-e-liberta-e-dialogo-coi-giovani/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/maria-roveran-il-cinema-e-liberta-e-dialogo-coi-giovani/#respond Tue, 20 Sep 2016 13:54:20 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3591 Veneziana, classe 1988, è la protagonista, accanto a Margherita Buy e Filippo Timi, di “Questi giorni” di Giuseppe Piccioni, presentato in concorso alla 73a Mostra del Cinema di Venezia. «È un film che osserva quattro giovani donne da un punto di vista diverso da quello da cui di solito si raccontano gli adolescenti. Giuseppe Piccioni […]

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Veneziana, classe 1988, è la protagonista, accanto a Margherita Buy e Filippo Timi, di Questi giorni” di Giuseppe Piccioni, presentato in concorso alla 73a Mostra del Cinema di Venezia.

«È un film che osserva quattro giovani donne da un punto di vista diverso da quello da cui di solito si raccontano gli adolescenti. Giuseppe Piccioni costruisce ritratti femminili in maniera stretta e precisa, concentrandosi sulle sfumature e sui dettagli. Il suo è un cinema che indaga pieghe labili e delicate dell’essere umano; lui sceglie i suoi attori in base alla fisionomia, certo, ma anche per l’energia che emanano. Io e le altre protagoniste – Marta Gastini, Laura Adriani e Caterina La Caselle – siamo entrate in sintonia pur essendo completamente diverse. La forza del nostro stare insieme è stata affrontare le scene corali lavorando sull’unione. Liliana, la ragazza che interpreto, è alle prese una difficoltà fisica, ma il tema della malattia non viene declamato né c’è spettacolarizzazione della tristezza. Ho lavorato a strettissimo contatto col regista per elaborare il personaggio individualmente e, attraverso questa modalità, si è creato un rapporto molto bello con tutte le altre».

Al Festival di Venezia, Maria aveva debuttato nel 2013 con Piccola patria di Alessandro Rossetto. «Io mi definisco un’incosciente e, la mia prima volta al festival, ero totalmente incosciente. Stavolta sono stata più consapevole e coi piedi per terra, ma l’emozione che provo è sempre infinita. Tuttavia, il red carpet è una piccolissima parte di quello che è davvero il mestiere dell’attore. Penso che la missione più importante del mio lavoro sia avvicinarsi alla gente, ai giovani soprattutto, in modo che si inizi a investire su cinema e teatro come parti integranti della cultura. La sfida principale è slegarsi da un’idea commerciale di cinema, creando contenitori di qualità. Sarebbe bello approfondire il dialogo col pubblico e far davvero conoscere i retroscena e le reali potenzialità di questo lavoro. Io sono uno tra i tanti volti emergenti del cinema italiano, non dimentico mai che questo mondo non dà la solidità né sicurezza. Il riconoscimento professionale spesso è un miraggio e l’idealizzazione della nostra figura non aiuta. Il divismo, per quanto mi riguarda, non esiste più: bisogna scendere dal piedistallo e parlare alla gente».

[questionIcon]Come ti sei avvicinata alla recitazione?

[answerIcon]Il mio percorso è iniziato in maniera del tutto inaspettata: studiavo fisica all’università e non avevo mai frequentato prima corsi di recitazione. Mi sono avvicinata a questo mondo grazie a un’attività di inserimento sociale, legata al teatro, con ragazzi provenienti dalle case famiglia. Così, a 21 anni mi sono iscritta al Centro Sperimentale. Non sono mai stata una cinefila incallita. Sto costruendo costantemente il mio rapporto col grande schermo. Cinema è sinonimo di libertà e oggi ci sono tanti registi che hanno qualcosa da dire e portano avanti un’idea di cinema pulita e onesta. Alessandro Rossetto e Giuseppe Piccioni hanno partecipato tantissimo all’impegno autoriale e dirigono con amore i loro interpreti. In generale, credo che i cineasti vadano scoperti, prima che apprezzati. E io ho tanta voglia di conoscere.

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[questionIcon]Come affronti la preparazione di un nuovo personaggio?

[answerIcon]Non mi tiro mai indietro se si tratta di espormi e cimentarmi in nuove sfide, anche scomode. Mi capita di sentirmi insicura, ma trovo sostegno nel rapporto col regista, nello studio della sceneggiatura e nell’ascolto reciproco con i colleghi. Spesso attraverso gli altri si capisce tanto di più di quanto non faremmo da soli. Ogni esperienza artistica può farti crescere e insegnarti tanto, permettendoti di lavorare sui tuoi limiti. Io mi concentro molto su credibilità e naturalezza, senza anteporre il mio giudizio personale al ruolo. Mi piacerebbe tanto lavorare su tipologie di personaggi comici e ironici, che non ho avuto ancora modo di affrontare.

[questionIcon]Quali sono i tuoi prossimi progetti?

[answerIcon]Ho debuttato allo Short Theatre Festival di Roma con Lingua madre Mameloschn, per la regia di Paola Rota, e sto finendo di girare Resina, film di Renzo Carbonera. Poi, sarà la volta di una nuova sfida: una commedia alla francese diretta da Samad Zarmandili.

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Venezia73: tiepidi “Questi giorni” di Giuseppe Piccioni https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/venezia73-tiepidi-questi-giorni-di-giuseppe-piccioni/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/venezia73-tiepidi-questi-giorni-di-giuseppe-piccioni/#respond Fri, 09 Sep 2016 07:42:28 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3548 Quanto grande cinema si è concentrato sui riti di passaggio. I momenti topici in cui la vita prende un’accelerata improvvisa, in cui si cambia, si cresce, si perde l’innocenza. Giuseppe Piccioni torna a Venezia, accolto nel concorso principale, mettendo in scena proprio una svolta, un punto di non ritorno per le sue giovani protagoniste. Questi […]

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Quanto grande cinema si è concentrato sui riti di passaggio. I momenti topici in cui la vita prende un’accelerata improvvisa, in cui si cambia, si cresce, si perde l’innocenza. Giuseppe Piccioni torna a Venezia, accolto nel concorso principale, mettendo in scena proprio una svolta, un punto di non ritorno per le sue giovani protagoniste. Questi giorni è una storia tutta al femminile: quattro giovani amiche (Marta Gastini, Caterina Le Caselle, Laura Adriani, Maria Roveran) intraprendono un viaggio a Belgrado, dove una di loro ha un’occasione di lavoro, portando con loro i problemi più o meno grandi del loro stato di sospensione tra adolescenza ed età adulta.

Ultimo degli italiani in corsa per il Leone d’Oro, Questi giorni è un film che utilizza gli schemi ben noti del road movie e della commedia generazionale per portare il racconto su un livello maggiormente drammatico. Sono dolorosi i riti di passaggio, pesanti i passi che le protagoniste stanno per compiere mentre la sceneggiatura si spinge a toccare temi impegnativi come la maternità, la malattia, l’omosessualità, il confronto difficile con i padri e le madri.

Un’ambizione, quella del regista marchigiano, premiata dal comitato di selezione con il ritorno nel concorso principale quindici anni dopo Luce dei miei occhi – che valse a Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli la Coppa Volpi per la miglior interpretazione. Un’ambizione che però alla prova dei fatti appare non adeguatamente sostenuta dalla sceneggiatura (scritta dal regista con Pierpaolo Pirone e Chiara Ridolfi), che manca di approfondire adeguatamente tutti i personaggi. Buona la prova del cast, a partire dalle giovani protagoniste ma senza dimenticare le figure adulte di contorno interpretate da Filippo Timi, Margherita Buy e Sergio Rubini.

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Speciale TFF/“La vita possibile”, il primo film green https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/speciale-tffla-vita-possibile-il-primo-film-green/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/speciale-tffla-vita-possibile-il-primo-film-green/#respond Thu, 26 Nov 2015 15:33:43 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2269 Chi lo dice che il cinema non può essere ecosostenibile? Sicuramente non Ivano De Matteo, che per il suo prossimo film, La vita possibile, ha scelto di tornare a Torino e di accettare la proposta della Film Commision Piemonte, dando vita al primo film green. Questo vuol dire che sul set sono stati installati pannelli […]

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Chi lo dice che il cinema non può essere ecosostenibile? Sicuramente non Ivano De Matteo, che per il suo prossimo film, La vita possibile, ha scelto di tornare a Torino e di accettare la proposta della Film Commision Piemonte, dando vita al primo film green. Questo vuol dire che sul set sono stati installati pannelli solari e sistemi di energia sostenibile, oltre a una vera e propria cucina per abbattere l’utilizzo dei ben noti cestini di plastica. Il risultato è invisibile, almeno agli occhi degli addetti ai lavori, non comportando nessun inconveniente alla lavorazione e dimostrando che il progetto non solo è fattibile, ma anche replicabile.

Bisogna anche dire che la città e il regista hanno da sempre un rapporto particolare, visto che ad accorgersi del suo talento dietro la macchina da presa è stato proprio il TFF prima che arrivassero le conferme de La bella gente, Gli equilibristi e I nostri ragazzi. Sarà per questo che tra le vie di Torino, dove girerà fino al 5 dicembre con Margherita Buy e Valeria Golino, ha trovato la magia giusta per dare vita alla vicenda di una donna in fuga da Roma e dalle violenze domestiche. Ad accoglierla nel cuore di un Piemonte dal sapore francese è un’amica sulla quale poter contare per dimostrare, ancora una volta, la grande forza dell’universo femminile.
Di più non è possibile sapere, visto che sul film vige ancora il riserbo più stretto. Di sicuro, però, De Matteo ha espresso tutta la sua passione per la città e per un progetto che sembra averlo ispirato particolarmente. «All’inizio il film doveva essere girato a Parigi. Poi, però, per degli ostacoli di tipo tecnico ho deciso di spostare la vicenda a Torino. E devo dire che la passione che nutro per questa città mi sta aiutando a raccontare le emozioni che cercavo. Spesso giro per le strade di notte trovando delle suggestioni incredibili che mi ispirano per le scene del giorno seguente. In questo senso si può dire che si tratta di un work in progress. Per creare la mia storia serviva un “vestito”, un look preciso, e Torino me lo ha offerto in modo naturale».

Per ottenere questo risultato De Matteo ha scelto il quartiere di Borgo Dora, dove ha fatto cambiare ben 170 lampade per ottenere una luce più calda, il polo universitario, la stazione di Porta Susa e, naturalmente, il Museo del Cinema. Il film, prodotto da Rodeo Drive, dovrebbe essere distribuito il prossimo anno tra maggio e settembre.

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