Luciano Stella Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 05 Nov 2021 13:57:26 +0000 it-IT hourly 1 Come prima, Tommy Weber e Antonio Folletto raccontano il film https://www.fabriqueducinema.it/festival/come-prima-tommy-weber-e-antonio-folletto-raccontano-il-film/ Wed, 20 Oct 2021 08:05:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16281 All’interno della selezione ufficiale della XIX edizione Alice nella Città trova posto anche l’ultimo film di Tommy Weber, Come prima, in sceneggiatura al fianco di Filippo Bologna e Luca Renucci. Un road movie che lega la Francia a Procida, una storia di due fratelli costretti a ritrovarsi dopo essersi separati 17 anni prima, ai tempi […]

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All’interno della selezione ufficiale della XIX edizione Alice nella Città trova posto anche l’ultimo film di Tommy Weber, Come prima, in sceneggiatura al fianco di Filippo Bologna e Luca Renucci. Un road movie che lega la Francia a Procida, una storia di due fratelli costretti a ritrovarsi dopo essersi separati 17 anni prima, ai tempi della Seconda guerra mondiale. Fabio (Francesco Di Leva) è una camicia nera mai pentita, rimasto aggressivo e violento nel corso del tempo, mentre André (Antonio Folletto) accantona l’orgoglio per tornare ad abbracciare il sangue del suo sangue in occasione del funerale del padre, scomparso da pochissimo e il cui ultimo desiderio è far riunire i propri figli. Abbiamo discusso del film con il regista e Antonio Folletto in occasione di un incontro ravvicinato.

Come prima è tratto dall’omonimo graphic novel dell’artista francese Alfred. Cosa ti ha affascinato e come è nata poi l’idea di farne un film?

Tommy Weber: Cercavo da diverso tempo di scrivere una mia sceneggiatura che parlasse di due fratelli. Quando poi mi è capitato di leggere il lavoro di Alfred mi è sembrato che fosse tutto già pronto per essere portato sul grande schermo. L’ho amato tanto e da subito, raccontava tutto in maniera molto diretta, piena di luce e umanità.

Antonio Folletto: Io il graphic novel l’avevo già letto in tempi non sospetti. Un anno e mezzo prima del film il nostro produttore, Luciano Stella, mi dice di leggere assolutamente il lavoro di Alfred perché era convinto che avrebbe trovato il modo di portarlo al cinema. Siccome lui è una persona seria che se dice una cosa poi la fa, poi è andata effettivamente così. Tommy ci ha aiutato molto per l’impianto della storia, ma non ci siamo mai posti il problema di essere esattamente aderenti a quello che c’è nel lavoro originale. L’importante è la dinamica tra i due fratelli, del loro amore e del viaggio che li porta a Procida.

Il film è sostanzialmente un road movie, un viaggio di formazione e di riscoperta della relazione tra i fratelli. Come avete gestito il passaggio dai momenti più tesi a quelli di rilascio, a volte quasi comici?

TW: Abbiamo lavorato a quattro o cinque letture del copione prima di lavorare in scena. È stata una cosa molto importante per me perché non parlo l’italiano molto bene e ai tempi delle riprese lo parlavo anche peggio. La comunicazione con gli attori era la mia più grande paura. Ho avuto un’assistente che mi ha aiutato moltissimo, Lucia Ceracchi, così da avere un dialogo con Antonio e Francesco con i quali abbiamo parlato molto tranquillamente di come io sentivo i momenti di violenza e di tormento. Sono una persona molto impulsiva e mi piace quando l’emozione emerge ed esce fuori. L’ho detto agli attori e Antonio e Francesco hanno avuto fiducia di me come io l’ho avuta della loro idea di personaggio. Ho avuto la fortuna di lavorare con due attori come loro, che si sono “tuffati” e hanno abbracciato i momenti di violenza come quelli di tenerezza.

AF: In questo senso ti aiuta molto la stanchezza… Come accade nella vita di tutti i giorni, dove quando discuti a lungo con una persona le cose alla fine diventano naturali, perché sei stremato e non ce la fai più. Quei momenti arrivavano così, ci aiutavano perché andavano a smussare lo scontro perenne tra i due personaggi.

Come prima di Tommy Weber
Un momento di “Come prima”.

La scelta dei luoghi e delle location in un film in movimento come questo è importante. Come avete lavorato da questo punto di vista?

TW: La verità è che non abbiamo avuto tanta scelta perché dovevamo girare una gran parte del film entro cinque settimane. Abbiamo girato molto ad Arpino, un luogo ricco di paesaggi e differenti scorci.

I personaggi di André e Fabio sono in contrapposizione tutto il tempo. L’unica cosa che hanno in comune sono il padre e una donna che forse amano entrambi. Come emerge nel carattere dei personaggi?

AF: Il padre è usato da André come pretesto per portare Fabio a casa. Non che non gliene importi realmente, è una cosa che fa soprattutto per se stesso. Va a prendersi suo fratello perché ne ha bisogno. Fabio è tremendamente aggressivo, ma anche André dentro di sé lo è e in alcuni momenti lo vediamo anche da fuori: è come un grido di aiuto nei confronti del fratello più grande che se ne è andato. C’è una frase bellissima che Tommy ha scritto assieme agli sceneggiatori, quando André dice a Fabio «la verità è che Maria stava con me per stare un po’ con te, e per me era lo stesso». Entrambi cercano colmare un vuoto: uno fuggendo lontano da casa, senza più nulla in mano se non i traumi del passato. L’altro facendo lo stesso viaggio, per poter sciogliere tutti i dubbi rivedendo il proprio fratello.

A guardare alcuni eventi recenti accaduti qui in Italia sembra che ci siano dei conti in sospeso con un passato mai realmente affrontato, come quello del fascismo che fa da sfondo anche alla storia di Come prima. Quanto ritieni sia importante approcciare questo genere di discorsi al cinema?

TW: La cosa che per me era più importante era il parlare di uomini, soprattutto quelli come Fabio, che era un fascista e continua a rivendicarlo. Di fatto è uno stronzo, violento e dai tanti aspetti negativi. Per questo penso sia importantissimo portare uno sguardo di amore e umanità su questo tipo di persone: sono persone che dimentichiamo spesso, perché è più facile lasciarle perdere, perché sono difficili da comprendere, ma nei confronti delle quali dobbiamo cercare comunque un dialogo.

 

 

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MAD, il futuro dell’animazione passa per Napoli https://www.fabriqueducinema.it/magazine/visual-effects/mad-futuro-dellanimazione-passa-napoli/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/visual-effects/mad-futuro-dellanimazione-passa-napoli/#respond Mon, 12 Mar 2018 07:49:08 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9939 Visita guidata agli studi napoletani – decisamente fuori dagli schemi – che hanno dato vita a due degli esperimenti di animazione più riusciti e premiati degli ultimi anni: La Gatta Cenerentola e L’arte della felicità. MAD Entertainment si trova al secondo piano di un bell’edificio tardo-barocco del centro di Napoli, Palazzo Pandola: è qui lo […]

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Visita guidata agli studi napoletani – decisamente fuori dagli schemi – che hanno dato vita a due degli esperimenti di animazione più riusciti e premiati degli ultimi anni: La Gatta Cenerentola e L’arte della felicità.

MAD Entertainment si trova al secondo piano di un bell’edificio tardo-barocco del centro di Napoli, Palazzo Pandola: è qui lo studio napoletano d’animazione dove sono nati due piccoli grandi fenomeni come L’arte della felicità di Alessandro Rak e La Gatta Cenerentola di Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone. In un paese in cui l’animazione per adulti è quasi inesistente, fare due cartoon in quattro anni è quasi un miracolo, ma farli entrambi bene è certamente opera di San Gennaro. E, come vedremo, non è un modo di dire.

Studio dell’anno al Cartoon Movie di Lione, protagonista nei festival con La Gatta Cenerentola (vincitore fra l’altro dei Fabrique Awards come opera innovativa e sperimentale), la MAD è stata paragonata a una piccola Pixar nostrana. Per la qualità dei prodotti realizzati, alternativi fino al midollo e tecnicamente impeccabili, ma anche per il metodo di lavoro “in condivisione”: tutti fanno tutto, l’opinione di ciascuno è importante, your ideas matter direbbero gli americani. Solo che qui, nel cuore di Napoli, non è fiorito un open space luminoso per giovani hipster cresciuti a bacche di goji, cartoon e tisane. Qui è nata “una bottega”, come ci ripeteranno spesso a palazzo Pandola.

MAD EntertainmentUna bottega divisa in due sezioni, a un capo e l’altro dello stesso pianerottolo: la parte creativa e quella amministrativa, che include anche lo studio di registrazione dove sono state arrangiate, scritte e mixate le musiche dei film, finalizzati poi a Roma. La parte per così dire istituzionale della MAD è amichevole fin dall’ingresso a vetri, dove ad accogliere gli ospiti c’è una voce familiare: quella che appartiene, ne La Gatta Cenerentola, all’assistente del re. «Lui è il nostro Marcello Mastroianni – spiega Marino Guarnieri, indicando un uomo gentile alla scrivania, che di professione farebbe il rivenditore di attrezzature cinematografiche – ogni volta che possiamo gli facciamo fare un personaggio nei nostri film». Lungo i corridoi capita di inciampare in uno strumento musicale abbandonato, visto che «qui sono tutti musicisti, e se a qualcuno viene voglia di suonare lo può fare», o in una coppia di poltroncine da cinema, cimeli della prima vita da esercente del produttore Luciano Stella (leggenda vuole che fu al piano superiore del suo cinema, il Modernissimo, che nacque il primo spunto de L’arte della felicità).

E proprio Stella è il cuore di quest’area. La sua stanza, «dove facciamo le riunioni e dove celebriamo lo “stappo” della bottiglia alla chiusura del film», è un piccolo tempio pagano del cinema, tra locandine, pezzi di set, attestati, una maschera da gatto, foto di scena, una gigantografia di Jack Nicholson, un pupazzo di Bozzetto, coppe, trofei, premi. Due premi spiccano, in particolare, l’uno accanto all’altro: «Questo è il premio San Gennaro, il primo che ha vinto L’arte della felicità. E quest’altro pure è il premio San Gennaro, il primo riconoscimento che ha vinto La Gatta Cenerentola. Speriamo che gli porti la stessa fortuna». Non tutti gli autori gradirebbero lavorare con un produttore così vicino, praticamente in casa. Ma alla MAD «ci troviamo bene fianco a fianco con Luciano perché i film non vengono calati su di noi come una concessione dall’alto. C’è compresenza ma anche tolleranza, qui regna un’orizzontalità benefica per tutti».

MAD EntertainmentPer capire il senso di questa orizzontalità basta esplorare l’area “nuova” degli studi, quella creativa, costruita pezzo dopo pezzo di pari passo col procedere dei lavori per La Gatta Cenerentola. Attraversato l’ingresso, superato il cuore pulsante della modellazione dove si lavora su quattro computer alle scenografie e ai personaggi, si raggiunge la stanza comune. Che è luogo di relax (è l’unico posto dove è ammesso fumare) ma anche di lavoro collettivo, stanza per le riunioni e postazione di montaggio condivisa: «Mentre lavoriamo al film il montaggio viene lasciato aperto sul computer – spiega Dario Sansone – Chiunque può mettersi seduto qua e e vedere la situazione, a che punto siamo arrivati, come sta andando». In questo studio, ci spiegano, animatori e modellatori si scambiano le competenze, «per tenere tutto insieme e non segmentare il lavoro».

Tutti fanno tutto è il refrain – incluso portare il caffè. «Non è questione solo di generosità, ma di uno stile di lavoro nato dall’esigenza. Quando Rak voleva realizzare L’arte della felicità, ha dovuto trovare un metodo di lavoro che fosse in scala con il suo piccolissimo budget – ci dice Ivan Cappiello – E così ha messo insieme le persone che conosceva e che amavano l’animazione: gente non esperta ma appassionata e volenterosa, a cominciare dai ragazzi della scuola napoletana di Comics. Il budget ridotto ha portato a soluzioni atipiche, a schemi che sono riusciti a mettere l’essere umano al centro del lavoro. Più che uno studio di animazione questo è un luogo di condivisione, di passione, una bottega. Ci tolleriamo a vicenda per anni puntando al risultato finale». Non c’è distanza gerarchica, per dire, tra la stanza dei quattro registi, con i muri pieni di disegni di bambini («Tra un film e l’altro ne sono nati parecchi»), le tavole di scenografia e un cimelio del film Videodrome, e la stanzetta dove tre stagisti hanno lavorato al corto che precede La Gatta Cenerentola, schizzi alle pareti e un omino di marzapane in cartone che spunta da una scatola (in ogni stanza della MAD c’è un oggetto fuori posto, come in un gioco de La Settimana Enigmistica).

MAD Entertainment
Maria Pia Calzone e Massimiliano Gallo

Il prossimo lungometraggio dello studio, l’adattamento della graphic novel di Rak A Scheleton Story, è per il momento in fase di preproduzione. Ma anche se oggi lo studio è fermo, c’è un via vai di persone che arrivano, si propongono, provano un computer, discutono, fumano. «In questa fase lo studio resta a disposizione dei ragazzi che possono usarlo per sviluppare progetti personali – racconta Rak, circumnavigando un albero di Natale crollato a un lato della stanza – In questa specie di anarchia si punta molto sull’iniziativa dei singoli, sulla loro propositività. E chissà che così non nascano nuovi progetti».

Nuovi progetti per cui servirà, inevitabilmente, del tempo. Perché lo studio non cede di un millimetro a tentazioni più commerciali («Le serie a cartoni? Oggi sono un lavoro a catena di montaggio. Rispettiamo chi le fa, ma richiedono competenze diverse dalle nostre»), anche se a budget più grandi, si intende, non direbbe di no. «Però da grandi budget derivano grandi responsabilità. Certo ci piacerebbe strutturarci meglio, ma da outsider possiamo permetterci il lusso della sperimentazione, perché il rischio di investimento è ridotto». Meglio essere liberi creativamente che sudditi della produzione a ogni costo.

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