Lorenzo Giovenga Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 01 Sep 2021 15:00:45 +0000 it-IT hourly 1 Intolerance, bianco e nero fantasy nella lingua dei segni https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/intolerance/ Mon, 19 Apr 2021 14:41:15 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15449 Si può creare un prodotto audiovisivo che affronti una tematica sociale però contornandola con alcuni stilemi di genere? Secondo Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenga sì, coppia di giovani registi che collabora da oltre dieci anni e che in passato ha firmato l’horror indipendente La progenie del diavolo e il cortometraggio Gemme di maggio con Franco […]

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Si può creare un prodotto audiovisivo che affronti una tematica sociale però contornandola con alcuni stilemi di genere? Secondo Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenga sì, coppia di giovani registi che collabora da oltre dieci anni e che in passato ha firmato l’horror indipendente La progenie del diavolo e il cortometraggio Gemme di maggio con Franco Nero. Così nasce Intolerance (qui il trailer), storia in bianco e nero su un barbone sordo che vive in una città indifferente dove forse risiede ancora un pizzico di inaspettata magia. Ne abbiamo parlato proprio con Giacomelli e Giovenga.

Il vostro corto inizia con queste due frasi sovraimpresse: «Il silenzio è la forma più alta di parola. Comprenderlo è la forma più alta dell’essere umano». Cosa significano e come si legano alla necessità di raccontare Intolerance?

Lorenzo Giovenga: Questo progetto ha un’origine lontanissima. Quando io e Giuliano facevamo l’università ci è venuta in mente l’idea di un sordo che voleva far diventare tutti sordi. Poi la storia è rimasta dormiente per circa sei o sette anni, forse anche di più. Ci è tornata in mente la notte degli Oscar (2019) quando ha vinto Roma di Alfonso Cuarón e ci siamo detti, ironicamente, che facendo un film in bianco e nero e anche muto i soldi li ottieni in un attimo. Dopo questa battuta e con l’uscita del bando Nuovo IMAIE ci siamo detti di provare e vedere come andava. E infatti abbiamo vinto il bando. Quello che era nato inizialmente come un gioco, una volta ottenuti i fondi, è diventato qualcosa di molto più interessante che ci ha messo di fronte a tutte le dinamiche e le difficoltà produttive del caso, come quelle del lavoro sulla lingua dei segni, sul silenzio, sugli effetti visivi. La frase iniziale si allaccia alla volontà di introdurre il discorso non tanto della sordità ma più che altro del silenzio. Il film non solo ha come protagonista una persona sorda, ma è effettivamente muto per tutti e il punto di vista è quello del sordo. Volevamo giocare sul fatto che la visione è senza parole e se lo capisci denota un intento di comprensione alto e nobile, che va oltre la parola.

Giuliano Giacomelli: Ciò su cui il corto vuole andare a riflettere, dietro anche a un finale che può sembrare più o meno cinico, è l’uso sbagliato che si può fare della parola. Viviamo in un sistema di iperstimolazione di linguaggio, di informazioni su informazioni e spesso si finisce per parlare a caso, soprattutto sui social, dove tutti si sentono in diritto di dire tutto.

La città del corto è uno spazio quasi metafisico, alieno. Una sensazione esaltata dalla splendida fotografia in bianco e nero di Daniele Trani. Sembra quasi l’Eur nel finale de L’eclisse di Antonioni.

GG: Per il discorso sulla città siamo partiti da un primissimo presupposto, ovvero raccontare una Roma dal respiro internazionale, cercando di distanziarci da una “Roma da cartolina” fuggendo gli scorci più facilmente riconoscibili e stereotipati. Allo stesso tempo non volevamo nemmeno raccontare la Roma di periferia dei crime movie che in Italia si stanno diffondendo molto nell’ultimo periodo. Volevamo creare un non-luogo che è Roma ma potrebbe essere ovunque.

LG: L’eclisse è uno dei miei film preferiti di Antonioni, ma questa è la prima volta che ci rifletto… Quello di creare uno spazio non precisato è un discorso che stanno facendo moltissimi registi della nostra generazione che cercano di prendere la città da un punto di vista non strettamente riconoscibile. Abbiamo asciugato molto anche in fase di montaggio, perché inizialmente volevamo dare un respiro ancora più internazionale, ad esempio con cartelli in inglese. La città è comunque importante, perché con la sua struttura geometrica aiuta a creare il dramma.

Intolerance i registi Giacomelli e Giovenga
“Intolerance”, i registi Giuliano Giacomelli e Lorenzo Giovenga.

Agli Oscar 2021 uno dei film che ha ottenuto più candidature è Sound of Metal, dove la resa sonora è fondamentale per delineare il discorso sulla sordità. Anche Intolerance fa leva sul lavoro di sound design ed editing.

GG: È stata la cosa più difficile, ma anche la più stimolante e divertente. Quando abbiamo iniziato a lavorare per presentare il film al Nuovo IMAIE abbiamo sottovalutato molti degli aspetti che poi ci saremmo ritrovati ad affrontare, poi abbiamo capito di dover venire a patti con molte cose. Per prima cosa dovevamo incontrare la comunità dei sordi per evitare di cadere in facili errori e durante la fase di preparazione siamo entrati in contatto con la FIAS (Federazione Italiana Associazione Sordi) e la sua presidentessa Laura Santarelli. È stato un processo molto stimolante perché abbiamo provato a capire come effettivamente sentono i sordi. Infatti non è che le persone sorde non sentono, hanno un proprio mondo sonoro a seconda del loro grado di sordità. Una di queste persone ci faceva l’esempio che una suoneria per lei risultava come un petardo che esplode. È un codice sonoro totalmente diverso. Quello che abbiamo provato a fare con il sound design assieme a Leonardo Paoletti, Jacopo Lattanzio ed Enrico Roselli è stato ricreare il paesaggio sonoro e reinventare totalmente certi suoni. E Sound of Metal è interessante anche perché riporta molti dettagli che quando entri a contatto con la comunità dei sordi finisci per ritrovare. Ad esempio come hanno un gesto che equivale al nome di una persona, oppure come anche loro abbiano la musica e la fruiscano captando le vibrazioni.

LG: Quello che mi ha colpito è come le persone sorde immaginino i suoni in una maniera totalmente differente da come li concepiamo noi. Abbiamo fatto del lavoro da foley artist, da rumorista, costruito con microfoni a contatto, che funzionano con il tocco e non tramite vibrazioni di aria. Abbiamo costruito un ambiente sonoro che si può percepire adeguatamente solamente al cinema e che nasconde tonalità davvero interessanti. Inoltre c’è un intero mondo da scoprire nella comunità dei sordi, sono fieri di esserlo e non si considerano disabili. Eravamo terrorizzati che potessero prendere in modo sbagliato la sceneggiatura del corto, perché loro hanno il proprio mondo e gli piace stare nel loro mondo. La scelta compiuta dal protagonista nel finale per noi era un twist narrativo dai contorni quasi negativi, mentre per loro cattura la vera essenza dell’essere sordi e assume una prospettiva differente, molto sfaccettata.

Strettamente collegato a questo è quindi anche il lavoro fatto con gli attori e la lingua dei segni.

LG: il training con gli attori è stato molto particolare. Una delle prime cose che ci è stata chiesta è perché non abbiamo preso degli attori sordi. C’erano alcune direttive da seguire nel bando che abbiamo vinto, ma soprattutto avevamo iniziato un percorso creativo con gli attori scelti ancora prima di partecipare. Per il protagonista Marco Marchese è stato un processo più complesso e talvolta capitava che confondesse alcuni piccoli gesti che finivano per significare altro rispetto a quello che doveva dire, creando delle situazioni anche comiche. Quello di Marial Bajma Riva è stato invece un approccio interessante. Essendo lei anche una ballerina ha interpretato il lavoro da fare con la lingua dei segni quasi come se fosse una danza. Una cosa che ci ha fatto molto piacere è come la nostra tutor abbia notato che nel risultato finale il barbone sembra avere un modo più grezzo e sporco di esprimersi nella lingua dei segni, mentre la ragazza pare avere una “dizione” più pulita ed elegante.

GG: La cosa difficile è mantenere la posizione non solo della mano, ma anche delle dita e del braccio che tutte assieme, nel complesso, vanno a formulare un discorso mimico ben preciso. È stato molto interessante vedere come il carattere dei personaggi, alla fine, sia stato in qualche modo trasmesso anche sulla lingua.

Intolerance, Marial Bajma Riva
Marial Bajma Riva.

È insolito che un prodotto audiovisivo italiano possa contare su effetti visivi di alto livello, soprattutto se è un cortometraggio. Nel caso di Intolerance, però, vi siete avvalsi del lavoro di Nicola Sganga, David di Donatello per Il racconto dei racconti.

LG: Una cosa che ho capito con questo corto è che in Italia non mancano gli effettisti, ma mancano i produttori e i registi. È il tempo di preparazione degli effetti che crea la qualità dell’effetto finale. Prima di girare abbiamo trascorso un paio di mesi di pre-produzione durante i quali ci siamo occupati della scansione del torace in 3D, degli storyboard, delle preview. Sul set abbiamo girato con tre telecamere, necessarie per la rotazione del corpo e per captare i marker. Se qualcosa finiva per uscire male sarebbe stato molto difficile rimediare in seguito, ma la stretta sinergia con Nicola Sganga ha permesso di creare un effetto visivo di qualità con una relativa facilità.

Prossimamente Intolerance arriverà su RAI Play in occasione di una campagna di sensibilizzazione sulla lingua dei segni.

GG: Sono molto soddisfatto del percorso che sta facendo Intolerance, nonostante il periodo non certo dei migliori. RAI Play è sicuramente una vetrina molto importante e siamo riusciti a fare un corto che affronta una tematica sociale come la sordità della quale si sa poco, però allo stesso tempo contaminandola con il cinema di genere.

LG: Voglio ricordare che il corto è stato prodotto da Daitona, di cui sono socio insieme a Lorenzo Lazzarini e Valentina Signorelli, casa di produzione under 35 che crede nei prodotti giovani. Abbiamo finito le riprese a ridosso dell’inizio della quarantena dello scorso anno e anche nella fase di post-produzione a distanza è stata fondamentale la volontà di lavorare tutti assieme.

Quali sono i vostri progetti futuri? Tornerete a collaborare insieme?

LG: Io e Giuliano abbiamo iniziato questo percorso insieme sui banchi dell’università, lavoriamo insieme perché è un valore aggiunto e ci troviamo bene. Abbiamo in cantiere un lungometraggio di genere alla Ari Aster o alla Robert Eggers, per il quale siamo in dialogo con alcune importanti case di produzione. E per Intolerance si è aperta inoltre la possibilità di un discorso seriale.

GG: La volontà è quella di alzare l’asticella della difficoltà per far diventare il corto una serie, che è un’idea sette volte più folle. Quindi la risposta è sì, torneremo di certo a lavorare insieme.

 

 

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Baluma SingSong, il contest per realizzare un videoclip è in finale https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/baluma-singsong-il-contest-per-realizzare-un-videoclip/ Thu, 25 Feb 2021 09:24:19 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15243 Arriva alla fase finale Baluma SingSong, il concorso musicale ideato dall’agenzia di comunicazione e società di produzione cinematografica Baluma Productions. Una giuria di esperti ha infatti selezionato i tre finalisti che si contenderanno il premio in palio, ovvero la realizzazione di un videoclip per il brano presentato.  In questi tempi di incertezza tornare ai ritmi […]

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Arriva alla fase finale Baluma SingSong, il concorso musicale ideato dall’agenzia di comunicazione e società di produzione cinematografica Baluma Productions. Una giuria di esperti ha infatti selezionato i tre finalisti che si contenderanno il premio in palio, ovvero la realizzazione di un videoclip per il brano presentato. 

In questi tempi di incertezza tornare ai ritmi produttivi di un anno fa è davvero un’impresa, soprattutto per gli artisti e i lavoratori dello spettacolo. Chi lavora nel mondo dello spettacolo ha però quasi il dovere morale di lanciare un segnale, di mostrare al mondo che la voglia di ricominciare non manca, anzi, scalpita. E fra quelli che si sono rimboccati le maniche c’è anche la Baluma Productions, produzione cinematografica fondata nel 2018 dal regista e scrittore Giovanni B. Algieri a Corigliano-Rossano (provincia di Cosenza) e attivo fra Roma e la Calabria.

Il contest Baluma SingSong ha raccolto ben 127 adesioni, molte provenienti anche da Regno Unito, Spagna, Portogallo e Germania. I brani sono stati ascoltati ed esaminati da una giuria composta da professionisti come Lorenzo Giovenga, regista di spot, corti e del film Daitona (2019), e Davide Manca, direttore della fotografia di numerosi film, serie e video musicali per artisti come Emma, Fedez, Salmo e tanti altri. E poi ancora: Martina Martorano, speaker radiofonica, autrice e presentatrice, e Valentina Signorelli, sceneggiatrice di film, docu-film e cortometraggi. Alla giuria è stato affidato il compito di selezionare il brano più “cinematografico” fra quelli proposti, ovvero quello più incline al racconto di una storia originale.

Che il videoclip sia un supporto fondamentale per un artista è oggi cosa ovvia. L’idea di promuovere un progetto musicale senza l’impiego dell’audiovisivo è una sfida anacronistica persa in partenza. Sin dalla sua comparsa era chiaro che il video musicale avrebbe irrimediabilmente rivoluzionato la musica. Ciò che invece si è potuto notare solo col tempo è come originalità e sperimentazione della videonarrazione non siano riuscite a mantenere il passo delle produzioni. Col tempo alla narrazione sono stati preferiti prodotti sempre più basilari: la storia, se c’è, non aggiunge alcunché al brano.

Ecco perché è importante un progetto più “cinematografico” come quello del Baluma SingSong. Sì, i videoclip possono ancora raccontare storie senza essere banali o stucchevoli. Si partirà dalla scrittura della sceneggiatura (in collaborazione con l’artista) e si terminerà al montaggio, attraversando le fasi consolidate di produzione audiovisiva al cospetto di tutte le figure professionali del caso. Inoltre, il progetto sarà realizzato all’interno della Regione Calabria, perché la Baluma Productions, che guarda al futuro ma non dimentica le proprie radici, continua nel suo obiettivo di riscoperta e valorizzazione della sua terra d’origine.

Ma torniamo al concorso. Al rush finale sono giunti Ylenia Lucisano, My Girl Is Retro e Scapigliati: abbiamo rivolto loro qualche domanda.

Baluma SingSong Ylenia Lucisano
Ylenia Lucisano, finalista al Baluma SingSong contest.

Ylenia Lucisano è una cantautrice che spazia fra pop e folk. Per lei hanno scritto penne prestigiose come Pacifico, Giuseppe Anastasi e Zibba. Ha preso parte al Concerto del Primo Maggio nel 2015 e 2019 ed ha aperto diversi concerti di De Gregori. Il suo brano si intitola A casa di nessuno.

Sei autrice dei testi delle tue canzoni. Credi che per le cantautrici sia più difficile essere credibile agli occhi della gente rispetto ai vostri colleghi? 

Penso che la credibiltà di un’artista non derivi dal sesso ma dall’onesta con cui si fa musica. Il punto non è quanto quanto si è credibili ma quanto si è veri. Può succedere che nel corso degli anni un artista possa cambiare genere, stile, look (tutti i più grandi cantanti si sono trasformati nel corso della loro carriera) ma ciò che conta è che ogni cambiamento rispecchi la personalità interiore e non solo le mode del momento.

La voce narrante di A casa di nessuno si perde e poi si ritrova. Quanto è autobiografico questo brano?

È il brano pù autobiografico e complesso che abbia mai scritto.  La mia vita è come uno strumento musicale: perdermi e ritrovarmi è un po’ come quando una chitarra va riaccordata su una nuova frequenza.

Baluma SingSong, Scapigliati.
Baluma SingSong, Scapigliati.

Scapigliati (all’anagrafe Tiziano Scapigliati) nasce a Roma nel 1993. Milita in alcuni gruppi della capitale per poi abbracciare la carriera di solista. Nell’attesa della pubblicazione del suo primo EP ha già all’attivo diversi singoli. Partecipa al concorso con il suo brano inedito intitolato Sabato se.

Quanto c’è di immediato nella scrittura delle tue canzoni? Di solito scrivi di getto o componi i tuoi brani lentamente?

Mi piace scrivere le mie canzoni di getto. Traggo ispirazione da esperienze vissute di persona che riaffiorano alla mente attraverso melodie, immagini e parole, in momenti random della giornata. È un processo inconscio e imprevedibile.

Ci racconti la genesi di Sabato se? È nato prima il testo o la musica?

Per finanziare la mia musica faccio il cuoco. Proprio a lavoro, durante la preparazione di un piatto, mi è suonato in testa il ritornello di Sabato se ricordandomi un flirt estivo. L’ho subito appuntato nelle note vocali del telefono. Da quell’incipit ho strutturato il testo, oscillando tra il vero e la fantasia di come avrei voluto che andasse.

Baluma SingSong My Girl Is Retro
My Girl Is Retro.

My Girl Is Retro è il progetto musicale di Carlo Cianetti, giovane cantautore umbro classe 1999. Il suo primo EP Bordopiscina, autoprodotto, viene pubblicato nel 2018 e promosso con live in tutta Italia l’anno seguente. Apre i concerti di Carl Brave e Franco126 ed è anche ospite agli Spaghetti Unplugged. È in gara con Tango!, atto I.

Ti sei esibito spesso live, sia sui palchi all’aperto che nei locali. Quali delle due realtà preferisci?

Entrambe le realtà hanno il loro grande fascino, ma se proprio dovessi scegliere credo che andrei sui festival estivi, all’aperto. Sarà che li associo con l’estate, che per un ragazzo come me è ancora sinonimo di libertà, spensieratezza. Inoltre, suonare in un festival vuol dire far parte di una line-up di vari artisti, quindi è un ottimo modo per incontrare altre persone che fanno quello che fai tu e creare contatti, amicizie che possono farti davvero crescere. Comunque, molti dei miei ricordi più belli di tour li ho vissuti nei locali. La verità è che in un momento come questo, di forte difficoltà per l’industria musicale, l’importante è poter tornare a suonare e lavorare, dovunque sia.

Tango!, atto I è pieno di immagini forti. Cosa ti ha ispirato la scrittura di questo brano?

È la storia di un ragazzo che una mattina si alza e decide di fare una strage nella sua scuola. Parla di cosa può succedere quando ci si sente dimenticati, lasciati da parte da un mondo che non si comprende. Dietro c’è anche la disillusione del protagonista nei confronti di politica e cultura, per lui importantissimi, ma sviliti da chi lo circonda. Così lui reagisce nell’unico modo che conosce: con la violenza. E anche io ero in un periodo in cui ero deluso dalla politica, stanco di sentir parlare di temi triti e ritriti, e mai di cose che stessero a cuore a me e alla mia generazione. Un giorno qualcosa è scattato e lì ho scritto Tango! di getto, con anche un po’ di rabbia addosso. È venuto fuori un brano provocatorio, ma che vuole invitare ad una riflessione: dico sempre che questa canzone pone una domanda, non dà la risposta.

 

 

 

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