Lorenzo Corvino Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Thu, 11 May 2017 16:39:06 +0000 it-IT hourly 1 “The cide” ed “Esami 2”, Webserie da non perdere https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/the-cide-ed-esami-2-webserie-da-non-perdere/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/the-cide-ed-esami-2-webserie-da-non-perdere/#respond Wed, 18 May 2016 20:07:31 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3170 Innovazione, intrattenimento e passione sono le parole chiave della serialità world wide. Ne sono esempi The Cide ed Esami: due format narrativi insoliti raccontati dai loro produttori e autori.  «The Cide ci è sembrato subito un prodotto assolutamente nuovo» esordiscono Francesco Bruschettini e Francesco Cimpanelli di Kahuna Film. La serie, tratta da una graphic novel […]

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Innovazione, intrattenimento e passione sono le parole chiave della serialità world wide. Ne sono esempi The Cide ed Esami: due format narrativi insoliti raccontati dai loro produttori e autori.

 «The Cide ci è sembrato subito un prodotto assolutamente nuovo» esordiscono Francesco Bruschettini e Francesco Cimpanelli di Kahuna Film. La serie, tratta da una graphic novel del 2007 ideata dal collettivo romano Videns Pictures, è diretta da Lorenzo Corvino e interpretata da un cast di giovani promesse. Accanto ai protagonisti Marco Rossetti e Margherita Laterza, non mancano guest star come Andrea Sartoretti, noto ai più come il Bufalo di Romanzo criminale – La serie. The Cide è un thriller caleidoscopico e misterioso, fatto di atmosfere torbide alla Sin City e di vicende complesse e avvincenti.

«Il nostro procedimento è stato inverso a quello tradizionalmente alla base di una webserie. Noi abbiamo preso il target di quest’ultima e della graphic novel e lavorato per trasferire nel broadcast questi canoni. Ma The Cide è un prodotto atipico anche perché non nasce da un discorso autoriale. Al contrario, ogni aspetto è stato curato e organizzato sempre a partire da un confronto creativo tra il regista e la produzione. I due autori della graphic novel hanno curato la sceneggiatura e tutti i membri del collettivo Videns hanno partecipato attivamente alla realizzazione della prima puntata. In Italia non è facile trovare mercato per progetti innovativi, ma abbiamo voluto crederci e pensare in grande, ottenendo un risultato di forte impatto dal punto di vista figurativo e qualitativo. È un prodotto tutto italiano ma di respiro internazionale, e siamo sicuri che il pubblico apprezzerà. Dobbiamo ringraziare i nostri partner tecnici, D-Vision Italia e Frame by Frame, e l’eccezionale cast tecnico. In particolare, il direttore della fotografia Emanuele Zarlenga».

È il 2013 quando Bruschettini e Cimpanelli decidono di fondare una società di produzione. La folgorazione arriva mangiando un hamburger a Piazza di Spagna e, non a caso, il nome Kahuna Film è un omaggio alla finta catena di fast food inventata da Quentin Tarantino: Big Kahuna Burger. Sin dagli esordi, il loro scopo è intrattenere con prodotti di qualità e rinnovare costantemente il linguaggio audiovisivo: «Nel 2015 abbiamo prodotto tre corti, due dei quali (Il fascino di chiamarsi Giulia e Monde Ayahuasca) sono stati presentati al Festival di Cannes. Stiamo preparando il terreno per il nostro lungometraggio d’esordio: una dark comedy sul mondo del calcio, nostra grandissima passione, che vedrà l’attore Marco Giuliani per la prima volta nei panni di regista. Per quanto riguarda il web, noi, come tanti, stiamo cercando di capire se uno sviluppo di questo mercato sia possibile. Non è semplice creare progetti altamente qualitativi perché difficilmente c’è un ritorno economico immediato.  Noi ci proveremo con Unisex, l’irriverente webserie, diretta da Francesca Marino e scritta da Tommaso Renzoni, fatta di esilaranti “pillole” sul sesso. Ci stiamo puntando moltissimo, siamo convinti che un prodotto che vale possa trovare la propria strada anche nel panorama italiano».

Chi nella webserie ha trovato con successo la propria dimensione è Edoardo Ferrario che con Esami (di cui è produttore, autore e interprete), ha dato vita a un vero e proprio fenomeno virale, ora alla seconda stagione. Ogni episodio, ambientato in una diversa facoltà universitaria, ha raccontato le tragicomiche peripezie di studenti alle prese con professori improbabili e situazioni grottesche nelle quali, paradossalmente, pochi di noi hanno fatto fatica a identificarsi. «Tutto è nato proprio da chiacchierate e aneddoti sugli esami che scambiavo all’università con i miei amici… a ciascuno capitava sempre qualcosa di surreale».

Edoardo, pur essendo molto giovane, vanta interessanti esperienze nel mondo dello spettacolo, tra cui la partecipazione a Un due tre stella, programma di Sabina Guzzanti andato in onda su La7, e a La prova dell’otto, condotto su MTV da Caterina Guzzanti. «Mi cimentavo anche in spettacoli comici dal vivo, ma l’idea di un prodotto tutto mio mi affascinava moltissimo e internet poteva offrirmi la libertà di contenuti che cercavo. Ho capito che dall’esperienza universitaria avrei potuto tirar fuori qualcosa di divertente. Così, basandomi su trascorsi miei (ho frequentato Giurisprudenza) e di amici, ho raccontato gli aspetti più assurdi di tutte (o quasi) le facoltà. Un esame, in effetti, somiglia a uno sketch sia nelle tempistiche che per il finale imprevedibile. Il mio obiettivo era una comicità basata sull’osservazione e sulla satira di personaggi».

La regia di Esami è di Matteo Keffer e Maurizio Montesi, amici di vecchia data di Ferrario. «Abbiamo affrontato molte sfide: organizzare tutto da soli, gestire una troupe, lavorare gratis senza la certezza di un riconoscimento in futuro. Ma il bello di Esami è proprio il suo esser nata dall’entusiasmo di un gruppo di giovani che, spinti dal divertimento, hanno creduto nel progetto. Abbiamo capito di aver fatto centro quando le visualizzazioni del primo episodio, caricato online nel 2014, sono schizzate alle stelle in pochissimo tempo. Gli studenti si rispecchiavano nelle vicende dei personaggi e lo condividevano a loro volta».

Esami ha vinto il premio come Miglior serie italiana al Roma Web Fest e Miglior opera web al Taormina Film Festival. «Sono riuscito a dar vita a una serie scritta di mio pugno, a qualcosa che avrei voluto vedere online. Da studente passavo ore su Youtube e mancava qualcosa che parlasse dell’università con ironia. Creare prodotti per il web sicuramente non è facile, ma la rete è una vetrina importantissima per contenuti originali. Le webserie sono lavori prevalentemente autoprodotti, ma possono offrire nuove opportunità. Il grande successo di Esami mi ha dato visibilità e aperto strade inaspettate».

Cosa dovremo aspettarci, dunque, dalla seconda stagione? «Non seguirà il meccanismo delle facoltà ma approfondirà le storie dei personaggi della prima serie. Seguiremo le loro sorti due anni dopo. Dopo essermi laureato, avevo paura di non trovare più spunti freschi e divertenti. Credo, invece, di avere ancora molto da dire».

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“WAX”: La generazione X raccontata da Lorenzo Corvino https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/wax-la-generazione-x-raccontata-da-lorenzo-corvino/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/wax-la-generazione-x-raccontata-da-lorenzo-corvino/#respond Sat, 02 Apr 2016 15:49:02 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2939 31 giorni di riprese; 138 di postproduzione; 1372 tagli. Il lungometraggio d’esordio di Lorenzo Corvino è un’operazione cinematografica insolita, coraggiosa e sicuramente fuori dagli schemi per il panorama italiano. Wax – We are the X, non a caso, si è guadagnato il neologismo di “Self(ie) Movie” in virtù della particolare tecnica di ripresa con cui è […]

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31 giorni di riprese; 138 di postproduzione; 1372 tagli. Il lungometraggio d’esordio di Lorenzo Corvino è un’operazione cinematografica insolita, coraggiosa e sicuramente fuori dagli schemi per il panorama italiano. Wax – We are the X, non a caso, si è guadagnato il neologismo di “Self(ie) Movie” in virtù della particolare tecnica di ripresa con cui è stato realizzato. La pellicola, infatti, è stata interamente girata in soggettiva, consacrando anche lo smartphone a strumento di narrazione filmica a tutti gli effetti. Il regista ha scelto questo stile inedito per raccontare la cosiddetta ‘generazione X’, quella di chi è nato tra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta, schiacciata tra aspirazioni frustrate e occasioni inesistenti.

«Wax è molto autobiografico – ammette Lorenzo Corvino – ispirato da una profonda delusione professionale. Ero stato scelto per girare il mio primo spot grazie a Fabio Zamarion, il direttore della fotografia di Tornatore, che aveva fatto il mio nome al produttore. Lo spot però fu interrotto dal cliente in fase di riprese. Vi avevo investito tempo ed energie ma, ovviamente, mi son sentito dire che “mi sarei rifatto coi lavori successivi”. Ho deciso di raccontare un’esperienza simile alla mia al cinema, attraverso parole, emozioni e sentimenti. I modelli a cui mi sono ispirato sono Y tu mama también, Jules et Jim e The Dreamers. Quest’ultimo non è un film che amo particolarmente ma mi affascinava l’idea di un’unione che genera la forza, del totale superiore alle singole parti. Questo è il messaggio più importante e infatti, in Wax, il tema della gelosia è completamente assente».

Quali sono state le sfide principali in fase di realizzazione?

Realizzare un crossover di genere senza perdere le fila del discorso. Wax fonde animazione, mockumentary, road movie, thriller, comicità slapstick, dramma sociale e disaster movie. Con così tanta carne al fuoco, non è semplice mantenere una compattezza. Il film, inoltre, è sincopato e frammentato: si ricorre spesso al jump cut, tanto caro alla Nouvelle Vague. L’idea di girare in soggettiva è nata da subito, assieme allo script, ed è una metafora della frammentarietà della visione e delle prospettive dei protagonisti. Volevo che lo spettatore raccogliesse, nella seconda parte, i frutti dei vari elementi seminati nella prima mezz’ora; che si sentisse attivo, coinvolto e lusingato. Il pubblico è parte integrante della storia: quel “noi” del titolo comprende anche loro. Altra notevole difficoltà è stata trovare una distribuzione. Inizialmente nessuno credeva nel mio progetto per via delle tecniche scelte (l’iphone, nel 2013, non era ancora uno strumento di ripresa a tutti gli effetti), delle location, del cast internazionale…  La ricerca è durata due anni, uno dei quali trascorso a portare Wax ai festival di tutto il mondo con ottimi risultati. Pochi giorni fa ho saputo che siamo nella rosa dei vincitori della 49a edizione del World-Fest di Houston, kermesse in cui fu premiato anche il primo cortometraggio di Steven Spielberg. Noi sapremo di che riconoscimento si tratta il 16 aprile.

Cosa ti rende maggiormente soddisfatto del risultato finale?

La coesione tra gli attori, nostro obiettivo sin dai casting. È un film di tanti esordienti e volti nuovi e anzi, una volta tanto siamo noi italiani a dare visibilità ad attori stranieri. Ho voluto fortemente un’attrice francese come protagonista per dare genuinità ai dialoghi, sottolineare il confronto/scontro con gli attori italiani. Senza attriti linguistici, i momenti più forti si sarebbero ridotti a un vicendevole piangersi addosso. Era fondamentale la presenza autentica di un’altra cultura. Gwendolyn Gourvenec, la protagonista, è una delle venti attrici che son venute dalla Francia a fare il provino completamente a spese loro. Noi non credevamo che sarebbe successo, ma chi è veramente motivato lo fa, a rischio e pericolo di non essere scelta. Gwendolyn ha dimostrato di possedere la tenacia che deve animare un’esordiente. Altre attrici si sono talmente appassionate al progetto che hanno accettato ruoli minori. Mi ha colpito l’assenza di competitività, il sincero lavoro di squadra e l’alchimia tra gli attori e la troupe. Anche i mostri sacri Rutger Hauer e Jean-Marc Barr si sono messi in gioco con grande umiltà e per passione, pretendendo da me lo stesso atteggiamento nei loro confronti.wax2

In una scena del film, Livio (Davide Paganini) e Joelle (Gourvenec) discutono animatamente sulle ragioni della condizione disagiata vissuta dei trentenni di oggi. La ragazza accusa gli italiani di pigrizia mentre lui dà la colpa al sistema. Tu a quale delle due visioni ti senti più vicino?

Forse la mia è una risposta prevedibile, ma la verità è che entrambi veicolano un punto di vista che io voglio proporre. La speranza ha certamente un ruolo fondamentale in questa situazione, ma bisogna avere la grinta per conquistare il proprio posto. Questo film può essere un punto di aggregazione per dire: non lasciamoci definire dagli altri, né “sacrificabili” né in altro modo! Ritroviamo la coesione sociale che ci manca. La crisi finanziaria non dev’essere un pretesto, ma uno spunto per mettersi, insieme, a cercare una soluzione. Il tema del confronto generazionale, più che mai attuale, è affidato ai personaggi di Rutger Hauer e Andrea Sartoretti. Il primo incarna la generazione che ha originato il problema, quella da redimere. Sartoretti rappresenta l’altra faccia del dibattito. Fateci caso: lui usa il taccuino per prendere appunti; Hauer impugna la pendrive. In un momento in cui il cinema è diventato voracità d’immagine, la ricerca della conciliazione, qui, è nei dettagli. Il film è sul conflitto generazionale, ma non implica che un dialogo non sia possibile.

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