jonas carpignano Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 12 Apr 2022 08:39:50 +0000 it-IT hourly 1 Le ninfe dark di Isabella Torre https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/le-ninfe-dark-di-isabella-torre/ Mon, 04 Apr 2022 12:27:12 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17024 Classe 1994, Isabella Torre ha attirato l’attenzione degli addetti ai lavori con i due corti Ninfe (2018) e Luna piena (2021), presentati a Venezia, e ora sta lavorando alla sua opera prima tratta proprio da Ninfe, Basileia, scritta al prestigioso Sundance Lab e in produzione con Stayblack e RAI Cinema. Attrice e produttrice, Isabella Torre […]

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Classe 1994, Isabella Torre ha attirato l’attenzione degli addetti ai lavori con i due corti Ninfe (2018) e Luna piena (2021), presentati a Venezia, e ora sta lavorando alla sua opera prima tratta proprio da Ninfe, Basileia, scritta al prestigioso Sundance Lab e in produzione con Stayblack e RAI Cinema. Attrice e produttrice, Isabella Torre ha nel suo carnet anche la collaborazione alla trilogia di Jonas Carpignano (Mediterranea, A Ciambra e A Chiara, fresco di ben 6 candidature ai David di Donatello 2022).

Hai sempre lavorato davanti e dietro lo schermo: regia, produzione e recitazione. Sei alla ricerca della tua dimensione o l’hai trovata nel movimento fluido tra i vari ruoli?

Mi sento di dire di esserci quasi “nata e cresciuta” sul set. Mia madre, costumista di cinema, mi ha portato alle riprese di tutti i suoi film fin da piccolissima ed è per questo che ho sempre ritenuto il set cinematografico un po’ come casa, anche più di quanto non lo fosse la mia casa reale. Per quanto riguarda Ninfe recitare, oltre che dirigere, è stata una necessità quasi pratica (essendo un corto molto sperimentale, girato per sondare il terreno per un lungometraggio sullo stesso soggetto) e interpretare le ninfe è stato un lavoro molto duro: dalla nudità nel gelo di febbraio, alle lunghe notti nel fango e nella terra… non avrei voluto mettere nessun altro in quelle condizioni terribili se non me stessa. In Luna piena invece la necessità era un po’ diversa, più che altro catartica. Questo cortometraggio è molto personale, ispirato a quello che ci è successo mentre giravamo A Chiara di Jonas Carpignano e tutto è cambiato a causa della pandemia. Il bagaglio emotivo che ho affidato a Lina era più che altro il mio, per me aveva senso affrontare questa avventura in prima persona. In futuro deciderò istintivamente come ho fatto sino a ora se sarà il caso di interpretare oltre che dirigere, ma per la versione lungo di Ninfe penso che mi dedicherò unicamente alla regia.

C’è stato un momento decisivo nella tua carriera? Qualcosa che ti ha fatto capire di essere sulla strada giusta?

Vari momenti, direi. Innanzitutto quando ho realizzato che il gruppo di collaboratori che abbiamo creato in questi anni girando i film di Jonas (con cui ho lavorato per tutta la trilogia) è come una vera e propria famiglia. D’altra parte come dicevo prima, il set per me è la mia tana, collaborare con qualcuno con cui ti senti affine e sentire di essere parte di un’operazione comune dà senso a tutto. Un altro momento illuminante è stato mentre giravo Ninfe. C’erano stati dei problemi in un magazzino e tutta la pellicola che avevamo girato era rovinata. L’indomani tornammo per rigirare le scene in quel piccolo villaggio abitato unicamente da una famiglia pastori. Era l’alba e mi aspettavo che ci mandassero a quel paese, invece ci hanno accolto incredibilmente contenti e calorosi; d’improvviso il cielo si fece tutto rosa e l’aria profumava di montagna, girammo in una sorta di idillio. Pensai: “Questa è la magia del cinema”.

Ninfe di Isabella Torre
“Ninfe”, di Isabella Torre.

Come funziona il tuo processo creativo?

Di solito è tutta colpa o merito del mio inconscio. Sono una persona piuttosto inquieta da sempre, il mio mondo interiore può essere sovrastante, se non lo libero rischio davvero e questo è il mio modo per farlo. Poi naturalmente le persone sono l’altra faccia della medaglia: sono piena di personaggi nella mia testa ispirati alle persone che mi capita di conoscere, anche quelli vanno liberati ogni tanto per evitare “assembramenti”.

Ninfe mostra la terra d’Aspromonte come un luogo mistico, incantato e a tratti spaventoso. L’archeologo e i suoi due uomini sono lì per disseppellire un tesoro, ma dal terreno finisce per venir fuori molto di più, tra la nebbia emergono tre ninfe che causano una serie di misteriosi avvenimenti.

L’Aspromonte è un luogo unico. Una terra fatta di contrasti, con atmosfere che ti rapiscono e la nebbia… la nebbia è un’entità a sé. Sono arrivata in Calabria sette anni fa e ho sempre frequentato l’Aspromonte, eppure non c’è una volta che abbia vissuto un’esperienza simile all’altra lassù. La verità è che la potenza della natura di quel posto ha influenzato anche la gente che lo abita, che ne ha assunto le stesse contraddizioni e la stessa unicità. La componente surreale del film è il mio modo per indagare anche a livello sociale e culturale questa terra.

Sia Luna piena che Ninfe hanno in comune una forte simbologia naturale, una forza misteriosa ma reale che ristabilisce l’ordine e riprende il controllo su tutte le cose in modo implacabile.

Anche qui viene tutto dal mio inconscio: il mondo in cui viviamo e le dinamiche che regolano la nostra vita sono motivo di grande ansia per me. Sono profondamente convinta che dovremmo tutti ritornare alla terra, allo scandire del tempo dettato dalla natura. È l’unica vera bussola che potrebbe aiutarci a riprendere le redini delle nostre vite. Mentre giravamo Ninfe ci ritrovammo ad aspettare che la famiglia del villaggio si svegliasse per iniziare a girare: il giorno prima ci avevano detto a che si sarebbero svegliati, ma invece dormivano ancora tutti. Ecco più, tardi risolvemmo l’arcano: loro non cambiano mai l’orologio a seconda dell’ora legale o solare, hanno un unico riferimento per dare inizio alla loro giornata, ovvero, come dicono loro, “le bestie”. Quando si svegliano le capre, inizia la giornata. Non c’è altra convenzionalità a regolare il giorno e la notte. Lo trovo magnifico

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Festival di Cannes: applausi per “A Chiara” di Carpignano https://www.fabriqueducinema.it/festival/a-chiara/ Sun, 11 Jul 2021 13:32:25 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15842 Un’emozione forte, commovente, per noi spettatori e per la delegazione di A Chiara presente in sala al gran completo: applausi, grida di giubilo, sguardi che si incrociavano con il regista Jonas Carpignano, con gli attori-non attori del meraviglioso film di cui ancora scorrevano i titoli di coda, un rito collettivo che è tornato a rinnovarsi […]

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Un’emozione forte, commovente, per noi spettatori e per la delegazione di A Chiara presente in sala al gran completo: applausi, grida di giubilo, sguardi che si incrociavano con il regista Jonas Carpignano, con gli attori-non attori del meraviglioso film di cui ancora scorrevano i titoli di coda, un rito collettivo che è tornato a rinnovarsi dopo quasi un anno e mezzo di disperazione, di uno smarrimento di cui non si riusciva a vedere la fine.

E invece è stata un tripudio la serata della Quinzaine des Réalisateurs, sotto la nuova direzione di Paolo Moretti, in cui è stato proiettato A Chiara, ultimo lavoro di Jonas Carpignano (che siamo orgogliosi di aver avuto come giurato dei Fabrique Awards nel 2018), portato eroicamente a termine dopo una lavorazione travagliata, interrotta più volte per cause dovute alla pandemia, destino che è toccato a tante altre produzioni italiane e internazionali che hanno voluto comunque spiegare le vele in un periodo di mare pericolosamente in tempesta.

Carpignano racconta ancora, irriducibilmente, Gioia Tauro.

A Chiara è il terzo capitolo di una trilogia che indaga tre grandi aspetti presenti in città: dopo l’immigrazione in Mediterranea (2015, visto a Cannes alla Semaine de la Critique) e la comunità rom di A Ciambra (2017, prima volta in Quinzaine), ora è la ’ndrangheta a essere oggetto di indagine narrativa.

Anzi, per meglio dire, la ’ndrangheta è un pretesto.

Ad aprire il film è la festa di compleanno della maggiore delle tre sorelle Guerrasio, Giulia. Il contesto giovanile è descritto con mano sicura, c’è un’analisi affidabile dei comportamenti, dei riti, delle piccole ossessioni di ragazzi e ragazze adolescenti di un importante e problematico centro urbano calabrese. Il giorno seguente, quando Claudio, il padre, parte improvvisamente, Chiara, la seconda delle tre figlie, vuole scoprire la ragione dietro quel gesto. E comincia a fare domande, a cui non ottiene risposta, finché non decide di mettersi da sola in cerca della verità. Sul padre, certo, ma soprattutto su se stessa.

A Chiara non è un gangster movie, ma il racconto tenero, addirittura con derive oniriche, avventurose, fiabesche, della crescita di un’adolescente nata in un contesto difficile. Il racconto di un rapporto perso, cercato, riconquistato di una figlia con il padre, la maturazione di una coscienza morale, il coraggio di disobbedire quando il prezzo è un bene superiore. A interpretare Chiara e la sua famiglia nel film sono la straordinaria Swamy Rotolo e le sue vere sorelle, il suo vero padre, la sua vera madre, che non hanno mai letto la sceneggiatura ma venivano informati giorno per giorno sulle scene da girare.

Il metodo-Carpignano ha quindi dato, ancora una volta, i suoi straordinari frutti. Anche lo stile che avevamo ammirato nei film precedenti è riproposto ma questa volta più libero, senza la preoccupazione di dover tener conto anche di esigenze documentaristiche: è un film di solido impianto drammaturgico e altrettanto solide sono le idee di regia che lo sostengono, i piani sequenza pieni di suspense, l’uso creativo e dinamico delle luci (fotografia, ancora in pellicola, di Tim Curtin), la creazione delle atmosfere (l’incontro nella nebbia fra padre e figlia è una sequenza memorabile), la già citata deriva onirica legata al bunker (i passaggi segreti sono un topos del film d’avventura), e qualche rimando simbolico affidato all’attività fisica di Chiara: al tapis roulant di prima scena, un nastro dove si corre, si suda, ci si sforza, ma non si va da nessuna parte, si oppone la pista di atletica dell’inquadratura finale, dove finalmente Chiara spicca il proprio volo. Un parallelo che ricorda il finale di un altro grande film visto a Cannes qualche anno fa, Loveless di Andrej Zviagintsev, dove pure il tapis roulant veniva utilizzato come metafora di un mondo che non riesce ad andare avanti.

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Anche Jonas Carpignano nella giuria dei Fabrique Awards 2018! https://www.fabriqueducinema.it/cinema/news/fabrique-awards-2018-il-regista-jonas-carpignano-e-ufficialmente-in-giuria/ Mon, 15 Oct 2018 08:15:38 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11577 Fabrique du Cinéma è felice di annunciare il secondo membro ufficiale della giuria della prossima edizione dei Fabrique Awards: si tratta di Jonas Carpignano, giovane regista del premiatissimo A Ciambra, lungometraggio selezionato lo scorso anno per rappresentare l’Italia agli Academy Awards nella categoria riservata al Miglior film straniero. Nonostante la giovane età (classe 1984), Carpignano […]

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Fabrique du Cinéma è felice di annunciare il secondo membro ufficiale della giuria della prossima edizione dei Fabrique Awards: si tratta di Jonas Carpignano, giovane regista del premiatissimo A Ciambra, lungometraggio selezionato lo scorso anno per rappresentare l’Italia agli Academy Awards nella categoria riservata al Miglior film straniero.

Nonostante la giovane età (classe 1984), Carpignano è uno dei cineasti italiani in maggior ascesa nel panorama italiano e internazionale. Cresciuto tra Roma e New York, ha infatti esordito nel 2015 con Mediterranea, dramma sull’immigrazione che, dopo essere stato presentato alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes, ha permesso a Carpignano di vincere vari premi in tutto il mondo, sia come regista, sia come sceneggiatore.

Il successo è però arrivato nel 2017, grazie al già nominato A Ciambra. Prodotto da Martin Scorsese, il lungometraggio ambientato in una comunità rom calabrese ha conquistato il Premio Europa Cinema Label nella sezione Quinzaine des Réalisateurs a Cannes, oltre che il David di Donatello alla miglior regia.

In attesa di scoprire il volto internazionale scelto come presidente di giuria, non perdere l’occasione di iscrivere la tua opera alla nuova edizione dei Fabrique du Cinéma Awards direttamente su FilmFreeway. Affrettati! Le iscrizioni si chiuderanno il prossimo 16 novembre! Potresti vincere un importante montepremi! Per tutte le informazioni e per rimanere sempre aggiornato, consulta il sito ufficiale dei Fabrique du Cinéma Awards.

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Il talento che piace a Scorsese: Jonas Carpignano e “A Ciambra” https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/talento-piace-scorsese-jonas-carpignano-ciambra/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/talento-piace-scorsese-jonas-carpignano-ciambra/#respond Mon, 25 Sep 2017 09:06:15 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9340 Nato a New York da madre afroamericana con origini caraibiche e padre torinese vissuto per molti anni a Roma, Jonas Carpignano è cresciuto muovendosi tra la Grande Mela e la provincia della capitale italiana (fra Monte Porzio Catone e Frascati) e oggi è considerato uno dei più promettenti talenti cinematografici emergenti a livello internazionale. Dopo […]

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Nato a New York da madre afroamericana con origini caraibiche e padre torinese vissuto per molti anni a Roma, Jonas Carpignano è cresciuto muovendosi tra la Grande Mela e la provincia della capitale italiana (fra Monte Porzio Catone e Frascati) e oggi è considerato uno dei più promettenti talenti cinematografici emergenti a livello internazionale.

Dopo l’esordio nel 2015 con Mediterranea, in cui raccontava il viaggio di due migranti dal Burkina Faso a Rosarno, distribuito solo recentemente in Italia ma che ha avuto un’ottima accoglienza all’estero e in particolare negli Stati Uniti, il 33enne cineasta italoamericano è nelle sale in questi giorni con la sua seconda opera A Ciambra, presentata con notevole successo allo scorso Festival di Cannes (Quinzaine).

In questo stimolante spaccato della comunità stanziale romena di Gioia Tauro che prende vita attraverso gli occhi del quattordicenne Pio Amato, Jonas Carpignano conferma la tensione verso un cinema di finzione dalla forte impronta realista che non rinuncia alla costante ricerca di uno sguardo cinematografico potente e raffinato. D’altronde, non è certo un caso che il suo talento sia stato riconosciuto da Martin Scorsese, tra i produttori esecutivi di A Ciambra. Con Jonas, che vive da anni a Gioia a stretto contatto con i protagonisti dei suoi film, abbiamo avuto l’opportunità di parlare a lungo di influenze cinematografiche, prossimi progetti e, soprattutto, del suo peculiare modo di intendere e di vivere il cinema.

un'immagine di A Ciambra di Jonas Carpignano

Come sei entrato in contatto con un autore del calibro di Martin Scorsese e qual è stato il suo contributo a livello creativo?

Alcune persone che lavorano con Scorsese, tra cui il suo agente e la sua produttrice, sono sempre alla ricerca di progetti per aiutare i registi emergenti. Alcuni co-finanziatori di questo fondo avrebbero già voluto investire in Mediterranea e dopo averlo visto mi hanno subito comunicato l’intenzione di collaborare con me al secondo film. Per me si è trattato di un sogno e il ruolo di Scorsese è stato molto importante per trovare il giusto equilibrio tra i momenti più narrativi del film e quelli in cui senti di stare vivendo a contatto con Pio e la sua famiglia. Mi ha fatto capire quali erano i momenti più forti e quali i più ripetitivi, sacrificabili in fase di montaggio. Insieme abbiamo ad esempio lavorato molto alla scena della cena, che per lui doveva essere mantenuta senza tagliarla più di tanto in quanto fondamentale per capire i rapporti all’interno della famiglia Amato e i motivi per cui Pio non potrà mai uscire dal suo mondo.

Qual è il cinema a cui ti senti più vicino e quali sono i tuoi punti di riferimento?

Come per la mia storia personale sono legato a più culture, così mi sento vicino a tipi di cinema anche molto diversi tra loro. Non sono uno alla Spielberg che ha sempre saputo di voler fare il regista, ma quello del cinema fin da piccolo l’ho sentito un mondo non lontano da me, anche grazie al rapporto con mio nonno, che ha lavorato molti anni per Carosello ed era sposato con la sorella di Luciano Emmer. Lui mi ha fatto conoscere le opere di Visconti e Bertolucci, due miei grandi punti di riferimento insieme a Rossellini e De Sica. Però sento presente in modo forte anche il cinema americano degli anni Settanta e Novanta, di cui mi nutrivo quando andavo con gli amici nelle sale del Bronx a guardare i film di registi come lo stesso Scorsese, Altman o Coppola.

un'immagine di A Ciambra di Jonas Carpignano

Per quanto riguarda invece i cineasti più contemporanei?

Tra gli italiani sicuramente c’è Alice Rohrwacher, che conosco bene. Stimo tutto quello che fa e mi dà sempre una mano quando mi serve. Adoro poi tutti i lavori di Andrea Arnold, la regista britannica di American Honey e Fish Tank. Tra gli americani, invece, ammiro molto Benh Zeitlin, un carissimo amico che per me è stato sempre come un fratello maggiore. Lavorando con lui in Re della terra selvaggia ho imparato che non c’è necessariamente bisogno di fare un film con una struttura cinematografica tradizionale e solida, ma che è possibile adattare la narrazione ai ritmi del luogo in cui si gira. Passare da assistente di Spike Lee in Miracolo a Sant’Anna al film di Benh mi ha arricchito molto, dandomi la possibilità di toccare con mano due modi di fare cinema assai differenti. Personalmente tento di rimanere fedele a me stesso, seguendo l’influenza del cinema che amo e con cui sono cresciuto. Non riuscirei mai a fare, ad esempio, un cinema asciutto come quello dei Dardenne, che non ha quei momenti surreali e musicali che a me invece interessano molto.

L’uso delle musiche in effetti è molto importante nei tuoi film. In Mediterranea, e ancora di più in A Ciambra, sottolineano i momenti di maggiore intensità emotiva dei protagonisti.

Parto sempre dal presupposto di voler inquadrare i miei personaggi in maniera diversa rispetto a come siamo abituati nel cinema europeo di stampo realista o nei telegiornali. Se si vuole aderire davvero al loro punto di vista e vedere il mondo con i loro occhi è importante cogliere non solo i momenti più drammatici ma anche quelli più leggeri e spensierati, che ci permettono di non perdere delle importanti sfumature della loro esistenza e che spesso sono accompagnati proprio dall’ascolto della musica. Anche per le persone che vivono nelle circostanze più pesanti, la vita non è mai solo una tragedia. Inoltre, la musica pop presente in A Ciambra ci fa sentire queste persone più vicine a noi, dato che è un tipo di musica conosciuta da tutti i ragazzi italiani, da Milano a Gioia Tauro. La componente musicale unisce e permette al pubblico di sentirsi sulla stessa lunghezza d’onda emotiva dei personaggi.

un'immagine di A Ciambra di Jonas Carpignano

Del tuo cinema colpisce molto la capacità di proporre uno sguardo che osserva senza giudicare, oggettivo ma non per questo freddo o distante.

L’idea di fondo alla base del mio cinema è proprio questa: mostrare la vita di alcune persone senza giudicarle. Giudicare è una cosa che non faccio mai e questo si riflette in maniera naturale nel mio modo di intendere il cinema. Ciò che mi interessa davvero è entrare nei mondi che voglio raccontare senza porre un filtro tra pubblico e personaggi, rimanendo il più possibile fedele al loro sguardo. Per questo cerco sempre di evitare di contestualizzare troppo: Pio in A Ciambra non si ferma ad ammirare il mare o non si meraviglia delle cose brutte che lo circondano. Se il contesto per lui non è importante perché lo dà per scontato, allora per me non ha senso soffermarmici. Anche perché nel momento in cui cerchi di dare una visione che va oltre il punto di vista del protagonista, inevitabilmente anteponi una tua opinione e inizi a giudicare. In A Ciambra, così come in Mediterranea, non si ha tempo per giudicare perché si è immersi nel punto di vista dei protagonisti.

Pensi di continuare a vivere a Gioia Tauro lavorando nella direzione di questa tua poetica o ti dedicherai a qualcosa di diverso?

Negli anni ho imparato che per me è essenziale lasciare spazio alla curiosità. Se ci sarà qualcosa in futuro che mi stimolerà cercherò di analizzarla e di spostarmi per farne un film. Forse un giorno un parente di mia madre dei Caraibi mi inviterà nelle Barbados e lì troverò qualcosa che vorrò raccontare. Tutto è possibile nella vita. Detto questo, ora come ora a Gioia Tauro sto molto bene perché ho il tempo di guardare tanti film, leggere libri e ho gli stimoli giusti per continuare a fare il mio lavoro. Se abitassi Roma o New York non troverei tutto questo tempo da dedicare al cinema. In questo momento ad esempio sto scrivendo il mio nuovo film, che sarà ambientato sempre a Gioia Tauro ma racconterà una realtà diversa, quella di una ragazza italiana che vive nel centro storico insieme alla famiglia e deve decidere se rimanere a Gioia o partire. Questa famiglia la conosco da anni, ma nei prossimi mesi cercherò di stare ancora di più con loro per approfondirne ulteriormente la storia.

 

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Festival di Cannes 2017: “A Ciambra” https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-2017-ciambra/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-2017-ciambra/#respond Mon, 22 May 2017 07:24:55 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8572 Alla 70a edizione del Festival di Cannes è stato il turno di un’altra attesa opera seconda: A Ciambra di Jonas Carpignano, giovane regista italo-americano già presente due anni fa alla kermesse cinematografica più prestigiosa del mondo con Mediterranea, film di finzione in cui mediante uno stile diretto ed efficace si mostrava l’esperienza dei migranti africani […]

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Alla 70a edizione del Festival di Cannes è stato il turno di un’altra attesa opera seconda: A Ciambra di Jonas Carpignano, giovane regista italo-americano già presente due anni fa alla kermesse cinematografica più prestigiosa del mondo con Mediterranea, film di finzione in cui mediante uno stile diretto ed efficace si mostrava l’esperienza dei migranti africani che ogni giorno giungono in Italia nella speranza di una vita migliore.

Un'immagine dal film A Ciambra di Jonas Carpignano

L’esordio del cineasta 33enne, nato a New York da padre italiano e madre afroamericana, aveva ottenuto un’ottima accoglienza alla Semaine de la Critique ed era stato particolarmente apprezzato all’estero e in primis negli Stati Uniti, dove ha ricevuto numerosi riconoscimenti e il plauso di alcune delle testate giornalistiche più importanti. L’attenzione da parte della critica d’oltreoceano avrà senz’altro contribuito a far conoscere l’opera di Carpignano a Martin Scorsese, il quale ha agevolato la realizzazione di questo nuovo progetto attraverso il suo neonato fondo di supporto ai nuovi talenti del panorama internazionale e, come ha affermato lo stesso regista di A Ciambra, in qualità di produttore esecutivo è stato una sorta di guida spirituale prodiga di indicazioni preziose.

Se Mediterranea mostrava le disavventure di Ayiva e Abas dal Burkina Faso a Rosarno, il secondo film di Jonas Carpignano propone uno sfaccettato e stimolante spaccato della comunità stanziale romena di Gioia Tauro, concentrandosi sul quattordicenne Pio Amato e la sua famiglia. A Ciambra, in cui tutti i protagonisti interpretano se stessi, mette in scena fedelmente la quotidianità di questo poco conosciuto microcosmo tra furti per guadagnarsi da vivere e, sullo sfondo, il rapporto con la ’ndrangheta che controlla in maniera più o meno evidente ogni attività della cittadina calabrese.

Un ritratto di Jonas Carpignano

Dopo aver vissuto tra New York e Roma, Carpignano abita a Gioia Tauro ormai da sette anni e negli ultimi cinque ha lavorato al nuovo lungometraggio entrando in stretto contatto con i personaggi del film (Pio aveva già un ruolo in Mediterranea, mentre l’africano Kudous Seihon ne era il protagonista), da lui considerati quasi come una seconda famiglia. Questa intimità ha permesso al cineasta di proporre un inedito racconto “dall’interno”, il più possibile privo di filtri e colmo di umanità, attraverso uno sguardo che si limita a osservare senza giudicare, oggettivo ma non per questo freddo o distante.

A Ciambra è un esempio nobile di cinema del reale che riesce nella complessa impresa di coniugare palpabile autenticità ed evidente raffinatezza stilistica (notevole anche il lavoro di Affonso Gonçalves, montatore tra gli altri degli ultimi film di Jim Jarmusch e Todd Haynes). Siamo certi che in futuro sentiremo parlare ancora di Jonas Carpignano, sperando più nell’immediato che A Ciambra, a differenza di Mediterranea, riuscirà presto a trovare la via della distribuzione italiana.

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Gli italiani in Quinzaine: Di Costanzo, Carpignano e De Paolis https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/gli-italiani-quinzaine-costanzo-carpignano-de-paolis/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/gli-italiani-quinzaine-costanzo-carpignano-de-paolis/#respond Thu, 20 Apr 2017 07:51:19 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=7885 Senza il clamore del concorso, il cinema italiano – a fari spenti, si direbbe con terminologia da giornalismo sportivo – approda in Croisette nelle due sezioni (Un Certain Regard e Quinzaine des Réalizateurs) che si occupano di proporre sguardi (più o meno) nuovi, se non altro diversi, offerte cinematografiche in grado di suscitare interesse, dibattito […]

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Senza il clamore del concorso, il cinema italiano – a fari spenti, si direbbe con terminologia da giornalismo sportivo – approda in Croisette nelle due sezioni (Un Certain Regard e Quinzaine des Réalizateurs) che si occupano di proporre sguardi (più o meno) nuovi, se non altro diversi, offerte cinematografiche in grado di suscitare interesse, dibattito e discorsi lontano dal riflettore del tappeto rosso.

Proprio oggi è uscito il programma della Quinzaine che propone un bel trio di autori. Innanzitutto Leonardo Di Costanzo che, dopo il capolavoro L’intervallo e un episodio del film collettivo I ponti di Sarajevo (2014), presenta sulla Croisette L’intrusa, ancora con la formula (di cui ormai è acclamato maestro) della location unica, ancora sullo sfondo della periferia napoletana (in questo caso Ponticelli, quartiere “gomorreggiante”). Il film è scritto dal regista con Maurizio Braucci e Bruno Oliviero e interpretato da Raffaella Giordano e Valentina Vannino.

Il giovane Jonas Carpignano, già a Cannes nel 2015 con il bel Mediterranea, presentato alla Semaine de la Critique, torna – cambiando sezione – con A Ciambra, derivato da un cortometraggio dallo stesso titolo girato nel 2014. È ancora la Calabria il punto nevralgico del cinema di Carpignano, che questa volta mette in scena una comunità rom di Gioia Tauro che abita la ‘Ciambra’ eponima.

L’ultimo nostro film in Quinzaine è un altro esordio: Cuori puri di Roberto De Paolis (anche co-sceneggiatore e co-produttore). Ispirato a fatti di cronaca, racconta di una ragazza (Selene Caramazza) che ha fatto voto di castità ma si innamora di un ribelle (Simone Liberati) della tenebrosa periferia romana (location a Tor Sapienza): impianto neo-realista, quasi interamente macchina a mano, con utilizzo di non attori appartenenti a una comunità di rom e sinti.

A completare la ridotta pattuglia italiana a Cannes i due autori  per Un Certain Regard resi noti già la settimana scorsa: Sergio Castellitto e Annarita Zambrano.

Jasmine Trinca in “Fortunata”

Il primo con Fortunata, prodotto da Indigo e scritto da Margaret Mazzantini. La cornice è la periferia di Roma. La storia è quella di una madre reduce da un matrimonio fallito: per dare felicità alla figlia e a se stessa prova a ricostruire la sua vita sognando di aprire un negozio di parrucchiera. Nel cast, Jasmine Trinca, Stefano Accorsi, Alessandro Borghi ed Edoardo Pesce affiancati da una leggenda: Hanna Schygulla.

La Zambrano, dal canto suo, porta a Cannes After The War, coprodotto con la Francia, interpretato da Giuseppe Battiston e Barbora Bobulova, scritto dalla regista (al suo primo lungometraggio di finzione, dopo il documentario L’anima del Gattopardo del 2014) con Delphine Agut, un noir ambientato nella suggestiva cornice della foresta delle Landes.

Visti i nomi in campo, non dovremo stupirci, se come lo scorso anno, le sezioni “secondarie” del festival daranno belle soddisfazioni agli autori del Belpaese.

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