Groenlandia Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 11 Sep 2023 13:09:23 +0000 it-IT hourly 1 Come pecore in mezzo ai lupi: anche in Italia l’action è donna https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/come-pecore-in-mezzo-ai-lupi-anche-in-italia-laction-e-donna/ Fri, 28 Jul 2023 10:11:10 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18631 Finalmente un’italiana con il bel vizio del cinema action: nel suo esordio Come pecore in mezzo ai lupi (in sala in questi giorni) Lyda Patitucci ha fatto studiare il serbo a Isabella Ragonese, poliziotta infiltrata in una pericolosa banda di slavi per sventare un grosso colpo. Caso tragico, come partner in crime si ritroverà il […]

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Finalmente un’italiana con il bel vizio del cinema action: nel suo esordio Come pecore in mezzo ai lupi (in sala in questi giorni) Lyda Patitucci ha fatto studiare il serbo a Isabella Ragonese, poliziotta infiltrata in una pericolosa banda di slavi per sventare un grosso colpo.

Caso tragico, come partner in crime si ritroverà il fratello squattrinato, e solo fingere di non conoscersi potrà salvarli. Lui è Andrea Arcangeli, che per la regista ferrarese è dimagrito dopo Romulus come un piccolo Christian Bale. E tra loro una talentuosa attrice bambina. Mentre Tommaso Ragno impersona il loro padre sfuggente e fanatico religioso.

«Non tutto nella vita va esplicitato e formalizzato» per Lyda, poiché i suoi personaggi si presentano asciugati in un passato stilizzato. Il suo obiettivo è farci precipitare nel «senso del pericolo, della minaccia costante. Nessuno è mai al sicuro». Vera, il personaggio di Ragonese, fugge dalle relazioni, dal fratello in primis e usa la chiusura per rompere i rapporti. «Vera risulta sempre nascosta e compressa. Cerco di usare elementi esterni a lei per raccontarla. Suoni, riflessi della sua personalità in altri personaggi specchio». Così ha girato un crime oscuro, pieno di proiettili, pugni, inseguimenti e doppiogiochisti.

In Veloce come il vento, Smetto quando voglio – Masterclass, Il primo re, Il campione eri la seconda unità alla regia. Come cambia il lavoro quando diventi tu la regista?

Tra seconda unità e la mia regia c’è un cuscinetto di transizione di due serie tv che ho diretto, Curon e Vostro Onore. Ma la seconda unità è molto tecnica poiché ti allinea alla visione dei registi. Girando in contemporanea con stunt, effetti e scene complesse. La differenza vera è che si lavora meno con gli attori. Assorbe una quantità di tempo e risorse davvero enorme nella preparazione, sul set e in postproduzione. Con Matteo Rovere in Veloce come il vento ho eseguito tutta la parte delle corse in auto: mentre Matteo girava tutto il resto io giravo le ricostruite nel circuito. Nel Primo re invece ho pianificato e orchestrato le battaglie. Matteo seguiva Remo e io il resto. Poi in Smetto quando voglio abbiamo lavorato molto sull’assalto al treno, sugli inseguimenti e gli incidenti. Lì ho fatto un lavoro molto preciso di pre-visualizzazione: mentre Sydney Sibilia sviluppava la commedia con gli attori, io gestivo gli stunt. Nel Campione c’era invece tutto un altro lavoro: il regista Leonardo De Agostini aveva fatto tutta la programmazione delle scene di calcio, mentre io ho seguito allenamenti e partite. Nel mio lavoro mi sono ritrovata a gestire piloti e stuntman, quindi per me tecnicamente non c’è differenza nel coreografare una battaglia o una partita di calcio. Unisco sul set le competenze sul cinema con quelle sulla materia, perché la seconda unità dev’essere malleabile in funzione al lavoro del regista. Sia su film che su serie, le buone collaborazioni tra registi sono molto virtuose e vantaggiose. In Curon ad esempio ho diretto gli ultimi tre episodi e Fabio Mollo i primi quattro. Lui è molto più intimista e lavora sulla recitazione e gli attori, io giravo tanto in acqua e in montagna.

Come pecore in mezzo ai lupi
Andrea Arcangeli e Carolina Michelangeli.

L’intreccio di action e drammaturgia per te è una delle cose più importanti.

Sono i film che mi piace vedere. Mi piace che succedano le cose, che la gente si muova, lotti. Amo mettere in condizioni estreme i miei personaggi per tirarne fuori aspetti interessanti. Sono storie che non mi appartengono, perciò m’incuriosiscono di più.

Come pecore ci sussurra che l’emotività di una donna forse è un difetto nel mondo dei maschi.

Questa è la chiave di Vera, la protagonista. Il suo punto di vista. Ma nella realtà l’emotività non è mai un difetto. Al contrario, il più aperto alle emozioni è Bruno, il fratello. E in questo è lui a dare la lezione più positiva, che nell’incontro con l’altro ci può essere una speranza.

Sei stata definita una Kathryn Bigelow italiana, ma quali sono le registe e i registi che segui di più?

È molto difficile rispondere perché la quantità di registi che amo è infinita. Sulla parte femminile oltre la Bigelow, che è stata l’unico modello per generazioni di donne che volevano fare questo lavoro e non ci sono riuscite, c’è Jane Campion, ma quando ero piccola impazzivo per il fatto che Pet Sematary – Cimitero vivente, fosse diretto da una donna. Quello della regia è un percorso molto particolare, difficile e poco incasellabile dove tutto ti dice “fai qualcos’altro”, quindi se ti distrai un attimo, anche per vivere semplicemente, smetti di seguirlo questo mestiere. Secondo me è così che molte donne non sono diventate registe. Purtroppo siamo in un mondo maschio-centrico. Per fortuna che ultimamente son venute fuori anche registe ascrivibili a modi di fare cinema più estremi, come Julia Ducournau, che è molto vicina a Cronenberg.

Nel tuo cast hai una piccola attrice, Carolina Michelangeli. Il suo personaggio, senza spoilerare, affronta dei traumi emotivi fortissimi. Come avete lavorato con lei?

Abbiamo fatto un cast molto lungo partendo da un bacino di centinaia di persone. Carolina aveva esperienza sul set per un film di Laura Bispuri, ma Andrea Arcangeli, che doveva fare suo padre, è stato molto disponibile affiancandomi nei provini per verificare l’intesa tra bambina e adulto. Pensa che sul set aveva 8 anni e mezzo, come Marta. Carolina ha perfetta consapevolezza della finzione cinematografica, è stata molto rigorosa nel calarsi giocando col suo ruolo anche perché è abituata alla disciplina dalla ginnastica artistica. Ha un tratto caratteriale simile al suo personaggio, ma al contrario di Marta la sua famiglia la segue senza mai forzarla. Cosa importantissima per i bambini attori. È piccina e in parte fragile, ma è anche molto tosta. Nei suoi piani d’ascolto, ad esempio, ha la capacità di far capire allo spettatore la scena come solo i bravi interpreti sanno fare.

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Mixed by Erry: quei bravi ragazzi di Sydney Sibilia https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/mixed-by-erry-quei-bravi-ragazzi-di-sydney-sibilia/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/mixed-by-erry-quei-bravi-ragazzi-di-sydney-sibilia/#respond Wed, 01 Mar 2023 13:59:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18241 Chi tra i nati prima del 1985 non ha mai ascoltato un’audiocassetta musicale non originale, registrata? Magari doppiata da un amico o comprata su una bancarella. O forse solo decantata da genitori nostalgici ancora fieri di antichi stereo e oramai sorpassati soprammobili al tempo di Spotify. Gli album e le compilation pirata di una volta, […]

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Chi tra i nati prima del 1985 non ha mai ascoltato un’audiocassetta musicale non originale, registrata? Magari doppiata da un amico o comprata su una bancarella. O forse solo decantata da genitori nostalgici ancora fieri di antichi stereo e oramai sorpassati soprammobili al tempo di Spotify. Gli album e le compilation pirata di una volta, quei supporti fisici che erano la musica negli anni ’80, videro il fenomeno tutto partenopeo di Mixed by Erry. Tre ragazzi, i fratelli Frattasio, iniziarono quasi per caso a copiare e vendere cassette musicali a Forcella, poi l’exploit che divenne business perché nelle personalizzazioni di Erry, i loro amici si ritrovavano canzoni extra e rimandi ad artisti e generi musicali nuovi per approfondirli con altri acquisti. Altre cassette. Altro business.

Anche con il suo precedente L’incredibile storia dell’Isola delle Rose il regista Sydney Sibilia raccontava di un curioso evento di cronaca, a cavallo tra anarchia e poesia. Qui invece Erry, Enrico, insieme ai suoi fratelli Peppe e Angelo infrange con spensieratezza tutte le regole sul Diritto d’Autore, materia che in quegli anni ancora non acquisiva l’istituzionalità delle maiuscole.

Questo film ci parla a diversi livelli. C’è la storia di una famiglia che vive d’espedienti, tre fratelli legatissimi e in ascesa un po’ come Quei bravi ragazzi di Scorsese, ma in salsa comedy. Luigi D’Oriano, Erry, potrebbe corrispondere al De Niro leader; Giuseppe Arena, Peppe, il fratello maggiore e anche il più posato e responsabile, a Liotta; e alla scheggia impazzita Pesci somiglia per certi versi il personaggio del piccolo di casa, quindi Emanuele Palumbo. I tre giovani talenti innestano un motore dai tempi comici perfetti. Il gatto e la volpe a due tempi, sono però Adriano Pantaleo, nei panni del papà traffichino dei ragazzi, e Fabrizio Gifuni, manager milanese e inamidato che li porterà oltre ogni sogno più sfrenato. La loro nemesi trova invece il muso e l’irresistibile toupet di Francesco Di Leva nei panni del finanziere che indaga sui protagonisti.

Con leggerezza Sibilia sfiora anche stragi di camorra di quegli anni senza mai perdere il timone della commedia intelligente e d’intrattenimento. Ci mostra il celebre fuoco d’artificio, il Pallone di Maradona, prima che venisse battezzato, gli interni del Teatro Ariston di Sanremo durante il Festival, immagini dal primo scudetto del Napoli e di repertorio fuse con il lavoro scenografico dal sapore pop niente male di Tonino Zera. Apre al pubblico del 2023 e soprattutto ai suoi millenials i vicoli di una storia tappezzata di poster di Cioè sui muri delle camerette degli adolescenti, motorini, cuffiette e musica. Racconta l’esigenza della musica, la mancanza della musica dove non c’erano negozi di dischi, la proverbiale arte di arrangiarsi del Sud e quella fiducia nel futuro che caratterizzava quegli anni. In verità i Frattasio sono stati antesignani di Napster, ma utilizzavano già rimandi e suggerimenti in stile Spotify. Del resto Erry lo dice candidamente: “Io volevo solo fare il Dj”.

Mixed by ErryIl film targato Groenlandia, quindi della premiata ditta Sydney Sibilia – Matteo Rovere, esce al cinema il 2 marzo. Belle queste nuove scorpacciate vintage di anni ’80 che mostrano Napoli nella sua vitalità, nei suoi colori e nelle sue speranze. A partire dalla Mano di Dio di Sorrentino, la serie La vita bugiarda degli adulti, e approdando ora a Mixed by Erry. Chissà cosa ne avrebbe pensato Nanni Loy, che di truffaldine trovate napoletane ne raccontò così tante proprio in quegli anni.

 

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Settembre, una commedia romantica con le giuste dosi https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/settembre-una-commedia-romantica-con-le-giuste-dosi/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/settembre-una-commedia-romantica-con-le-giuste-dosi/#respond Sat, 07 May 2022 11:30:45 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17176 La fine dell’estate indica spesso un tempo in cui si fanno dei bilanci della stagione passata e si pianifica quella seguente. Ma tutto questo, a volte, può essere indiscutibilmente un peso, che finisce per far esaurire le energie in partenza, portando a stati d’animo come rassegnazione, malinconia e soprattutto attesa. Di fronte al mese di […]

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La fine dell’estate indica spesso un tempo in cui si fanno dei bilanci della stagione passata e si pianifica quella seguente. Ma tutto questo, a volte, può essere indiscutibilmente un peso, che finisce per far esaurire le energie in partenza, portando a stati d’animo come rassegnazione, malinconia e soprattutto attesa. Di fronte al mese di settembre, il Capodanno dell’anno scolastico e lavorativo, c’è bisogno di uno “scossone” che permetta di mettere a fuoco l’obiettivo di vita più prossimo e che l’estate ha solo messo in pausa. È di questo che vuole parlare Giulia Louise Steigerwalt, sceneggiatrice e regista di Settembre, un titolo che a tal proposito si pone come la metafora dell’inizio di un viaggio, magari neanche pianificato e che non si sa dove porterà. Prodotto da Matteo Rovere con la sua Groenlandia, è nelle sale italiane dal 5 maggio.

In una Roma che sta ancora dissipando il calore estivo si intrecciano tre storie dal respiro quotidiano, osservate con sincerità e delicatezza. C’è la vicenda di Guglielmo (Fabrizio Bentivoglio), medico divorziato e di Ana (Tesa Litvan), giovane sex worker, entrambi degli “sfigati” nelle parole di quest’ultima, innamorata di Matteo (Enrico Borello), che completa il triangolo della storia forse meno lucida e convincente nel suo sviluppo. Meglio le altre due, più vibranti nei confronti dei temi che trattano e affinate con un umorismo decisamente gradevole. Da una parte si ha un racconto di amore adolescenziale tra Maria (Margherita Rebeggiani) e Sergio (Luca Nozzoli), ben realizzato, in quanto riesce a restituire con brillantezza tappe e sottigliezze della prima maturazione sentimentale e sessuale; dall’altra ci sono i genitori di Sergio: Francesca (Barbara Ronchi), confinata in una vita familiare compromessa da un marito rude e assente (Andrea Sartoretti), e che trova una consolazione sempre più profonda solo nell’amica Debora (Thony).

La varietà dei personaggi, anche e soprattutto sotto il profilo anagrafico, rende il film capace di parlare ad ogni fascia di pubblico, dal momento che fornisce una serie di situazioni, piccole e grandi, in cui è facile rispecchiarsi: che si tratti di scegliere tra una bicicletta e un motorino per un adolescente o fra una vita tradizionale in casa e la propria indipendenza e libertà affettiva per una donna. A rendere vivide tutte queste figure concorrono primariamente i dialoghi, particolarmente incisivi sul fronte comico e che puntellano i personaggi in modo chiaro ed efficace, consegnando un ritmo piacevole al film, che viaggia con disinvoltura senza perdersi in momenti che possano sembrare superflui. Quella di Steigerwalt è nel complesso una scrittura equilibrata e puntuale, con pezzi leggeri ben integrati ad altri più seri, nel perfetto ordine della commedia romantica con cui l’autrice firma il suo esordio alla regia.

Il risultato finale è quello di un ritratto spensierato di vite quotidiane, moderatamente progressista nei temi e, non secondariamente, capace di divertire. Settembre è popolato da vite in stallo che aspettano l’occasione offerta dal “dramma generale” (per usare le parole di Francesca) per cambiare binario, fare ciò che fino al giorno prima non si era capaci di fare. Del resto, il dramma è motore, e una volta che entra in una qualunque monotonia, che sia sotto forma di rivale, aiutante, minaccia o sospetto, permette di diventare protagonisti attivi della propria vita.

 

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