Gomorra Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 11 Jan 2022 08:41:28 +0000 it-IT hourly 1 Il sindaco del rione Sanità secondo Martone https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-martone/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/il-sindaco-del-rione-sanita-secondo-martone/#respond Thu, 03 May 2018 12:47:51 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10209 San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Il Bronx partenopeo con le palazzine di Via Taverna del Ferro a pochi metri dal mare, tristemente famose per le scorribande camorriste delle baby gang. Su una di queste c’è il volto di Maradona dello street art Jorit Agoch. Non è l’unica opera di riqualificazione nata nel […]

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San Giovanni a Teduccio, periferia est di Napoli. Il Bronx partenopeo con
le palazzine di Via Taverna del Ferro a pochi metri dal mare, tristemente famose per le scorribande camorriste delle baby gang. Su una di queste c’è il volto di Maradona dello street art Jorit Agoch. Non è l’unica opera di riqualificazione nata nel quartiere; c’è la iOS Devoloper Academy, la scuola della formazione Apple, la prima in Europa e un nuovo Campus dell’Università Federico II. Poi ci sono le famiglie Mazzarella D’Amico e Rinaldi -Reale-Formicola che secondo la DIA (Direzione Investigativa Antimafia) si contendono i territori di spaccio.

E infine c’è il Napoli Est Teatro, un collettivo, un progetto socio culturale, nato per usare il teatro come antidoto alla camorra. Con i ragazzi del Nest, Mario Martone ha
realizzato la sua prima regia di un testo di Eduardo De Filippo, Il sindaco del rione Sanità. Lo spettacolo nasce grazie alla collaborazione produttiva tra il Teatro Stabile di Torino e la compagnia di Luca De Filippo, Elledieffe ora guidata dalla moglie, Carolina Rosi.

La commedia di Eduardo venne scritta nel 1960, appartiene alla raccoltaCantata dei giorni dispari, nasce come un testo scomodo che porta alla ribalta la camorra con il suo protagonista Antonio Baraccano, guida del Rione Sanità, uomo d’onore e amministratore a modo suo delle diatribe del quartiere. Per la riscrittura di questo testo, Martone parte dalla realtà di San Giovanni a Teduccio e dai ragazzi del Nest, attori giovani che vivono sulla propria pelle la guerra di camorra.

Il sindaco del rione sanitàCosì la lussuosa villa di Antonio Baraccano si trasforma in un appartamento moderno con mobili d’acciaio e plexiglas (scene di Carmine Guarino). Un bunker patinato regno di un Antonio Baraccano (Francesco Di Leva), giovane e palestrato. Non è, come lo aveva immaginato Eduardo, l’uomo d’onore simbolo di un’epoca
di valori che procede verso il tramonto, ma il giovane boss della nuova camorra, deciso e spietato, pragmatico e razionale al tal punto da comprarsi l’amore dei figli e della moglie.

L’ambiguità degli affetti intimi della famiglia Baraccano è una pedina che la regia di Martone sa muovere bene, con un ritmo serrato, scene cruente, che ricordano serie televisive come Gomorra o Suburra. La lingua non è più il dialetto napoletano armonioso di Eduardo, ma quello violento delle strade, delle nuove generazione e del rap. Proprio con questa musica inizia lo spettacolo, il rapper Ralph P canta la sua Niente ‘e nuovo, profetica dichiarazione di un futuro condannato a non cambiare.

Indispensabile per questa operazione folle e complessa sono gli attori, i protagonisti volti noti della televisione e del cinema. Francesco Di Leva veste i panni giovani e violenti di Antonio Baraccano, dandogli un’energia unica mentre Giovanni Ludeno (il dottor Della Ragione) e Massimiliano Gallo (Arturo Santaniello) restano legati di più alla tradizione eduardiana, creando un contrasto coerente che crea un equilibrio costante. “Il teatro è vivo quando s’interroga sulla realtà, se parla al proprio pubblico agendo in una dimensione politica”. Queste sono le parole che Mario Martone usa per descrivere il suo sindaco del rione Sanità.

Un gesto politico e sociale che va oltre la rappresentazione teatrale e incarna
un mondo vivo e reale in tutta la sua drammaticità.

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Con “La parrucchiera” Stefano Incerti porta al cinema il volto femminile di Napoli https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/con-la-parrucchiera-stefano-incerti-porta-al-cinema-il-volto-femminile-di-napoli/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/con-la-parrucchiera-stefano-incerti-porta-al-cinema-il-volto-femminile-di-napoli/#respond Wed, 05 Apr 2017 11:06:53 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4439 Napoli e la sua popolazione dai mille volti hanno sempre esercitato un fascino particolare nei confronti della narrazione cinematografica. Forse perché non esiste palcoscenico più naturale di quello offerto dalla città sovrastata dal Vesuvio e abitata da sonorità e personaggi di diversa origine. Per questo motivo, dunque, per poter raccontare nel migliore dei modi questo […]

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Napoli e la sua popolazione dai mille volti hanno sempre esercitato un fascino particolare nei confronti della narrazione cinematografica. Forse perché non esiste palcoscenico più naturale di quello offerto dalla città sovrastata dal Vesuvio e abitata da sonorità e personaggi di diversa origine. Per questo motivo, dunque, per poter raccontare nel migliore dei modi questo luogo così particolare è opportuno dover scegliere una sola delle sue molteplici anime.

Questo è stato proprio il primo passo svolto da Stefano Incerti che, appartenendo a Napoli per nascita e frequentazione, ha deciso, con il suo ultimo film La parrucchiera, di regalarle un’ode composta esclusivamente per voci femminili.

Perciò, al centro di una vicenda quotidiana ambientata nel cuore dei quartieri spagnoli, il regista pone tre donne particolari come la bella ragazza madre Rosa (Pina Turco), la passionale e un po’ attempata Micaela (Lucianna De Falco), e infine Carla (Stefania Zambrano), transessuale dalle spiccate doti materne.

Grazie alle loro vicende e al sogno di aprire il salone di bellezza Testa e Tempesta, Incerti riesce a offrire un’immagine diversa della città senza edulcorare e abbellire l’insieme. Le difficoltà del vivere quotidiano affrontate dalla povera gente rimangono ma, sostituendo le pistole di “gomorroide” all’ambientazione con i phon e le spazzole di un salone di bellezza dalle tinte accese in perfetto stile Technicolor, La parrucchiera offre finalmente spazio a uno spaccato sociale che, nonostante imprevisti esplosivi, sembra avere una propensione naturale per il fare e non per il distruggere.

Non è un caso, dunque, che tanto spirito vitale, espresso anche attraverso tonalità calde e accese messe in contrapposizione con altre più fredde, sia rappresentato dal volto femminile di Napoli, mettendo così in scena una commedia interamente matriarcale dove l’uomo veste il ruolo di comparsa dalle caratteristiche morali non sempre edificanti.

Così, scegliendo di non cavalcare il degrado sociale e cittadino spesso evidenziato dalla cronaca, Incerti ha l’opportunità di concentrarsi sulle umane debolezze cercando di sondare in profondità la forza e la fragilità di chi, con fatica, decide di vivere diversamente. Perché Napoli non è solo criminalità, povertà e furbizia ma, puntando la luce dei riflettori su dei personaggi meno scontati, può trasformarsi anche nella protagonista di un’opera pop, raccontata attraverso un ritmo sincopato che, in alcuni momenti, potrebbe apparire brusco e poco accondiscente nei confronti della partecipazione emotiva.

Ad assicurare il naturale andamento al film, però, è soprattutto una colonna sonora che, rispettando il melting pot culturale di Napoli, riesce ad armonizzare insieme i brani del gruppo folk rock Foja, le canzoni di Tony Tammaro, di Emilia Cantone e di Rakele per terminare con l’armonia più antica e tradizionale rappresentata proprio dal dialetto napoletano. Questa “lingua” così musicale e misteriosa, infatti, è utilizzata dai protagonisti per l’intera durata del film senza timore alcuno per l’impiego dei sottotitoli, costante in tutto il film. In fin dei conti l’anima di Napoli non si afferra certo attraverso il “comprendere”, ma con il “sentire” e il “provare”.

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Cristiana Dell’Anna https://www.fabriqueducinema.it/magazine/cover/cristiana-dellanna/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/cover/cristiana-dellanna/#respond Sun, 04 Sep 2016 14:15:50 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3491 Ha una formazione internazionale ma è nata a Napoli ed è profondamente napoletana, come del resto lo sono i due ruoli che l’hanno resa famosa al grande pubblico televisivo: la doppia interpretazione delle gemelle Cirillo in Un posto al sole e, da quest’anno, Patrizia Santoro in Gomorra 2. Hai fatto un provino per un ruolo […]

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Ha una formazione internazionale ma è nata a Napoli ed è profondamente napoletana, come del resto lo sono i due ruoli che l’hanno resa famosa al grande pubblico televisivo: la doppia interpretazione delle gemelle Cirillo in Un posto al sole e, da quest’anno, Patrizia Santoro in Gomorra 2.

Hai fatto un provino per un ruolo minore di Gomorra 1, sei stata scartata ma ti hanno richiamato per uno, tutt’altro che secondario, in Gomorra 2. È la dimostrazione che è meglio la gallina domani?

Non credo valga sempre. Spesso di occasioni ne ho perse, ma non ho mai smesso di provare e riprovare; credo che le opportunità siano sempre a disposizione e magari non sono necessariamente quello che ci aspettavamo dalla vita, ma se impariamo a guardare senza fermarci su quello che abbiamo perso, sapremo sicuramente coglierle.

Com’è ritrovarsi a essere un personaggio di una storia che, fino a qualche mese prima, guardavi in TV?

È stata una botta di felicità allo stato puro! È un po’ come sognare di incontrare Leonardo Di Caprio e poi non solo lo incontri ma lo sposi pure!

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Patrizia è un personaggio molto inquadrato, è un soldato, una che ha sacrificato la sua individualità per mettersi al servizio di un capo. Come ti sei preparata per un ruolo del genere e cosa ti ha lasciato?

Ricordi, immaginazione e ricerca. Molto di quello che è Patrizia ha preso la sua forma finale sul set, dove si creavano sinergie con gli altri attori. Reagivo a tutto quello che mi davano: Gomorra è stata un’esperienza attoriale indimenticabile. Ovviamente la guida costante dei vari registi ha orchestrato il tutto, senza di loro Patrizia avrebbe solo metà volto.

Nella prima stagione Imma Savastano era l’unico personaggio femminile, in questa seconda la questione femminile è molto più problematizzata, ci sono più personaggi femminili con sfumature diverse. Cosa pensi dei ruoli femminili, oggi, nel cinema e nelle serie italiane?

Non siamo ancora al passo con altre realtà più avanzate, bisogna scrivere di più per le donne, quello che c’è non basta. Nell’immaginario collettivo il protagonista è sempre un uomo, ma è un errore, bisogna ribaltare al più presto questo stereotipo.

Prima di Gomorra e Un posto al sole c’è stato il teatro, a Londra. Che ricordo hai di quell’esperienza?

La mia formazione è stata fondamentale, mi ha reso molto britannica ed è una cosa di cui vado fiera. Il ricordo più forte è il senso di libertà nello sperimentare, nell’essere veramente libera di trovare autenticità nell’interpretazione, di cercare il mio.

 Sei tornata a vivere a Napoli? Che rapporto hai con la tua città? Hai un luogo del cuore?

Amo Napoli in modo viscerale e proprio per questo spesso mi allontano, perché ti inghiotte. È un’amante soffocante dalla quale, però, non puoi fare a meno di tornare, non riesco a starci fissa, anche se per ora il lavoro è concentrato lì. Un luogo che mi sta particolarmente a cuore è il quartiere Sanità, è un mondo da scoprire, che mi ha dato la possibilità di ricominciare a fare teatro in Italia. Tornata a Napoli non sapevo da dove cominciare, ci hanno pensato i ragazzi del Nuovo Teatro Sanità a cui devo molto, sia professionalmente che umanamente.

Quando hai deciso che saresti voluta diventare un’attrice? Quali sono i tuoi modelli di riferimento?

Credo di averlo sempre saputo, ma di averlo capito veramente solo a diciott’anni. Non è stato facile perché ho dovuto rompere ogni schema, anche mentale. In tutta onestà, non sono certa di avere dei riferimenti, ho voglia di raccontare storie a modo mio. Ma un nome su tutti, che ricordo di aver amato da sempre: Geoffrey Rush, è sensazionale, può essere chiunque.

A Napoli la scaramanzia è una cosa seria, non ti chiederò quali saranno i tuoi prossimi progetti, piuttosto: cosa ti piacerebbe fare? Hai un regista con cui ti piacerebbe lavorare?

Faccio questo mestiere perché non mi basta la mia vita e ne vorrei vivere altre milioni. Quello che mi guida sono le storie e i personaggi che le popolano, se la regia è di Garrone o Malick ancora meglio! Ma ancor di più lo sarà quando la regia sarà al femminile.

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