Giorgio Gosetti Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 01 Dec 2017 07:59:43 +0000 it-IT hourly 1 Noir in Festival, omaggio ad Atwood e Caligari https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/noir-festival-omaggio-ad-atwood-caligari/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/noir-festival-omaggio-ad-atwood-caligari/#respond Fri, 01 Dec 2017 07:57:51 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9699 Al via dal 4 dicembre la XXVII edizione del Noir in Festival, divenuto milanese da soli due anni dopo una lunga e fortunata permanenza nella suggestiva e inquietante Courmayeur. Sono finiti i bei tempi delle proiezioni al Palanoir e delle passeggiate post film nella neve: ma il festival del Noir, nonostante il trasloco, non se […]

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Al via dal 4 dicembre la XXVII edizione del Noir in Festival, divenuto milanese da soli due anni dopo una lunga e fortunata permanenza nella suggestiva e inquietante Courmayeur.

Sono finiti i bei tempi delle proiezioni al Palanoir e delle passeggiate post film nella neve: ma il festival del Noir, nonostante il trasloco, non se la passa male, tutt’altro, mantiene le sue migliori tradizioni ma si rinnova con grandi novità: otto opere in concorso provenienti da tutto il mondo e in anteprima italiana, incontri con gli autori, due film fuori concorso, gli omaggi a Margaret Atwood e a Gloria Grahame, i tanti eventi speciali e la bella novità del Premio Caligari.

Claudio Caligari

Abbiamo incontrato Gaia Furrer, responsabile dell’ufficio cinema e programmer del Festival – oltre che delle Giornate degli Autori-Venice Days. 

Gaia, che percorso hai fatto per arrivare a un traguardo così importante?

La mia passione per il cinema è iniziata che ero bambina. Fin da piccola guardavo tantissimi film, mio padre è sempre stato un grande cinefilo. All’università studiavo letteratura ma dopo aver scoperto il corso in Storia del Cinema ho cambiato direzione, anche se ero lontana dall’immaginare che il cinema sarebbe diventata la mia professione. Prima di laurearmi feci uno stage in occasione di un festival di cinema e musica organizzato da Giorgio Gosetti a Sanremo. Anche se feci quasi solo fotocopie, con un unico e grande momento di gloria in cui andai all’aeroporto a prendere Michael Nyman, questa esperienza mi piacque così tanto che dopo la laurea tornai da Gosetti e gli chiesi di lavorare ancora insieme. Iniziai così a collaborare con l’agenzia di promozione del cinema italiano all’estero Italia Cinema, l’attuale Filmitalia, fino a quando Giorgio non ebbe la  bella idea di fondare le Giornate degli Autori. Quando mi chiese se volevo seguirlo nell’avventura veneziana non ebbi dubbi.

E dopo Venezia sei approdata anche al Noir in Festival, ora alla sua XXVII edizione. Com’è questa nuova sede lombarda, oltre che meno fredda
?

Il Noir in Festival ha una storia trentennale, io ci lavoro da “solo” 15 anni. È un Festival che ha cambiato casa più di una volta, Courmayeur è stata la sua dimora più duratura, luogo adattissimo a un festival di genere. Era meraviglioso vedere film di paura e poi uscire dalla sala e trovare metri e metri di neve… Trasferirci in Lombardia è stato proprio come quando fai un trasloco da una casa all’altra: all’inizio eravamo un po’ spaesati, ma adesso ci stiamo adattando e ci troviamo molto bene. Il Festival si snoda fra Milano e Como, cambiare e sperimentare è anche divertente.

Il Noir è un festival di cinema ma anche di letteratura. Come si conciliano questi due mondi?

Cinema e letteratura sono proprio i due polmoni del Festival, e per noi hanno la stessa importanza. Per quanto riguarda la letteratura, quest’anno l’evento più importante è la consegna del Raymond Chandler Award – il nostro premio alla carriera – alla scrittrice canadese Margaret Atwood, autrice – tra le altre cose – del bellissimo romanzo The Handmaid’s Tale da cui è stata tratta la serie in programma in questo periodo su Tim Vision. Sempre in questi giorni su Netflix va in onda Alias Grace, una miniserie basata sull’omonimo romanzo della Atwood. È una scrittrice meravigliosa  che per un soffio non ha vinto il Nobel quest’anno.

Cosa prevede il cartellone cinematografico?

Il Festival si apre e si chiude con due film fuori concorso: si inizia con il nuovo film del regista di Notting Hill Roger Michell, My Cousin Rachel con Rachel Weisz e Sam Claflin, opera davvero molto interessante che vede anche la partecipazione di Pierfrancesco Favino, e si chiude con l’ultimo film di Todd Haynes, Wonderstruck – La stanza delle meraviglie, che era in concorso a Cannes. Evento imperdibile la proiezione della versione restaurata in 4K de Il silenzio degli innocenti, a 25 anni dai 5 Oscar che ottenne il film, una versione, realizzata dal British Film Institute, davvero incredibile sotto ogni punto di vista, colore, suono, immagine. Poi c’è il concorso principale che prevede 8 film in gara, tutte anteprime italiane, che declinano il genere in modo molto diverso: c’è la vendetta al femminile di Mouly Surya, talentuosa regista indonesiana di The Murderer in Four Acts, rilettura in chiave contemporanea dello spaghetti western; l’esordio al lungometraggio della regista irlandese Juanita Wilson con il thriller Tomato Red e il ritorno alla regia (dopo sei anni da We need to talk about Kevin) della scozzese Lynne Ramsay che con You Were Never Really Here ci regala una performance incredibile di Joaquin Phoenix qui nei panni di un brutale vendicatore. Da non perdere anche Burn Out di Yann Gozlan, film francese adrenalinico ambientato nel mondo delle corse di moto; Handia – Giant, film storico parlato in lingua basca che – come ha detto qualcuno – sta a metà tra il cinema di Lynch e quello di Lean; Euthanizer di Teemu Nikki,  una dark comedy finlandese con atmosfera da B-Movie, Madame Hyde di Serge Bozon con Isabelle Huppert che interpreta in chiave grottesca e surreale il mito ottocentesco di Dr. Jekyll e Mr. Hyde e infine lo svedese  The Nile Hilton Incident di Tarek Saleh su un detective corrotto della polizia del Cairo. Insomma, tutti lavori molto diversi che saranno giudicati da una giuria internazionale composta da 5 personalità del mondo del cinema, due giovani attori italiani, un critico francese, una regista britannica e un fotografo spagnolo (a breve renderemo noti i nomi).

Questa edizione introduce inoltre un’importante novità, il Premio Caligari. Di cosa si tratta?

Sì, quest’anno ci sarà anche un concorso di opere italiane in memoria di Claudio Caligari che premierà il miglior noir italiano uscito nelle sale nel corso del 2017. Fra i film in gara l’ultimo dei Manetti Bros, Ammore e malavita, il film d’animazione Gatta Cenerentola, Sicilian Ghost Story di Grassadonia e Piazza, Falchi di Toni D’Angelo, Omicidio all’italiana di Maccio Capatonda, I figli della notte di Andrea De Sica, Monolith di Ivan Silvestrini e  l’esordio alla regia di Donato Carrisi La ragazza nella nebbia. Questi film saranno giudicati da una giuria popolare composta da studenti universitari e appassionati, affiancati da due critici cinematografici e un presidente che guiderà le discussioni di voto.

Come si svolge il lavoro di selezione delle opere in concorso? È molto diverso rispetto a quello di Venezia?

Molto, perché per Venezia richiediamo esclusivamente prime mondiali. Per il Noir, invece, essendo più elastici rispetto allo status del film (esigiamo solo l’anteprima italiana) possiamo permetterci di selezionare film che hanno già avuto vita festivaliera altrove. Questo comporta un approccio alla ricerca completamente diverso.

Perché, secondo te, tante persone – in particolar modo i giovani – amano questo genere cinematografico?

Io credo che tante persone amino questo genere innanzitutto perché un thriller, se è un buon thriller, intrattiene ma soprattutto fa lavorare il cervello. È un tipo di cinema che ti fa essere attivo, che ti fa ragionare, passi tutto il tempo a chiederti cosa accadrà, scena dopo scena. E poi la paura attrae: persino mio figlio – che ha 10 anni – è affascinato solo dalle copertine dei DVD dei film horror. È un richiamo inconscio verso la paura: il mistero ci spaventa e allo stesso tempo ci attira irresistibilmente. E infine credo che guardare questo tipo di film sia anche un modo per esorcizzare la paura, non solo per gli spettatori ma anche per i grandi maestri: primo fra tutti Dario Argento, che ha sempre dichiarato di fare film horror per superare i suoi incubi.

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Festival: i premi aiutano i giovani https://www.fabriqueducinema.it/education/tavole-rotonde/festival-premi-aiutano-giovani/ https://www.fabriqueducinema.it/education/tavole-rotonde/festival-premi-aiutano-giovani/#respond Fri, 15 Sep 2017 12:36:20 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9266 La location – lo spazio della Regione Veneto che dal 1932 ospita il festiva cinematografico più antico del mondo – è quella della cultura: qui, nell’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, si è svolta la tavola rotonda promossa da Fabrique che si è interrogata proprio sull’utilità e l’opportunità di festival e manifestazioni […]

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La location – lo spazio della Regione Veneto che dal 1932 ospita il festiva cinematografico più antico del mondo – è quella della cultura: qui, nell’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, si è svolta la tavola rotonda promossa da Fabrique che si è interrogata proprio sull’utilità e l’opportunità di festival e manifestazioni cinematografiche in generale.

A ciascuno il suo premio: festival e territorio tra indotto, identità ed empowerment locale il titolo dell’incontro, animato da un parterre di livello, con i direttori di alcune tra le manifestazioni più importanti: Giorgio Gosetti, membro del direttivo dell’AFIC (Associazione Festival Italiani di Cinema), Boris Sollazzo, Codirettore dell’Ischia Film Festival, Pedro Armocida, Direttore della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Roberto De Feo, Distributore cinematografico Prem1ere Film e coproduttore dei Fabrique Awards, Daniele Urciuolo, produttore cinematografico e direttore, tra gli altri, del Catania Film Fest e Valerio Carocci, Presidente dell’Associazione Piccolo America. Assieme a loro Elena Mazzocchi, qui nella duplice veste di Direttore Editoriale della nostra rivista e Responsabile dei Fabrique Awards, il premio dedicato alla creatività e alla sperimentazione in ambito filmico nato con lo scopo di dare il giusto riconoscimento a quanti nel cinema si impegnano con ogni mezzo a dar vita a progetti originali sia nelle forme che nei contenuti. Ha moderato il dibattito Ilaria Ravarino, giornalista e Direttore Responsabile di Fabrique.

Proprio Elena Mazzocchi ha aperto il dibattito, presentando insieme a Roberto De Feo le novità di quest’anno, con un premio – Fabrique Awards, che si celebrerà a Roma il 15 dicembre – che per la prima volta apre alle cinematografie internazionali, aggiungendo alle cinque categorie in concorso delle passate edizioni del Premio Fabrique (Miglior opera prima, Miglior opera innovativa e sperimentale, Attore rivelazione, Attrice rivelazione e Miglior tema musicale) ulteriori sezioni: Miglior film, Miglior cortometraggio, Miglior sceneggiatura, Migliore webserie e Miglior documentario.

Il dibattito subito si anima, con Boris Sollazzo, codirettore di Ischia, «un festival di locations, che vive proprio grazie al suo legame col territorio», che sottolinea quanto fondamentale e gratificante sia la risposta del pubblico a questo tipo di manifestazioni: «Vedere John Turturro applaudito da una platea entusiasta non meno di lui di essere in un luogo magico come Ischia» è uno dei segnali che dicono come un progetto culturale a cui si lavora con passione e competenza sia prezioso e riconosciuto dal pubblico. Ma, si chiede anche il giovane direttore, con una punta di provocazione, non sono forse troppi i premi cinematografici in circolazione in Italia?

 

«Al contrario, i premi servono – risponde Elena Mazzocchi – soprattutto ai giovani autori. L’idea che sottende i Fabrique Awards è proprio quella di evidenziare quanto ci sia di innovativo e creativo nel panorama italiano, e che spesso, ma non necessariamente, si sposa anche con criteri anagrafici». «Un festival – aggiunge Giorgio Gosetti – deve rispondere a due precise caratteristiche, identità e necessità, due delle parole chiave dello statuto dell’AFIC, che sono ancora oggi i due valori in cui crediamo di più. L’identità è data da un vero progetto culturale, mentre cosa sia la necessità ce lo dice il pubblico: un festival vuoto non è mai un festival necessario. Un festival, se non lo si costruisce per lo spettatore, non ha senso farlo».

la tavola rotonda sui festival di Fabrique a Venezia 74Di spettatori ha parlato anche Daniele Urciuolo, raccontando la sua esperienza a Catania, «una splendida piazza, che tra centro città e comuni della provincia conta 600.000 abitanti e potenziali utenti». E proprio il suo festival è tra quelli più radicati sul territorio, «riuscendo a portare sul palco ospiti spesso legati alla Sicilia, dagli attori (Stella Egitto e Katia Greco su tutti) a tecnici, direttori della fotografia, operatori, montatori».

Ugualmente fruttuosa rispetto al rapporto con il territorio è l’esperienza di Pedro Armocida, direttore di un festival dalla spiccata connotazione culturale. «Pesaro nasce nel 1975, fondato da Lino Micciché e Bruno Torri. Fin dagli inizi è stato uno principali festival internazionali, e ha ospitato intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Roland Barthes, Umberto Eco, Roberto Rossellini. Il nostro impegno è quello di mantenere quell’ispirazione, anche dando vita a momenti unici che avvengono solo durante il festival. Ad esempio ci stiamo specializzando sulla pellicola, che a torto si penserebbe superata, e abbiamo una sala interamente dedicata a questo tipo di proiezioni, con i cineasti che commentano con il pubblico il loro lavoro. E qualche volta il pubblico ci sorprende, come quando ha riempito la sala del film supertintellettuale con i sottotitoli, snobbando quella che proiettava il blockbuster americano».

la tavola rotonda sui festival di Fabrique a Venezia 74

Con Valerio Carocci si è passati infine ad analizzare un fenomeno forse più marginale ma di grande impatto, come l’esperienza dell’arena del Festival Trastevere Rione di Cinema, «nato come un atto politico per ottenere la riapertura della storica sala del Cinema America». Muovere dalla politica alla cultura è stato un passo necessario, ottenuto – puntualizza Valerio Carocci – anche «imparando da quanti, come i direttori qui presenti, hanno un’esperienza di peso alle spalle. Quello che forse a Roma manca è un festival che dialoghi davvero con la città, che abbia la città come sua perla principale. Trastevere è il rione del cinema, quello con più sale chiuse e aperte, quello con il maggior numero di set attivi, e volevamo raccontare questa esperienza, questo rapporto tra cinema e territorio». E conclude: «la nostra presenza ha anche apportato una serie di vantaggi a tutto l’indotto: si pensi ad esempio al mercato rionale che era sempre solo aperto al mattino e che quest’anno abbiamo portato ad aprire anche di notte».

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