gender gap Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 23 Oct 2024 14:30:35 +0000 it-IT hourly 1 Tech femminismo https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/tech-femminismo/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/tech-femminismo/#respond Wed, 22 Nov 2023 18:08:46 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18814 Riappropriarsi delle regole del gioco di tecnologia e intelligenza artificiale: è la parola d’ordine del nuovo femminismo, che non vuole più lasciare la palla solo agli uomini. Partiamo da Teknolust, profetico film del 2002 di Lynn Hershman Leeson con Tilda Swinton: è un’utopia sci-fi di come le cose dovrebbero essere se alle donne fosse stato […]

L'articolo Tech femminismo proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Riappropriarsi delle regole del gioco di tecnologia e intelligenza artificiale: è la parola d’ordine del nuovo femminismo, che non vuole più lasciare la palla solo agli uomini.

Partiamo da Teknolust, profetico film del 2002 di Lynn Hershman Leeson con Tilda Swinton: è un’utopia sci-fi di come le cose dovrebbero essere se alle donne fosse stato riconosciuto da sempre un rapporto alla pari con scienza e tecnologia (secondo dati Istat del 2021, in Italia si laurea presso Facoltà scientifiche solo il 16,5 delle studentesse, contro il 37% degli studenti).

Teknolust non fa mistero di giocare sulla prospettiva ribaltata: nel mondo della sua protagonista, la scienziata Rosetta Stone (Swinton), gli elettrodomestici nascondono futuristici dispositivi di calcolo e comunicazione, e l’obiettivo delle giornate è uno solo: creare la vita prescindendo dall’apporto dei maschi. Per Stone, questo significa creare robot senzienti “infusi” di vita dal suo stesso DNA. Di conseguenza, non solo le saranno biologicamente, ma anche fenotipicamente identici. I nomi delle prime “figlie” sono Ruby, Olive e Marinne, tutte interpretate da Swinton. Confinate in casa, ma impazienti di mettere il naso là fuori. Anche perché, per sopravvivere, hanno bisogno di un nutriente particolare: il cromosoma Y contenuto nel genoma degli uomini. Per procurarselo c’è solo una strada: uscire dal nido, sedurli in un rapporto sessuale, e portare a casa il bottino.

Con Teknolust Herman non si muove nel vuoto, ma si lega a una riflessione cominciata con i movimenti post-umanisti e, specialmente, nell’alveo di un femminismo che si avvia al suo periodo tardo e che, pur non dichiarandosi intersezionale, di fatto ne anticipa alcuni assunti di base. Il testo canonicamente indicato come apripista di questo cambiamento è il Manifesto Cyborg di Donna Haraway: pubblicato per la prima volta sulla Socialist Review nel 1985, il Manifesto rivendica una visione complessa dell’identità e dunque del ruolo sociale dell’individuo, non riconducibile alle dualità di pensiero (“maschio” contro “femmina”) proposte dalla società occidentale e patriarcale. Siamo tutti assemblati di pezzi diversi, tutti cyborg o Creature (Shelley scrive che le membra del “mostro” provengono da corpi diversi, poi ricucite insieme) e la strada procede sull’individuazione dei punti di comunità e non, come nella prima ondata di femminismo, delle differenze. Come scrive Helen Hester in Xenofemminismo (NERO, 2018), «Manifesto Cyborg è stata un’espressione precoce dell’appello a generare parentele. […] Le basi per le nostre coalizioni strategiche più produttive potrebbero non risiedere nel nostro DNA». Memori della lezione di Michela Murgia, vogliamo aggiungere un complemento di specificazione: parentele d’anima, affinità elettive. Senza il bisogno di riprodurci con un cromosoma Y di mezzo.

Teknolust
Tilda Swinton in “Teknolust”.

C’è di più. Tanto il pensiero cyborg che lo xenofemminismo (una delle ultime evoluzioni del post-femminismo e transfemminismo) invocano un recupero del rapporto uno-a-uno con la tecnologia nella sua accezione più vasta: un mezzo, mai un fine, per modificare le persone e la loro relazione con l’identità e il contesto sociopolitico. Storicamente infatti, dicendola con il sottotitolo del saggio Gender Tech (Editori Laterza, 2023) di Laura Tripaldi (scienziata e scrittrice, PhD in Scienza e Nanotecnologia dei Materiali), la tecnologia ha controllato il corpo delle donne, relegandole in ruoli preconfezionati e sempre soggetti alla volontà di colonizzazione maschile rifrasata come “indagine scientifica”, spesso medica. Scrive Tripaldi: «Le violenze operate dalla medicina sui corpi femminili […] non sono soltanto una macchia indelebile nel rapporto delle donne con il sapere tecno-scientifico. Sono anche, e soprattutto, l’inizio di una nuova forma di controllo tecnologico sui corpi, destinato a svilupparsi […] attraverso il Novecento in forme sempre più sottili e invisibili». […]

Di queste tecnologie, come la contraccezione ormonale, che promette non solo protezione da gravidanze indesiderate ma anche salvezza da tutti gli “squilibri” e i “guai” dell’essere donna, si dice che “è ciò che vogliono le donne”. Peccato che, come spiega Tripaldi, siano state inventate da un uomo, e che la situazione non migliori nemmeno nei trial medici per farmaci di uso comune, viziati dal cerchio di un serpente che si morde la coda: si hanno pochi dati sul corpo delle donne perché ci si concentra solo su alcuni aspetti del loro funzionamento, cercando di sopprimerli o controllarli; si sviluppano medicinali con dati prevalentemente maschili; ai trial i partecipanti sono prevalentemente uomini; dunque i prodotti sono sviluppati per gli uomini.

Si genera così un bias sistemico nei confronti del corpo femminile, tenuto in scarsa considerazione se non durante eventi biologici che, come la gravidanza, sono giudicati “interesse della comunità”. Tornando a Hester: «Lo xenofemminismo è un tentativo di formulare una politica di genere radicale adeguata a un’epoca di globalità, complessità e tecnologia. […] Il progetto xenofemminista non rifiuta la tecnologia (o la scienza o il razionalismo – idee spesso considerate costrutti patriarcali), ma la considera tanto una parte dell’ordito e della trama delle nostre vite quotidiane quanto una potenziale sfera di intervento attivista».

In altre parole, serve riappropriarsi della tecnologia, utilizzandola attivamente e rivendicando una libertà sociale che proprio dalla tecnologia è stata storicamente negata. Un’esigenza tanto più attuale negli anni in cui l’Intelligenza Artificiale è arrivata – e sempre di più arriverà – alla ribalta della quotidianità. Lo scriveva, già cinque anni fa, Ivana Bartoletti sul Guardian: «Il problema dell’avere solo uomini a scrivere le regole del gioco si sta facendo evidente nelle dinamiche di una cosa che è destinata a cambiare il modo in cui vivremo e respireremo: l’AI».

Bartoletti è una dei maggiori esperti mondiali di privacy e protezione dei dati. È stata ricercatrice all’Università di Oxford ed è attualmente Global Data Privacy Officer di Wipro. «C’è un primo grande problema: le scienziate sono poche, e questo porta a una conseguenza ancora più disastrosa: la mancanza di pensiero intersezionale mentre si crea un algoritmo». Che cosa succederebbe, per esempio, se per rinnovare un patente bastasse interfacciarsi con un’Intelligenza Artificiale, e se questa fosse stata addestrata per sottoporre le donne a prove e scrutini maggiori (d’altronde, donna al volante…)? O se il processo di recruitment di un’azienda dovesse passare attraverso le maglie dell’AI, magari portata a sfavorire le donne in età fertile per la paura di una maternità imminente? E che cosa succederebbe se queste AI fossero state cresciute nella convinzione che i capelli di una persona afrodiscendente non fossero indice di affidabilità? […]

Oggi, mentre siamo tutti bravi a giocare con ChatGPT e creare immagini di animali buffi con Midjourney, sarebbe bene non far cadere questi e altri avvertimenti nel vuoto.

QUESTA È UN’ANTICIPAZIONE DELL’ARTICOLO COMPLETO DI ELISA TENEGGI CHE SARÀ DISPONIBILE SUL NUOVO NUMERO DI FABRIQUE SOLO PER GLI ABBONATI, CLICCA QUI PER ABBONARTI

L'articolo Tech femminismo proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/tech-femminismo/feed/ 0
Ridiamoci su! Un docu-video per l’8 marzo https://www.fabriqueducinema.it/focus/ridiamoci-su-un-docu-video-per-l8-marzo/ Mon, 08 Mar 2021 09:04:23 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15272 Il modo in cui le donne vengono rappresentate nei media influenza ciò che avviene nella vita reale? Ridiamoci su, il docu-video scritto e interpretato da Carolina de’ Castiglioni in uscita oggi 8 marzo sottolinea che in Italia c’è ancora molto da fare per evitare che parole e immagini possano avere gravi conseguenze. Alternando un ironico […]

L'articolo Ridiamoci su! Un docu-video per l’8 marzo proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Il modo in cui le donne vengono rappresentate nei media influenza ciò che avviene nella vita reale? Ridiamoci su, il docu-video scritto e interpretato da Carolina de’ Castiglioni in uscita oggi 8 marzo sottolinea che in Italia c’è ancora molto da fare per evitare che parole e immagini possano avere gravi conseguenze.

Alternando un ironico monologo a spezzoni di pubblicità, trasmissioni televisive e radiofoniche, l’attrice si (e ci) domanda: «È possibile che il modo in cui le donne sono rappresentate nei media ne influenzi la percezione nella vita reale?». Nel video Carolina de’ Castiglioni ipotizza che la violenza nasca dalle parole, e che alcuni comportamenti visti alla televisione contribuiscano ad alimentare stereotipi di genere. Dallo spot della donna che, ballando, pulisce il bagno, agli apprezzamenti per la bocca della Boschi… in Ridiamoci su ce n’è per tutti.

Non sarebbe un gran problema e ci si potrebbe quasi ridere su, non fosse per i recenti dati di femminicidio in Italia durante la pandemia. L’attrice fa riferimento alle 113 donne uccise dal marzo 2020 a oggi, una media di due donne a settimana (fonte La Repubblica, Osservatorio Femminicidi). A loro dedica il suo progetto.

23 anni, Carolina de’ Castiglioni è un’attrice laureata con lode in recitazione e filosofia alla New York University Tisch School of the Arts. Lo spettacolo teatrale da lei scritto, Syrma, ha avuto repliche che hanno registrato sempre il tutto esaurito, ed è stato selezionato per il New York Theatre Festival. Sta lavorando alla stesura del suo primo film e ha vinto svariati premi come miglior attrice a vari festival internazionali.

 

L'articolo Ridiamoci su! Un docu-video per l’8 marzo proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>