Futura Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Thu, 02 Sep 2021 13:09:29 +0000 it-IT hourly 1 Futura, i giovani secondo Marcello, Munzi e Rohrwacher https://www.fabriqueducinema.it/festival/futura-i-giovani-secondo-marcello-munzi-e-rohrwacher/ Sat, 17 Jul 2021 14:57:50 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15862 Il terzo dei quattro film italiani selezionati alla Quinzaine des Réalisateurs è il film collettivo (la definizione è degli autori) Futura, di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher, con il titolo – appropriato e suggestivo – mutuato da Lucio Dalla, il quale è stato oggetto di un altro lavoro di Pietro Marcello che in […]

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Il terzo dei quattro film italiani selezionati alla Quinzaine des Réalisateurs è il film collettivo (la definizione è degli autori) Futura, di Pietro Marcello, Francesco Munzi e Alice Rohrwacher, con il titolo – appropriato e suggestivo – mutuato da Lucio Dalla, il quale è stato oggetto di un altro lavoro di Pietro Marcello che in questi giorni è visionabile su Nexo Digital, Per Lucio, montaggio di materiale d’archivio sul grande musicista bolognese.

Futura è un film sui giovani. Come ha voluto precisare a chiare lettere Marcello in una delle serate della Quinzaine in cui il film è stato proiettato, nel nostro tempo si dà troppo spazio alla voce dei “vecchi”, è invece giusto che i giovani abbiano una propria tribuna di espressione, un territorio d’elezione che li elegga portavoce del proprio tempo. Ed è molto bello che questo territorio sia il cinema.

Un cinema didattico, quello dei nobili intenti di cui antichi maestri italiani sono stati paladini: si pensi a Rossellini, naturalmente, ma anche il reportage-fiume di Luigi Comencini I bambini e noi, di cui alcuni spezzoni significativi e iconici sono sapientemente inseriti nel montaggio di Futura.

Questa è dunque la missione di Marcello, Munzi e Rohrwacher, un cinema didattico che non tenga la lezioncina pedante agli spettatori, ma che in qualche modo ne smuova la coscienza, ne amplifichi le vedute, insomma, non un cinema che finisca in parlamento e generi la redazione di nuovi DDL (che, comunque, non sarebbe male), ma un cinema che penetri nel quotidiano, e che aiuti a gettare uno sguardo nuovo su questo enorme, importante e variegato corpus della società: la gioventù.

Il film ha vissuto una lavorazione avventurosa (è proprio il caso di dirlo: come il nome della casa di produzione di Pietro Marcello). Iniziato nel febbraio del 2020 come un viaggio attraverso tutta la penisola (Marcello è un grande ammiratore di Guido Piovene e del suo Viaggio in Italia, chissà che la suggestione non venga da lì), alla ricerca di ragazze e ragazzi in ogni contesto urbano ed extra-urbano, ha poi avuto la battuta d’arresto della pandemia e dei vari lockdown. La diffusione del nuovo virus, senza diventare un fatto su cui speculare opportunisticamente e sul quale aggiustare la rotta del film, è una circostanza storica che, per tragica ed epocale che sia, non cambia il punto di vista sui giovani e sul loro futuro: le incertezze e le speranze delle allieve del corso per estetiste di Mariglianella in provincia di Napoli sarebbero state le stesse, comunque, e lo stesso vale per le matricole della Normale di Pisa; i ragazzi della campagna teramana vivono in un tempo che sembra sospeso (per quanto il film sia orizzontale, come lo ha definito Marcello nell’introduzione a una delle proiezioni di Cannes, la sensibilità dei registi emerge seppur discretamente dai rispettivi reportage: in questo caso, il discorso su una dimensione a-temporale, di un’epoca indefinibile, è una cifra che appartiene ad Alice Rohrwacher da sempre), viceversa hanno le idee molto chiare sul presente e su alcune sue deformazioni dovute ai social network i ragazzi della periferia romana intervistati da Francesco Munzi.

L’aspetto visivo, infine, merita una sottolineatura: le riprese rigorosamente in 16 millimetri (una tavolozza quasi ideologica alla quale Pietro Marcello, per fortuna, non rinuncia mai) conferiscono ai volti di questi ragazzi una statura iconica che col digitale difficilmente si sarebbe raggiunta, e i tre autori, tutti eccezionali ideatori di immagini per il cinema, non rinunciano mai alle sacrosante regole della composizione. Per questa felice commistione fra la cura estetica e la profondità di penetrazione dentro alla materia d’indagine, questo film sì, come auspica Pietro Marcello, può fare scuola.

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Futura: se è la musica a unire padri e figli https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/futura-se-e-la-musica-a-unire-padri-e-figli/ Wed, 09 Jun 2021 13:01:38 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15611 Sin dall’inizio di Futura, il nuovo film di Lamberto Sanfelice (nei cinema dal 17 giugno, distribuito da Adler Entertainment), la musica prende per mano lo spettatore e non lo lascia più andare. Non detta solo il ritmo della storia, ma ne è il vero e proprio motore scatenante: in Futura tutti i personaggi vivono di […]

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Sin dall’inizio di Futura, il nuovo film di Lamberto Sanfelice (nei cinema dal 17 giugno, distribuito da Adler Entertainment), la musica prende per mano lo spettatore e non lo lascia più andare.

Non detta solo il ritmo della storia, ma ne è il vero e proprio motore scatenante: in Futura tutti i personaggi vivono di (e per) la musica e inevitabilmente trascinano chi guarda all’interno di questo vortice fatto di note. Perché il protagonista Louis (Niels Schneider) si trova proprio all’interno di un vortice, dal quale dovrà tentare di uscire non tanto per realizzare i suoi sogni, quanto per riconquistare sua figlia. Futura è un viaggio che si dipana attraverso la musica, ma conduce inesorabile verso le proprie responsabilità: un percorso di crescita che comincia con la tromba di Louis, passa per la voce di Lucya (Daniela Vega) e termina con il pianoforte della piccola Anita (Aurora Onofri). Non sorprende che sia stata quindi proprio la musica il punto di partenza per Sanfelice.

Da dove nasce l’idea per il film?

Nasce in particolare dall’incontro con un tassista che suonava la tromba, ma poi si è sviluppato attraverso altri incontri con musicisti come Stefano Di Battista ed Enrico Rava, che fanno anche parte del cast. È un film che abbiamo voluto fare soprattutto con loro e per loro, per i musicisti. Dopo una pellicola silenziosa e fatta di atmosfere come Cloro (2015), dove a fare da colonna sonora erano il vento e l’acqua, avevo voglia di musica. Volevo che fosse il cuore della storia e soprattutto che raccontasse gli stati d’animo dei personaggi. Il jazz e la tromba sono il punto di partenza del film, ma ogni personaggio ha una propria musica, diversa: Daniela Vega ha la lirica, la piccola Aurora ha il piano, la stessa Matilde Gioli ha un’anima rock. I personaggi insomma con la musica comunicano e cercano il contatto con gli altri.

Futura
Niels Schneider e Aurora Onofri (ph: Adele Pozzali).

Il ruolo dei musicisti dunque è importantissimo. In che modo hai lavorato con loro?

Sì, il loro contributo va oltre la composizione delle musiche. Li ho conosciuti un paio d’anni prima di girare il film e sono stati fondamentali nel farmi scoprire il mondo del jazz, verso il quale provavo molta curiosità. Mi sono quindi lasciato guidare alla sua scoperta. Mi hanno raccontato le storie dei musicisti e molti dei racconti sono poi finiti nel film, ad esempio la figura del padre del protagonista è un omaggio ai musicisti degli anni Ottanta e Novanta e in particolare a Massimo Urbani. E poi devo dire che sono stati incredibilmente generosi, hanno sempre creduto nel progetto, anche quando il film non aveva ancora una produzione. Insomma, sono state delle figure importanti proprio a livello di scrittura.

Dalla visione si evince la cura con la quale hai costruito, aiutato dalla fotografia di Luca Bigazzi, l’atmosfera giusta per questa storia. Qual è stata la tua fonte d’ispirazione?

È stata sicuramente Milano, che ha plasmato il linguaggio del film: volevamo un’estetica metropolitana e contemporanea per portare il jazz al mondo d’oggi. Si tende a relegare questo genere al passato, mentre noi avevamo la voglia di attualizzarlo. Per questo ci siamo appoggiati a Milano, facendo anche ricerche sull’architettura e decidendo di raccontare soprattutto i quartieri riqualificati. L’idea era quella di immergere questa storia in una metropoli europea e sicuramente Milano lo è, molto più di altre città italiane.

Puntavi sin da subito ad un cast internazionale?

Anche in questo caso c’entra Milano: prima della pandemia aveva un’energia incredibilmente internazionale e abbiamo pensato che fosse un’idea interessante restituirla attraverso il cast del film. Nello specifico Daniela Vega l’avevamo vista su Una donna fantastica, mentre Niels Schneider lo seguo dai primi film con Xavier Dolan e ho pensato che per lui fosse arrivato il momento di interpretare un personaggio alle prese con il fatidico passaggio all’età adulta, un uomo che dovesse scendere a patti con il ruolo di padre.

Futura Daniela Vega
Daniela Vega è Lucya in “Futura” (ph: Adele Pozzali).

Daniela Vega ha un ruolo davvero interessante e quando canta Un bel dì vedremo crea uno dei momenti più d’impatto all’interno della pellicola. Parlami del suo personaggio.

È un personaggio che è l’antitesi del protagonista. Lui cerca l’isolamento dal mondo ed è un emarginato per scelta, mentre lei lo è perché si trova a vivere le difficoltà delle donne che affrontano la transizione. Anche per questo stanno bene insieme: lei non chiede niente che lui non possa darle e si tengono compagnia girando per questa città notturna. Persino nel rapporto con i figli sono agli opposti: lei ha il forte desiderio di tornare dal suo bambino, un desiderio che esprime anche attraverso la Butterfly, una donna alla quale tentano di portare via il figlio, appunto, mentre invece il protagonista fa fatica a prendersi le responsabilità paterne e rifiuta quasi questo ruolo. Daniela poi ha un’energia davvero incredibile e la trasmette al film, senza contare che ha anche una formazione da cantante lirica e quindi ci ha permesso di giocare con la sua voce.

 

 

 

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