Francesco Montanari Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 17 Jan 2022 08:34:55 +0000 it-IT hourly 1 The winner is: tutti i vincitori dei Fabrique Awards 2021 https://www.fabriqueducinema.it/festival/the-winner-is-tutti-i-vincitori-dei-fabrique-awards-2021/ Thu, 23 Dec 2021 10:17:08 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16528 Il 22 dicembre, alla Sala Umberto, scintillante e affollatissima serata di premiazione dei Fabrique du Cinéma Awards 2021: guidati da Riccardo Festa e Francesca Inaudi, sul palco si sono avvicendati i nominati più hot del giovane cinema italiano e ospiti come Michela Giraud, Alex Britti, Francesco Montanari, Beppe Fiorello, Zerocalcare, gli SlimDogs e la giovanissima […]

L'articolo The winner is: tutti i vincitori dei Fabrique Awards 2021 proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Il 22 dicembre, alla Sala Umberto, scintillante e affollatissima serata di premiazione dei Fabrique du Cinéma Awards 2021: guidati da Riccardo Festa e Francesca Inaudi, sul palco si sono avvicendati i nominati più hot del giovane cinema italiano e ospiti come Michela Giraud, Alex Britti, Francesco Montanari, Beppe Fiorello, Zerocalcare, gli SlimDogs e la giovanissima Cristina Magnotti (Fortuna, L’amica geniale) che ha recitato un monologo sulla Siria per Save the Children, partner della serata. Colonna sonora le note di Stefano di Battista, che con il suo sassofono ha reso un omaggio intenso e personalissimo a Ennio Morricone. 

Qui la Fotogallery (ph: Matteo Quartarone)

Ecco tutti i premiati nelle 12 categorie dei Fabrique du Cinéma Awards:

Miglior Sceneggiatura di cortometraggio internazionale (Best Short Film Screenplay)

In buone mani di Mirco Roncoroni

Miglior Concept di Serie TV (Best TV Series Concept)

Mirella di Gregory Fields

Miglior Cortometraggio Internazionale (Best International Short Film)

Hair Tie, Egg, Homework Books di Runxiao Luo

Miglior Documentario internazionale (Best International Documentary)

Her Stories di Abd Al-Kader Habak 

Miglior Cortometraggio Italiano (Best Italian Short Film) 

Il Moro di Daphne Di Cinto

Miglior Colonna sonora (Best Italian Soundtrack)

Federico Bisozzi e Davide Tomat per il film Mondocane

Miglior attore (Best Italian Actor)

Giancarlo Commare per Maschile singolare

Miglior attrice (Best Italian Actress)

Irene Vetere per La tana

Miglior Serie TV (Best TV Series)

Strappare lungo i bordi di Zerocalcare

Miglior film internazionale (Best International Feature Film)

Botox ​​di Kaveh Mazaheri (Iran)

Miglior opera prima italiana (Best Italian Debut Feature Film)

L’afide e la formica di Mario Vitale

Miglior opera italiana innovativa e sperimentale (Best Italian Innovative and Experimental Feature Film)

Re Granchio di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis

 

Sono partner dei Fabrique du Cinéma Awards:

DG Cinema e Audiovisivo – Ministero della Cultura, Teatro Sala Umberto, Save the Children, BCC, RaiMovie, DeSisti, D-Vision – Movie People, Agenti Spettacolo Associati, Kosmos VFX, Aurora, SlimDogs, Harumi, IDL Makeup, Cattive Produzioni

 

L'articolo The winner is: tutti i vincitori dei Fabrique Awards 2021 proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Regina, un’opera prima “in punta di piedi” https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/regina-unopera-prima-in-punta-di-piedi/ Wed, 02 Jun 2021 11:20:47 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15605 Classe 1983, Alessandro Grande ha presentato il suo primo lungometraggio, Regina, all’ultimo Torino Film Festival, unico titolo italiano in concorso: il film è finalmente ora in sala, dopo il lungo stop dovuto al lockdown. Regina nasce dal bisogno di elaborare il trauma contemporaneo del conflitto generazionale tra genitori (assenti o privati del loro ruolo) e […]

L'articolo Regina, un’opera prima “in punta di piedi” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Classe 1983, Alessandro Grande ha presentato il suo primo lungometraggio, Regina, all’ultimo Torino Film Festival, unico titolo italiano in concorso: il film è finalmente ora in sala, dopo il lungo stop dovuto al lockdown.

Regina nasce dal bisogno di elaborare il trauma contemporaneo del conflitto generazionale tra genitori (assenti o privati del loro ruolo) e figli (oppressi da un profondo senso di colpa). Per il giovane regista, d’altronde, è proprio a questo che serve il racconto per immagini, a esternare dei sentimenti e delle emozioni che, per trovare la loro massima espressione e libertà, hanno bisogno di spingersi oltre i limiti della carta e della scrittura. Un lavoro, dunque, quello del regista, che Alessandro Grande vede proprio come un’urgenza personale: «È un discorso di sensibilità. Portare avanti un film o un corto richiede uno sforzo di energie tale che devi necessariamente credere in quello che racconti e, per farlo, ciò deve per forza nascere da un bisogno soggettivo di esplorare determinate corde del nostro animo, dei nostri pensieri, del nostro mondo interiore».

Cosa ti ha spinto a scegliere la strada della sceneggiatura e della regia?

Il cinema, prima di intraprendere il percorso universitario, lo percepivo solo come un intrattenimento: qualcosa di affascinante, ma totalmente distante da me. Durante l’università, però, mi ci sono avvicinato in modo più approfondito e ho capito che era ciò che volevo fare nella vita. Così, quasi in punta di piedi, ho realizzato un primo cortometraggio: una rivisitazione de La sequenza del fiore di carta di Pier Paolo Pasolini [episodio del film collettivo Amore e rabbia, 1969 ndr], in chiave contemporanea e totalmente opposta rispetto all’originale, per dimostrare come la tematica fosse talmente universale da mantenere comunque intatta la stessa valenza significativa. Da quel momento, ho incominciato un vero e proprio percorso nel cinema breve, che poi è terminato nel 2018 quando ho vinto il David di Donatello con Bismillah.

Regina è il tuo primo lungometraggio, come sei arrivato all’elaborazione di un’opera più lunga?

Alla base c’era la volontà di intraprendere un ulteriore step nella mia vita professionale e artistica. Con i corti avevo già toccato diversi argomenti, per cui sentivo l’esigenza di raccontare una storia a più ampio respiro. Tutto ciò è avvenuto in maniera abbastanza naturale, per cui non mi sono posto il problema della durata, mi sono invece lasciato andare liberandomi da ogni vincolo di tempo.

Regina film
Una scena di “Regina”.

In Regina è molto interessante il ruolo genitoriale che emerge, dove i padri partono e le madri sono assenti. Cosa puoi dirci a riguardo?

Se l’assenza della figura materna è un aspetto che sto ancora cercando di metabolizzare per ampliarlo in futuro, in Regina emerge soprattutto l’idea di un conflitto generazionale tra un padre e una figlia che si ritrovano, da soli, a dover superare insieme un percorso di crescita. Lui deve diventare uomo e padre, prendendosi le sue responsabilità; lei deve, invece, fare i conti con un peso che è più grande di lei, un enorme senso di colpa. Questi due aspetti, emersi già durante l’ideazione del soggetto, si sono rafforzati quando ho letto Il complesso di Telemaco di Recalcati. Grazie a questo saggio, sia io che lo sceneggiatore Mariano Di Nardo ci siamo maggiormente resi conto di quanto oggi ci sia sempre più bisogno di genitori che si assumano la propria responsabilità e di quanto i figli necessitino, per crescere, di una figura che possa guidarli e indirizzarli per non andare allo sbando.

Fin dall’inizio Regina appare come un’adulta che si prende cura del padre. Cosa puoi dirci rispetto al percorso di crescita di Regina e Luigi?

Ogni personaggio deve avere un carattere e un pensiero, deve essere reale. Abbiamo perciò deciso di costruire questi due personaggi in modo che fosse già da subito chiaro chi sono e come reagiscono. Se Regina non fosse stata caratterizzata da questo suo senso di responsabilità fin dall’inizio, se non fosse stata più matura e sensibile rispetto alla sua età, non avrebbe capito l’importanza di quello che è successo. Non avrebbe provato un enorme senso di colpa dal quale cerca di liberarsi durante tutto il racconto, salvo poi rendersi conto che è più grande di lei. Subentra allora il padre e il suo percorso di redenzione, generato proprio dall’impossibilità di Regina di accettare la realtà. I due personaggi compiono un percorso di crescita complementare.

Parlando più nello specifico della messinscena, ci sono numerose inquadrature che sostano su spazi vuoti, perché questa scelta visiva?

Essendo una regia totalmente al servizio degli attori e fatta di piani sequenza, sostare su degli spazi vuoti serviva per creare delle pause dal portato emotivo, ma anche per permettere allo spettatore di avvicinarsi ai personaggi, facendolo quasi entrare all’interno della scena. È dunque uno stile che ho deciso di sperimentare fin da subito: ero conscio dei rischi, soprattutto a livello di ritmo, ma ero sicuro che raccontandolo in questo modo avrei potuto far affezionare di più lo spettatore alle vicissitudini dei protagonisti.

Come hai costruito sul set il rapporto di complicità tra i due attori, Ginevra Francesconi e Francesco Montanari?

Sono due attori che hanno sposato in pieno il progetto, nonostante le difficoltà derivate dall’utilizzo costante del piano sequenza. Abbiamo fatto molte prove, siamo entrati nella mente dei personaggi: Ginevra ha addirittura preso lezioni di canto e di chitarra con il maestro Bruno Falanga, che poi ha fatto le musiche del film. Anche Francesco è stato bravissimo a spogliarsi di ogni restrizione e a mettersi a nudo per dare vita a un personaggio normale e non caricaturale, assolutamente reale come io desideravo.

 

 

L'articolo Regina, un’opera prima “in punta di piedi” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Francesco Montanari torna a caccia di mafiosi ne Il cacciatore 2 https://www.fabriqueducinema.it/serie/il-cacciatore-2/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/il-cacciatore-2/#respond Wed, 19 Feb 2020 13:17:59 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=13581 Rosario Rinaldo – presidente di Cross Productions – ci svela dinamiche e complessità della serie Il cacciatore 2 con protagonista Francesco Montanari, tratto dal romanzo autobiografico Cacciatore di mafiosi del pm Alfonso Sabella, da stadera su Rai2. Qual è stato l’iter creativo e produttivo per Il cacciatore 2? Creativamente parlando gli spettatori vedranno la continuazione […]

L'articolo Francesco Montanari torna a caccia di mafiosi ne Il cacciatore 2 proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Rosario Rinaldo – presidente di Cross Productions – ci svela dinamiche e complessità della serie Il cacciatore 2 con protagonista Francesco Montanari, tratto dal romanzo autobiografico Cacciatore di mafiosi del pm Alfonso Sabella, da stadera su Rai2.

Qual è stato l’iter creativo e produttivo per Il cacciatore 2?

Creativamente parlando gli spettatori vedranno la continuazione degli eventi narrati da Sabella nel suo romanzo. Si racconteranno quindi fatti e circostanze realmente accaduti – la maggior parte di quello che viene raccontato si basa sui verbali reali della vicenda. C’è da dire che non siamo mai stati interessati a mettere in scena il solito binomio buoni/cattivi: la nostra volontà è quella di riflettere sull’essere umano, sulla persona. Dal punto di vista produttivo, la modalità con cui cerchiamo di organizzare i nostri prodotti sta nel coinvolgere il prima possibile tutti gli attori e i registi già in fase di sviluppo e di scrittura. Questo fa in modo che i registi non arrivino sul set, dopo la lettura di un copione, “fissati” solamente sulla loro visione, ma fa in modo che si inseriscano in una visione globale e approfondita della storia. In questo senso si privilegia un aspetto quasi psicologico al lavoro perché si arriva a farlo proprio, a respirarlo davvero.

Qual è stato l’impatto di una serie del genere sulla televisione generalista italiana?

Occorre dire che non è stata un’operazione semplice in quanto la Cross Productions ha dovuto investire il 40% del costo dell’operazione e questo deve essere un richiamo forte alla necessità di aiuti e sovvenzioni. Ma Il cacciatore è un prodotto riuscito, distribuito in più di 100 paesi, che riesce a stabilire uno share tra l’8 e il 9% a serata a cui va aggiunta la sua distribuzione su Amazon e Raiplay.

In che relazione si pone la serie rispetto a vostri precedenti lavori? Mi riferisco a Rocco Schiavone o Sirene ad esempio.

La nostra ricerca cerca di investire vari generi ma si pone come finalità l’approfondimento del personaggio come fulcro di complessità. Il cacciatore 2 vuole narrare il lato privato e più nascosto dei suoi personaggi. Per quanto riguarda Rocco Schiavone abbiamo puntato specialmente sulle qualità peculiari del protagonista, ma anche in quel caso ci siamo divertiti a raccontarne l’umanità. Con Sirene la dimensione era totalmente diversa: abbiamo deciso di metterci alla prova in un territorio che in Italia non è così affrontato, quello della meraviglia e dello stupore – che poi è da sempre il mio pensiero fisso.

Come definiresti questo “stupore”?

Per stupore intendo quella situazione in cui il fantastico riesce a diventare plausibile. È una formula su cui stiamo cercando di migliorarci di giorno in giorno.

Quanto un interprete del calibro di Montanari ha fatto sì che Il cacciatore diventasse una serie così seguita e apprezzata?

Il talento di Francesco è stato reso esplicito con la sua vittoria al Canneseries come miglior attore. Francesco è un grandissimo professionista, con un approccio al lavoro serio e sempre al servizio del suo personaggio. Il suo percorso di preparazione rispecchia perfettamente quel livello di umanità di cui parlavo prima.

L'articolo Francesco Montanari torna a caccia di mafiosi ne Il cacciatore 2 proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/serie/il-cacciatore-2/feed/ 0
Francesco Montanari: #vocenelbuio e l’importanza della lettura https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/francesco-montanari-vocenelbuio-e-limportanza-della-lettura/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/francesco-montanari-vocenelbuio-e-limportanza-della-lettura/#respond Mon, 10 Jun 2019 08:00:25 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=13043 “Perché uno dovrebbe leggere se ha Netflix?”. Partendo da questa provocatoria domanda, Francesco Montanari negli ultimi mesi sta sviluppando alcuni stimolanti progetti che pongono al centro i libri. Attualmente è impegnato nelle riprese dell’attesa seconda stagione de Il cacciatore, serie per la quale lo scorso anno ha vinto il prestigioso premio come miglior attore a […]

L'articolo Francesco Montanari: #vocenelbuio e l’importanza della lettura proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Perché uno dovrebbe leggere se ha Netflix?”. Partendo da questa provocatoria domanda, Francesco Montanari negli ultimi mesi sta sviluppando alcuni stimolanti progetti che pongono al centro i libri.

Attualmente è impegnato nelle riprese dell’attesa seconda stagione de Il cacciatore, serie per la quale lo scorso anno ha vinto il prestigioso premio come miglior attore a Cannes Series, e in autunno lo vedremo ne I Medici 3 nei panni di Girolamo Savonarola. Nel frattempo, però, Francesco Montanari continua a portare avanti le proprie passioni per il teatro (interpreterà con Filippo Nigro True West di Sam Shepard per la regia di Fabrizio Arcuri) e la letteratura.

Oltre a lavorare agli audiolibri di Una vita violenta di Pier Paolo Pasolini e Complotto contro l’America di Philip Roth, ad aprile al Teatro Vittoria di Roma lo spettacolo ispirato a Perché leggere i classici di Italo Calvino è stato un successo e, recentemente, ha lanciato un’interessantissima iniziativa su Instagram, che abbiamo voluto approfondire raggiungendo Francesco telefonicamente in un momento di pausa dalle riprese.

[questionIcon] Ci racconti questo progetto di letture su Instagram? Come funziona?

[answerIcon] Il progetto si chiama #vocenelbuio. Quando decido di leggere un libro pubblico una foto su Instagram dando un appuntamento ai miei follower e comunicando che la sera stessa alle 22 leggerò un determinato romanzo in diretta sul social network. La cosa divertente è che si tratta di cold reading, cioè di una prima lettura anche per me: apro il libro e comincio a leggere senza nessun tipo di preparazione. Ho iniziato con Hex – La maledizione, un thriller/horror dello scrittore olandese Thomas Olde Heuvelt che mi sembrava particolarmente adatto a una lettura notturna. La cosa è andata molto bene, tant’è che mi ha scritto l’autore dall’Olanda dicendomi che anche lui si connetteva per ascoltarmi, pur non conoscendo l’italiano.

[questionIcon] Com’è nata l’idea?

[answerIcon] Il mio è un po’ un invito alla lettura. Mi piace tantissimo leggere e lo faccio sempre ad alta voce. Questa delle letture su Instagram, devo dirti la verità, è un po’ un’idea di mia moglie Andrea Delogu, perché poverina non ne poteva più di sentirmi leggere la sera mentre lei provava a dormire. A un certo punto quindi mi ha suggerito che, stando così le cose, tanto valeva sfogare questa mia passione leggendo per gli altri. Mi ha fatto tantissimo piacere che molte persone, anche dopo lo spettacolo Perché leggere i classici, mi abbiano scritto dicendomi di aver stimolato in loro la voglia di leggere.

[questionIcon] Cosa rappresenta per te la lettura?

[answerIcon] Secondo me leggere allunga la vita. Non da un punto di vista biologico, anche se non è ancora stato dimostrato il contrario, ma sicuramente da un punto di vista di percezione del vissuto. La lettura ti aiuta a sviluppare la memoria e una quantità di ricordi personali, oltre a farti vivere esperienze nuove che diventano tue. Leggendo è come se vivessi tante vite.

[questionIcon] Quali sono i prossimi appuntamenti per #vocenelbuio?

[answerIcon] Nelle ultime settimane ci siamo fermati perché le case editrici all’inizio non hanno ben compreso la cosa e si sono allarmate temendo che l’operazione potesse sfavorire le vendite in libreria. Ora abbiamo trovato un compromesso e così non leggerò libri per intero ma solo qualche capitolo. Dalla prossima settimana vorrei concentrarmi su Pastorale americana di Philip Roth. In più nei giorni scorsi è uscito Corpi di passaggio, il nuovo romanzo di uno scrittore che stimo molto, Andrea Cedrola, e abbiamo lanciato insieme un progetto sui generis: ogni utente è invitato a leggere un capitolo del libro e poi, se l’esperimento dovesse riuscire, ne uscirà fuori un audiolibro autoprodotto su Instagram fatto a più voci, composto da una serie di dirette sul social network.

L'articolo Francesco Montanari: #vocenelbuio e l’importanza della lettura proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/francesco-montanari-vocenelbuio-e-limportanza-della-lettura/feed/ 0
Vinicio Marchioni è Zio Vanja nell’Italia di oggi https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/marchioni-zio-vanja-nellitalia-oggi/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/marchioni-zio-vanja-nellitalia-oggi/#respond Mon, 19 Feb 2018 08:05:39 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9905 Lunghe strade desolate, pagliai seccati dal sole, casolari isolati, crepuscoli lenti. Un temporale e un’alba fredda, scossa dall’abbaiare di un cane. È la provincia russa di fine Ottocento dove prendono vita le opere di Anton Čechov e dove nasce Djadja Vanja (Zio Vanja). Vinicio Marchioni riprende il testo del drammaturgo russo, lo dirige e lo […]

L'articolo Vinicio Marchioni è Zio Vanja nell’Italia di oggi proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Lunghe strade desolate, pagliai seccati dal sole, casolari isolati, crepuscoli lenti. Un temporale e un’alba fredda, scossa dall’abbaiare di un cane. È la provincia russa di fine Ottocento dove prendono vita le opere di Anton Čechov e dove nasce Djadja Vanja (Zio Vanja).

Vinicio Marchioni riprende il testo del drammaturgo russo, lo dirige e lo interpreta insieme a Francesco Montanari creando Uno Zio Vanja, in scena al Teatro Ambra Jovinelli di Roma fino al 25 febbraio.

Zio Vanja Marchioni TorresiNell’adattamento scritto da Letizia Russo, l’azione drammaturgia cechoviana è spostata ai nostri giorni, in Italia.  La vecchia piantagione piena di debiti amministrata da Ivan Petrovic Voiniskij, chiamato da tutti, zio Vanja (Vinicio Marchioni) e dalla nipote Sonja (Nina Torresi), diventa un teatro di provincia nelle zone colpite dal terremoto. Il restauro drammaturgico trasforma lo spettacolo in una sorta di specchio dove possiamo vedere riflesso il nostro paese.

Inalterata rimane una delle costanti di Čechov, il nulla. Non succede niente nel teatro di Vanja, semidistrutto dal terremoto, dove da dietro un muro squarciato spunta l’albero di un giardino desolato, forse una fievole speranza. Sogno, annichilito dall’inerzia del fallito Telegin (Andrea Caimmi), reciso dalla monotonia materna di Marija (Alessandra Costanzo) e offuscato dalle nenie della balia Marina (Nina Raia). L’unica novità sono due ospiti, il Professor Serebrjakov (Lorenzo Gioielli) e la sua giovane moglie Elena (Milena Mancini). La loro presenza smuove il torpore, cambia le monotone abitudini, scuote il Dottor Astrov (Francesco Montanari), ma poi tutto torna come prima. Due colpi di pistola a vuoto e il nulla riprende il suo posto da protagonista.

È uno zio Vanja tenero e clownesco quello interpretato da Marchioni, entra in scena in ciabatte e tuta acetata, simile a un attore di un vaudeville, comico come Čechov l’ha scritto, triste e arreso alla sua esistenza di fallito, come la modernità l’ha voluto. Al suo fianco c’è Astrov, a cui Montanari riesce a dare un’energia triviale, che sottolinea i lati più oscuri di questo personaggio, spesso rappresentato in maniera troppo elegante. Non è il dandy sofisticato e affascinante, ma il medico stanco di sfidare la morte, che la monotonia della provincia ha reso sboccato e burbero, tanto da arrivare a molestare Elena. Si ubriacano di grappa e non di vodka, Astrov e Vanja, cantano Cuore matto, riflettono sulle loro vite vuote, sulle loro menti intelligenti offuscate dal tedio e dalla noia.

Zio Vanja MontanariSono due comici di un teatro vuoto inchiodati a un punto di non ritorno, come un paese terremotato abbandonato per sempre. Astrov pretende risposte da un’Italia assente, occupata solamente a distruggere e inquinare le sue montagne, le sue città (chiari i riferimenti all’ILVA di Taranto, alla TAV, alla Terra dei Fuochi, alla superficialità con cui si costruisce nel nostro paese), s’indigna, urla, sbraita sentenze e poi il nulla ritorna. Fanno lo stesso Sonja ed Elena, vorrebbero tanto suonare di notte, desiderano la musica più di ogni altra cosa al mondo, eppure non osano: il vecchio professore riposa e non si può disturbare. Allo stesso modo non potranno mai osare di desiderare un amore vero.

A scuotere il tedio e l’inerzia dei personaggi di Čechov venne la rivoluzione russa, quel “si deve fare” tanto agognato alla fine arrivò. L’urlo di Munch travolse tutto, il mondo e l’arte andarono incontro a cambiamenti radicali. Il nulla venne sconfitto. Uno Zio Vanja mostra allo spettatore come ai giorni nostri quest’inerzia, questa incapacità di agire, sia tornata.

Il nostro è un paese immobile, quasi inagibile come il teatro di Vanja e i suoi artisti, i suoi intellettuali annaspano verso un futuro incerto alle prese con politici arrivisti e tronfi. Forse non resta che aspettare un cambiamento con la stessa inerte fiducia nel futuro di Sonja, e sperare che il nostro Urlo arrivi presto.

 

 

 

 

 

L'articolo Vinicio Marchioni è Zio Vanja nell’Italia di oggi proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/teatro/marchioni-zio-vanja-nellitalia-oggi/feed/ 0
Daniele Barbiero, fra emozioni e matematica https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/daniele-barbiero-fra-emozioni-matematica/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/daniele-barbiero-fra-emozioni-matematica/#respond Wed, 24 May 2017 15:26:57 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8606 Dopo il successo internazionale di “Mirror”, il 28enne Daniele Barbiero ha dato un’ulteriore prova di saper lavorare con generi diversi, tecniche ed emozioni in Radice di 9, un corto che racconta tutta la voglia di un cambiamento generazionale, mettendo a nudo la verità dei personaggi. Hai spaziato fra generi molto diversi tra loro: cinema, spot, webserie, videoclip, fashion movie. Credi […]

L'articolo Daniele Barbiero, fra emozioni e matematica proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Dopo il successo internazionale di Mirror”, il 28enne Daniele Barbiero ha dato un’ulteriore prova di saper lavorare con generi diversi, tecniche ed emozioni in Radice di 9, un corto che racconta tutta la voglia di un cambiamento generazionale, mettendo a nudo la verità dei personaggi.

Hai spaziato fra generi molto diversi tra loro: cinema, spot, webserie, videoclip, fashion movie. Credi che questo abbia influito sul modo di pensare il tuo cinema?

Sì e no. È stata una grandissima esperienza di set e di vita, mi ha portato ad avere una forte capacità organizzativa, fino a rendere l’imprevisto un valore aggiunto. Per esempio, in Radice di 9, a causa di un nubifragio, ho perso un intero giorno di lavorazione e me ne rimanevano solo due per girare con tutti gli attori insieme in scena! Non avrei potuto chiudere le inquadrature previste, così ho inventato quel piano sequenza di cinque minuti sul finale. Ho fatto molto aiuto regia, parecchio set e sono così proprio nella vita. Non mi abbatto, tiro fuori nuove idee. Il linguaggio, però, credo di essermelo creato da spettatore. Non ho mai avuto un genere di riferimento, ho sempre amato sentirmi libero.

Daniele Barbiero sul set Il tuo primo vero approccio alla regia cinematografica risale al 2015 con Mirror, vincitore di oltre trenta premi nazionali e internazionali. Un ampio consenso nel circuito festivaliero è un reale trampolino di lancio?

Forse sembrerò cinico e troppo schietto, ma noto un’esaltazione eccessiva nei confronti di questi riconoscimenti, che dovrebbero essere parte di un percorso di crescita più generale. Ho capito con Mirror che i premi non sono mai un punto d’arrivo. Per la prima volta ho affidato tutta la fase di scrittura al mio sceneggiatore, Luca Nicolai, separando i ruoli e cercando di rispettare il testo. Ma poi l’ho sentito talmente mio, mentre lavoravamo con un budget che sfiorava appena i duemila euro e in soli tre giorni di riprese… Avevamo delle idee visive incredibili, tutti insieme con gli altri reparti. È stata una vera associazione, ognuno ha contribuito portando qualcosa sul set. Alla fotografia avevamo Andrea Reitano, appena ventenne, che è stato clamoroso! Mi aspettavo che Mirror sarebbe piaciuto, ma in quell’occasione non ho mai pensato ai premi: è stata un’avventura davvero genuina.

La tua è una regia che tende a riempire l’inquadratura: è una composizione sempre traboccante, ma organizzata con un decoro estetico molto forte.

Ho l’istinto di riempire e sovraccaricare, ma per poi togliere: è così che indago l’evoluzione dei personaggi. Mirror procede per accumulo, finché il protagonista non supera un limite preciso e tutto si svuota: ho rinunciato a qualsiasi vezzo gratuito per mettermi a servizio della storia. Mentre in Radice di 9 ho pensato la regia tutta in funzione degli attori, riflettendo su dove volevo portare i personaggi: ho lavorato per tirare fuori performances piene, affinché ognuno si rivolgesse almeno a uno spettatore e lo toccasse nel profondo.

Daniele Barbiero in una pausa sul setI tuoi personaggi, a un certo punto, urlano.

Non so se si tratti di una casualità, sicuramente vado incontro a uno scoperchiamento. Da una parte, credo che gli sfoghi più belli siano quelli sussurrati. Ad esempio, tutte le parole chiave di Mirror sono dette a fil di voce. Forse uso le urla come contraltare a momenti più intimi e feroci. Sono una persona estremamente schietta, la cosa che più odio sono le maschere. Quindi mi piace portare i miei personaggi a spogliarsi fino alle conseguenze più radicali. Come Matilde Gioli, la sposa di Radice di 9 che, dopo aver urlato, si butta nel vomito. E io la lascio lì a terra. Non c’è immagine più pesante di una sposa sdraiata nel suo vomito.

Radice di 9 è un esperimento per certi versi estremo, con un cast di livello. È esagerato definirlo preludio del tuo primo lungometraggio?

Sono cresciuto molto l’anno precedente con Mirror, ma Radice di 9 è stato un vero banco di prova che mi ha fatto capire di essere pronto. L’idea è nata dal racconto della nostra sceneggiatrice, che ha ricevuto davvero una proposta di ménage à trois. Avevamo in mente un tema generazionale sui trentenni, che mancava da molto, forse da L’ultimo bacio. Quando ci siamo resi conto che il testo stava avendo una forza maggiore del previsto, ho iniziato a proporlo agli agenti degli attori. Ho concluso la sceneggiatura del corto pensando già a Matilda De Angelis. Dopo averla vista in un’anteprima di Veloce come il vento dovevo lavorare con lei! È stata la prima ad accettare con Matilde Gioli.

Daniele Barbiero sul setDa quel momento è stato più facile chiudere il cast con cui ho cercato una produzione. Per fortuna la Maestro ha creduto in noi: così siamo riusciti ad avere anche Francesco Montanari tra i protagonisti. Ho provato sulla mia pelle cosa significhi lavorare con l’attore, creare insieme i personaggi e farli scontrare tra loro, ognuno con la sua verità. Adesso gli attori credono nelle nuove generazioni di registi, vogliono lasciarsi andare. In Italia si rischia poco ormai, però io sto puntando tutto sull’idea che prima o poi le cose cambieranno. E voglio essere parte di quel cambiamento.

Eppure non hai la preoccupazione di doverti affermare come autore.

A pensarci bene, i film che ho preferito negli ultimi anni sono Drive, Whiplash, Mommy, che in effetti sono film d’autore. È quello che mi piace, ma vorrei cercare di fare un cinema popolare e allo stesso tempo di qualità. Nonostante sia giovane, ho una gran desiderio di girare film come questi: gli autori di Stranger Things sono dei trentenni, Xavier Dolan sta lavorando al suo settimo film! E allo stesso modo Scorsese continua a essere immenso. Bisogna stare attenti alle storie e a come vengono raccontate, è tutto qui.

L'articolo Daniele Barbiero, fra emozioni e matematica proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/daniele-barbiero-fra-emozioni-matematica/feed/ 0
#Festa del cinema: “Sole cuore amore”, la poesia quotidiana di Daniele Vicari https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/festa-del-cinema-sole-cuore-amore-la-poesia-quotidiana-di-daniele-vicari/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/festa-del-cinema-sole-cuore-amore-la-poesia-quotidiana-di-daniele-vicari/#respond Sun, 16 Oct 2016 08:40:56 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3678 “Niente vittimismo. Qui c’è la vita e la vita non è mai vittima”. Queste sono state le prime e fondamentali indicazioni che Daniele Vicari ha dato al cast formato da Isabella Ragonese, Francesco Montanari ed Eva Grieco nel momento in cui hanno cominciato a camminare sui passi di Eli, del marito disoccupato e della migliore […]

L'articolo #Festa del cinema: “Sole cuore amore”, la poesia quotidiana di Daniele Vicari proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
“Niente vittimismo. Qui c’è la vita e la vita non è mai vittima”. Queste sono state le prime e fondamentali indicazioni che Daniele Vicari ha dato al cast formato da Isabella Ragonese, Francesco Montanari ed Eva Grieco nel momento in cui hanno cominciato a camminare sui passi di Eli, del marito disoccupato e della migliore amica di sempre, capace di cambiare completamente vita nel tentativo di capire se stessa.

Le loro non sono delle esistenze dalla rima facile, come quella composta dal titolo Sole Cuore Amore. Nonostante questo, però, ognuno sembra procedere con la grazia e la leggerezza di chi, per arte o per dovere, ha imparato a camminare in bilico su un filo facendo roteare in aria le mazze da giocoliere senza mostrare la benché minima fatica.

La più leggiadra di tutte, però, è proprio Eli che compie la sua quotidiana attraversata da Nettuno verso Roma per lavorare e sostenere la famiglia. Il suo viaggio giornaliero inizia alle quattro e mezza della mattina per prendere il primo autobus verso la fermata Laurentina della metro. Da qui, poi, continua a spostarsi attraverso non luoghi, mischiandosi ad altri, fino a raggiungere la Tuscolana per prendere finalmente il suo posto da protagonista. Il palcoscenico, però, è posto dietro il bancone di un bar dove, senza rimostranze o atteggiamenti accusatori, semplicemente vive e sorride sottopagata sette giorni su sette.

solecuoreamore-2Ecco, dunque, che con quel suo inconfondibile stile asciutto e privo di orpelli visivi e narrativi, Daniele Vicari s’immerge nella quotidianità provando a raccontare il senso profondo che si cela dietro il ripetersi costante di gesti semplici e facilmente riconoscibili. Non lasciamoci ingannare, però, nonostante possa sembrare a prima vista che nel film non accada molto, in realtà la ripetizione della narrazione lavora proprio a favore della drammaticità, cui si aggiunge una giusta quantità di oppressione nel momento in cui ci si rende conto che la vita di Eli è anche la nostra.  Ovvero di chi procede sentendosi continuamente sotto ricatto senza potersi permettere il lusso di allentare, anche solo per poco.

In questo senso, dunque, il film di Vicari ha un’anima politica che, partendo proprio da una materia poco trattata in questo momento dal cinema, come la quotidianità della gente comune, dà voce a quegli invisibili che rappresentano una maggioranza mai considerata.  Ovviamente rispetto a Diaz ci troviamo di fronte a uno stile diverso che, utilizzando una sorta di realismo ingentilito dalla leggiadria di Eli, dimostra con una poetica inaspettata che non c’è bisogno del caso in prima pagina per fare della critica sociale e raccontare se stessi attraverso il cuore vitale di chi ci somiglia. Peccato, però, che nel così detto mondo moderno tener duro spesso vuol dire dover morire.

L'articolo #Festa del cinema: “Sole cuore amore”, la poesia quotidiana di Daniele Vicari proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/festa-del-cinema-sole-cuore-amore-la-poesia-quotidiana-di-daniele-vicari/feed/ 0
Cortinametraggio, si entra nel vivo https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/cortina-day-one/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/cortina-day-one/#respond Fri, 20 Mar 2015 09:45:15 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=1156 Il secondo giorno della manifestazione si entra nel vivo dello spirito di Cortinametraggio, il che vuol dire: iniziare la mattina con la presentazione dei progetti legati ai Booktrailer guidati da Edoardo Beccatini, venire poi prelevati e portati a pranzo in una magnifica location per gustare i prodotti tipici locali e, infine, immergersi nella maratona dei corti […]

L'articolo Cortinametraggio, si entra nel vivo proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Il secondo giorno della manifestazione si entra nel vivo dello spirito di Cortinametraggio, il che vuol dire: iniziare la mattina con la presentazione dei progetti legati ai Booktrailer guidati da Edoardo Beccatini, venire poi prelevati e portati a pranzo in una magnifica location per gustare i prodotti tipici locali e, infine, immergersi nella maratona dei corti del cinema Eden. Il tutto quando un’eclissi solare storica non porta a radunarsi nella piazza centrale muniti di appositi occhiali godendo dell’intrattenimento dal vivo degli Spritz For Five, incredibile gruppo a cappella rivelazione di X Factor.

Tanti i film proiettati, alcuni dei quali già precedentemente ospitati da Fabrique nei suoi eventi e sulla rivista, come  Gran finale di Valerio Groppa con Marco Palvetti, Doppia luce di Laszlo Barbo oppure Ehi muso giallo di Pierluca Di Pasquale.

La cosa sorprendente di questo festival è la numerosa partecipazione di pubblico e di artisti, la sala che ospita la kermesse è affollata sia di persone del posto e addetti ai lavori che da turisti, incuriositi dal fermento che si crea in questi giorni per le vie della cittadina. Mentre continuano a giungere talenti da tutte le parti d’Italia, come gli ultimi arrivati Giorgia Wurt e Giorgio Pasotti.

Sorprende Cortinametraggio perché, in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo, soprattutto nel settore cinematografico, dove festival della portata di Venezia e Roma soffrono la mancanza di fondi e sponsor, trovare una macchina organizzativa così funzionale e partecipativa è quasi un miracolo.

Degna di nota infine la presentazione di Dirsi addio, nella sezione Booktrailer, speciale serie d’autore prodotta da Amygdala in cui da sette racconti d’autore sono nate le sceneggiature per un film a episodi con un cast d’eccezione. Un progetto multimediale made in Italy che intende veicolare la cultura attraverso il cinema per intercettare tutti i possibili lettori di oggi e capire, insieme a loro, che posto abbiano gli scrittori e i protagonisti del cinema nell’era digitale di Amazon e Netflix.

L'articolo Cortinametraggio, si entra nel vivo proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/cortina-day-one/feed/ 0