Fortunato Cerlino Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 18 Jun 2021 16:12:26 +0000 it-IT hourly 1 Senza fiato, con Francesca Neri, Fortunato Cerlino e Antonia Truppo https://www.fabriqueducinema.it/focus/senza-fiato-con-francesca-neri-fortunato-cerlino-e-antonia-truppo/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/senza-fiato-con-francesca-neri-fortunato-cerlino-e-antonia-truppo/#respond Fri, 12 Jun 2020 13:31:49 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=14093 “Senza fiato” un film concreto, sociale Da pochi giorni in streaming su Amazon Prime Video, Senza fiato è l’opera seconda di Raffaele Verzillo, scritta da Pierfrancesco Corona. Un film orgogliosamente indipendente, in bianco e nero, girato nel 2015 e uscito nelle sale per poco tempo un paio d’anni dopo: «Ma quando ad Amazon l’hanno visto […]

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“Senza fiato” un film concreto, sociale

Da pochi giorni in streaming su Amazon Prime Video, Senza fiato è l’opera seconda di Raffaele Verzillo, scritta da Pierfrancesco Corona. Un film orgogliosamente indipendente, in bianco e nero, girato nel 2015 e uscito nelle sale per poco tempo un paio d’anni dopo: «Ma quando ad Amazon l’hanno visto non ci credevano – spiega Verzillo – a loro sembrava attualissimo. 102 Distribution ci aveva contattato perché stava facendo una ricerca per conto di Amazon, che chiedeva titoli un po’ “fuori dal coro”: quando poi hanno visto il cast – Fortunato Cerlino, Antonia Truppo, Francesca Neri – hanno preso Senza fiato nel catalogo in tempi record».

Il valore aggiunto del cast 

È un film che “bisogna scegliere”, tiene a precisare il regista, con una tematica sociale e concreta, realizzato senza fondi pubblici ma «con un lavoro certosino di tax credit e l’impegno da parte di tutta l’équipe, in particolare degli attori, che sono venuti nonostante il bassissimo budget perché hanno sposato il progetto. Fortunato Cerlino veniva dal successo come Savastano nel primo Gomorra e Francesca Neri, nonostante al momento si sia ritirata dalle scene, ha accettato proprio per il copione e Senza fiato è l’ultimo film che ha girato. Tutto il cast ha dato un’incredibile disponibilità, fornendo un grandissimo valore aggiunto».

fortunato cerlino in senza fiato
Fortunato Cerlino, coprotagonista in “Senza fiato”

Fortunato Cerlino ci racconta con entusiasmo del progetto: «Nel corso della mia carriera ho sempre cercato di supportare i nuovi autori e i film low budget. Negli ultimi anni sono riuscito a realizzare alcuni lungometraggi di questo tipo, e uno dei più fortunati è stato sicuramente Senza fiato, anche non era produttivamente facile. Credo sia stato possibile realizzarlo proprio perché c’erano tante persone, me compreso, che lo desideravano veramente: anche solo il fatto che le riprese si sono svolte in sole due settimane, tempo limitatissimo per un film, dimostra che la squadra ha funzionato davvero». Come hai preparato il personaggio di Michele? «Mi è bastato guardarmi intorno, ascoltare le parole non dette e osservare le preoccupazioni quotidiane. Michele è un uomo che rischia di perdere il proprio impiego. Io faccio un lavoro precario per definizione, e nonostante tutto ormai sono abituato a vivere alla giornata. Tuttavia, anche quando rivolgo lo sguardo ai miei famigliari, ai miei amici e ai miei conoscenti mi rendo conto che tanti altri provano un senso di insicurezza diffuso, sentimento che ho poi tentato di restituire proprio al mio personaggio».

senza fiato con antonia truppo
Antonia Truppo è Anna

Antonia Truppo interpreta Anna, che aspetta un bambino proprio come l’attrice al momento delle riprese. «In realtà avrei dovuto interpretare un altro personaggio – ricorda Antonia – ma prima delle riprese sono rimasta incinta del mio primo figlio e quindi abbiamo deciso per Anna. Quando abbiamo girato la scena in cui lei e suo marito, interpretato da Fortunato Cerlino, sono in attesa di entrare dal ginecologo, Fortunato aveva una mano sulla mia pancia e, a un certo punto, il bambino ha scalciato sul serio… Fortunato se ne è accorto e questo gli ha permesso di avere l’espressione giusta al momento giusto». Antonia sottolinea l’importanza dei personaggi di Senza fiato: «Sono persone qualunque e quindi somigliano un po’ a ognuno di noi. Credo sia questo il vero punto di forza del film: Verzillo non vuole mettere in scena eroi moderni, ma desidera seguire uomini e donne comuni, speciali a proprio modo, in cui tutti possono anche solo in parte rivedersi».

Il bianco e nero

Fondamentale il lavoro sulla fotografia con il dop Rocco Marra: «Il film – continua Raffaele – è girato direttamente in bianco e nero: i costumi [di Rossella Aprea ndr] avevano dei colori impossibili: celestino, giallo… lavorando con i grigi abbiamo dovuto fare le prove per capire come desaturavano i colori in bianco e nero. Considera che nessuno gira in bianco e nero, tutti girano a colori e poi desaturano, ma è un procedimento sbagliato: bisogna pensare fin da subito in bianco e nero, sennò viene ‘na schifezza, detto alla napoletana. Ho voluto fin dall’inizio il bianco e nero, perché secondo me il colore in una storia del genere sarebbe stato un elemento di distrazione».

Un’operazione anti-camorra che mostra un’altra faccia del casertano

Se Senza fiato è una storia di provincia che potrebbe essere ambientata a Milano, a Padova, ovunque, il rapporto con il territorio casertano è uno dei punti di forza del film: «La mia intenzione era proprio di fare una sorta di operazione anti camorra a Caserta. Guardando i media sembra che a Caserta ci siano solo delinquenti, invece volevo mostrare uno spaccato di persone che fanno lavori normali e conducono una vita rispettabilissima. E poi volevo portare sullo schermo luoghi meno noti ma dalla grande ricchezza architettonica, come Capua o Santa Maria Capua Vetere».

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Non è un paese per onesti https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/non-e-un-paese-per-onesti/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/non-e-un-paese-per-onesti/#respond Wed, 04 May 2016 08:53:24 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3076 Al suo terzo film dopo “Circuito chiuso” (in cui si rifaceva al filone found footage) e il thriller “The Stalker”, Giorgio Amato cambia registro proponendo una caustica e disincantata black comedy. Nel suo nuovo lavoro il regista milanese narra con tragica ironia e buon senso del ritmo la storia di un imprenditore in crisi che, per […]

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Al suo terzo film dopo “Circuito chiuso” (in cui si rifaceva al filone found footage) e il thriller “The Stalker”, Giorgio Amato cambia registro proponendo una caustica e disincantata black comedy.

Nel suo nuovo lavoro il regista milanese narra con tragica ironia e buon senso del ritmo la storia di un imprenditore in crisi che, per evitare la bancarotta della propria società, invita un ministro a cena in casa propria per corromperlo e ottenere un ricco appalto.

Quello che emerge da Il ministro è un microcosmo popolato da personaggi infimi e cinici il cui unico orizzonte è rappresentato dal proprio tornaconto. Persino i rapporti familiari si rivelano un coacervo di indicibili bassezze e non c’è davvero nessuno che si riesca a salvare. In un simile contesto, va da sé che non possa essere contemplato alcun tipo di redenzione. O meglio, come ha affermato Giorgio Amato durante la nostra intervista «la sola possibile redenzione non è legata a un’evoluzione dei personaggi, bensì alla fine che fanno».

Ma andiamo con ordine e, attraverso le parole dell’autore, scopriamo qualcosa in più su questo audace piccolo film indipendente e a bassissimo budget.

 Qual è stato lo spunto dal quale sei partito?

La scintilla iniziale è stata la ballata di Fabrizio De André Il re fa rullare i tamburi, un brano non molto conosciuto della sua discografia in cui si riprende un testo medioevale per raccontare il dramma di un marchese che cede la moglie al sovrano per obbedienza e opportunismo. Una canzone molto triste che mi ha fatto riflettere su come oggi le cose non siano cambiate granché. Certo, magari non si è disposti a tutto per un titolo nobiliare, ma per qualcosa come un appalto che ti può risolvere la vita sì. Quando pensavo ai miei personaggi avevo sempre in mente l’intercettazione di quei due imprenditori che ridevano dopo il terremoto dell’Aquila. Persone prive di coscienza che non si fermano davanti a niente e che sono disposte a tramutare qualsiasi tragedia in oro.

Il film ha un ritmo incalzante e stimola in maniera costante l’interesse dello spettatore, nonostante sia quasi esclusivamente girato all’interno di un appartamento e nell’arco di una sola notte. Come hai lavorato sulla scrittura per ottenere questo risultato?

Fin dall’inizio ho pensato a tutta una serie di elementi narrativi che mi portassero a creare una tensione che potesse poi condurre i vari personaggi a un punto di rottura. A questo scopo ho cercato di lavorare molto sulle contrapposizioni e così ho delineato ad esempio l’imprenditore e la moglie come due figure agli antipodi, il conflitto tra lui e il cognato o la ballerina di burlesque. Quest’ultima in particolare, ambigua e imprevedibile, poneva sul piano narrativo le condizioni affinché la serata potesse andare diversamente dai piani dell’imprenditore.

In tutto questo contesto l’apporto degli attori è stato senz’altro fondamentale…

Assolutamente. Questo è un film in primis di sceneggiatura e di interpretazioni, tant’è che dal punto di vista registico mi sono voluto ridurre al minimo lasciando spazio agli attori. Gianmarco Tognazzi è stato per me una grande scoperta e credo sia uno degli attori più sottovalutati del panorama cinematografico italiano. Con lui abbiamo lavorato insieme su ogni minimo dettaglio. Alessia Barela invece è arrivata sul set all’ultimo momento per sostituire un’altra attrice ed è stata estremamente disponibile e ricettiva rispetto alla mie indicazioni, così come Edoardo Pesce e Jun Ichikawa, la quale si è dimostrata bravissima ad adottare diversi registri recitativi in base al personaggio con cui doveva interagire. Con Fortunato Cerlino infine abbiamo lavorato molto a livello di preparazione ed è stato molto propositivo, chiedendomi di apportare delle modifiche al personaggio.

Determinati temi e approcci rimandano chiaramente a un certo tipo di commedia all’italiana. Ti sei ispirato a qualche film in particolare?

Mentre scrivevo ho cercato di tenere bene a mente la lezione di registi come Mario Monicelli e Dino Risi, che riuscivano a raccontare uno spaccato della nostra società attraverso personaggi che ben la rappresentavano. Sono partito nello specifico da I mostri di Risi, di cui mi è sempre rimasto impresso il primo episodio in cui Ugo Tognazzi offre al figlio quella celebre lezione di diseducazione civica. Mi piaceva l’idea che quel bambino, allora interpretato da Ricky Tognazzi, potesse essere nel frattempo cresciuto diventando l’imprenditore interpretato nel mio film da Gianmarco Tognazzi.

Quanto è difficile fare un film indipendente in Italia? Quali sono state le maggiori difficoltà che hai incontrato?

La cosa più complicata è legata all’organizzazione, perché non puoi permetterti di pensare soltanto alle riprese, a come posizionare la macchina da presa o al rapporto con gli attori, ma devi tenere un po’ tutto sotto controllo. In questo film tra le altre cose mi sono dovuto occupare anche del carico dei materiali come degli accordi con il catering, oltre che della gestione del budget in quanto produttore esecutivo. Alla fine però quello che conta davvero è avere le idee chiare quando si arriva sul set. Chissà, magari avere più budget non mi avrebbe consentito di essere così concentrato e fare le cose nel modo in cui le ho fatte.

 

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