Fabio Mollo Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Thu, 25 Jun 2020 08:25:00 +0000 it-IT hourly 1 Pride month: 5 film italiani (+ 1) per celebrare l’orgoglio LGBTQ+ https://www.fabriqueducinema.it/focus/pride-month-5-film-italiani-1-per-celebrare-lorgoglio-lgbtq/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/pride-month-5-film-italiani-1-per-celebrare-lorgoglio-lgbtq/#respond Thu, 25 Jun 2020 07:30:34 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=14168 Il 27 giugno avrà luogo il primo Global Pride digitale, conclusione del mese del Pride. Per l’occasione, Fabrique ha deciso di riscoprire alcuni film italiani che hanno raccontato le variegate realtà LGBTQ+: cinque lungometraggi contemporanei – a cui si aggiunge un sesto cult della storia del cinema italiano – che portano sullo schermo le voci […]

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Il 27 giugno avrà luogo il primo Global Pride digitale, conclusione del mese del Pride. Per l’occasione, Fabrique ha deciso di riscoprire alcuni film italiani che hanno raccontato le variegate realtà LGBTQ+: cinque lungometraggi contemporanei – a cui si aggiunge un sesto cult della storia del cinema italiano – che portano sullo schermo le voci di una comunità che oggi più che mai ha bisogno di essere raccontata.

1. Un bacio (Ivan Cotroneo, 2016)

Antesignano dei coming of age italiani a tema arcobaleno, Un bacio di Ivan Cotroneo è – insieme all’ancora più drammatico Più buio di mezzanotte di Sebastiano Riso – uno dei primi lungometraggi incentrati sul rapporto tra omosessualità e adolescenza, binomio che non a caso permette di mettere in scena alcuni dei temi più cari alla narrazione LGBTQ+, come la scoperta e l’accettazione della propria sessualità o i primi e spesso conflittuali amori. Se siamo ancora distanti dai toni leggeri delle produzioni teen strettamente contemporanee, il film di Cotroneo ha il merito di gettare le basi di un filone, quello propriamente adolescenziale, con intelligenza e inaspettata dolcezza.

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2. Il padre d’Italia (Fabio Mollo, 2017)

Se in tempi recenti il nome di Fabio Mollo è legato a Curon, serie Netflix che sta ottenendo un buon successo anche a livello internazionale, sua è anche la regia de Il padre d’Italia, interessante lungometraggio nel quale le logiche LGBTQ+ si declinano in modo insolito. Focalizzandosi sulla nascente amicizia tra un trentenne omosessuale cresciuto senza famiglia (dal volto di Luca Marinelli) e una giovane ed esuberante ragazza incinta (interpretata invece da Isabella Ragonese), l’opera seconda di Mollo è prima di ogni altra cosa la storia di un’amicizia, che sconvolgerà totalmente la vita dei due protagonisti, permettendo al ragazzo omosessuale di combattere i fantasmi del suo passato, dando un nuovo significato al termine famiglia.

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3. Favola (Sebastiano Mauri, 2017)

Parlare in poche righe di un film come Favola non è certo facile. L’opera di Sebastiano Mauri, a suo tempo distribuita come film evento in sala per un periodo limitato, non è infatti solo la storia di una donna dalla vita apparentemente perfetta che nasconde un segreto, ma è soprattutto un vero e proprio manifesto di queer pride. Se da un lato è infatti Filippo Timi a dare il volto alla giunonica Mrs Fairytale, dall’altro il racconto sembra aggiornare e allo stesso tempo distruggere il patinato universo famigliare eterosessuale e patriarcale tipico dell’iconografia americana degli anni Cinquanta, accogliendo la lezione prima di Douglas Sirk e poi di Todd Haynes, ma scoperchiandone i sottotesti LGBTQ+.

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4. Zen sul ghiaccio sottile (Margherita Ferri, 2018)

Presentato in anteprima alla 75° edizione della Mostra del cinema di Venezia, Zen sul ghiaccio sottile (leggi qui la nostra recensione) vira nuovamente verso la storia di formazione, raccontando di Maia, detta Zen, una sedicenne che si sente fisicamente e mentalmente un ragazzo. Costantemente perseguitata dai suoi coetanei, la protagonista sembra trovare finalmente un’alleata nella bella Veronica, ma le cose, si sa, non sono mai così facili. Una storia d’amore, quindi, che sembra però discostarsi dalle classiche dinamiche romance, riflettendo non solo sul legame tra due donne, ma anche sulla scoperta e accettazione della propria identità di genere, che non sempre coincide con il sesso biologico.

5. Mamma + mamma (Karole Di Tommaso, 2018)

Se Margherita Ferri racconta la storia di due ragazze che cercano di capirsi in un moderno – ma sotto certi punti di vista anche tradizionale – coming of age movie, Karole Di Tommaso fa un piccolo salto generazionale, raccontando la storia di due donne, interpretate da Linda Caridi e Anna Bellato, pronte a creare una famiglia. Mamma + mamma (qui la nostra recensione), prima ancora di essere una storia d’amore tra due donne, è infatti una storia di maternità, un ritratto profondo e personale (non a caso autobiografico) che travalica i confini delle storie arcobaleno, per raccontare la storia di una famiglia pronta a nascere.

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+1. Il bell’Antonio (Mauro Bolognini, 1960)

Se in tempi recenti il cinema italiano ha più volte raccontato storie arcobaleno e a tema pride, non bisogna credere che anche nei decenni precedenti manchino racconti di questo tipo: mentre però ora l’omosessualità è spesso esplicita o manifestata, tra gli anni Cinquanta e Novanta tali logiche erano spesso latenti e nascoste, come testimoniano i film di Visconti, Scola e Bolognini. Proprio quest’ultimo, nel suo celebre classico Il bell’Antonio, mette in scena un tema ancora oggi quasi per nulla raccontato: quello dell’asessualità. Antonio, dal volto di Mastroianni, è infatti un apparente latin lover, che però nasconde un segreto: l’incapacità di compiere pienamente un atto sessuale, anche con la donna che ama. Un film coraggioso tanto all’epoca, quanto oggi, che racconta una realtà LGBTQ+ ancora poco narrata, che necessità però come le altre di una propria voce.

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Speciale TFF/Vincenzo vede la Madonna https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/speciale-tffvincenzo-vede-la-madonna/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/speciale-tffvincenzo-vede-la-madonna/#respond Fri, 27 Nov 2015 09:47:34 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2282 A Torino il doc di Fabio Mollo, autore del pluripremiato “Il sud è niente“, indagine su un santone della Calabria, terra madre che continua a ispirare il giovane regista. Poco importa se Vincenzo Fullone, calabrese di Crosia, paesino di 10.000 anime affacciato sulla costa jonica della provincia di Cosenza, sia o non sia uno di quei “cretini […]

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A Torino il doc di Fabio Mollo, autore del pluripremiato Il sud è niente, indagine su un santone della Calabria, terra madre che continua a ispirare il giovane regista.

Poco importa se Vincenzo Fullone, calabrese di Crosia, paesino di 10.000 anime affacciato sulla costa jonica della provincia di Cosenza, sia o non sia uno di quei “cretini che vedono la Madonna” di cui parlava Carmelo Bene. Né ha importanza credere o meno alle sue estasi mistiche documentate dai numerosi ed esaustivi materiali video nei formati ormai desueti degli anni ‘80 e ‘90 di cui Mollo nel suo Vincenzo da Crosia fa ampio uso per raccontare con la massima oggettività una storia di quelle che d’abitudine offrono il pretesto di indecenti sciacallaggi alle reti televisive generaliste. Non è necessario che il protagonista di un film – o di un doc – ci stia simpatico o che si debba per forza fare il tifo per lui.

Il problema etico che sorge, molto laicamente, durante la visione di questo titolo italiano che qui a Torino conferma la ritrovata vitalità creativa del nostro cinema già rappresentata egregiamente dai fuoriclasse in concorso a Cannes e Venezia, è proprio quello di riuscire a osservare il racconto della vita di un uomo (infanzia difficile, omosessualità schernita e malvissuta nella profonda provincia meridionale, tanto – ma tanto – bisogno di affetto e di amore…) senza ergersene a giudici.

Deriderlo? Liquidarlo come istrionico cialtrone? E perché mai, nonostante all’inizio queste saranno probabilmente le istintive reazioni degli spettatori più razionali e agnostici? Le immagini dell’ultimo incontro di Vincenzo con la Madonna, nel 2003, sono un pugno nello stomaco, e l’indubbia testimonianza di un’autosuggestione di tipo isterico di cui non c’è che da prendere atto, senza l’obbligo di votare contro o a favore.

Ecco, direi che sono queste le sollecitazioni più interessanti stimolate da questo che con i documentari fighetti e intellettualmente rifiniti che di solito completano la cinquina dell’Oscar, non ha fortunatamente niente a che vedere e li stacca di parecchio in fatto di autenticità e rigore.

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