Fabio Guaglione Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 01 Apr 2022 17:43:11 +0000 it-IT hourly 1 Di nuovo al cinema con Ride e le altre uscite del weekend https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/di-nuovo-al-cinema-con-ride-e-le-altre-uscite-del-weekend/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/di-nuovo-al-cinema-con-ride-e-le-altre-uscite-del-weekend/#respond Fri, 07 Sep 2018 05:20:09 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11278 È arrivato nelle sale Ride, nuova fatica di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, che dopo il successo di Mine si reinventano direttori artistici mettendo al timone della regia Jacopo Rondinelli. Due mountain bike sfrecciano dalla cima di una montagna innevata per una gara di downhill tutta rischio, mistero e adrenalina. 20 telecamerine GoPro intorno ai […]

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È arrivato nelle sale Ride, nuova fatica di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, che dopo il successo di Mine si reinventano direttori artistici mettendo al timone della regia Jacopo Rondinelli. Due mountain bike sfrecciano dalla cima di una montagna innevata per una gara di downhill tutta rischio, mistero e adrenalina. 20 telecamerine GoPro intorno ai protagonisti e un effetto su grande schermo che picchia duro sull’emozione della velocità. Sembra quasi che la poltrona del cinema si trasformi in sellino. Lorenzo Richelmy sfodera tutta la sua fisicità per una parte scanzonata che monterà in sfaccettature con gli imprevedibili sviluppi della corsa.

Per l’attore l’avventura in mountain bike è stata soltanto emozionale. “Mi ritengo un attore fisico e mi diverto molto a girare film che mi mettono alla prova.  L’idea delle GoPro è una cosa che mi ha entusiasmato fin dall’inizio perché essere attore vuol dire rendersi conto del contesto in cui lavori”. Ha affermato durante l’incontro stampa tenutosi a Roma in agosto, poco prima dell’inizio della Mostra del Cinema di Venezia. “Durante il film il mio occhio è incuriosito dal vedere dove lo sguardo del regista racconterà la storia. Molto velocemente, per me almeno, in questo film avviene la sospensione del giudizio. È un qualcosa di diverso rispetto a ciò a cui siamo abituati, così non abbiamo aspettative sul finale o sulla storia. Io mi sono trovato molto bene e cercherò sempre di lavorare con quei gruppi di persone che cercano di allargare, di stratchare in avanti il cinema italiano”.

Poi ha continuato sulle sue origini artistiche e l’impostazione a spazi aperti offerta da Ride. “Avevamo 20 camere intorno, loro che si nascondevano, l’attore che sta in mezzo e tutta la libertà del mondo. Stavamo in un bosco che per me era teatro. Io vengo da lì, e godevo a ogni ciak perché potevo fare cose diverse. Non c’era la segretaria di edizione a correggerti. C’era una miriade di camere, si sarebbero presi i take migliori. Nel cinema il contesto è la camera, sul palco è il teatro, qui è il mondo. Eravamo sulle Dolomiti. Potevo correre per 2 chilometri e mezzo perché le macchine ce le avevo addosso io”.

È un cinema italiano affamato di nuovo quello di Fabio&Fabio. Pedala forte e senza preavvisi morde il pubblico. Ci ruzzola giù da monti sconosciuti, perché gara e luogo sono segreti nel film, e c’impone una serie di sospesi narrativi producendo una sorta di groviera che fa pensare a tante soluzioni continuative, come sequel, prequel, spin-off e perché no, pure serie tv. L’intenzione dei due showrunner di primo pelo sarebbe quella di iniziare un franchise incrociando grande schermo e fumetto. Ce la faranno? Intanto Fabrique du Cinema ce la farà a presentare al pubblico romano il cast insieme al regista. Si terrà infatti venerdì 14 settembre a India Estate a Roma la grande festa per il nuovo numero cartaceo di Fabrique. All’interno, oltre al live di Motta e all’incontro con cast e attori della Profezia dell’Armadillo, saranno sul palco Fabio&Fabio, Jacopo Rondinelli e gli attori del film più veloce di questa fine estate.

In sala da questo weekend anche altre tre pellicole. In Revenge, promettente cult diretto dall’esordiente Coralie Fargeat, Jen, viso d’angelo e corpo da modella s’innamora dell’uomo sbagliato, così dovrà vedersela con lui e i suoi sgherri dopo essere stata violentata e quasi uccisa. La macchina da presa della regista è capace di raccontare più d’una cosa con la stessa inquadratura, sdoppiando i piani narrativi nello stesso quadro, cosa non da tutti. Magari a volte Revenge esagera con la finzione filmica rispetto al reale, ma lo sballo testosteronico è anche ciò che esige il genere action, anzi, nello specifico il sottogenere rape&revenge. L’attrice che si schiude da vittima a killer stampandosi nella memoria si chiama Matilda Lutz. Padre americano, madre italiana, potrebbe ascendere come una delle prossime superstar negli anni a venire. In versione grintosa e spietata, o ingenua e sexy, buca lo schermo in maniera definitiva. E ha pure un partner non da poco, che in campo di bad boys ne ha già combinate di cotte e di crude. Si parla di Kevin Janssens, già protagonista nel belga selezionato nel 2015 per l’Oscar al Miglior film straniero Le Ardenne).

A 10 anni dal successo che esplose al box office quanto nei teatri di mezzo mondo, torna in sella, anzi in barca a ritmo di Abba l’allegra combriccola di Mamma mia, ci risiamo! Cominciamo col dire che Donna è passata a miglior vita. Quindi Meryl Streep non è più la protagonista. Gira tutto intorno alla figlia Sam, Amanda Seyfreid, che torna sull’isola greca dov’è cresciuta per rimettere a posto l’hotel che gestiva con sua madre. La novità è il parallelo tra la Sam di oggi e Donna da giovane negli stessi luoghi mediterranei. Così dai meandri del passato di Sam, arriva la sua versione seventy con viso, voce e danza di Lily James. È lei la Sam che partì per la Grecia trovandoci l’amore dei tre giovani che diventeranno Colin Firth, Pierce Brosnan e Stellan Skarsgard. L’equivalente di una Streep ragazza ci riporta alla memoria quella giovane donna e animale da set vista in Manhattan e Kramer contro Kramer. Entrambi del 1979, esattamente l’anno in cui è ambientata parte del film. Esempi giganteschi di cinema e recitazione come questi sono ostacoli grossi da rimuovere e inevitabilmente inficiano la pur discreta interpretazione della James.

Qualche rivisitazione, sì, pure gli inserimenti nel cast di Andy Garcia e Cher, tra il gustoso e il patetico tra l’altro, ma il film in sé trasuda debolezza e colleziona punti deboli. La regia caramellosa di Ol Parker ci regala il peggio nelle coreografie e tanta scrittura risulta ammiccante verso un pubblico intontito da marketing furbesco e passione sincera per il primo capitolo. A volte si ride pure, ma per meccanismi e forzature che a volte suonano demenziali. Mamma mia, ce n’era proprio bisogno?

Da comico è un’icona indiscussa, ma miracolosamente riesce ad essere credibile anche come attore drammatico Jim Carrey. Torna al thriller con un film polacco, Dark Crimes. Un trasandato agente di polizia trova troppe similitudini tra un omicidio e le pagine cruente di un romanzo. Così l’eccentrico autore viene messo sotto accusa e la sua donna dai costumi ambigui diventa ago della bilancia per le investigazioni.

Carrey fa i conti con un’ambientazione dell’est europeo, che guarda ad atmosfere visive alla Wajda e Zanussi. L’umore però non migliora nello scorrimento della storia, con personaggi depressi, perversi, o al meglio dalla doppia vita. Il plot inoltre non è dei più esplosivi. Nulla di visivamente pregiato o nuovo, se non fosse l’ennesima, serissima mutazione di Jim Carrey. Senza di lui come sbirro all’ultima spiaggia, o Charlotte Gainsbourg nella una parte viscida, sarebbe rimasto nel Limbo dell’anonimato.

 

 

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Al via la nuova edizione dei Fabrique Awards! https://www.fabriqueducinema.it/focus/al-via-la-nuova-edizione-dei-fabrique-awards/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/al-via-la-nuova-edizione-dei-fabrique-awards/#respond Mon, 16 Jul 2018 08:15:48 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10957 Dopo il grande successo della prima edizione, con oltre 1.300 lavori inviati da 70 paesi, si aprono oggi le iscrizioni per l’edizione 2018 dei Fabrique International Awards, il premio che Fabrique du Cinéma promuove come riconoscimento alla creatività e alla sperimentazione, aperto alle produzioni di tutto il mondo. Un respiro internazionale che allarga l’orizzonte della rivista del […]

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Dopo il grande successo della prima edizione, con oltre 1.300 lavori inviati da 70 paesi, si aprono oggi le iscrizioni per l’edizione 2018 dei Fabrique International Awards, il premio che Fabrique du Cinéma promuove come riconoscimento alla creatività e alla sperimentazione, aperto alle produzioni di tutto il mondo.

Un respiro internazionale che allarga l’orizzonte della rivista del nuovo cinema italiano senza tradirne lo spirito: promuovere l’innovazione e la ricerca formale e contenutistica con un’attenzione particolare – ma non esclusiva – per i giovani autori e le opere prime.

LA GIURIA

A conferma della vocazione al superamento dei confini nazionali, anche la composizione della giuria, che nelle passate edizioni si è avvalsa di personalità del calibro di Alessandro Borghi, Valentina Lodovini, Federico Zampaglione, Ivan Carlei, Piero Messina.

Fabrique Awards Vinicio Marchioni

Nell’edizione 2017 a presiedere la commissione è stato Willem Dafoe, straordinario interprete di tante pellicole di culto, da Platoon di Oliver Stone a Spider-Man di Sam Raimi, passando per L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese, Antichrist e Nymphomaniac di Lars Von Trier. Gli altri giurati, tutti noti professionisti ed esperti del cinema italiano e internazionale, erano Vinicio Marchioni (attore, Romanzo criminale – la serie, Il contagio) Fabio Guaglione e Fabio Resinaro (registi di Mine e autori di Ride, nelle sale a settembre), Valentina Lodovini (attrice, Montalbano, Benvenuti al Sud), Christian Halsey Solomon (produttore American Psycho, Padri e figlie), Alessandro Usai (Ceo Colorado Film),  Jacopo Chessa (direttore del Centro Nazionale del Cortometraggio).

I PREMI

Sono cinque le sezioni dei Fabrique International Awards – Miglior lungometraggio, Miglior cortometraggio, Miglior webserie, Miglior documentario e Miglior sceneggiatura – che si aggiungono alle categorie tradizionali dedicate al cinema italiano: Opera prima, Opera innovativa e sperimentale, Attore rivelazione, Attrice rivelazione e Tema musicale.

Fabrique Awards Actual

I VINCITORI DELLA PRIMA EDIZIONE

Nella cerimonia che si è tenuta a Spazio 900 il 15 dicembre 2017 a Roma sono stati premiati fra gli altri Gatta Cenerentola di Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone (Opera innovativa e sperimentale), Easy di Andrea Magnani (Opera prima), Bikini Blue di Jarek Marszewski (Lungometraggio internazionale), Mama di Eduardo Vieitez (Cortometraggio internazionale), Valentina Bellè (attrice rivelazione) e Simone Liberati (attore rivelazione).

La cerimonia di premiazione della nuova edizione si svolgerà il 14 dicembre 2018 sempre nella splendida location di Spazio 900.

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Premio Fabrique 2016: i vincitori https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/premio-fabrique-2016-i-vincitori/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/premio-fabrique-2016-i-vincitori/#respond Mon, 12 Dec 2016 09:18:51 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3842 C’era tantissima gente, amanti del cinema e celebrities, il 7 dicembre a Spazio 900 ad applaudire gli attori e i registi candidati per il Premio Fabrique du Cinéma alla creatività e alla sperimentazione, arrivato alla seconda edizione. In una serata piena di musica, con i concerti dei Joe Victor e di Wrongonyou, di proiezioni di cortometraggi (Oggi […]

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C’era tantissima gente, amanti del cinema e celebrities, il 7 dicembre a Spazio 900 ad applaudire gli attori e i registi candidati per il Premio Fabrique du Cinéma alla creatività e alla sperimentazione, arrivato alla seconda edizione.

In una serata piena di musica, con i concerti dei Joe Victor e di Wrongonyou, di proiezioni di cortometraggi (Oggi offro io di Valerio Groppa e Alessandro Tresi, Uomo in mare di Emanuele Palamara, Ratzinger è tornato di Valerio Vestoso) e di arte, con le mostre di Martina Mammola, Philippe Antonello, Arianna Lanzuisi e Adamo Pinto, i conduttori Martina Catuzzi e Dario Ceruti hanno accompagnato, in stile hollywoodiano, la cerimonia.

Questi i vincitori:

MINE – Miglior Opera innovativa e sperimentale
LA RAGAZZA DEL MONDO – Miglior Opera prima
MATILDA DE ANGELIS – Attrice rivelazione
ALESSANDRO SPERDUTI – Attore rivelazione
TEHO TEARDO Miglior Tema Musicale per il film La verità sta in cielo

La giuria era composta da Alessandro Borghi, Valentina Lodovini, Piero Messina, Ivan Carlei e Federico Zampaglione. Appuntamento al prossimo anno!

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“Mine”: un passo avanti per il cinema di genere in Italia https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/mine-un-passo-avanti-per-il-genere-in-italia/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/mine-un-passo-avanti-per-il-genere-in-italia/#respond Mon, 19 Sep 2016 08:10:38 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3575 Fabio Guaglione e Fabio Resinaro si incontrano tra i banchi di scuola nella metà degli anni Novanta, in un liceo scientifico di San Donato Milanese. Vogliono fare il cinema. È però subito chiaro che non hanno intenzione di seguire il percorso fenotipico del giovane “cinematografaro”: è il 2004, e loro si mettono in testa di […]

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Fabio Guaglione e Fabio Resinaro si incontrano tra i banchi di scuola nella metà degli anni Novanta, in un liceo scientifico di San Donato Milanese. Vogliono fare il cinema.

È però subito chiaro che non hanno intenzione di seguire il percorso fenotipico del giovane “cinematografaro”: è il 2004, e loro si mettono in testa di girare un cortometraggio di fantascienza spaziale in 35 millimetri, con scenografie ricostruite in studio e un gran numero di effetti digitali. Eppure solo due anni dopo E:D:E:N è pronto, e sbaraglia la concorrenza ai festival di genere di mezzo mondo. Poi un mediometraggio, insieme a SKY. Poi un altro corto, che li porta al Festival di Sitges nel 2008. Lì però, ancora non lo sanno, in ballo c’è molto più che un premio. In giuria c’è il loro Big Fish, nel senso proprio di un pesce grosso: un producer della 20th Century Fox. E così arriva la telefonata. Fabio e Fabio volano in America, i produttori vogliono fare un film proprio dal loro cortometraggio. È presto chiaro però che la major vuole snaturare il progetto, e i nostri si trovano di fronte al dilemma: Hollywood o le proprie idee?

Tornano in Italia, back to square one. Realizzano faticosamente un lungometraggio nel 2012, True Love, che in Italia non riesce a uscire nelle sale, e poi hanno l’idea di Mine.

Mine racconta la storia di un soldato americano che si trova solo, in territorio straniero, con il piede sopra una mina. Pensando alla vostra carriera, quanto c’è di autobiografico?

F.G. [ride] Beh, il film parla dell’importanza di non perdere la determinazione e andare avanti, soprattutto quando sembra che non ci sia nessuna direzione in cui sia meglio andare. Molto, direi!

F.R. C’è sempre tanto di autobiografico nei nostri film, anche perché cerchiamo di prendere una situazione che può essere tipica, e guardarla da un punto di vista diverso e personale.

mine_low4Questo punto di vista personale si sente nel film, anche se vedendolo in anteprima ho avuto più volte l’impressione di trovarmi di fronte a un’opera più mainstream che indipendente, un film “americano”. Voi come lo definireste?

F.R. Per noi è assolutamente un film indipendente, a partire dal budget. Senza dare numeri, il film è costato la metà di quanto costa una tipica commedia italiana! Per raggiungere quello standard qualitativo ci siamo occupati di tutto, dalla scrittura agli effetti visivi. Il nostro approccio è quello dei filmmaker, non abbiamo fatto scuole, ci siamo buttati subito imparando sul campo nei quindici anni di esperienza insieme.

F.G. Siamo cresciuti in Italia, ma le nostre influenze culturali vengono dal cinema americano e dalla cultura asiatica. Personalmente credo che il nostro, così come Jeeg Robot, faccia parte di una volontà di rinascita e realizzazione di prodotti competitivi a livello internazionale. Poi che il film si faccia a Hollywood o a San Donato Milanese non ci interessa.

Però a differenza del film di Mainetti, Mine è girato all’estero, in inglese, e con un cast di rilievo tutto americano.

F.G. Ci sono storie che hanno bisogno di un certo registro: per quanto mi riguarda, se sto vedendo un film di sci-fi ambientato su un’astronave e il personaggio parla italiano mi sento “espulso” dal film immediatamente. È una questione culturale. Jeeg Robot ha fatto un lavoro splendido, e diverso.

mine_low1E quindi per quale mercato è Mine?

F.R. Pensa soltanto che il film uscirà prima in Italia, e solamente nel 2017 nel resto del mondo. Bisogna iniziare a ragionare in maniera diversa, solo non siamo abituati.

F.G. Come spesso si sente purtroppo quando si parla di questi nuovi progetti fuori dagli schemi, anche noi abbiamo avuto problemi a trovare un produttore in Italia. Ma perché fermarsi al nostro paese? Siamo andati all’estero perché là c’erano i soldi per fare il film, Peter Safran [il produttore] aveva già realizzato Buried – Sepolto vivo, sapevamo che poteva capire la nostra storia. Lui si è fidato a mandare due esordienti su un’isola in Spagna, con un attore americano, Armie Hammer, che veniva dall’esperienza di The Social Network di David Fincher. Qui non sarebbe successo.

A proposito di fiducia, quanta libertà avete avuto, e come ve la siete guadagnata?

F.R. Abbiamo convinto il produttore con le nostre idee, per esempio la sceneggiatura era lunga 94 pagine, meno dello standard americano, eppure avevamo già tutto il film in testa, e sapevamo che alla fine non sarebbe stato corto, anche perché si tratta di un plot difficile, poteva anche annoiare. Se non stanca è stato anche merito di Armie Hammer, che ha retto con il suo magnetismo un film che lo vedeva per gran parte del tempo bloccato su una mina nel deserto. Sul set certe volte rimanevamo incantati mentre lui a fine take improvvisava anche solo con un gesto, che però era sempre perfetto.

F.G. E poi alle volte per superare alcuni ostacoli basta farsi furbi. Per esempio nel film si parla della Manovra Shuman, un modo disperato per sfuggire all’esplosione di una mina. Avevamo un consulente ex-marine sul set e pensavamo che avrebbe scoperto che l’avevamo inventata, così siamo andati prima da lui e gli abbiamo detto “la conosci la Manovra Shuman, giusto?”, e lui “Sì, certo”.

F.R. Lo abbiamo spiazzato.

mine_low2Ci ho creduto anche io! Anche per il suo valore simbolico all’interno del film. E devo dire che il vostro è un film carico di simbologie.

F.G. È la nostra cifra. Ci piace costruire rimandi e ci fa piacere che anche gli spettatori se ne accorgano. Mine parla di un soldato su una mina, ma anche di tutte quelle situazioni in cui ci siamo trovati bloccati, e abbiamo dovuto confrontare le nostre paure. Parla a tutti.

E adesso la domanda classica. Dopo Mine?

F.G. In America ci rappresenta un’agenzia, lì funziona che ti mandano i copioni senza il regista e tu scegli, ma non è sempre facile lavorare su un copione di altri… Abbiamo le nostre idee.

F.R. Intanto aspettiamo che esca! Mine ci ha rubato la vita dal 2012 più o meno. Abbiamo delle idee, ma prima vogliamo vedere il nostro esordio al cinema.

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