Emanuela Scarpa Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Thu, 29 Apr 2021 08:43:49 +0000 it-IT hourly 1 Fotografi di scena/5: Stefania Rosini https://www.fabriqueducinema.it/magazine/macro/fotografi-di-scena-5-stefania-rosini/ Thu, 22 Apr 2021 07:26:08 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15467 Italiana trapiantata all’estero ma con frequenti irruzioni in madre patria, Stefania Rosini porta il suo nomadismo cosmopolita  nei suoi scatti. La curiosità del suo sguardo è sorprendente e rende spettacolari e originali le sue foto.  Il suo stile  è contaminato dalla vita dei set di Los Angeles, la capitale indiscussa del cinema mondiale; in Italia ha scattato […]

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Italiana trapiantata all’estero ma con frequenti irruzioni in madre patria, Stefania Rosini porta il suo nomadismo cosmopolita  nei suoi scatti. La curiosità del suo sguardo è sorprendente e rende spettacolari e originali le sue foto.  Il suo stile  è contaminato dalla vita dei set di Los Angeles, la capitale indiscussa del cinema mondiale; in Italia ha scattato per Zero Zero Zero, Summertime, Il cacciatore. Ha appena terminato un film  Amazon Prime con Thandie Newton, Chris Pine, Laurence Fishburne e Jonathan Price ed è gia sul set a Londra di  una miniserie per HBO con Oliva Colman e David Thewlis. 

La tua prima macchina fotografica?

La mia primissima macchina fotografica è stata una Canon Prima Junior, regalo per il mio ottavo compleanno – la mamma non era molto contenta perché era un hobby troppo costoso: una compattina tutta automatica che mi ha accompagnato per qualche anno, poi sono passata a una Nikon FE2 manuale e da li è iniziato il vero divertimento. Ho imparato praticamente da sola, appuntandomi su un quaderno i diaframmi, i tempi e tutto il resto. Mio cugino è un fotografo amatoriale ed è grazie a lui che ho visto la prima volta, in camera oscura, l’immagine venire fuori dalla carta. Quella magia mi ha folgorato e credo di avere deciso lì per lì, più o meno a dodici anni, che da grande avrei voluto fare la fotografa.

Qual è la macchina fotografica che usi ora? E perché è quella più adatta a te?

È un po’ complicato: quando sono sul set scatto con due Sony A9 Mirrorless, perfette perché silenziosissime (elettronica shutter mode) e con una risoluzione anche a luci basse meravigliosa. In una monto un wide angle lens e nell’altra un obbiettivo lungo.  Very sharp e il fuoco è velocissimo. Nella mia borsa c’è anche una vecchia ma sempre potentissima Canon 5D Mark III (ho provato una Mark IV ma non ho visto cosi tante differenze per le stills, quindi sono rimasta, felicemente risparmiando, con la III). Ma credo di tornare presto al mio vecchio amore Nikon, scambiando camera e lenti: vorrei prendermi la Nikon D850, per una questione di feels e colori. Sono comunque entrambe macchine professionali di altissimo livello. Al momento la Sony A9 rappresenta la soluzione migliore per uno Unit Stills Photographer. Personalmente sono molto soddisfatta e anche le lenti sono fantastiche. Non ho assolutamente abbandonato le macchine fotografiche a pellicola che porto con me anche sul set e quando è possibile cerco di fare qualche ritratto agli attori: una Nikon FM2 e una fantastica Rolleiflex! È tutta un’altra storia fotografare con queste.

Obbiettivi? Quali lenti preferisci nel tuo lavoro sul set ?

Per il mio lavoro le varifocali sono indispensabili, perché devi essere veloce nell’adattarti alle situazioni, fare primi piani e passare ai wide angle in un attimo, e avere a disposizione un vasto range di focali aiuta. E devono essere rigorosamente luminose, quindi mai sopra il f2.8. Un bravo fotografo di scena deve muoversi il minimo indispensabile e passare inosservato, di conseguenza cambiare lente ogni minuto non è l’ideale. Le mie lenti: Sony 24/70mm f2.8, Sony 16/24mm f2.8, Sony 85mm f1.8, Sony 70/200mm f2.8, Canon 16/24mm f2.8, Canon 24/70mm f28, Canon 70/20mm f 2.8.

Stefania Rosini sul set
Stefania Rosini sul set.

Qual è stato il tuo primo set cinematografico? 

Il mio primo set cinematografico amatoriale è stato al primo anno del DAMS di Bologna. Sul mio sito ci sono ancora le foto di quel set: un cortometraggio del mio compagno di corso Marcello Vai, con un Michele D’Attanasio tuttofare, dalla produzione al grip e al catering. La sensazione era quella della “famiglia per una settimana”, perché si viveva davvero giorno e notte tutti insieme. È ancora un bellissimo ricordo e grazie a quell’esperienza mi sono resa conto che con quel lavoro avrei potuto unire le mie due grandi passioni: fotografia e cinema. Il primo vero set cinematografico però è stato a Los Angeles con il mio migliore amico, il direttore della fotografia Pierluigi Malavasi per una serie di History Channel dal titolo Nostradamus Effect, e da lì ho iniziato a lavorare grazie al passaparola.

Fotografia naturalistica: preferisci ottenerla solo con luce naturale o con diverse luci artificiali?

Direi che anche lontano dal set preferisco usare la luce naturale. Mi sento molto più a mio agio a lavorare con quello che ho davanti.

Curi tu la post-produzione delle tue foto?

Si, perché il lavoro deve essere mio al 100%. Anche se il fotografo di scena deve consegnare i file raw alla produzione e poi ci penserà il reparto marketing a fare il loro editing, io dò sempre delle foto con la mia color correction e molto spesso finiscono per usare quelle.

Il primo vero e importante rimprovero che hai ricevuto durante un lavoro ma che ti ha insegnato qualcosa di fondamentale sul tuo mestiere.

Credo che sia stato quando ho iniziato nella prima agenzia, l’Iguana Press di Bologna. Roberto Serra, il proprietario dell’agenzia, alla consegna delle foto del mio primo concerto, mi insegnò “due cose”, che mi ricorderò per sempre e che hanno segnato totalmente il mio modo di costruire l’immagine. Mi disse che non c’era cosa più brutta di un’inquadratura sbagliata. È importante lo spazio che si dà al soggetto: non troppa aria sulla testa, spazio e destra o a sinistra a seconda dello sguardo del soggetto e soprattutto MAI il microfono davanti alla faccia! Insegnava Educazione all’Immagine a Scienze della Comunicazione e ogni tanto andavo ad assistere alle sue lezioni. Davvero interessantissime, tanto che fosse per me metterei l’insegnamento di questa disciplina nelle scuole elementari.

Stefania Rasini Zero Zero Zero
Backstage di “Zero Zero Zero”.

Chi come noi fa cinema spesso non pensa ad altro e non ha il tempo di godersi altro. Ma dimmi cosa preferisci allo stare sul set.

Adoro il cinema e i concerti, non vedo l’ora di poterci andare di nuovo, qualsiasi film e concerto siano di sicuro mi metterò a piangere dalla commozione. Adoro la pizza, sono italiana after all! E da qualche anno (meglio tardi che mai) ho iniziato a fare kickboxing. Adoro come mi sento ogni volta alla fine di una lezione e come si sta trasformando il mio corpo.

Il collega che “odi” di più, perché è troppo bravo?

Odio no, ma tantissima invidia sì per il fotografo di scena Niko Travernise (@nikotravernise). Riconoscerei le sue foto tra mille, adoro il suo stile e poi lavora su tutti i set in cui vorrei lavorare io! Un’altra fonte inesauribile di ispirazione e aiuto costante nel mio lavoro è il  mio mentor Hopper Stone, il presidente della Society of Motion Picture Stills Photographers (SMPSP), di cui faccio fieramente parte dal 2018 (@hopper_stone). Di fotografi Italiani stimo molto Francesco Prandoni (@francescoprandoni), amico e fotografo di Live Music. Dei colleghi fotografi di scena massima stima per Andrea Miconi (@anrea.miconi) ed Emanuela Scarpa (@scarpaemanuela).

 

 

 

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I fotografi di scena, ladri di immagini https://www.fabriqueducinema.it/focus/fotografi-scena-ladri-immagini/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/fotografi-scena-ladri-immagini/#respond Sun, 08 Oct 2017 13:13:26 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9452 Un satellite che orbita nel circo immenso del cinema, che osserva dal suo angolo solitario quell’instancabile affaccendarsi di persone in movimento e ne restituisce un’immagine indelebile. Così Francesca Fago ci descrive il fotografo di scena, una figura chiamata a muoversi in punta di piedi nel caleidoscopico universo del set cinematografico. Un ruolo nato per promuovere […]

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Un satellite che orbita nel circo immenso del cinema, che osserva dal suo angolo solitario quell’instancabile affaccendarsi di persone in movimento e ne restituisce un’immagine indelebile. Così Francesca Fago ci descrive il fotografo di scena, una figura chiamata a muoversi in punta di piedi nel caleidoscopico universo del set cinematografico.

Un ruolo nato per promuovere i film attraverso la produzione e la diffusione delle foto di lavorazione destinate alle attività di stampa, dai manifesti ai reportage commissionati dai magazine, a cui si aggiunge il repertorio fotografico delle scene relative a tutte le inquadrature nella maniera più fedele possibile all’originale, mantenendo gli stessi parametri focali.

Ma ogni scatto racconta anche lo stile, la personale visione delle cose che i fotografi di scena ci offrono, muovendosi silenziosi e facendosi invisibili soprattutto nei momenti di maggiore tensione e drammaticità che si generano sul set.

E tutto ciò che accade nel backstage? Sono ancora i fotografi di scena a raccontarcelo, attraverso immagini catturate dal mondo che sta dietro la macchina da presa, e che resterebbe altrimenti segreto e inaccessibile al pubblico. E poi, non ultimo per importanza, c’è l’aspetto romantico del ricordo. Perché tutti vogliono una foto: gli artisti, la troupe, il regista, gli spettatori!

FRANCESCA FAGO

fotografo di scena, immagine di Francesca FagoIl cinema era nel mio destino fin dall’infanzia, perché provengo da una famiglia che lavorava in questo settore, e fa parte da sempre della mia educazione. All’università ho scelto di studiare antropologia per seguire l’interesse che ho sempre nutrito nei confronti dell’uomo, ma percepivo come un limite l’assenza di un aspetto pratico che completasse la mia ricerca. Quasi come in un film, un viaggio in India con macchina fotografica alla mano, mi ha indicato la strada: al ritorno mi sono iscritta allo IED a cui sono seguiti due Master, uno in Fotogiornalismo presso l’Agenzia Contrasto di Milano e uno in Street Photography presso il London College of Communication a Londra.

La prima opportunità nel mondo del cinema è arrivata con il film Caravaggio, in cui ho avuto la fortuna di lavorare accanto al grande maestro Vittorio Storaro. Il lavoro del fotografo di scena è cambiato molto nel passaggio dalla pellicola al digitale, ma restano i due aspetti che più lo caratterizzano: chi svolge questo mestiere deve essere insieme onnipresente e invisibile, “rubare” le stesse immagini catturate dalla macchina da presa utili per le attività di stampa e cogliere i momenti del backstage per testimoniare il doppio mondo del cinema, tutto questo sentendosi ripetere continuamente “spòstati”!

L’aspetto che amo maggiormente di questo mestiere è la follia che unisce il lavoro di tante persone, che collaborano con grande fatica per creare qualcosa di immateriale come un film, e poter testimoniare con le immagini l’importanza di ogni singola persona per il risultato finale.

EMANUELA SCARPA

fotografi di scena, immagine di Emanuela Scarpa

Sono sempre stata ossessionata dalla fotografia, studiavo da autodidatta l’importanza della luce anche attraverso più scatti di uno stesso soggetto in diverse ore del giorno. Sono approdata a questo mestiere quasi per caso: dopo un corso di reportage e tecniche di stampa, ho scoperto l’Associazione Fotografi di Scena (oggi ahimè non più esistente) tramite il laboratorio dove sviluppavo le pellicole. Così ho avuto la fortuna di poter accedere ai set come tirocinante. Ho capito presto che in questo mestiere è fondamentale la conquista dello spazio: il fotografo di scena opera come un osservatore isolato che agisce in apparente libertà ma che deve muoversi in silenzio come un felino e trovarsi pronto a catturare il momento giusto, quasi già ad attenderlo in anticipo.

Il nostro ruolo è quello di un piccolo reporter: io, ad esempio, leggo sempre la sceneggiatura per avere un’idea delle immagini che cerco di creare prima nella mia testa. Il set per me è come una grande giostra in cui poter scegliere di raccontare mille storie con altrettante sfumature. L’intento è sintetizzare, attraverso le immagini, l’equilibrio perfetto dell’“ecosistema cinema”, un mondo in bilico tra magia e follia. Le parole più belle rivolte al nostro mestiere le ha dette un regista importante una volta alla premiazione del CliCiak di Cesena (Festival Nazionale Fotografi di Scena), affermando che lui spesso osserva come si muove e da dove inquadra una scena il fotografo per poterne talvolta prendere suggerimento. Questa per noi è la più grande conquista: la fiducia verso una visione comune.

LORIS ZAMBELLI

fotografi di scena, immagine di Loris Zambelli

Sono arrivato a questo mestiere attraverso una serie di coincidenze, quasi per caso. Partito dal centro di formazione professionale in fotografia Riccardo Bauer, sono approdato in un’agenzia fotografica che lavorava con il mondo dello spettacolo e ho avuto modo di iniziare attraverso una lunga gavetta come assistente dei fotografi di scena. Il nostro lavoro consiste nel realizzare tutto il materiale statico che riguarda la produzione di un film: dalla locandina alle foto del retro copertina dei DVD, a tutto il contenuto visivo destinato a stampa e promozione. Il fotografo documenta tutta la lavorazione di un film attraverso le attività che si svolgono sul set. O, meglio, dovrebbe.

Una delle difficoltà del mestiere, infatti, ha portato oggi a un suo notevole ridimensionamento in termini di presenza sulla scena a causa delle riduzioni dei budget. Nonostante sia diventato quasi un lavoro “a giornata”, richiesto soprattutto per le scene più importanti, questo ruolo mantiene un fascino immutato perché offre la possibilità di entrare letteralmente dentro il film, di far parte di un mondo parallelo di cui non si è più soltanto spettatori. Motivo di gratificazione è anche il riscontro quasi immediato del proprio operato da parte di regista e produzione, oltre alla condivisione costante con tante persone che lavorano per uno stesso obiettivo. Dopo quindici anni, per me è ancora emozionante come il primo giorno e vivo questo mestiere come un vero e proprio privilegio.

ANDREA PIRRELLO

fotografi di scena, Andrea Pirrello

La mia formazione tecnica in ambito fotografico non è del tutto lineare. Come fotografo sono fondamentalmente autodidatta, ma ho studiato cinema all’università, ho fatto la gavetta nel reparto di fotografia e studiato direzione della fotografia in Spagna. Ho alternato per molto tempo il lavoro sul set con il reportage fotografico in ambiti lontani da quelli cinematografici, fino a quando mi è stato chiesto, per caso, di occuparmi delle foto di scena di un film.

Non credo esistano segreti particolari o caratteristiche che differenziano la foto di scena da altri lavori fotografici: è molto soggettivo, più una questione di sensibilità. Credo che sia importante trovare sintonia col progetto, con quella che potrebbe essere l’atmosfera della storia. Sembra scontato ma non lo è, vista anche la velocità del set contemporaneo.

La cosa difficile è riuscire realizzare quelle immagini che non si troveranno nel film, ma che fanno parte della storia e non sono sostituibili con i fotogrammi: questo è il valore aggiunto di un mestiere in cui la soddisfazione è qualcosa di complicato. Viene molto dopo. Quando si può vedere il percorso delle immagini col film.

 

 

 

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