Elisa Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 21 Jun 2021 17:17:53 +0000 it-IT hourly 1 Paolo Buonvino, la musica come destino https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/paolo-buonvino-la-musica-destino/ Mon, 14 Aug 2017 12:41:22 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9113 Ha scritto celebri colonne sonore per registi come Muccino, Veronesi, Verdone e Placido. Collabora con artisti italiani e internazionali e fra suoi amici più cari c’è Franco Battiato, di cui è stato giovane assistente. È la «predisposizione per la commistione tra linguaggio colto con linguaggio popolare», unita alla voglia di sperimentare, che lo ha condotto […]

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Ha scritto celebri colonne sonore per registi come Muccino, Veronesi, Verdone e Placido. Collabora con artisti italiani e internazionali e fra suoi amici più cari c’è Franco Battiato, di cui è stato giovane assistente.

È la «predisposizione per la commistione tra linguaggio colto con linguaggio popolare», unita alla voglia di sperimentare, che lo ha condotto ad esempio a comporre hit come Eppure sentire interpretata da Elisa e la più recente Renaissance per Skin, colonna sonora della serie Medici.

Ci accoglie nel suo studio vicino al Colosseo, ma è in un bar, davanti a una spremuta e un caffè, che Paolo Buonvino comincia a riflettere assieme a noi su cosa significhi comporre musica oggi.

un'immagine di paolo buonvinoOggi, l’epoca della frenesia dei like, del dinamismo tecnologico e della smania di arrivismo: «Questo impoverimento lo sentiamo più o meno tutti. È come se ogni giorno ci nutrissimo di cibi precotti: probabilmente di fronte a un piatto fatto in casa avremmo all’inizio delle resistenze, ma ci accorgeremmo presto della differenza. Forse è necessario attraversare questo medioevo per riprendere davvero coscienza di noi stessi; nessuno ai giorni nostri è esente dal rischio di produrre materiale vuoto, e questo non vale solo per chi fa arte. Secondo me chi ha la consapevolezza di trovarsi male in questa condizione deve contribuire a creare le condizioni giuste per sé e per gli altri, anche a costo di andare controcorrente».

È a questa autenticità e verità a cui Paolo Buonvino aspira quando compone musica: la verità di se stesso, del proprio sentire, per armonizzarsi, attraverso le note che compone, con le emozioni dell’ascoltatore.

La grande maestria di questo compositore nel tradurre sensazioni e sentimenti in suono non sfugge all’esordiente Gabriele Muccino, il quale dopo averlo ascoltato ne La piovra 8 lo scrittura per il suo primo film Ecco fatto e per quello successivo Come te nessuno mai, grazie al quale Buonvino riceve la prima candidatura al David di Donatello. «Non sapevo nulla di questo premio! Venendo dal mio paesino di Scordia e conoscendo poco il cinema, chiedevo: Ma è un premio importante?”».

un'immagine di paolo buonvinoDa subito tra il compositore e il regista nasce una grande affinità che consente di dare forza narrativa, l’uno con la musica e l’altro con le immagini, al complesso mondo emotivo dei protagonisti dei film, al punto che il pubblico si trova inevitabilmente coinvolto nel racconto: «Come te nessuno mai ad esempio parla di adolescenti che fanno la loro prima occupazione. Gabriele mi spiegò: “Dobbiamo fare in modo che lo spettatore si senta un quindicenne, l’irruzione notturna a scuola deve essere l’inizio della seconda guerra mondiale!”. Io con la musica e lui con le immagini dovevamo rendere l’epicità di una situazione in grado di coinvolgere anche un adulto. Un meccanismo perfezionato ne L’ultimo bacio, tant’è vero che se ne accosti la colonna sonora alla scena di una battaglia vera, ci si adatterà perfettamente. Anche in quel caso infatti dovevamo rappresentare una guerra, quella psicologica fra i protagonisti».

La forte personalità musicale di Buonvino si esprime liberamente nei film e si fa notare, diventando un elemento significante della scena. «La musica arriva senza chiedere permesso. Bypassando l’intelletto sfrutta un imprinting inconsapevole che tutti abbiamo già da prima di nascere, uno dei primi sensi che si sviluppa è proprio l’udito. La relazione tra udito ed eventi esterni è molto forte in noi. Questa capacità innata si arricchisce poi con le esperienze e l’ambiente sociale in cui viviamo: per esempio il pianoforte ha una valenza precisa nella nostra cultura, ti fa sentire a casa, nel Benin invece suona come uno strumento etnico!» Identificare quale, tra fattori innati e influenze culturali, determini in maggior misura una reazione emotiva all’ascolto della musica, è difficile da dire. Non c’è una regola universale, «la musica interviene su ognuno di noi evocando immagini e sensazioni diverse».

A riprova di ciò, assistiamo a un esperimento “in vitro” che Buonvino presenta spesso anche all’università. Ci fa ascoltare un suo brano a tracce separate chiedendoci di esprimere le nostre sensazioni. Iniziamo con la parte ritmica, per poi aggiungere l’armonia, la linea melodica e infine ascoltiamo il brano in multitraccia. In tutti i casi, le nostre reazioni si presentano diverse e variegate, se pur con dei punti comuni. «Quello che emerge da questo esperimento non è altro che la combinazione tra fattori culturali ed elementi psicologici innati che intervengono diversamente su ciascuno di noi. Per questo il musicista deve essere vero ed efficace. Magari toccherà corde diverse, così come è diverso il mondo interiore di ognuno di noi, ma se davvero proverà determinate emozioni sarà più facile per lui sintonizzarsi con la mappa emotiva delle persone che ascoltano. È la differenza che passa tra un sorriso vero e uno di circostanza: se rido davvero la mia risata probabilmente sarà contagiosa».

paolo buonvino e skinLa ricerca introspettiva è per il compositore uno studio costante e consapevole al pari della preparazione tecnica e teorica. Un sapere che trasmette agli allievi del suo laboratorio di musica per immagini, il GoodLab Music, ponendosi l’obiettivo di incoraggiare liberamente la creatività dei musicisti in un contesto di forte condivisione artistica, al fine di creare una condizione di scambio e sostegno reciproco.

La stessa cosa accade quando si confronta con la produzione di brani per i grandi artisti della musica italiana e internazionale: «L’incontro con gli altri artisti mi è sempre utile, così anche la composizione di canzoni perché mi permette di cambiare: se facessi solo film e mai una canzone, entrerei in un circuito di abitudine che preferisco evitare».

Insomma Paolo Buonvino è un artista completo che con professionalità e dedizione ha superato quella che definisce la sfida più importante: riuscire a realizzare il suo sogno. «Vengo da un paesino di 16mila abitanti, con a mala pena due cinema. Non conoscevo nessuno nell’ambiente musicale. Sembrava impossibile farcela. Invece ho sempre pensato che sarei riuscito perché tutti noi facciamo parte di un “ingranaggio” che ci vuole bene, e ci dà la libertà di volerci bene a nostra volta, quindi se sappiamo orientarci, quel bene prima o poi arriva. “I tuoi desideri sono il tuo destino”, diceva Schopenhauer, bisogna saper riconoscere i propri desideri e convincersi che possano avverarsi… perché si avverano!».

 

 

 

 

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Thegiornalisti in concerto, semplicemente i migliori https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/thegiornalisti-concerto-semplicemente-migliori/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/thegiornalisti-concerto-semplicemente-migliori/#respond Sun, 14 May 2017 13:12:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8480 Questa è una dichiarazione d’amore. Non perché Tommaso Paradiso sia il cantante più bravo della sua generazione, non perché Completamente sold out sia il miglior disco degli ultimi anni, non perché questo sia stato il miglior concerto della nostra vita. È una dichiarazione d’amore perché con i Thegiornalisti ci sentiamo tutti a casa. Perché quando […]

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Questa è una dichiarazione d’amore. Non perché Tommaso Paradiso sia il cantante più bravo della sua generazione, non perché Completamente sold out sia il miglior disco degli ultimi anni, non perché questo sia stato il miglior concerto della nostra vita.

È una dichiarazione d’amore perché con i Thegiornalisti ci sentiamo tutti a casa. Perché quando Tommaso si affaccia sul palco con la sua aria ingombrante e un po’ goffa, ci sembra di vedere quel tipo spaccone che ciondola tra i tavolini di Prati, che lo conosci anche se non lo conosci.

Quasi ci fa strano vedere l’invadenza di un PalaLottomatica strapieno cantare certe canzoni, non quelle dell’ultimo disco, così fresche e immediate da far breccia in tutte le radio, piuttosto fa strano sentire migliaia di persone cantare quelle canzoni che erano la tua chicca, il tuo linguaggio privato nei tramonti d’estate, le canzoni velate di una malinconia atavica che sceglievi di mettere tornando dal mare, scansando il solito disco di Venditti e di Dalla, evitando la solita compilation che hai comprato in autogrill.

Tutto comincia con qualche canzone recente, poi Tommaso fa un saluto generale «la cosa più bella dei palazzetti sono le uscite di sicurezza», tutti si girano a guardare le luci verdi nel buio che scavano l’arena in lunghe linee che tranciano le gradinate. Porta gli occhiali scuri sul volto, si giustifica con una delle sue solite sviolinate e ci fa ridere. Quando subito dopo attacca con Mare Balotelli si è visto qualcuno piangere, pensando all’aria fresca che ci aspetta fuori e noi che non vediamo l’ora di tornare a essere tutti uguali, coi costumi a fiori.

Non può non continuare con Fine dell’estate, con quelle quattro strofe, quattro inquadrature che ci proiettano dentro quei film anni ’80 citati nel ritornello, quattro pugni allo stomaco assestati tra le birre che deglutiamo. Il pubblico, che era partito vagamente freddo, ora sbrodola di applausi e ricordi confusi con occhi sognanti, la band riattacca con le canzoni del nuovo album, e si cantano tutte, dai suoni sembra che da un momento all’altro possa iniziare anche Ricordati di me di Venditti ma non avviene mai, purtroppo.

L’album nuovo forse non ha la forza poetica dei primi, l’incoscienza di altri testi datati, ma ha la capacità di coinvolgerti a ogni canzone, anche se dice frasi più banali, anche se una canzone che recita «sono un po’ fatto di te» non avremmo mai pensato di cantarla, però siamo tutti lì, con una sorprendente ed eterogenea gioventù romana, forse la sintesi migliore della città, senza turisti da concerto di massa, senza adolescenti in preda a crisi ormonali, senza disagio dilagante.

Con Disperato ci racconta quando un attacco di panico lo porta a spasso per il quartiere e a guidare per la città, e tutti con la testa sembrano fare un segno di assenso confortante, ripensando alle domeniche d’ansia e pentimento trascorse; Sbagliare a vivere pare arrivare in soccorso di quei pensieri come una sorta di riscatto, con quella sua e nostra triste felicità.

Tommaso Paradiso, con ai suoi lati Marco Rissa e Marco Primavera, si siede al centro del parterre, come sospesi sopra le teste ammucchiate e le mani che stringono centinaia di iPhone luminosi. Ricostruiscono l’ambiente intimo di un vecchio club, stretti come se si spartissero i pochi metri di qualche angolo cencioso, sopra a uno di quei palchetti alti venti centimetri. E come in un club di tanti anni fa ci riportano indietro con un medley, tipo quelli che fa Vasco per risparmiare sul tempo e mettere qualche canzone in più. Parte E menomale, si trasforma in Autostrade umane e finisce con una meravigliosa Io non esisto, che estrapola pezzi di anima da tutte le voci che strillano le loro sconfitte d’amore.

Come il mare, l’estate e le notti in città, anche il calcio ritorna sempre nelle canzoni dei Thegiornalisti, inizia così anche Proteggi questo tuo ragazzo quando Tommaso si siede solo al suo pianoforte e ci dice che se sbaglia il primo pallone butta via tutta la stagione e non si riprende più. Luca Carboni arriva in supporto, appare dal buio con la sua aria da rocker sbiadito, un lungo applauso lo accoglie sulle note di una canzone alla quale tutti vogliamo un po’ bene. Un abbraccio tra i due cantanti anticipa Luca lo stesso canzone scritta da Paradiso per uno dei suoi miti anni ’80, qualcuno dalle retrovie aspetta un momento di silenzio per intonare Silvia lo sai … lo sai che Luca si buca ancora, tra l’ilarità di chi gli è intorno.

Tommaso Paradiso è ancora lì con il suo magliettone nero e i capelli gonfi, canta qualche altra canzone che scivola via nell’euforia generale, poi si ferma un attimo e stuzzica il pubblico, chiama l’attacco di Sold out e come un mantra condiviso tutti quanti strillano «vorrei morire brillo», senza musica, senza accompagnamento, continuando fino a metà canzone quando tutto si sbriciola in un applauso sincero e commosso che le gradinate si scambiano con la band.

Tra la strada e le stelle ci introduce Elisa che compare brevemente spalleggiando Tommaso, in una prestazione bella e quasi sprecata, tanto da far invocare il suo nome a tutto il pubblico, che lo scandisce a più riprese, ma lei si abbraccia forte con lui e poi sparisce con il suo fare timido e quasi fuori posto, in quello che è senza dubbio il suo habitat naturale.

Il tuo maglione mio rimbomba subito dopo con la folla che si scioglie definitivamente di ogni pudore, prima che il palco si svuoti di musicisti e si riempia dell’ego di Fabri Fibra che anticipa la base di Pamplona, la nuova hit che cominceremo a odiare con l’incedere dell’estate, quando ogni radio ce la propinerà senza soluzione di continuità. Il pubblico è in piedi e salta a ritmo, il ritornello chiama cannoni fumogeni che smuovono l’aria surriscaldata del palazzetto, Tommaso si agita e si tira il cocktail addosso, ballando con il bicchiere tra le mani.

Il concerto è finito? Non ci crede nessuno, mancano le due hit principali degli ultimi due album e questo è un trucco che non ingannerebbe più neanche un cavernicolo. Tempo di riprendere fiato e cambiarsi il magliettone, che da scuro diventa candido, ed ecco che Tommaso torna cantando l’immortale Promiscuità, forse la canzone più riuscita del gruppo, quel misto di ambientazioni retrò, sesso occasionale, sigarette e tanta voglia di non invecchiare mai. Completamente chiude il circo, le mani battono a tempo, ogni bocca segue le parole di una canzone tenera e compromettente, siamo tutti lì a saltellare con lui, con i coriandoli che invadono il palazzetto, sparati in aria a inondare palco e pubblico.

L’applauso che chiude il cerchio è sincero, tra vecchi amici che si vogliono bene. Dalle casse parte Balla, altro pezzo niente male lasciato fuori dalla scaletta, tutti sono lì a raccogliere il giusto tributo, la band storica con il buon Leo Pari, acquisto dell’ultimo tour, gli Shazami (Mandelli e Russo) che hanno aperto il concerto dopo il DjSet di Calcutta, tutti saltano e si abbracciano.

Sul palco con loro è come se ci fossero i nostri anni ’80, e i nostri ’90, da De Sica a Verdone, da Nanni Moretti a Willy il principe di Bel Air, c’è tutto l’armamentario culturale che qualcuno voleva dimenticare e che ora riaffiora prepotente, con Tommaso Paradiso, con i Thegiornalisti e con noi, “trentenni alcolizzati”, insicuri e sorridenti; con noi che condividiamo i loro stessi ricordi bambini.

 

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