Edoardo De Angelis Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 12 Oct 2022 15:17:52 +0000 it-IT hourly 1 Maddalena Stornaiuolo, che racconta una Napoli senza sconti https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/maddalena-stornaiuolo-che-racconta-una-napoli-senza-sconti/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/maddalena-stornaiuolo-che-racconta-una-napoli-senza-sconti/#respond Mon, 19 Sep 2022 09:00:51 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17694 Maddalena Stornaiuolo è nata nelle Vele di Scampia e da lì ha deciso di raccontare la criminalità dall’interno, le storie del rione, portando una vera e propria rivoluzione nel cinema di periferia. Nei suoi corti c’è Napoli, la figlia di un “fine pena mai”, una madre che si inginocchia davanti agli uomini per guadagnarsi da […]

L'articolo Maddalena Stornaiuolo, che racconta una Napoli senza sconti proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Maddalena Stornaiuolo è nata nelle Vele di Scampia e da lì ha deciso di raccontare la criminalità dall’interno, le storie del rione, portando una vera e propria rivoluzione nel cinema di periferia. Nei suoi corti c’è Napoli, la figlia di un “fine pena mai”, una madre che si inginocchia davanti agli uomini per guadagnarsi da vivere, un bambino vestito da Hulk che non ha la forza di difendere nessuno.

Maddalena è attrice, acting-coach, regista, imprenditrice e fondatrice della compagnia teatrale Vodisca Teatro e della scuola di recitazione La scugnizzeria. Con Sufficiente, il suo primo cortometraggio diretto insieme ad Antonio Ruocco, ha ricevuto il Premio Speciale ai Nastri d’Argento 2020 ed è in giro per festival con il suo secondo lavoro, Coriandoli (2021). La forza di questi shortfilm sta nella sottrazione e nello sguardo onesto e partecipato, nella regia tesa al mettere al centro i giovani protagonisti e le loro storie raccontate in prima persona, senza sconti. Solida e instancabile, Maddalena ha cambiato il volto di un territorio dimenticato da tutti, compiendo un lavoro enorme di recupero e riqualificazione del tessuto sociale.

La scugnizzeria non è solo una scuola ma un progetto votato all’inclusione, aperto al territorio e a persone di tutte le età, alle quali offri numerose opportunità a prezzi popolari. Hai portato il cinema sul territorio e i ragazzi via dalla strada.

La scugnizzeria è un progetto che è nato solamente cinque anni fa, ma è un sogno che coltivavamo da tempo, solo che tra un lavoro e l’altro era veramente complicato trovare uno spazio che potesse ospitare una grande quantità di ragazzi. Poi, quando sono rimasta incinta di mia figlia, mi sono dovuta fermare, non potevo essere sui set né tanto meno fare spettacoli a teatro. Allora mi sono detta che era il momento giusto per creare La scugnizzeria. Ci siamo messi alla ricerca degli spazi e li abbiamo trovati dove speravamo. Sono arrivati tantissimi ragazzi, all’inizio da Scampia, da Melito, dalla periferia limitrofa e poi da ogni punto della città. Questa è stata una vittoria, non volevamo solo avvicinare i ragazzi del quartiere ma creare una mescolanza, delle connessioni.

Maddalena Stornaiuolo Scampia
Le Vele di Scampia.

Non parliamo solo di corsi di recitazione ma anche di produzione, da qui ha preso forma Sufficiente. Gaetano è un pluriripetente che si presenta agli esami di terza media e aspira alla licenza con un voto sufficiente, qualcosa che significhi “abbastanza”. È un corto sul pregiudizio, sulla società escludente, sugli adulti che non tutelano e sui figli che pagano per gli errori di tutti. Perché hai scelto di raccontare proprio questa storia?

Siamo partiti con l’idea di raccontare una situazione che conoscevamo da tanto tempo, perché purtroppo la vicenda – per quanto romanzata – prende spunto da una storia vera, ma volevamo raccontarla da una prospettiva differente. La criminalità è spesso narrata da un solo punto di vista, invece mi interessava dar voce al ragazzo che subisce le conseguenze delle scelte non sue. Volevo che si sentisse preso in considerazione, quando a casa e a scuola questo non era accaduto. Credo che il cinema serva anche a dare voce a chi non ha la possibilità di farsi ascoltare.

Coriandoli è un’altra storia vera, quella di Speranzella che legge sul balcone per non sentire la madre che accoglie in casa i clienti. Una bambina che vede nei libri una via di fuga, che ha paura del rumore delle zip e non mangia perché non vuole che le cresca il seno. Totoriello è vestito da Hulk e vorrebbe avere i superpoteri per difenderla, ma è terrorizzato. Eppure sono a una festa con le giostre, vestiti da Carnevale: hai scelto questa ambientazione per contrasto?

Sì, esatto. L’infanzia e l’adolescenza dovrebbero essere età felici, ricche di scoperte, invece questi due bambini si trovano a fare i conti con un presente feroce e con un futuro incerto, pieno d’ombre. Mi premeva raccontare un’infanzia negata da situazioni di criminalità: non era quello che era accaduto a me ma, se ci penso, non ho ricordi di me in cortile o al parco, non potevo giocare fuori perché i miei avevano troppa paura. Tutta la mia infanzia è trascorsa tra il balcone e le mura domestiche, le uscite erano altrove, non nel rione. Volevo che questo risuonasse nel personaggio di Speranzella, questa chiusura nelle mura di cemento, in quel balcone lunghissimo che da piccola ti sembra sconfinato e invece non è che uno spazio troppo limitato.

Maddalena Stornaiuolo
Maddalena Stornaiuolo.

Hai recitato in Gelsomina Verde di Massimiliano Pacifico, un esempio di teatro e cinema civile, che racconta la storia vera di una ragazza di ventidue anni uccisa dalla camorra nel 2004, nel quartiere di Secondigliano. Cosa ti sei portata dietro da questa esperienza?

Tutto è iniziato durante la prima stagione di Gomorra, quando in parallelo alla messa in onda passavano su Sky Atlantic dei cortometraggi: uno di questi era Centoquattordici diretto da Massimiliano Pacifico che raccontava la storia di Gelsomina Verde, vittima numero centoquattordici dall’inizio della faida di Scampia. In quel corto interpretavo l’amica che raccontava la storia, ma già alla fine delle riprese sentivamo l’esigenza di approfondire quella vicenda: così è nato il lungometraggio dove avevo il ruolo di Gelsomina. Recitare alcune scene mi faceva molto male, a volte la notte non riuscivo a prendere sonno sapendo che all’indomani avrei dovuto interpretarle, ma questo mi ha aiutata a dare il taglio giusto. Si è parlato molto di lei, anche sui giornali e in TV, non sempre in maniera corretta. Poterla raccontare con l’aiuto del fratello, Francesco Verde, è stato il nostro piccolo dono alla memoria di questa ragazza morta in modo feroce. È stato un riscatto, se così si può dire, meritava di essere raccontata nel modo più onesto possibile.

Hai lavorato come acting-coach nella terza stagione della serie L’amica geniale, diretta da Daniele Luchetti, e poi sul set de La vita bugiarda degli adulti, la serie prodotta da Netflix Italia che vede alla regia Edoardo De Angelis. Come è stato lavorare nella serialità italiana?

Lavorare a L’amica geniale è stato non stupendo, di più, qualcosa che avrei desiderato che non finisse mai. Guido de Laurentiis, il produttore, è una delle persone più generose e disponibili che io abbia mia conosciuto, Daniele Luchetti, oltre ad essere un regista strepitoso, è una persona dall’anima buono, ci siamo fatti un sacco di risate e mi ha insegnato tantissime cose. Nella vita bugiarda degli adulti invece sono la acting coach personale di Valeria Golino, l’avevo conosciuta sul set di Fortuna di Nicolangelo Gelormini. Già all’epoca era nata una grande sintonia tra noi, sono davvero contenta di lavorare con lei e di poter assistere al suo processo creativo, è stato molto facile “metterle il napoletano in bocca”. Poi ho scoperto che De Angelis è un regista rock, è adorabile il modo in cui dirige gli attori e riesce a tenere il set. Non ci avevo mai collaborato, è un lusso lavorare con persone con le quali ti trovi così bene, spero di replicare.

Dopo il successo di entrambi i tuoi corti, ti senti pronta a esordire con un lungometraggio?

Per quanto riguarda il lungometraggio siamo in fase di sceneggiatura e abbiamo già degli accordi di produzione. Amo le sfide e questa è forse la sfida più grande, non vedo l’ora di buttarmici a capofitto ma, al momento, sono impegnata come attrice sul set di Mare fuori, sono il nuovo agente di polizia del PM. C’è bisogno di tempo, in questi casi: il mio motto è “senza fretta ma senza sosta” per cui piano piano le cose arrivano, si fanno i passi giusti e nel frattempo si costruisce quello che si vuole.

L'articolo Maddalena Stornaiuolo, che racconta una Napoli senza sconti proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/maddalena-stornaiuolo-che-racconta-una-napoli-senza-sconti/feed/ 0
RomaFF13: Il vizio della speranza, la natività laica di Edoardo De Angelis https://www.fabriqueducinema.it/festival/romaff13-il-vizio-della-speranza-la-nativita-laica-di-edoardo-de-angelis/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/romaff13-il-vizio-della-speranza-la-nativita-laica-di-edoardo-de-angelis/#respond Fri, 19 Oct 2018 14:09:58 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11650 È stato presentato questa mattina a Roma Il vizio della speranza, il nuovo lavoro di Edoardo De Angelis tra i selezionati alla Festa del Cinema. Dopo la storia umanamente ipnotica delle gemelle siamesi in Indivisibili, il regista campano torna a girare a Castel Volturno. Stavolta però la location regina è la foce del fiume omonimo. […]

L'articolo RomaFF13: Il vizio della speranza, la natività laica di Edoardo De Angelis proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
È stato presentato questa mattina a Roma Il vizio della speranza, il nuovo lavoro di Edoardo De Angelis tra i selezionati alla Festa del Cinema. Dopo la storia umanamente ipnotica delle gemelle siamesi in Indivisibili, il regista campano torna a girare a Castel Volturno. Stavolta però la location regina è la foce del fiume omonimo. Maria, Pina Turco, è una donna che vive il giogo di traghettare donne incinte per un traffico di neonati. «Avere un bambino bianco o nero, per chi lo desidera a tutti i costi, è la stessa cosa»: le sibila la sua aguzzina, boss di quartiere interpretata da una inquietante Marina Confalone. Maria scopre di essere incinta, e questo la porterà a scappare dal luogo a cui appartiene. In un limbo di immigrate africane liberate dai loro figli nati per prostituzione, riuscirà Maria a conquistare la libertà per sé e la vita per il suo bambino?

«In questo film vince chi resiste all’inverno. Vince chi ha la pazienza di aspettare che qualcosa cambi. E quando qualcosa cambia riesce, come nel caso di Maria, a servire quell’imperativo etico che nasce dalla scoperta di avere una possibilità. E cioè, agire»: il regista ha sintetizzato così il meccanismo alla base di questo film che utilizza le immagini più delle parole. Maria aspetta un bambino, ma non vediamo il padre. Il suo percorso è tortuoso. Non i deserti di pietre verso Nazareth, ma il fiume Volturno, con le sue barche, la mondezza e i suoi scarti umani che cercano di sopravvivere come possono. Tanti riferimenti al Natale, il Presepe, i Dieci Comandamenti alcune volte sullo sfondo e tanti altri dettagli che il regista infila nella visione, questa Natività laica girata da De Angelis rappresenta una piccola fetta di mondo immigrato da noi in Italia. Si vive quell’accoglienza negata, trasformata in sfruttamento del corpo e consumo delle anime.

il vizio della speranza

Da una parte, per la location post-apocalittica scelta nello stesso comune, il film si potrebbe accostare al Dogman di Garrone, girato al Villaggio Coppola, poche centinaia di metri dalla foce del Volturno. Dall’altra si tratta di donne, immigrati, sfruttamento e solitudini, quindi il pensiero va a Caina, di Stefano Antonucci, anch’esso uscito quest’anno. In queste due pellicole però mancava una ben precisa aura che invece avvolge Il vizio della speranza. «Quando mi chiamò, Edoardo mi disse che voleva fare un film che avesse un tema spirituale, mistico, religioso, esplicitamente cristiano». Ha raccontato lo sceneggiatore Umberto Contarello. «E vedendo ora il film ho trovato l’andamento, la partitura di una parabola».

De Angelis manipola gli spazi desolanti di un certo sud Italia rendendoli non-luoghi. Spazi liminali che si staccano dal quotidiano puntando a sensazioni quasi oniriche, da incubo. Gioca con le messe a fuoco sui suoi personaggi, quasi tutte donne eccetto Massimiliano Rossi, nella parte di un barcarolo. Immigrate, donne come merce, non vengono raccontate direttamente, ma trasversalmente, con presenze che accompagnano la fuga per la vita di Maria. «È doveroso per chi racconta storie cercare nuove forme di linguaggio che si adattino alla trasformazione del sentimento di chi queste storie le deve godere». Ha continuato De Angelis. «Quindi sembra una follia l’innovazione, ma in realtà è un dovere».

il vizio della speranza

Nel ruolo della madre partecipa anche Cristina Donadio. Un personaggio, il suo, che passeggia nella sua doppiezza sessuale quanto morale, ma non viene mai giudicata dalla macchina da presa. De Angelis ci fa attraversare il suo presepe post-moderno, capace di inumanità allucinanti ai confini del reale quanto di tenerezze inaspettate da chi mai immagineremmo. Non è un cinema facile quello di De Angelis, ma involato su un’iperbole dalla significazione sempre più alta. Così Il vizio della speranza si presenta più profondo di Indivisibili e più complesso di Perez. Musiche sensoriali e trascinanti di Enzo Avitabile e per la distribuzione italiana Medusa, ed estera True Colors, sarà nelle sale dal 22 novembre.

L'articolo RomaFF13: Il vizio della speranza, la natività laica di Edoardo De Angelis proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/festival/romaff13-il-vizio-della-speranza-la-nativita-laica-di-edoardo-de-angelis/feed/ 0
Angela e Marianna Fontana, gemelle diverse https://www.fabriqueducinema.it/magazine/cover/angela-marianna-fontana-gemelle-diverse/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/cover/angela-marianna-fontana-gemelle-diverse/#respond Wed, 13 Sep 2017 12:27:36 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9237 Sono state “indivisibili” sul set del film di Edoardo de Angelis; sono inseparabili nella vita di tutta i giorni. Bastano pochi minuti per essere conquistati dalla loro genuinità e contagiati dal loro entusiasmo. Angela e Marianna hanno vent’anni e sono cresciute a Maddaloni, in provincia di Caserta: «Lì non c’è neppure una sala cinematografica – […]

L'articolo Angela e Marianna Fontana, gemelle diverse proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>

Sono state “indivisibili” sul set del film di Edoardo de Angelis; sono inseparabili nella vita di tutta i giorni. Bastano pochi minuti per essere conquistati dalla loro genuinità e contagiati dal loro entusiasmo.

Angela e Marianna hanno vent’anni e sono cresciute a Maddaloni, in provincia di Caserta: «Lì non c’è neppure una sala cinematografica ride Marianna – eppure i film ci hanno sempre irresistibilmente attratte. Adoriamo le storie e le atmosfere di Kim Ki-duk e David Lynch e studiamo musica e recitazione sin da piccole».

«Avevamo 16 anni quando abbiamo incontrato Edoardo de Angelis per la prima volta continua Angela abbiamo sostenuto un provino per il suo episodio di Vieni a vivere a Napoli, ma ci ha scartate. Tuttavia, è stata proprio quell’esperienza ad accendere una Iuce in noi e a farci capire che recitare era ciò che volevamo davvero. E quando Edoardo, un paio d’anni dopo, ci ha chiamate per interpretare Indivisibili, non riuscivamo a crederci».

[questionIcon]Nel film siete Dasy e Viola, due gemelle siamesi. In che modo il regista vi ha guidate nel dar vita ai vostri personaggi?

[answerIcon]Marianna: «Premetto che per noi passare molto tempo insieme è normale. Naturalmente sul set il lavoro di coppia è stato molto intenso, abbiamo subito una vera e propria trasformazione dal punto di vista fisico. Il regista ci ha fatto vedere La donna scimmia di Marco Ferreri e documentari sul tema della diversità. Ci ha chiesto anche di scrivere dei diari come se fossimo davvero i nostri personaggi. Io ero completamente assorbita da Dasy, ho resettato me stessa. Per prepararci dormivamo, mangiavamo e ci comportavamo come se fossimo davvero siamesi. Tuttavia, essere sorelle ha reso tutto piuttosto naturale; se fossimo state due estranee, sarebbe stata certamente più dura».

[answerIcon]Angela:

«Questo però non toglie che il film è stato una sfida a tutto tondo. Le scene in cui litighiamo o ci buttiamo in acqua sono state molto forti a livello emotivo… Abbiamo vissuto fino in fondo ogni momento, al punto che a stento ricordo cosa ho provato interpretando Viola: ero lei a 360 gradi. Il nostro obiettivo era che il risultato fosse realistico. Il lungo allenamento ha fatto sì che essere siamesi diventasse la nostra forza e rendesse tutto naturale».

[questionIcon]Ricordate qualche imprevisto in fase di riprese?

[answerIcon]Angela: «Io e Marianna non avevamo mai guidato il motorino da “attaccate” e, nella scena in cui scorrazziamo su due ruote, abbiamo rischiato di cadere un bel po’ di volte. Ma non è stato nulla in confronto a quando un branco di cani randagi ha iniziato a inseguirci… Abbiamo strillato come matte!».

[questionIcon]Il pregiudizio e la superstizione sono fra i temi principali di Indivisibili. Cosa ne pensate?

[answerIcon]A & M: «Il film invita a non essere superficiali e non giudicare dall’aspetto fisico. Per quanto riguarda la superstizione non possiamo negare che in aree geografiche come quella in cui è ambientata la pellicola sussistano ancora questi preconcetti. Ogni luogo, però, ha i suoi lati negativi e positivi e ci sono anche tante persone che hanno davvero voglia di crescere, migliorare e sognare. Il pubblico ci ha confermato di aver percepito tutto questo e di essersi emozionato, e per noi è una bella vittoria. Il riscontro positivo ci ha sorprese, così come i tanti premi vinti».

[questionIcon]La famiglia è una presenza negativa nella vita di Dasy e Viola: sfrutta la loro diversità per trarne profitto. Che ruolo hanno avuto invece i vostri genitori nella vostra crescita professionale?

[answerIcon]Marianna: «La nostra famiglia è fantastica e ci ha sempre sostenute, lasciandoci libere e gioendo per i nostri successi. Mamma ci ha educate al cinema e alla musica, che per me sono complementari. Recitare è come cantare: bisogna seguire il ritmo e tenere il tempo. La musica è tutto, se non ci fosse non esisterebbe nemmeno il cinema e verrebbe meno anche l’emozione».

[answerIcon]Angela: «Sono d’accordo, musica e settima arte hanno moltissimo in comune: l’interpretazione, l’armonia. Noi abbiamo iniziato proprio cantando, e lo facciamo anche in Indivisibili. Però sentiamo che la recitazione è più nelle nostre corde. Dal punto di vista musicale dobbiamo ancora trovare la nostra strada. Però ascoltiamo di tutto: blues, jazz, soul. Enzo Avitabile, di cui nel film cantiamo Tutte eguale song’ ‘e ccriature, è un mito per noi».

[questionIcon]Vi sentite cambiate dall’improvvisa popolarità?

[answerIcon]Angela: «Assolutamente no, siamo sempre le stesse. È vero, adesso ci riconoscono per strada e ci fermano per farsi una foto con noi… Ma, a parte questo, continuiamo a studiare e a imparare, restando coi piedi per terra. Crediamo tantissimo nello studio come continua ricerca. Non bisogna mai fermarsi».

[questionIcon]In proposito, cosa consigliereste ai vostri aspiranti colleghi?

[answerIcon]A & M: «La situazione per i giovani emergenti può cambiare solo con la determinazione. Non mollate, inseguite ciò che volete e non cambiate mai, per nessuno! Se amate il cinema dovete credere nel vostro percorso. La situazione si sta smuovendo e c’è voglia, da parte dei cineasti, di affidare storie da raccontare a volti nuovi».

[questionIcon]E a voi due cosa riserva, invece, il futuro?

[answerIcon]Angela: «Sono la protagonista di Due soldati, il nuovo film di Marco Tullio Giordana, che è uno dei miei registi preferiti. Lavorare con lui è stato un onore e mi ha regalato un personaggio meraviglioso a cui ho dato il massimo. Mi aspettano, adesso, le riprese di Like me back di Leonardo Guerra Seràgnoli, che parla di come la realtà virtuale, in particolare quella legata ai social, stia influenzando le nostre vite. Ogni nuovo ruolo è una scommessa, ma spero di colpire soprattutto le ragazze».

[answerIcon]Marianna: «Io sarò nel cast del nuovo film di Mario Martone, ma non posso rivelare niente di più, se non che adoro il copione e che lui è un maestro, uno dei pochi in Italia che ammiro: ho amato i suoi lavori teatrali».

[questionIcon]Indivisibili è soprattutto la storia di una separazione. Come vi sentite all’idea di intraprendere carriere parallele?

[answerIcon]Marianna: «Siamo tranquille, separarci lavorativamente non ci spaventa. Siamo abituate a confrontarci e confidarci su tutto, proviamo le battute insieme e ci diamo consigli. Se mia sorella supera un provino mi sento felice come se fosse successo a me, anche quando siamo in competizione per lo stesso ruolo. Ci supportiamo a vicenda, sempre e comunque. Il nostro motto non può che essere: l’unione fa la forza».

Foto: Roberta Krasnig
Stylist: Stefania Sciortino
Makeup: Giulia Gotti@Simone Belli Agency – using: ALIKA Cosmetics
Hair: adrianococciarelli@harumi
Total look: Manila Grace

L'articolo Angela e Marianna Fontana, gemelle diverse proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/cover/angela-marianna-fontana-gemelle-diverse/feed/ 0
“Indivisibili”: l’incubo ferisce più del reale https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/indivisibili-lincubo-ferisce-piu-del-reale/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/indivisibili-lincubo-ferisce-piu-del-reale/#respond Mon, 10 Oct 2016 08:35:16 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3650 Viola e Dasy sono un solo corpo, perché gemelle siamesi, ma due menti diverse, con desideri diversi, paure diverse. Se una vuole scappare, l’altra vuole restare, e ogni disaccordo resta irrisolto, soffocato dal fatto che le due sono fisicamente legate e in maniera indissolubile. L’una non può fuggire dall’altra. Già questo è un pretesto eccellente […]

L'articolo “Indivisibili”: l’incubo ferisce più del reale proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Viola e Dasy sono un solo corpo, perché gemelle siamesi, ma due menti diverse, con desideri diversi, paure diverse. Se una vuole scappare, l’altra vuole restare, e ogni disaccordo resta irrisolto, soffocato dal fatto che le due sono fisicamente legate e in maniera indissolubile. L’una non può fuggire dall’altra.

Già questo è un pretesto eccellente per porre le basi di una storia che si evolve del tutto imprevedibilmente dopo che le protagoniste in questione (le bravissime sorelle Fontana) vengono a conoscenza della possibilità di porre fine al loro vincolo, cioè poter essere divise in una costosa clinica. Il padre (un ottimo Massimiliano Rossi), che guadagna sfruttandole come fenomeni da baraccone, non tollera l’idea dell’eventuale divisione e ciò implica una serie di avvenimenti che si susseguono in una struttura narrativa che non richiede di essere letta da un occhio alla ricerca del reale, bensì da un osservatore disposto ad accettare di avere di fronte la labirintica fuga da un incubo, al termine del quale è difficile intravedere un risveglio.

Edoardo De Angelis, da sempre attratto dalla visceralità di alcune storie, ci trascina in un torbido e disturbato viaggio di due innocenti, tagliate fuori dal mondo, attraverso diverse forme di male, quello sì, esistente anche nell’ambito del reale. Un male che è come un mostro che assume più facce simboliche, dal viscido impresario sullo yacht al temibile esponente di una religione che qui ha tratti più pagani ed esoterici che mai. Il viaggio di Viola e Dasy attraverso l’inferno le porta, così, prima a una rinascita, attraverso l’acqua, e poi ad una dolorosa espiazione/santificazione che non fa neppure a meno di un ultimo, terribile sacrificio.

Il regista napoletano, già prima di Mozzarella Stories e di Perez, con l’intelligentissimo cortometraggio del 2006 dal titolo Mistero e passione di Gino Pacino, in cui un uomo si svegliava cieco per il senso di colpa dovuto all’aver sognato di far l’amore con Santa Lucia, ci aveva mostrato la sua capacità di esplorare il rapporto dell’uomo comune con i concetti di santità e di spiritualità, così apparentemente eterei eppure fautori di concreto dolore. Perché una cultura religiosa e sociale così feroce è proprio come quel coltello che si conficca nelle mani e nelle carni delle due povere sorelle: un’arma simbolica che crea ferite reali, più reali di quanto si possa immaginare.

L'articolo “Indivisibili”: l’incubo ferisce più del reale proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/indivisibili-lincubo-ferisce-piu-del-reale/feed/ 0