diritto d'autore Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 10 Jan 2024 14:39:04 +0000 it-IT hourly 1 L’AI Act riuscirà davvero a tutelare il diritto d’autore e d’immagine? https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/lai-act-riuscira-davvero-a-tutelare-il-diritto-dautore-e-dimmagine/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/lai-act-riuscira-davvero-a-tutelare-il-diritto-dautore-e-dimmagine/#respond Wed, 29 Nov 2023 09:23:34 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18851 L’AI Act, il regolamento europeo che dovrebbe disciplinare l’intelligenza artificiale, riuscirà davvero a tutelare il diritto d’autore e d’immagine? I dubbi non sono pochi. È di poco tempo fa la notizia che, secondo il Collins Dictionary, la parola più significativa del 2023 è AI. Anche nel settore cinematografico, sono pochissimi i dubbi che, in un’immaginaria […]

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L’AI Act, il regolamento europeo che dovrebbe disciplinare l’intelligenza artificiale, riuscirà davvero a tutelare il diritto d’autore e d’immagine? I dubbi non sono pochi.

È di poco tempo fa la notizia che, secondo il Collins Dictionary, la parola più significativa del 2023 è AI. Anche nel settore cinematografico, sono pochissimi i dubbi che, in un’immaginaria top ten dei temi più “caldi” dell’anno, vi siano le tecnologie di intelligenza artificiale.

Del resto, un evento che ha recentemente monopolizzato l’attenzione dei media è stato lo sciopero degli sceneggiatori, che ha paralizzato l’industria per interi mesi: una manifestazione compatta, dura, come non se ne vedevano da decenni, che ha portato la Writers Guild of America a siglare un accordo con la Alliance of Motion Picture and Television Producers, associazione rappresentativa di produttori cinematografici e televisivi. E qual era uno dei principali terreni di scontro della protesta se non i rischi connessi all’intelligenza artificiale e alla forte contrazione delle opportunità e delle condizioni di lavoro di attori e sceneggiatori? Un’impresa storica, che ha confermato che solo uniti si può difendere gli interessi della categoria e, soprattutto, dei lavoratori più esposti. Però, a ben vedere, sebbene il fronte sia stato compatto, non mancano le crepe.

Infatti, un’altra notizia che ha catturato l’interesse dei lettori è il deaging di Harrison Ford nell’ultimo capitolo della saga di Indiana Jones, Il quadrante del destino, realizzato per mezzo di un complesso di tecnologie, tra cui un dispositivo che aveva “imparato”, con un processo di machine learning, le espressioni del volto dell’attore, generando poi le sue facce con un ringiovanimento di oltre quarant’anni. Ford, infatti, ha 81 anni nella realtà, ma solo 35 nei primi minuti del film e tutto questo senza dover ricorrere ad altri attori, come nel passato, ma riproducendo le sue immagini con una sorta di lifting partorito dall’intelligenza artificiale. Un deciso passo in avanti rispetto a tecnologie analoghe, di cui si era fatto uso nel recente passato, ad esempio in The Irishman, dove erano state adoperati raggi infrarossi e grafica computerizzata.

Uno scenario distopico, perché, se abbandoniamo il tecno-entusiasmo che troppe volte vizia con la novità la nostra percezione, non possiamo non notare che una casa di produzione, acquistando i diritti di immagine di un attore, potrebbe ricreare una recitazione infinita, anche al di là della vita biologica dell’attore stesso. Un bel risparmio di spesa per chi investe nel cinema, ma, se si ribalta la prospettiva, una svendita dei diritti degli attori e degli altri operatori del mondo del cinema. Come possiamo arginare questa deriva?

In tanti intravedono nell’emanando AI Act, il regolamento europeo che dovrebbe disciplinare l’intelligenza artificiale, la panacea per ogni preoccupazione. Eppure, se qualcuno si prendesse la briga di passare in rassegna gli 85 articoli del testo legislativo, non ancora approvato in via definitiva, constaterebbe che non esiste una singola disposizione sul diritto d’autore o sui diritti di immagine. Certo, nella sua ultima versione, l’AI Act prevede l’obbligo, per chi utilizza queste tecnologie, di palesare le modalità con cui è stata “allenato” il sistema: quindi, bisognerebbe rendere trasparenti le fonti, rivelando testi, immagini, suoni che hanno educato il sistema di intelligenza artificiale, rendendolo capace di generare nuovi contenuti.

Una risposta però ancora insoddisfacente, se poi si riflette sulla circostanza che siamo al cospetto di una semplice utilizzazione di contenuti e non – in termini giuridici – di una riproduzione, tutelabile dalle regole del diritto d’autore. Difatti, l’art. 3 e (soprattutto) l’art. 4 della Direttiva copyright del 2019 consentono di utilizzare i contenuti legalmente accessibili: si tratta dell’eccezione di text and data mining, che dovrebbe consentire di “nutrire” i sistemi di intelligenza artificiale, in sede di progettazione, con migliaia di contenuti ottenuti scandagliando in rete o riprendendo dalle opere del passato. Il par. 3 dell’art. 4, però, esclude le opere il cui utilizzo non sia stato espressamente riservato “attraverso strumenti che consentano lettura automatizzata”, ma, allo stato, non vi è alcuna certezza sull’ambito di applicazione di tale regola.

Cosa si intende per lettura automatizzata? L’apposizione del simbolo © in calce ad un contenuto (es. una sceneggiatura, un articolo o una canzone) è sufficiente a bloccare (da un punto di vista legale) la pesca a strascico delle tecnologie dell’intelligenza artificiale? E, ancora, le finalità dell’allenamento delle macchine dovrebbero essere limitate all’ambito della ricerca o si estendono anche a successive utilizzazioni commerciali?

Last but not least, chi può essere considerato l’autore di una sceneggiatura creata da un’intelligenza artificiale generativa? Chi possiede o ha istruito la tecnologia? Chi immette le chiavi di ricerca per generare un nuovo testo? Anche su questo, l’incertezza regna sovrana. Affidarsi alle sole regole giuridiche per frenare l’incedere della tecnologia è un po’ come tentare di svuotare il mare con un secchiello. Il diritto è lento, fotografa il presente e difficilmente riesce a prevedere compiutamente il futuro.

Non si vuol negare che un intervento legislativo sia necessario, per fare chiarezza in un campo nel quale in tanti si stanno arricchendo, creando nuovi monopoli delle informazioni, sfruttando il lavoro di altri. Però, da sola, la legge non basta. Serve la consapevolezza della forza data dall’unione di tutti i lavoratori della cultura (in un tempo lontano, si sarebbe parlato di una coscienza di classe).

L’esperienza di Los Angeles e degli studios di Hollywood insegna che non dobbiamo attendere una legge, che potrebbe intervenire quando oramai i giochi sono fatti. Servono accordi sindacali e di categoria, qualcosa che impedisca di ridurre iniquamente il costo del lavoro: non a caso, la WGA ha ottenuto non solo che non sia attribuito valore creativo alle sceneggiature scritte con l’intelligenza artificiale generativa, ma anche che non possano essere negoziati accordi che consentano alle case di produzione di ridurre i compensi degli sceneggiatori che lavorano su bozze realizzate per mezzo dell’AI. Un passo importante, che dimostra che non tutto è perduto se si è uniti nelle rivendicazioni.

*Professore ordinario di diritto comparato, Socio dello Studio Legale E-Lex

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Ogni riferimento è puramente casuale… film ispirati a storie vere https://www.fabriqueducinema.it/focus/diritto-autore/ Mon, 22 Feb 2021 08:58:44 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15231 “C’era una volta …”. No, non è più così che iniziano gran parte delle storie raccontate dai nostri sceneggiatori, ma con il meno letterario “Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”. Sì, perché il “matrimonio” tra arte e reale gode di particola fortuna. Anche Hollywood se ne è accorta, […]

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“C’era una volta …”. No, non è più così che iniziano gran parte delle storie raccontate dai nostri sceneggiatori, ma con il meno letterario “Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”.

Sì, perché il “matrimonio” tra arte e reale gode di particola fortuna. Anche Hollywood se ne è accorta, tanto che da anni film basati su storie vere vedono la partecipazione di cast stellari e sono tra i più premiati nella notte degli Oscar. Solo nel 2020, quattro sui nove film candidati all’ambita statuetta: Le Mans 66 – La grande sfida di James Mangold, C’era una volta a … Hollywood di Quentin Tarantino, Irishman di Martin Scorsese e 1917 di Sam Mendes, traevano origine o ispirazione da eventi realmente accaduti. È indubbio che il collegamento con il reale può aggiungere un gradiente di fascinazione e interesse alla finzione cinematografica. Non sono poche, però, le difficoltà che si incontrano quando si raccontano storie che hanno riscontro con la realtà.

La stessa dizione «This motion picture is a work of fiction and any resemblance to persons living or dead is purely coincidental» esiste per una disputa legale relativa al film Rasputin e l’imperatrice del 1932, che non la conteneva. Il film narra la storia e l’omicidio del monaco russo Rasputin; la principessa Irina Yusupova, moglie di uno degli attentatori del vero Rasputin, descritta nel film anche se con nome di fantasia come amante di Rasputin e poi vittima di stupro, fece causa alla Metro-Goldwin-Mayer che lo aveva prodotto, contestando la non veridicità di tali fatti e ottenne un risarcimento. Da allora per le produzioni americane, e non solo, divenne la regola introdurre nei titoli il all persons fictitious disclaimer.

Questa soluzione, sebbene utile, non è di per sé sufficiente a mettere al riparo dal rischio di cause. Chiunque voglia raccontare storie vere deve sempre mantenere l’equilibrio tra due opposti diritti di rango costituzionale: la libertà di espressione artistica che si manifesta attraverso la realizzazione di un’opera può anche prendere spunto o raccontare fatti realmente accaduti rielaborandoli a scopo artistico, ma non può travalicare il limite implicito imposto dal rispetto della reputazione, onore e identità personale dei soggetti coinvolti nella vicenda. A differenza della stampa, che ha la funzione di informare e quindi deve riportare notizie vere, obiettive e che rispondano a un pubblico interesse, le opere artistiche sono pur sempre frutto di creatività e quindi possono anche discostarsi dalla realtà, ma con degli specifici limiti. L’autore di un film potrà riportare e immaginare anche fatti non veri e potrà descrivere un personaggio attribuendogli comportamenti e dialoghi di fantasia che ne arricchiscano la figura e lo rendano più comprensibile, ma non potrà travisare la veridicità della vicenda e la personalità dei soggetti realmente esistiti.

I limiti posti alla libertà di creazione artistica andranno comunque modulati in base alla natura dell’opera cinematografica. Nei film di genere documentario, assimilabili alla stampa per la loro funzione di ricostruzione storiografica o biografica, i fatti andranno riportati in modo fedele e corrispondente alla verità a discapito di una maggiore compressione della libertà di creazione artistica.

diritto d'autore backstage Midnight in Paris
Woody Allen sul set di “Midnight in Paris”.

Analoga impostazione andrà seguita nel caso di film ripercorrenti vicende di cronaca giudiziaria che dovranno essere raccontate in modo aderente agli atti processuali o comunque conforme agli accertamenti compiuti dall’autorità giudiziaria sino al momento della realizzazione del film. Qui l’autore nel ricostruire i fatti potrà accompagnarli con commenti critici che, per non incorrere in diffamazione, non dovranno risultare inutilmente aggressivi o esclusivamente volti a denigrare l’identità personale del soggetto rappresentato.

In alcuni film, invece, il ricorso a personaggi, vicende o ambientazioni reali è inserito nelle opere non con intenti di cronaca, ma solo per esigenze artistiche dell’autore. Si pensi ad esempio al film di Woody Allen Midnight in Paris in cui l’incontro tra il protagonista Gil, uno sceneggiatore dei giorni nostri, con Hemingway, Fitzgerald, Picasso e altri protagonisti della vita intellettuale dei ruggenti anni ’20, è chiaramente non veritiero, ma serve per creare lo sbigottimento e la confusione che condurrà Gil a cambiare le proprie scelte di vita. In questi casi lo spettatore è consapevole che si tratta di un’opera immaginaria priva di intenti informativi e che quindi prescinde dal requisito della verità. Per l’autore di tali opere resta comunque il limite di raccontare i fatti in modo misurato, ossia senza ricorrere a immagini, recitati, sequenze, inquadrature o musiche che possano indurre l’elaborazione di giudizi lesivi della personalità altrui.

A metà tra il racconto di pura finzione e di verità si collocano le fiction, la cui caratteristica è quella di ripercorrere vicende realmente accadute accompagnandole con elementi di finzione impiegati per finalità di “romanzare” l’opera. In questi casi di commistione tra reale e immaginario lo spettatore può non essere in grado di discernere la verità dalla fantasia dell’autore. Pertanto l’autore, per evitare di incorrere in ipotesi di diffamazione, dovrà aver ben chiaro quale funzione vuole attribuire alla sua opera. Nel caso prediliga un intento cronachistico dovrà rispettare in modo più rigoroso il requisito della verità, mentre una maggiore elasticità gli sarà consentita qualora persegua finalità di puro intrattenimento. Dietro ai The Wolf of Wall Street, Argo, Prova a prendermi, Tutti gli uomini del presidente o altri biopic impressi nella nostra memoria c’è quindi un intenso lavoro di precisione. Lavoro che non deve essere svolto con metro e compasso, ma che richiede una grande sforzo di elaborazione creativa e solide basi culturali. E ciò non solo per evitare di travalicare il perimetro definito dai limiti costituzionali, ma anche per non incorrere in asettiche ricostruzioni matematiche dei fatti che riducano il cinema-verità, per dirla con le parole del grande Werner Herzog, a «raggiungere una verità meramente superficiale. Una verità da ragionieri».

* Caterina Niccolai è avvocato, specializzata in diritto della proprietà intellettuale e industriale, con principale attenzione al diritto d’autore in ambito cinematografico e televisivo.

 

 

 

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