Daniele Vicari Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 03 Sep 2021 13:48:02 +0000 it-IT hourly 1 Cosa racconta il cinema su Genova a vent’anni di distanza https://www.fabriqueducinema.it/focus/genova/ Wed, 21 Jul 2021 15:43:46 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15885 Per la mia professoressa di storia contemporanea Genova fa parte dei cinque episodi genitori dell’Italia attuale (gli altri: l’8 settembre ‘43, il Sessantotto, Piazza Fontana, il delitto Moro). È difficile che a braccetto con l’intenzione didascalica e pedagogica (in Italia) ci si dimentichi la retorica, ma chissà che non resti solo il cinema e un […]

L'articolo Cosa racconta il cinema su Genova a vent’anni di distanza proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Per la mia professoressa di storia contemporanea Genova fa parte dei cinque episodi genitori dell’Italia attuale (gli altri: l’8 settembre ‘43, il Sessantotto, Piazza Fontana, il delitto Moro). È difficile che a braccetto con l’intenzione didascalica e pedagogica (in Italia) ci si dimentichi la retorica, ma chissà che non resti solo il cinema e un po’ di letteratura a puntellare gli Scritti corsari di Pasolini: «L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni».

Per farsi un’idea di come il cinema italiano abbia raccontato il G8 genovese, sono tre i titoli da recuperare: Faces-facce (2002) di Fulvio Wetzl, Black Block (2011) di Carlo Augusto Blachschmidt, Diaz – don’t clean up this blood (2012) di Daniele Vicari. I documentari di Blachschmidt e Vicari si concentrano sulle violenze alla scuola Diaz e alla caserma di Bolzaneto tra il 21 e il 22 luglio 2001; quello di Wetzl traccia i contorni del contesto culturale e sentimentale in cui inserire i volti dei manifestanti che si preparavano alle contestazioni non violente.

L’elemento che impressiona dei documentari è il caos comunicativo e organizzativo sulla gestione dell’ordine pubblico. Il primo problema del G8 di Genova è stato Genova. Una scelta stravagante data la topografia del capoluogo ligure (basta googlare per scoprirlo). Un riassunto efficace e risolutivo dei quattro giorni genovesi è nella domanda di Luca (Elio Germano) in Diaz: «perché ci caricano?». No: Nessuno ha mai chiesto al questore di allora Colucci come accade che un ingente dispiegamento di militari/polizia attaccasse un corteo pacifico e autorizzato come un esercito invasore, mentre i Black Block giocavano a nascondino per le vie del centro storico. Le indicazioni via radio della questura erano chiare: dirigersi al carcere di Marassi per contrastare l’azione dei Black Block. Eppure i carabinieri caricano il corteo dei disobbedienti in Via Tolemaide. Inizia un ballo raccapricciante tra i caruggi che si spegnerà in piazza Alimonda, dove arrivano anche Wetzl e i suoi cronisti, ma Carlo Giuliani è già morto. Faces-facce restituisce tutta l’insensatezza e la concitazione del momento: non è chiaro chi sia morto, le prime notizie parlano di un ragazzo spagnolo. Poi la sceneggiata del Vice Questore Aggiunto Lauro che indica un manifestante: «sei stato tu col sasso! Bastardo! Pretendetelo!».

Genova Carlo Giuliani targa
Genova, piazza Alimonda-Carlo Giuliani.

Il cinema ha ricostruito più volte la morte di Giuliani – Carlo Giuliani, ragazzo (2002); Bella ciao (censurato nel 2002 dalla Rai); non abbiamo lo spazio per fare lo stesso, ma ribadiamo qualche quesito che la verità processuale non ha mai affrontato: A) il sasso evocato da Lauro, nel momento in cui cade a terra Giuliani, non c’è, appare solo in un secondo tempo. All’inizio non è sporco di sangue, poi lo diventa. Lo dicono le foto; i sassi camminano? Chi l’ha usato per infierire sul volto di Giuliani e perché? B) Perché più di un carabiniere si avvicina al corpo di Giuliani prima che arrivino i soccorsi e la polizia? C) Perché nella relazione autoptica si parla di decesso “in alcuni minuti” e invece il Gip conferma che Giuliani è morto subito? Quando il Defender dei carabinieri l’ha investito incidentalmente era ancora vivo? Per chi volesse, qui la controinchiesta completa, di cui in parte racconta Quale verità per piazza Alimonda (2001).

Gli scontri di Via Tolemaide sono stati violenti, ma «si sono fatti pochi arresti» si dice in Diaz. Il giorno seguente la morte di Giuliani, parte la recita della scuola Diaz. Del tutto improvvisata. Il VII nucleo antisommossa irrompe nella scuola verso le 22, nasconde delle bombe molotov ritrovate poco prima per (di)mostrare la presenza dei Black Block e di armi da guerra (mai trovate); un poliziotto finge anche un’aggressione, tale Massimo Nucera. Nessuno dei manifestanti oppone resistenza. È una mattanza. Il docufilm di Vicari è stato criticato per aver spettacolarizzato la violenza e per «un’eccessiva aderenza al reale». I testimoni assicurano: «Vicari e i produttori hanno censurato per non far sembrare inverosimile il vero». L’obiettivo di Diaz è cronachistico; alimenta il dispositivo della memoria storica collettiva. È un’operazione che non ha niente a che vedere con prove come Romanzo di una strage, a cui è stato paragonato; non so se sarà mai possibile romanticizzare il G8 di Genova. Degli anni ’70-’80 le ragioni si conoscevano prima delle conseguenze; sul G8 le risposte non si possono ancora dare. Un centinaio degli arrestati alla Diaz furono portati al carcere di Bolzaneto; 69 furono ricoverati in gravi condizioni. L’incubo dei pestaggi e delle violenze non finì alla Diaz. Nel 2015 La corte dei diritti dell’uomo qualificherà come tortura i fatti della Diaz e di Bolzaneto. In Italia la tortura è reato dal 2017, “grazie” al G8.

Sono passati vent’anni. Alcune sentenze. I filoni principali d’inchiesta della procura di Genova sono stati tre, uno a carico dei manifestanti, due a carico delle forze dell’ordine.  La prescrizione ha salvato gran parte degli imputati. Molti di loro hanno fatto carriera istituzionale, avvallata da politici di ogni grado e partito, sino ai massimi gradi dei servizi segreti. C’è chi dice lo rifarebbe altre mille volte. Ci sono i sorrisi di poliziotti e carabinieri durante il processo. L’eco delle risate in Diaz, la paura di fronte all’abuso dello Stato. C’è l’incapacità delle istituzioni di assumersi le responsabilità degli errori commessi; l’unico modo per scardinare le premesse che hanno nascosto le violenze. Sembra uno scherzo: a processo, per riconoscere i poliziotti che hanno fatto irruzione alla Diaz, le questure hanno consegnato ai PM le foto degli agenti di vent’anni prima, nei giorni della comunione o della cresima. Il riconoscimento è stato impossibile.

Mio nonno ha fatto il carabiniere per 34 anni. Chi ha massacrato Stefano Cucchi indossava la stessa divisa; molti della macelleria messicana della Diaz anche. Se parlo con mio nonno del G8 è doloroso. Mi rassicura: mele marce. Credere che le forze dell’ordine siano una massa di criminali, o che tutti i manifestanti siano violenti perché una parte lo è stata programmaticamente, significa convincersi di una sineddoche viziata dalla retorica: la parte non fa il tutto. Ma ho provato a spiegare a mio nonno cos’ho capito da Diaz sul G8: non posso persuadermi che Black Block e polizia/carabinieri siano sullo stesso piano; non giustifico la violenza, ma dai primi me l’aspetto, cerco di prevenirla, ai secondi non la associo. In Italia ci si masturba di questo cortocircuito dal secondo dopoguerra: i fascisti hanno perpetrato cose orrende, ma i partigiani poi si sono macchiati delle stesse colpe. Tocca uscire da questo ping pong dell’orrore. Se penso alla polizia, non penso a un branco primordiale libero di accelerare i propri istinti senza il controllo della società civile circostante. Uno dei messaggi di Diaz è quasi banale: Dov’era la complessa macchina della democrazia che legittima in certi casi la mano ferma (e violenta) dello stato? Perché, se non mi chiedo questo, la domanda successiva non la voglio sentire: che differenza c’è fra Stato e Black Block? Come si sarà sentito Mark Covell, giornalista di Indymedia UK, preso a calci e pugni alla Diaz, e poi indagato per saccheggio e devastazione da chi lo avevo ridotto al coma? Se mettiamo sullo stesso piano Stato e Black Block, dello Stato di diritto ci piace solo la cacofonia.

Alla maggioranza dei ventenni che scesero in piazza allora – e che oggi scoprono il G8 solo per certificare il loro status antifascista, seguendo la moda riduzionista violenza=fascismo – non fregava nulla della politica. Ma saranno sempre le minoranze rumorose a colorare le piazze. Ai giovani di allora dicevano lo stesso: superficiali, scarso interesse politico, consumisti. Ma di quei giorni, oggi, restano due misteri, che il cinema deve continuare a interrogare. Qual era l’obiettivo politico di vent’anni fa? Chi sarebbero diventanti i centinai di ragazzi della mia età che scesero in piazza? Cosa hanno smesso di cercare? Sono questioni ombelicali, ma l’Italia deve staccarsi dalla mamma per crescere. Il G8 di Genova continua a essere misurato, circondato, fotografato. Ma attorno il paesaggio resta isomorfo. È la differenza tra una ferita e un segreto che sanno tutti.

 

 

L'articolo Cosa racconta il cinema su Genova a vent’anni di distanza proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Daniele Vicari: a Velocità massima verso la prima serata di RAI Uno https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/daniele-vicari-a-velocita-massima-verso-la-prima-serata-di-rai-uno/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/daniele-vicari-a-velocita-massima-verso-la-prima-serata-di-rai-uno/#respond Wed, 23 May 2018 07:58:17 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=10480 Daniele Vicari, classe 1967, è un regista e sceneggiatore italiano, docente di regia presso l’Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma e direttore artistico della Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté. Ha collaborato dal 1990 al 1996 come critico cinematografico per Cinema Nuovo, per poi passare alla rivista Cinema ‘60, interessandosi soprattutto ai film […]

L'articolo Daniele Vicari: a Velocità massima verso la prima serata di RAI Uno proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Daniele Vicari, classe 1967, è un regista e sceneggiatore italiano, docente di regia presso l’Accademia di Cinema e Televisione Griffith di Roma e direttore artistico della Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté.

Ha collaborato dal 1990 al 1996 come critico cinematografico per Cinema Nuovo, per poi passare alla rivista Cinema ‘60, interessandosi soprattutto ai film impegnati. La passione per questo genere è presente anche nelle sue prime produzioni, ovvero documentari e film d’impegno socio-politico che spaziano dalla storia di cinque operai licenziati dalla FIAT nel 1980 al film collettivo antifascista, dalle vicende di un fisico nucleare sul Gran Sasso all’adattamento del romanzo di Carofiglio Il passato è una terra straniera, passando per il crudo racconto dei fatti del G8 di Genova e per il documentario sullo sbarco in Italia nel 1991 della nave albanese Vlora.

daniele vicari

Daniele Vicari è uno dei pochi narratori audiovisivi italiani a raccontare con equilibrio le storie che toccano il desiderio e la paura di misurarsi con sé stessi e con gli altri. Vicari usa il cinema come lente d’ingrandimento sociale e indaga la sensibilità degli uomini e i loro rapporti, andando ben oltre l’ingannevole gioco degli specchi al quale siamo abituati. Vicari è un equilibrista del cinema, serio e scanzonato insieme, che cammina sul filo e sembra non soffrire mai di vertigini, planando delicatamente sulle storie, sui personaggi, sulla vita che racconta senza iperboli. Sfiora l’orrore, lo mostra e non lo giudica e per questo il suo cinema indipendente, reale e realistico, è un incanto.

L’esordio al lungometraggio (qui per scoprire tutte le nostre opere prime d’autore) avviene con Velocità massima (2002), la storia di un diciottenne di Ostia, Claudio (Cristiano Morroni), che sogna di fare il meccanico. Il padre preferirebbe che occupasse un posto nella sua ditta di autodemolizioni, ma il ragazzo ha un talento innegabile nel campo dei motori, tanto da essere introdotto da Stefano (Valerio Mastrandrea) nel mondo delle corse automobilistiche clandestine. Il film è un successo: Vicari vince numerosi premi tra i quali il Premio Pasinetti per il miglior film e il David di Donatello per il miglior esordio alla regia.

daniele vicari

Il regista confeziona un film semplice e diretto, con una regia ritmata, che presenta momenti d’azione calibrati e dialoghi divertenti e ben scritti. Soprattutto, Vicari compie una vera e propria analisi sul popolo delle corse: infatti, prima di girare il film, il regista si è infiltrato in questo mondo clandestino che aveva già raccontato nel documentario Sesso, marmitte e videogames.

Vicari dimostra del talento anche nella scelta degli attori non professionisti e al di fuori del panorama attoriale italiano, come Morroni. Purtroppo, il personaggio meno riuscito è quello di Giovanna (Alessia Barela), dato che tutta la storia d’amore della donna che divide i due amici è prevedibile e sa di già visto. Ciò nonostante, Velocità massima recupera terreno nella parte finale, spazzando via ogni possibile risvolto banale. Il lungometraggio è pertanto una storia di inettitudine ma anche di rivalsa, di chi combatte contro i problemi di tutti i giorni e contro i drammi quotidiani, da quelli economici a quelli sentimentali. Un’auto veloce serve a seminarli, lasciarseli alle spalle, puntare solo alla vittoria.

daniele vicari

Secondo Daniele Vicari «Non sono importanti i registi, ma sono importanti i film» e, senza pregiudizio cinematografico, si può imparare qualcosa da qualsiasi pellicola. Dopotutto, uno dei momenti rivelatori come spettatore l’ha avuto guardando un episodio della serie televisiva poliziesca anni ‘70 Starsky & Hutch. Il cinema italiano che non lascia spazio agli snobismi e si confronta con la sfida enorme di raccontare la gente e gli eventi di massa è quindi il cinema che merita di essere in sala.

Prima che la notte, ultimo film di Daniele Vicari, andrà in onda in prima visione su RAI Uno, oggi mercoledì 23 maggio, in occasione della Giornata della legalità. Prima che la notte è la storia di Pippo Fava (interpretato dal bravissimo Fabrizio Gifuni), giornalista anti-mafia, carismatico e indomito: «Un intellettuale moderno che la mafia ha ucciso ma non battuto». Dopo essere stato presentato in anteprima al BIF&ST Festival del Cinema di Bari, dove ha commosso il pubblico e raccolto numerosi consensi, possiamo finalmente vederlo in prima serata.

L'articolo Daniele Vicari: a Velocità massima verso la prima serata di RAI Uno proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/daniele-vicari-a-velocita-massima-verso-la-prima-serata-di-rai-uno/feed/ 0
#Festa del cinema: “Sole cuore amore”, la poesia quotidiana di Daniele Vicari https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/festa-del-cinema-sole-cuore-amore-la-poesia-quotidiana-di-daniele-vicari/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/festa-del-cinema-sole-cuore-amore-la-poesia-quotidiana-di-daniele-vicari/#respond Sun, 16 Oct 2016 08:40:56 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3678 “Niente vittimismo. Qui c’è la vita e la vita non è mai vittima”. Queste sono state le prime e fondamentali indicazioni che Daniele Vicari ha dato al cast formato da Isabella Ragonese, Francesco Montanari ed Eva Grieco nel momento in cui hanno cominciato a camminare sui passi di Eli, del marito disoccupato e della migliore […]

L'articolo #Festa del cinema: “Sole cuore amore”, la poesia quotidiana di Daniele Vicari proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
“Niente vittimismo. Qui c’è la vita e la vita non è mai vittima”. Queste sono state le prime e fondamentali indicazioni che Daniele Vicari ha dato al cast formato da Isabella Ragonese, Francesco Montanari ed Eva Grieco nel momento in cui hanno cominciato a camminare sui passi di Eli, del marito disoccupato e della migliore amica di sempre, capace di cambiare completamente vita nel tentativo di capire se stessa.

Le loro non sono delle esistenze dalla rima facile, come quella composta dal titolo Sole Cuore Amore. Nonostante questo, però, ognuno sembra procedere con la grazia e la leggerezza di chi, per arte o per dovere, ha imparato a camminare in bilico su un filo facendo roteare in aria le mazze da giocoliere senza mostrare la benché minima fatica.

La più leggiadra di tutte, però, è proprio Eli che compie la sua quotidiana attraversata da Nettuno verso Roma per lavorare e sostenere la famiglia. Il suo viaggio giornaliero inizia alle quattro e mezza della mattina per prendere il primo autobus verso la fermata Laurentina della metro. Da qui, poi, continua a spostarsi attraverso non luoghi, mischiandosi ad altri, fino a raggiungere la Tuscolana per prendere finalmente il suo posto da protagonista. Il palcoscenico, però, è posto dietro il bancone di un bar dove, senza rimostranze o atteggiamenti accusatori, semplicemente vive e sorride sottopagata sette giorni su sette.

solecuoreamore-2Ecco, dunque, che con quel suo inconfondibile stile asciutto e privo di orpelli visivi e narrativi, Daniele Vicari s’immerge nella quotidianità provando a raccontare il senso profondo che si cela dietro il ripetersi costante di gesti semplici e facilmente riconoscibili. Non lasciamoci ingannare, però, nonostante possa sembrare a prima vista che nel film non accada molto, in realtà la ripetizione della narrazione lavora proprio a favore della drammaticità, cui si aggiunge una giusta quantità di oppressione nel momento in cui ci si rende conto che la vita di Eli è anche la nostra.  Ovvero di chi procede sentendosi continuamente sotto ricatto senza potersi permettere il lusso di allentare, anche solo per poco.

In questo senso, dunque, il film di Vicari ha un’anima politica che, partendo proprio da una materia poco trattata in questo momento dal cinema, come la quotidianità della gente comune, dà voce a quegli invisibili che rappresentano una maggioranza mai considerata.  Ovviamente rispetto a Diaz ci troviamo di fronte a uno stile diverso che, utilizzando una sorta di realismo ingentilito dalla leggiadria di Eli, dimostra con una poetica inaspettata che non c’è bisogno del caso in prima pagina per fare della critica sociale e raccontare se stessi attraverso il cuore vitale di chi ci somiglia. Peccato, però, che nel così detto mondo moderno tener duro spesso vuol dire dover morire.

L'articolo #Festa del cinema: “Sole cuore amore”, la poesia quotidiana di Daniele Vicari proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/festa-del-cinema-sole-cuore-amore-la-poesia-quotidiana-di-daniele-vicari/feed/ 0
Fabrique con il cinema italiano a sostegno del Baobab https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/#respond Thu, 21 Jul 2016 12:58:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3420 Il 19 luglio 2016 moltissimi autori e protagonisti del cinema italiano si sono mobilitati a sostegno del Baobab, associazione che si occupa dei migranti transitanti a Roma. Moltissimi sono stati i sostenitori di questa iniziativa, fra cui: Gianni Amelio, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Gianfranco Rosi, Daniele Vicari, Andrea Segre, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Valeria Golino, […]

L'articolo Fabrique con il cinema italiano a sostegno del Baobab proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Il 19 luglio 2016 moltissimi autori e protagonisti del cinema italiano si sono mobilitati a sostegno del Baobab, associazione che si occupa dei migranti transitanti a Roma.

Moltissimi sono stati i sostenitori di questa iniziativa, fra cui: Gianni Amelio, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Gianfranco Rosi, Daniele Vicari, Andrea Segre, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Valeria Golino, Luca Zingaretti, Claudio Santamaria, Mario Martone, Maya Sansa, Sabina Guzzanti.

L'articolo Fabrique con il cinema italiano a sostegno del Baobab proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/feed/ 0