Damiano e Fabio D’Innocenzo Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 19 Jul 2023 13:10:10 +0000 it-IT hourly 1 Educazione fisica: un esercizio di stile tra lupi, agnelli e genitori https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/educazione-fisica-un-esercizio-di-stile-tra-lupi-agnelli-e-genitori/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/educazione-fisica-un-esercizio-di-stile-tra-lupi-agnelli-e-genitori/#respond Tue, 14 Mar 2023 15:42:42 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18275 Proviene da un testo teatrale il nuovo film di Stefano Cipani, dopo il premiato Mio fratello rincorre i dinosauri. La palestra di Giorgio Scianna, pièce del 2012, con trattamento per il cinema e sceneggiatura di Damiano e Fabio D’Innocenzo diventa così il muscolare e provocatorio film Educazione fisica, al cinema dal 16 marzo. I genitori […]

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Proviene da un testo teatrale il nuovo film di Stefano Cipani, dopo il premiato Mio fratello rincorre i dinosauri. La palestra di Giorgio Scianna, pièce del 2012, con trattamento per il cinema e sceneggiatura di Damiano e Fabio D’Innocenzo diventa così il muscolare e provocatorio film Educazione fisica, al cinema dal 16 marzo. I genitori di tre ragazzi vengono stranamente convocati dalla preside nella palestra della scuola. Una brutale violenza sessuale è stata subita da una compagna di classe, secondo la confessione fiume della ragazzina scioccata proprio alla direttrice. Inizia così uno sconcertante colloquio, un falò delle vanità e del compromesso destinato ad assumere le fattezze di un vero e proprio thriller.

Il padre business-man con tendenze bulle e razziste ha spalle, faccia tosta e un sovrappeso studiato di Claudio Santamaria. La madre del secondo ragazzo è divorziata, apparentemente fragile ma all’occorrenza calcolatrice, con lo sguardo tagliente di Raffaella Rea. La coppia placida e un po’ stagionata del terzo invece, lei prudente, lui fiducioso, è composta da Angela Finocchiaro e Sergio Rubini. Il regista in una sua dichiarazione ha confessato d’essersi ispirato ai cartoni animati anni ’70 di Ralph Bakshi, al cinema di Buñuel e al punk. Infatti la messa in scena decadente, le geometrie degli attrezzi rugginosi e le ombre delle ventole per il ricambio d’aria sugli intonaci vecchi e bicolore mettono lo spettatore nel mezzo di una disputa senza esclusione d’idee per farla far franca ai propri figli. Cipani ci mostra ad arte lo scontro tra i genitori e la direttrice in un cane mangia cane volto a scoprire i lati più inconfessabili del perbenismo borghese. È un confronto dove un lupo potrebbe finire come un agnello, e dove l’agnello potrebbe rivelarsi lupo.

Educazione fisica
Giovanna Mezzogiorno.

Cardine di tutto si rivela proprio questa direttrice che dovrà farsi carico di tutte le ansie dei suoi interlocutori. Giovanna Mezzogiorno ne mette in scena la seraficità turbata, il senso del dovere e l’ottimistica ingenuità di fronte a genitori che altaleneranno tra vittimismo, pressappochismo e malcelata perfidia i loro discorsi difensivi. Educazione fisica si stampa in mente come piccola vetrina sulle brutture del genitore medio nel nostro tempo. Indaga con originalità sul tanto decantato “buon senso” e gioca sadicamente con uno degli scenari più contrarianti: la violenza carnale praticata da minorenni figli di coppie “per bene”.

È questa la stonatura sociale che il film abbraccia intrappolando tra le sue spire lo spettatore. Il senso di claustrofobia emotiva nonostante lo spazio ampio della palestra colpisce forte allo stomaco. E per quanto una storia così secca non possa evitare di sembrare mero esercizio di stile, mette in scena cinque personaggi in maniera quasi pirandelliana. La regia riesce così a danzare tra dialoghi serrati e tagli d’inquadratura che nelle sfocature di controcampi e personaggi sullo sfondo trasmettono un senso di disagio perché nei dialoghi si mescolano sapientemente le buone intenzioni, il male e il senso di giustizia come fossero un mazzo di carte truccate e dal punteggio incerto fino alla fine.

 

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America Latina: ogni famiglia infelice è infelice a modo suo https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/america-latina-ogni-famiglia-infelice-e-infelice-a-modo-suo/ Tue, 18 Jan 2022 08:41:47 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16644 È con delle immagini dal sapore documentaristico che Damiano e Fabio D’Innocenzo scelgono di simulare il viaggio che conduce nel regno del loro ultimo film, America Latina, passato in concorso all’ultima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e ora nei cinema dal 13 gennaio. Prosegue il sodalizio con Elio Germano, profondamente convincente nei panni del […]

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È con delle immagini dal sapore documentaristico che Damiano e Fabio D’Innocenzo scelgono di simulare il viaggio che conduce nel regno del loro ultimo film, America Latina, passato in concorso all’ultima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e ora nei cinema dal 13 gennaio. Prosegue il sodalizio con Elio Germano, profondamente convincente nei panni del benestante dentista Massimo Sisti, sulla cui villa in provincia di Latina termina quel viaggio in mezzo alla natura della prima sequenza. Una volta dentro, il registro stilistico dei fratelli D’Innocenzo si ripresenta sin da subito nel dipingere un’atmosfera da oscuro presagio all’interno di quello che sembra essere l’idillio di un padre di famiglia che vive con la moglie (Astrid Casali) e le due figlie (Carlotta Gamba e Federica Pala).

La sconvolgente scoperta di una ragazzina (Sara Ciocca) legata nella sua cantina apre le porte al corpo del film: la manifestazione e la costruzione della colpa del protagonista, che scuote i sotterranei della sua casa e aggredisce il suo mondo immacolato. Il conflitto insorge andando ad intaccare quegli elementi simbolo dell’armonia iniziale, come il pianoforte: se prima Massimo vi si avvicina per imparare un’ordinata scala musicale, nella seconda metà del film si ritrova a picchiare con violenza sui tasti, rendendolo un ottimo correlativo oggettivo e sonoro delle oscillazioni della sua mente. Notevole come il lavoro sul suono partecipi in modo estremamente efficace al processo di accerchiamento del protagonista, per cui anche il mangiare una torta assume dei tratti rivoltanti. Un reparto sonoro, arricchito dalle musiche dei Verdena, che completa ciò che già trasmettono i frequenti primissimi piani e alcune (ma significative) inquadrature in controluce, come a mettere l’uomo davanti a un giudizio incombente.

Su quest’ultima osservazione va ad inserirsi una delle maggiori lodi al film, la fotografia, curata da Paolo Carnera. Le pervasive tonalità di rosso e di blu-verde si impongono da una parte come acute risonanze psicologiche, dall’altra come riflessi di una natura, quella del protagonista, sempre più dominata da un istinto selvaggio. Quando insegue in macchina tra le strade di campagna l’amico Simone (Maurizio Lastrico), una caldissima luce infiamma il suo sguardo, che ora sembra quello di un giaguaro che si muove nella foresta (dell’America Latina) in cerca della sua preda, così come in una delle scene finali può essere accostato a un alligatore che nuota in acque gelide. In entrambi i casi si ha l’immagine di un uomo che in solitaria si aggira in un mondo animale, con tutti i suoi simboli e le sue leggi.

Il film si configura come una stratificazione di piani che sfumano alterità e realtà, assurdo e verosimile, un’ulteriore evidente marca stilistica dei fratelli D’Innocenzo, che con America Latina scrivono e dirigono un’altra “favolaccia” in un castello apparentemente perfetto ma circondato dal buio di una palude. Qui dentro si consuma la tragedia di Massimo Sisti, così disperatamente alla ricerca di un bersaglio, di un’espiazione, che finirà per trasformare il suo rifugio in una gabbia, il suo status dominante in quello di preda, in un film che vede distruggere le più alte mistificazioni maschili della vita borghese.

 

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