Cosmo Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 23 Oct 2024 14:10:21 +0000 it-IT hourly 1 Antipop, la storia di Cosmo in un doc su Mubi https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/antipop-la-storia-di-cosmo-in-un-doc-su-mubi/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/antipop-la-storia-di-cosmo-in-un-doc-su-mubi/#respond Mon, 26 Feb 2024 14:25:42 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18975 In gergo tecnico l’anti pop è un filtro audio, un piccolo reticolo posizionato tra il microfono e la bocca del vocalist che serve a escludere dall’incisione piccoli rumori dovuti all’articolazione delle parole o alla respirazione. Nel caso del documentario su Cosmo e la sua band, in uscita su Mubi, Antipop ne diviene il titolo, ripulendosi anche […]

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In gergo tecnico l’anti pop è un filtro audio, un piccolo reticolo posizionato tra il microfono e la bocca del vocalist che serve a escludere dall’incisione piccoli rumori dovuti all’articolazione delle parole o alla respirazione. Nel caso del documentario su Cosmo e la sua band, in uscita su Mubi, Antipop ne diviene il titolo, ripulendosi anche da quella definizione così larga e onnivora che è il genere pop. Ed è inoltre lo stesso titolo di un brano dell’album La terza estate dell’amore, una citazione voluta dal regista Jacopo Farina, qui alla sua opera prima.

L’ascesa di Cosmo non appartiene al mercato discografico immediatamente mainstream e la scalata al successo del cantautore di Ivrea somiglia più alla storia di una garage band. Sempre circondato e legatissimo al gruppo e alla sua famiglia, questa caratteristica è il cuore del lavoro di Farina, che si concentra non tanto sulla spiegazione di testi e musiche, ma sulla vita vissuta della “tribù” che ruota intorno a Marco Jacopo Bianchi, da cui poi l’artista emergerà con il nome di Cosmo. Si parte dalla sua prima band, i Melange e dalla morte prematura di uno dei musicisti, passando per il secondo gruppo, i Drink to me, e poi finalmente si arriva al successo presso il grande pubblico come solista, che solo non è mai stato.

Nella prima parte del doc Farina ci espone un racconto corale dove i genitori, ogni amico o musicista hanno lo stesso peso. Ci sono le prove nello scantinato di uno zio o in tavernette casalinghe con boiserie, antistanti il bagno d’una madre presa dal fare il bucato; le bevute dopo i rifornimenti di birre al supermercato e le ragazze che testimoniano amori e creazioni musicali; lo spirito dell’essere uno per tutti e tutti per uno nel lutto affrontato con una lunga astensione dagli strumenti quanto nell’appoggiare in toto la nuova identità solista di Marco, anzi Cosmo. Una famiglia e una tribù appunto, dove a contare è l’unione, sempre e comunque. È questa la caratteristica più incisiva del doc e del Cosmo-mondo. Il regista l’affronta con la voce narrante di Cosmo stesso, e ci sentiamo quasi Marco che osserva la sua storia, o meglio il mondo che lo ha circondato sin dall’adolescenza. Quasi un doc in soggettiva, insomma.

La musica qui ha un ruolo amniotico e, libera dal binomio convenzionale del videoclip (canzone-performance visiva), circola in questo lavoro come una linfa. Sempre presente in mood sonori quasi sottotraccia, loop e melodie estrapolati da arrangiamenti editi, percorre il film con il sound elettronico che caratterizza questo artista.

Dall’1 marzo Antipop arriva in esclusiva su Mubi. Forse una piattaforma di qualità è la migliore via distributiva per un doc di questo formato, un’ora, molto adatto a una fruizione televisiva d’approfondimento. Essendo in uscita il nuovo album, Sulle ali del cavallo bianco, il quarto da solista di Cosmo, in uscita il 15 marzo per Columbia Records e Sony Music Italy, sembra anche il lancio perfetto sul piano del marketing.

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Cosmo in piazza. E ballano anche i sanpietrini https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/cosmo-piazza-ballano-anche-sanpietrini/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/cosmo-piazza-ballano-anche-sanpietrini/#respond Mon, 26 Jun 2017 09:43:34 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8832 Cosmo è sul palco che salta, si sbraccia, fa avanti e indietro, gigioneggia sul mixer pizzicando le manopole colorate tra un balzo e uno strillo. La fronte suda, la gente canta. Suoni psichedelici si sprigionano dalle casse e vanno a sincrono con i faretti e i proiettori in fila, che dalle americane flagellano la folla […]

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Cosmo è sul palco che salta, si sbraccia, fa avanti e indietro, gigioneggia sul mixer pizzicando le manopole colorate tra un balzo e uno strillo. La fronte suda, la gente canta. Suoni psichedelici si sprigionano dalle casse e vanno a sincrono con i faretti e i proiettori in fila, che dalle americane flagellano la folla con fendenti e lampi intermittenti.

L’aria calda di un giorno lungo. Il più lungo dell’anno. E l’estate che si è annunciata col sorgere dell’ultimo sole. Piazza Farnese vibra di suoni e pulsioni che generalmente non le appartengono e tutto ciò la rende ancora più bella.

Questa sera, questo angolo di Roma, sembra estorto da un’altra città, una piazza che di solito è bella e buia e silenziosa, oggi è viva e vitale, grazie ad un concerto all’improvviso, che aprono i La Femme e chiude uno straordinario Cosmo da Ivrea, di quasi Torino. Tutto in occasione della Festa della Musica, tradizione piacevolmente copiata e presa in prestito dai “franzosi”, che ci ospitano a casa nostra, di fronte all’Ambasciata di Francia, quel loro gioiello romano.

Qualche minuto di ritardo e la prima canzone parte con un riverbero irritante che mangiucchia le parole al microfono. Cosmo non si perde d’animo, allunga i tempi e mixa i ritardi insieme alla sua band, un altro cenno d’intesa con i tecnici e la serata prende la piega giusta e basta un attimo e una canzone in più a far dimenticare a tutti ogni possibile disguido.

Le canzoni de L’ultima festa si intervallano con quelle più datate di Disordine, ripescate dal lontano 2013. Per una sera il nostro esce fuori dalla dimensione del club, quella che più ama, quella che lo ha visto protagonista di un infinito tour denominato Succede l’impossibile che ha attraversato il 2016 come una Formula Uno tra i go-kart, riscrivendo un nuovo modo di intendere la musica elettronica in Italia, coniugandola finalmente con la felice tradizione cantautorale nostrana, che oggi più che mai sta vivendo una nuova giovinezza.

Sul palco il buon Marco canta che «tramonta un continente, ed io non sento niente» e questa è la sensazione che vivo quando da Campo de’ Fiori vedo la strada interdetta da folla, transenne e camionette, quando la perquisizione in piazza si fa normalità, come i mitra alle stazioni della metro. Tutti col sorriso ovviamente, ma con la fobia del terrorismo nascosta nella borsetta, tra l’accendino e il rossetto. Niente birra, neanche un paninaro a mezzi col Comune.

Per fortuna che c’è Cosmo e tutto passa in secondo piano, il suo repertorio sembra magico anche fuori dal buio angusto di quei locali invernali che ha cappottato lungo tutto lo stivale. La serie di pezzi in progressione mi ricordano quanto siano belli, veri e così maledettamente ben riusciti.

Come un nubifragio di buonumore le casse ci tempestano di suoni e parole e si inseguono Le voci, Dicembre, L’altro mondo, Cazzate, la meravigliosa Regata ’70, legandosi a tracce che andiamo a ripescare dal passato, come la già citata Continente, fino a Ho visto un Dio, Dedica ed Esistere; le mani a tempo seguono i battiti di ogni traccia, tutti saltano e sudano. Ballano anche i sanpietrini.

Le cose più rare non manca mai, insieme alla novità de La mia città e al solito gran finale, con L’ultima festa, che anche se non è neanche mezzanotte sembra quanto mai azzeccata.

Come sanno bene anche i ragazzi del Cinema America a San Cosimato, in questa città invecchiata e lamentosa l’amplificazione va spenta presto, la musica smorzata, e allora tutti cantano «via, è ora di andare via, iniziamo a guardarci male», anche il signore coi baffi che suda dietro di me; tutti si muovono a tempo, anche la signora in vestaglia che si affaccia da sopra al ristorante. «Eppure mi sento da Dio» ripete Marco sul palco, prima di salutare e ringraziare. Con grazia e senza troppo miele, con discrezione piemontese e calore romano. La piazza ricambia il saluto con un lungo applauso prima di svincolarsi in cerca di una birra rinfrescante, tra le transenne spostate a fatica, tra una bottiglia rotta e un turista ubriaco che ancora sta cercando da dove arrivi la musica.

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