colorist Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 19 Jul 2023 13:10:36 +0000 it-IT hourly 1 Monica Galantucci e la sua M74 Post: “La mia rivoluzione nella post-produzione” https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/monica-galantucci-e-la-sua-m74-post-la-mia-rivoluzione-nella-post-produzione/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/monica-galantucci-e-la-sua-m74-post-la-mia-rivoluzione-nella-post-produzione/#respond Tue, 28 Feb 2023 07:33:48 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18233 Il mercato dell’audiovisivo sta vivendo un momento di grande espansione, rendendo sempre più necessario un attento lavoro di post-produzione su film e serie TV. Nascono nuove realtà altamente specializzate come M74 Post, uno studio giovane che si occupa di effetti visivi e post produzione e che, tra gli altri, ha già nel suo portfolio serie […]

L'articolo Monica Galantucci e la sua M74 Post: “La mia rivoluzione nella post-produzione” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Il mercato dell’audiovisivo sta vivendo un momento di grande espansione, rendendo sempre più necessario un attento lavoro di post-produzione su film e serie TV. Nascono nuove realtà altamente specializzate come M74 Post, uno studio giovane che si occupa di effetti visivi e post produzione e che, tra gli altri, ha già nel suo portfolio serie come Boris 4, Il nostro generale, Le fate ignoranti, Call my agent; e film come I migliori giorni, Lamborghini, The Land of Dream, Pantafa. Founder e anima del progetto è Monica Galantucci, che ha voluto radicare la sua società nel centro di Roma, nel quartiere Prati, principale polo del settore audiovisivo.

Come nasce M74 Post?

Nasce dopo anni d’esperienza nel settore. Personalmente ho cominciato come producer degli effetti visivi, poi sono diventata supervisor, ma anche questo ruolo cominciava a starmi stretto. Così ho deciso di fondare un’azienda tutta mia. M74 è nata nel settembre 2019 e dopo mesi di ristrutturazione, siamo entrati nella nuova sede appena due giorni prima del lockdown. Nonostante la pandemia, abbiamo portato avanti i nostri progetti da remoto, fortunatamente già da fine aprile abbiamo avuto la possibilità di far tornare gli artisti in presenza.

I progetti che seguite sono molto vari. Serie come Vita da Carlo, Il santone e Zero; film per piattaforme come Lasciarsi un giorno a Roma o Divin Codino; ma anche film in sala come Belli ciao, Tapirulan, Si vive una sola volta. Senza contare, spot, opere prime, e sfide internazionali come quella teatrale di Chiusi fuori.

Proprio nel caso di quest’ultimo che hai citato il regista Giorgio Testi ha voluto insieme Colin Firth e Stefano Accorsi. Però uno era in teatro a Firenze, mentre l’altro in studio a Londra. Noi con il nostro lavoro e in piena pandemia li abbiamo messi insieme sullo stesso palco in un corto ispirato all’opera Aspettando Godot di Samuel Beckett.

Come si collega la post-produzione al set di un film nell’epoca digitale?

Anche se il nostro lavoro viene fatto in post, gli interventi vengono stabiliti in pre-produzione: è in questa fase infatti, che occorre confrontarsi con il cliente per capire quali siano le sue aspettative ed accompagnarlo nella giusta direzione. Ci sono scelte che devono essere fatte prima dello shooting, e in accordo con gli altri reparti.

M74 Post
L’evento natalizio 2022 con lo staff di M74 Post.

Siamo ad un 2023 appena iniziato, col Covid alle spalle e un linguaggio che si è evoluto, è cambiando. Si fa cinema per piattaforme tv, le serie si stanno trasformando e troviamo moltissimi effetti visivi anche in prodotti insospettabili come le commedie. Spesso il pubblico neanche lo sa. Quali sono le nuove esigenze del mercato audiovisivo, le nuove sfide alle quali rispondere?

La prima strategia è agire in tempo. Come hai detto, è evidente che l’andamento del settore cinema è in forte crescita e di conseguenza anche quello della post produzione e degli effetti visivi. Le produzioni sono tante e sempre più veloci purtroppo. L’intervallo tra pre-produzione e post-produzione si è notevolmente assottigliato. Quindi lavorare tanto e ad un ritmo serrato mantenendo uno standard molto alto non è facile. È questa la grande sfida: mantenere la qualità in tempi strettissimi.

C’è un episodio che puoi raccontarmi su un cambio di programma poi risolto e migliorato dalla vostra post-produzione?

Una volta è capitato che l’attore protagonista non potesse essere sul set il giorno di riprese poiché affetto da Covid. Quindi abbiamo risolto con un replacement del viso. Bloccare un set può essere molto costoso, operazioni come quella che abbiamo fatto danno la possibilità di girare comunque, risparmiando in costi e tempi.

Come nasce la necessità di un effetto e come funziona la relazione professionale e umana con i registi?

Il regista viene da noi, ci spiega la sua idea e noi cerchiamo di realizzarla al meglio, rispettando il budget di produzione. Come primo step leggiamo la sceneggiatura facendo uno spoglio sui possibili interventi visual. Ci si riunisce poi di nuovo con il regista per discutere nel dettaglio il progetto e prendere le decisioni finali per procedere. Il fascino del nostro lavoro è anche quello di poter lavorare con i vari reparti e creare una vera e propria sinergia.

Com’è organizzata M74 rispetto alle diverse tipologie di servizi che completate con i vostri interventi digitali?

Il nostro core business è sicuramente quello degli effetti visivi, possiamo seguire progetti che richiedono l’ausilio del 2De del 3D e di animazione. Abbiamo un reparto di Motion Design. Anche il reparto video è ben strutturato con 2 Colorist, (oltre ai freelance che chiamiamo al bisogno), il reparto Delivery e QC. Ci occupiamo della sola parte video, per l’audio, quando necessario possiamo contare su partner esperti del settore. La nostra è un’azienda innovativa, che punta al mercato internazionale. Credo molto nella crescita dei miei collaboratori, non solo da un punto di vista professionale, ma anche dal punto di vista umano, e tutti abbiamo frequentato corsi di comunicazione, gestione del tempo e lavoro di gruppo.

L'articolo Monica Galantucci e la sua M74 Post: “La mia rivoluzione nella post-produzione” proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/monica-galantucci-e-la-sua-m74-post-la-mia-rivoluzione-nella-post-produzione/feed/ 0
Walter Volpatto, il colorist dalla Rai a Christopher Nolan https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/walter-volpatto-il-colorist-dalla-rai-a-christopher-nolan/ Wed, 16 Sep 2020 08:10:50 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=14311 Nato a Torino e arrivato nella serie A di Hollywood, Walter Volpatto ha curato la color di quelli che, semplicemente, sono film da Oscar: Green Book, Star Wars, The Hateful Eight, Dunkirk, Interstellar. La sua storia coincide con la nascita della post-produzione digitale e di una figura, quella del colorist, nata letteralmente dall’hardware e maturata […]

L'articolo Walter Volpatto, il colorist dalla Rai a Christopher Nolan proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Nato a Torino e arrivato nella serie A di Hollywood, Walter Volpatto ha curato la color di quelli che, semplicemente, sono film da Oscar: Green Book, Star Wars, The Hateful Eight, Dunkirk, Interstellar. La sua storia coincide con la nascita della post-produzione digitale e di una figura, quella del colorist, nata letteralmente dall’hardware e maturata in estro artistico, fino al punto da aspirare a un riconoscimento ufficiale agli Oscar. Chiara del Zanno lo ha intervistato su questo bel po’ di cose insieme al DOP Davide Manca.

CDZ: Walter Volpatto, hai lavorato in RAI per dieci anni, poi hai mollato tutto per gli States: un colpo di follia o un colpo di fortuna?

Ho lavorato in RAI a Torino dal 1991 fino al 2000 circa, nel reparto engineering: impianti, strutture, manutenzione, camere. A metà degli anni Novanta i computer, con Internet e i VFX, hanno iniziato a far parte della produzione e io ho iniziato a interessarmi ai visual effects, al compositing, al 3D rendering, al lighting modeling insieme al reparto grafico di Torino. Poi per una serie di vicende nel 2003 sono arrivato negli Stati Uniti come tecnico e ho cominciato a collaborare con i grandi. Per farti capire, per un po’ ho avuto accanto Dan Muscarella, oggi collega e amico, che tra le tante cose è anche il colorist di Titanic. L’ultimo progetto su cui abbiamo lavorato insieme è stato Dunkirk di Christopher Nolan, lui curava la parte di pellicola e io il digitale.

DM: Il girato che ti arriva è sempre così perfetto come lo vediamo noi nei film americani? In Green Book c’è un camera car con tre macchine da presa che riprendono contemporaneamente: livello difficoltà 10. Quanto sta al colorist il risultato finale?

Green Book presentava delle “challenges”. Le riprese sull’auto nelle pianure avevano poco controllo sul sole e sulla meteorologia in generale, Mahershala Ali ha una copertina rossa sulle gambe che crea un rimbalzo di luce sul mento, il suo incarnato scuro da illuminare sul sedile posteriore. Ci ho lavorato parecchio per bilanciare gli shots e rendere l’impressione di un vero viaggio in macchina con una buona soluzione di continuità. Per contrasto, in Star Wars Steve Yedlin, il DOP, ha speso circa dieci anni della sua vita a creare un modello matematico delle stampe: ha una corrispondenza perfetta con ciò che fa con la camera sul set (la LUT l’ha costruita lui!), un budget sostanzioso e gli scenografi e i costumisti migliori al mondo. Mi ricordo di avere guardato uno degli shots della sequenza girata nella sala rossa del trono, poi ho guardato Steve: “Beh, cosa vuoi?”, “Aggiungere un punto di rosso”, ha risposto lui. Okay: click. Quella fotografia è già perfetta. L’unica cosa su cui ho Dovuto lavorare un po’ di più in Star Wars è l’isola in cui Rey va ad allenarsi con la spada laser. È una riserva naturale vicino all’Irlanda, avevano solo due giorni di riprese lì e il sole cambiava un po’ da tutte le parti. Per il resto, fare Star Wars è una passeggiata

Greenbook, color di Walter Volpatto
“Greenbook”, color di Walter Volpatto

CDZ: In una vecchia intervista hai dichiarato: “Se lo spettatore vede ciò che noi colorist stiamo facendo, allora ci siamo spinti troppo oltre”. Oggi la color si spinge spesso oltre, quasi verso un’estetica “instagrammabile”. Da cosa dipende?

Quando gli Impressionisti comparvero sulla scena nella Parigi a fine Ottocento volevano usare il colore per rappresentare un’emozione. Il “filtro di Instagram” e alcune delle coloriture che facciamo noi oggi sono molto impressionistiche, non realistiche. Fino a quindici anni fa noi colorist eravamo costretti nella pellicola, Esteticamente era raro trovare colori innaturali. Quando ce ne siamo liberati, però, abbiamo iniziato a sperimentare. Un film come Matrix oggi sarebbe un gioco da ragazzi. All’epoca le giacche nere sul set erano verdi: ecco spiegata la presenza del verde nelle ombre. Ora non avremmo tinto così tanto in fase di stampa. Oltre a quello che qui chiamiamo “daily love”, l’amore per i giornalieri dal quale regista e DOP si distaccano a fatica, c’è anche un nuovo linguaggio visivo dei social media, dove tutti spingono l’immagine con i filtri al di là del ragionevole. Nel linguaggio del colore, se crei un mondo, possono avere senso anche il giallo o il verdone. Il problema è quando il “filtro” è messo a cavolo solo perché l’ho visto sul cellulare.

CDZ: Il dibattito sul riconoscimento artistico dei colorist agli Oscar è molto acceso e tu ne hai preso parte: perché, secondo te, a questo punto della storia è necessario che l’Academy vi premi?

È un problema di prospettiva. L’Academy, di cui sono diventato membro, riconosce solo chi porta un contributo artistico al progetto. Fino all’invenzione della color correction digitale, il color timer in laboratorio non poteva alterare artisticamente il look di un film. Adesso, però, noi lo facciamo. E aspiriamo a un riconoscimento. Ci rispondono che la nostra coloritura è stabilita del direttore della fotografia. Ok, ma è il regista che chiede una certa fotografia al DOP. Quindi, dove ci fermiamo? The Revenant ha aperto questa scatola dei segreti. Lubezki è un grande cinematographer e non smetterò mai di ribadirlo. Ma quello che vedi nel film non è solo ciò che lui ha ripreso con la camera. Hanno speso quattro mesi in color per lavorare meticolosamente ad ogni shot, i giornalieri sono tutto un altro materiale. Lubezki sostiene di aver girato così sapendo cosa fare poi in color. Va bene, ma, scusate, non è Lubezki ad averci messo le mani. È tutto qui: i direttori della fotografia non vogliono perdere il loro status sulle immagini e riconoscere il contributo artistico dei colorist. Dopo Revenant qualcosa però è cambiato: ora i colorist sono ammessi come membri dell’Academy per il loro contributo artistico.

Beach Bum, il film preferito di Walter Volpatto
“Beach Bum”, il film in cui Walter Volpatto ha dato “il maggior input artistico”

CDZ: Se già esistesse un premio condiviso fra DOP e colorist, tu per quale film saresti stato candidato?

Difficile da dire. Il film in cui negli ultimi anni il mio input artistico è stato maggiore? Forse Beach Bum (di Harmony Korine, 2019). A un certo punto Harmony mi ha detto: “Fammi vedere qualcosa rispetto al feeling che voglio, ti lascio carta bianca. Ogni shot di questo montaggio voglio che sia come un dipinto, lontano dal flow continuo”. Voleva l’impressionismo maggiore che potevo dargli, allora il mio è stato un apporto molto più artistico di Star Wars o Dunkirk, dove ho lavorato su un raffinatissimo match tecnico tra pellicola e digitale.

Leggi l’intervista completa sul nuovo numero di Fabrique du Cinéma

L'articolo Walter Volpatto, il colorist dalla Rai a Christopher Nolan proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>