colonna sonora Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 05 May 2021 13:21:43 +0000 it-IT hourly 1 Festival di Berlino – I talenti del futuro, anche dall’Italia https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-di-berlino-i-talenti-del-futuro-anche-dallitalia/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-di-berlino-i-talenti-del-futuro-anche-dallitalia/#respond Fri, 17 Feb 2017 12:04:33 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4191 Se la Berlinale dei volti noti e celebrati continua in questi giorni a raccontarsi attraverso il concorso e le altre sezioni, c’è una schiera di 250 talenti provenienti da tutto il mondo che nel Festival trovano un modo per farsi ulteriormente conoscere. E condividere le proprie storie. Il progetto è quello del Berlinale Talents, una […]

L'articolo Festival di Berlino – I talenti del futuro, anche dall’Italia proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Se la Berlinale dei volti noti e celebrati continua in questi giorni a raccontarsi attraverso il concorso e le altre sezioni, c’è una schiera di 250 talenti provenienti da tutto il mondo che nel Festival trovano un modo per farsi ulteriormente conoscere. E condividere le proprie storie.

Il progetto è quello del Berlinale Talents, una sorta di campus artistico a 360°, scandito da incontri, workshop, condivisioni, promozioni, insomma una vetrina, all’interno e parallelo al Festival, capace di farci scoprire il lato nascosto ed espresso di molti professionisti.

È il caso di Piernicola Di Muro, appassionato quarantenne romano, da dieci anni film composer per cinema e televisione, diventato anche music producer, che tra 5000 domande è uno dei pochi italiani in questo ambito ad essere stato scelto.

Quando parliamo, in un ristorante vicino a Potsdamer Platz, la sorpresa emerge subito riguardo ai suoi inizi, partiti grazie al Premio Oscar Vittorio Storaro: «Dal 1995 al 2000 ho studiato cinema all’Accademia Internazionale per le Arti e Scienze dell’Immagine dell’Aquila, ero lì per specializzarmi in fotografia cinematografica, fu proprio in quell’occasione che incontrai Storaro. Mi ha allevato e cresciuto, tanto che a un certo punto mi scelse per lavorare con lui fuori dall’ambito accademico, durò 6-7 anni. Ero nel camera department, tante collaborazioni, anche all’estero, ricordo il set a Praga di una serie come Dune, o su pellicole come L’esorcista – La Genesi, Mirka con Gerard Depardieu e Vanessa Redgrave. L’esperienza è stata cruciale, me ne rendo conto forse più oggi, anche se all’epoca decisi che volevo cambiare pagina e dedicarmi ad altro. Le colonne sonore appunto».

Da quel momento per Di Muro l’elaborazione creativa sul suono diventa così l’occupazione principale, una passione non solo focalizzata sulla composizione, ma che lo ha portato a confrontarsi, da autodidatta, a perfezionarsi in mixing e registrazioni. Da qualche anno infatti, uno dei progetti a cui tiene maggiormente, BeWider, lanciato nel 2013, lo ha difatti proiettato anche in una diversa orbita strumentale e di ricerca.

Ma è il binomio di musica e immagini che continua a scandire il ritmo del suo lavoro, anche pensando ai suoi riferimenti. « Il film che mi ha cambiato è stato Incontri ravvicinati del terzo tipo di Spielberg, la musica di John Williams interagisce su tutto. Negli ultimi vent’anni penso che però uno dei personaggi maggiormente rivoluzionari sia stato Hans Zimmer, senza dubbio, ha saputo concepire opere straordinarie, la sua sound signature è unica, lui come anche Alexandre Desplat, Clint Mansell, ascoltando nomi nuovi e provenienti da altri ambienti, da Ólafur Arnalds a Nils Frahm. Bisogna distinguere bene però quello che faccio io, da chi opera invece solo come musicista. Cambia naturalmente la grammatica che usi, ecco perché il background di lavoro sulle immagini si è rivelato utilissimo, conosci il montaggio, i tempi, la recitazione, e su quello puoi esprimerti, insieme ai registi, trovando il percorso sonoro giusto. Amo mischiare le librerie virtuali, le funzionalità, senza perdere i suoni veri, i violoncelli, la tecnologia deve fondersi con la performance vera».

«Desidero crescere con gli autori e andare avanti insieme – prosegue di Muro – penso a Lamberto Sanfelice, con il quale realizzai la colonna sonora di Cloro. Ora sono occupato dalla seconda stagione di una serie TV, È arrivata la felicità, e poi c’è una scommessa a cui tengo particolarmente, Echo, un cortometraggio realizzato da un regista e animator spagnolo Victor Perez. È qualcosa di sperimentale, costruito con la tecnologia motion control usata per Gravity, lui lavora negli effetti visivi, ha doti di compositing molto avanzate, la cosa interessante è che tra poco mi sposterò negli Stati Uniti, alla Skywalker Sound fondata da George Lucas, proprio per ultimare il lavoro».

 

L'articolo Festival di Berlino – I talenti del futuro, anche dall’Italia proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-di-berlino-i-talenti-del-futuro-anche-dallitalia/feed/ 0
I figli della notte, e il TFF “scopre” De Sica https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/i-figli-della-notte-e-il-tff-scopre-de-sica/ Wed, 23 Nov 2016 14:24:30 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3812 I De Sica, fatte le debite proporzioni, sono un po’ i nostri Coppola. Una famiglia, importantissima, del cinema, con varie e complesse ramificazioni tutte caparbiamente arrampicate sullo stesso muretto: lo schermo cinematografico. E allora, se il genio Vittorio è il nostro Francis Ford e Christian, amatissimo e odiatissimo, un Nicolas Cage un filo più commerciale, […]

L'articolo I figli della notte, e il TFF “scopre” De Sica proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
I De Sica, fatte le debite proporzioni, sono un po’ i nostri Coppola. Una famiglia, importantissima, del cinema, con varie e complesse ramificazioni tutte caparbiamente arrampicate sullo stesso muretto: lo schermo cinematografico. E allora, se il genio Vittorio è il nostro Francis Ford e Christian, amatissimo e odiatissimo, un Nicolas Cage un filo più commerciale, all’ultimo arrivato Andrea De Sica tocca il ruolo di Sophia.

Giovane (più giovane di Sophia di 10 anni, va detto), cinefilo, amante della musica e dei generi, sfrontato come uno studente di cinema, sicuro come un rampollo del Cinema, De Sica ha presentato al Torino Film Festival, unico italiano in concorso, il suo esordio I figli della notte. Una storia a cavallo tra i generi, il thriller e il romanzo generazionale, che ci consegna prima di tutto una certezza: Andrea De Sica ha imparato il mestiere.

Il film non è impeccabile – ha le tante, legittime incertezze di un esordio – ma la storia è intrigante, lo sguardo del regista per i suoi personaggi amorevole. E la mano con cui è diretta non ha incertezze: quasi arrogante, quando richiama impunemente Kubrick e Lynch, ma abbastanza sicura di sé da non risultare irritante nel suo citazionismo cinefilo.

La storia, quella di due ragazzi di buona famiglia consegnati a un rigidissimo collegio che ne stravolgerà le vite, ha il merito di cimentarsi sul terreno minato (perché da noi poco frequentato: il ridicolo è dietro l’angolo) del thriller paranormale. E la trama procede assecondando colpi di scena efficaci e soluzioni narrative interessanti, conducendo la storia verso un finale leggermente telefonato ma funzionale: qualche incertezza emerge nella direzione degli attori (volti azzeccatissimi, specialmente quelli dei due protagonisti, penalizzati forse da un copione troppo “scritto”), ma le sequenze chiave sono dirette con una personalità che trova nel senso del ritmo e della simmetria la sua cifra autoriale.

Figlio di un musicista (Manuel, il padre, ha scritto colonne sonore anche per Risi e Comencini), De Sica ha curato personalmente le musiche del film, dotandolo di universo sonoro ricchissimo e articolato. Figlio di una produttrice (Tilde Corsi, produttrice storica di Ferzan Ozpetek), De Sica ha saputo costruire intorno a I figli della notte un’impeccabile macchina produttiva, che ha permesso al film di arrivare a destinazione senza rinunce importanti. Non capita spesso che un figlio d’arte cammini sulle sue gambe. De Sica ce l’ha fatta, e c’è da scommetterci: andrà lontano.

 

L'articolo I figli della notte, e il TFF “scopre” De Sica proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Soundtrack al femminile https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/soundtrack-al-femminile/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/soundtrack-al-femminile/#respond Mon, 03 Oct 2016 14:14:59 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3640 [pro_ad_display_adzone id=”7751″ background=”1″ container_type=”#” repeat=”1″] Martina Sanzi e Mina Chiarelli sono le TREESTAKELIFE: due giovani compositrici che lavorano insieme destreggiandosi con abilità e intuito – al loro attivo già un lungometraggio – nel panorama della musica applicata alle immagini. Già presenti da diversi anni sulla scena musicale indipendente, avete esordito con un Ep Let Children […]

L'articolo Soundtrack al femminile proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
[pro_ad_display_adzone id=”7751″ background=”1″ container_type=”#” repeat=”1″]
Martina Sanzi e Mina Chiarelli sono le TREESTAKELIFE: due giovani compositrici che lavorano insieme destreggiandosi con abilità e intuito – al loro attivo già un lungometraggio – nel panorama della musica applicata alle immagini.

Già presenti da diversi anni sulla scena musicale indipendente, avete esordito con un Ep Let Children be Children Again (2009) e poco dopo avete realizzato l’album Roll Sound and… Action! (2012). Come siete passate a fare colonne sonore?

In effetti, inizialmente non era nei nostri intenti scrivere per il cinema. Provare a percorrere questa strada è stata una scelta dettata un po’ dalla passione per il cinema e un po’ forse dalla delusione nei confronti del mondo della musica indipendente. Abbiamo iniziato a sonorizzare dei video fatti da noi e, quando siamo venute a sapere di un laboratorio del Centro Sperimentale, abbiamo deciso di immergerci in un mondo che conoscevamo solo da lontano. È stato un laboratorio molto pratico, grazie al quale abbiamo avuto modo conoscere dei veri professionisti del settore come Paolo Buonvino, Nicola Piovani e Pasquale Catalano, e abbiamo anche lavorato su molti cortometraggi realizzati dagli studenti dell’accademia.

Fate una musica molto caratterizzata, con richiami al dream pop anni ’80: non avete il timore di trascurare la vostra personalità artistica assecondando le richieste che un regista vi può presentare?

Bella domanda! Effettivamente è il problema principale del fare questo lavoro: il compromesso è alla base. È anche vero però che se c’è fiducia tra il musicista e il regista puoi scoprire dei modi di scrivere a cui non avevi mai pensato. Cerchiamo di rimanere nel nostro stile ma anche di mantenere l’armonia con tutte le figure con cui lavoriamo. È una bella sfida. Ad esempio il lungometraggio My Saviour di Steven Murphy, in uscita questo autunno, è stato un lavoro nuovo per noi, perché oltre a essere il primo film che facevamo, è un action/thriller, un genere a cui non ci eravamo mai avvicinate, ma nonostante questo ci è stata data molta libertà nella realizzazione della colonna sonora. È stata l’occasione per capire che dovevamo aggiornare le nostre conoscenze in particolare nei confronti della tecnologia, di fondamentale importanza soprattutto di fronte a un budget ridotto.

albumSeguite delle regole particolari e avete ruoli definiti quando componete?

Di solito portiamo in studio delle idee, guardiamo il corto o il film e buttiamo giù delle proposte di base. Non c’è una regola ben precisa o dei ruoli tra noi due, cerchiamo di individuare dei punti musicali, il carattere che vogliamo dare alla composizione e partiamo dai timbri. Può essere il piano o la chitarra, spesso utilizziamo dei sinth e vari strumenti particolari come la kalimba, le melodiche e addirittura giocattoli. Cerchiamo di essere discrete nell’approccio alle immagini, lavoriamo quasi in sottrazione.

 Avete riscontrato molte differenze tra il sistema musicale indipendente e quello cinematografico?

C’è una distanza abissale tra la scena romana indipendente musicale e quella cinematografica! Lavorando con il cinema abbiamo scoperto un mondo che, anche se con le sue difficoltà, ci ha dato molte più soddisfazioni rispetto alle attività live. Siamo state apprezzate semplicemente per la nostra musica e non per la costruzione di un “contorno”, necessario per avere successo con la musica dal vivo.

Quello del live è un sistema chiuso in particolare per le donne, a meno che non hai la fortuna di trovare qualcuno che crei un prodotto su di te oppure di essere un animale da palcoscenico, cosa che noi non siamo mai state. Oltretutto i nostri live erano molto complessi vista la vasta tecnica che utilizzavamo, eravamo in due ma sembravamo in dieci.

liveQuindi è un fatto anche di costume: siamo più abituati a vedere le donne che fanno le cantanti rispetto a quelle che suonano gli strumenti. Forse non è un caso che vi siano poche donne a fare musica per film.

Esatto, la donna che fa musica è quella che canta e al massimo si accompagna. Nonostante i cambiamenti sociali e l’emancipazione, la donna stessa si è “autorelegata” in questo ruolo, probabilmente per mancanza di fiducia, per senso inferiorità rispetto agli uomini. È qualcosa che riguarda sia come lei stessa si vede, sia come la vedono. Infatti «l’ambiente delle colonne sonore è prettamente maschile e maschilista, la figura della compositrice non viene molto considerata. Ci stiamo impegnando per rompere questo schema».

Tornerete a suonare dal vivo?

Ci piacerebbe che le cose procedessero in parallelo: da una parte vogliamo assolutamente continuare a fare colonne sonore, a breve dovremmo lavorare sul prossimo lungometraggio di Murphy, e allo stesso tempo stiamo scrivendo un nuovo album che vorremmo presentare in una forma live più minimalista, essenziale e vicina al pubblico.

 

L'articolo Soundtrack al femminile proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/soundtrack-al-femminile/feed/ 0
Arrivano i Gatti Mézzi https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/arrivano-i-gatti-mezzi/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/arrivano-i-gatti-mezzi/#respond Sun, 08 Nov 2015 17:56:41 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2173 È davvero contagiosa la simpatia di Tommaso Novi, pianista e compositore di Pisa, dove fra l’altro anni ricopre da sei anni la cattedra di fischio musicale (prima in Europa). Tommaso è il leader dei Gatti Mézzi, in uscita con il loro sesto album, che hanno curato la colonna sonora del film di Roan Johnson Fino […]

L'articolo Arrivano i Gatti Mézzi proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
È davvero contagiosa la simpatia di Tommaso Novi, pianista e compositore di Pisa, dove fra l’altro anni ricopre da sei anni la cattedra di fischio musicale (prima in Europa). Tommaso è il leader dei Gatti Mézzi, in uscita con il loro sesto album, che hanno curato la colonna sonora del film di Roan Johnson Fino a qui tutto bene.

Parliamo del tuo rapporto con il cinema, quando hai iniziato a comporre per il grande schermo?

Guarda, io fin da piccino ho un sogno nel cassetto, che è quello di fare l’attore… poi m’è toccato fare il musicista! Se un giorno arrivasse Tarantino e mi dicesse «Tommaso, molla tutto e fai un film», io mollo tutto e vado a girare il film! Scherzi a parte, il rapporto con la pellicola nasce in gioventù, ho iniziato musicando documentari e corti, ma il primo vero lavoro è stato curare la colonna sonora del mediometraggio di Gipi, il fumettista, intitolato I 400 Pinocchi dove in effetti recitavo anche come attore protagonista. Un’altra collaborazione importante è stata quella con Paolo Virzì che mi chiese di eseguire delle parti pianistiche per La prima cosa bella, film per il quale presi anche l’iniziativa di inserire la mia caratteristica tecnica del fischio. Con i Gatti Mézzi invece abbiamo eseguito la colonna sonora di Fino a qui tutto bene di Roan Johnson, progetto per me particolarmente significativo perché il film affonda le radici in un’esperienza che io e Roan abbiamo condiviso anni fa.

A quale esperienza ti riferisci?

Ne abbiamo condivise tante da giovani, in particolar modo l’amicizia di una persona che ora non c’è più e che è morta in un incidente stradale. Ovviamente ne siamo rimasti tutti segnati, infatti io ci ho scritto un brano e lui ci ha fatto un film. Nella mia canzone ci sono dentro tante cose, antiche e recenti, le stesse che si ritrovano nel film di Roan. Oltre a questo dramma abbiamo poi vissuto assieme una bellissima avventura nella Pisa che stavamo scoprendo a vent’anni in maniera un po’ folle, spensierata e innamorata della vita. Probabilmente il mio brano e il film chiudono il cerchio di questo vissuto che ci lega ormai da quindici anni.

Il brano di cui parli è Morirò d’incidente stradale candidato ai Nastri d’Argento 2015 e main theme di Fino a qui tutto bene. Hai ceduto anche altre canzoni per il film?

 Sì, abbiamo proposto Anarfamondo, brano contenuto nel disco precedente. Abbiamo inoltre lavorato sulla colonna sonora di alcune scene intrecciando elementi che richiamano l’una e l’altra canzone, il tutto strumentale. Infine nel film è presente anche un terzo brano senza testo che è Soltanto i tuoi passi.

Esistono a tuo modo di vedere molte differenze tra il comporre per un disco e per un film?

Bellissima domanda! Credo ci sia una profonda similitudine: così come la colonna sonora parte da un’ispirazione e passa attraverso il filtro della scrittura e struttura cinematografica (il timing della scena, il taglio ecc.), così nella canzone l’idea nasce dal cuore, in una forma libera e astratta, poi va a misurarsi con la musica, e alla fine viene imbrigliata in una struttura vincolata, prescelta o decisa in corso d’opera. Invece la grande differenza col film è che lì ti misuri con molte persone che muovono il tuo operato e lo rivedono. Con la canzone l’evoluzione avviene principalmente con se stessi.

Oltre al regista, con quali figure è necessario interfacciarsi quando si scrive musica per film?

In Fino a qui ci siamo confrontati principalmente con Roan e con il montatore. Infatti quando si lavora sulla post-produzione il musicista si deve adeguare ai vari tagli o alle aggiunte delle scene. Infine ci si confronta con il tecnico del suono che dà la forma definitiva alla musica del compositore, stesso confronto che avviene anche quando si fa un disco con quello che oggi viene definito il “produttore artistico”.

 Sei ottimista riguardo al futuro? Secondo te c’è spazio per i giovani compositori italiani?

Ahimè, sono un ottimista! Credo in un futuro migliore, anzi proprio in questo momento di difficoltà e cambiamenti sociali e culturali è necessario essere ottimisti. Viviamo nel paese in cui sono nati i maestri più grandi: Morricone, Rota, Piovani e tantissimi altri; tuttora ci sono tante giovani teste che scrivono. L’auspicio più grande è quello di partire dallo studio dei maestri italiani e internazionali. Penso ci sia spazio per chi ha il coraggio di osare, osare è sempre la parola d’ordine, non fermarsi quando si vede che una cosa funziona, avere sempre la forza di cambiare e di approfondire.

 Tra i grandi compositori che hai citato ce n’è qualcuno in particolare a cui i Gatti Mézzi si ispirano?

Non ci ispiriamo a qualcuno in particolare, ma i grandi fanno parte di quel bagaglio, direi quasi genetico, dal quale non possiamo fare a meno di partire. L’obiettivo dei Gatti Mézzi è trovare una propria cifra originale e riconoscibile, ma saremo sempre legati a un certo modo di vedere i film, ai primi piani stretti di Leone, ai suoni che descrivono i volti pieni di polvere musicati da Morricone, alle soluzioni e al sapore di certe opere.

Registi con i quali ti piacerebbe lavorare in futuro?

Approfitto della tua domanda per fare un appello ai registi di tutto il mondo: venite a sentire che qui c’è della gente che scrive cose interessanti! Fateci una bella proposta per un bel film e noi ci si sta!

L'articolo Arrivano i Gatti Mézzi proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/arrivano-i-gatti-mezzi/feed/ 0