Cineteca di Bologna Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 18 Jun 2021 15:44:53 +0000 it-IT hourly 1 Gianluca Guzzo, CEO Mymovies: “Il futuro è l’integrazione tra cinema sul web e in sala” https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/mymovie-gianluca-guzzo/ Mon, 08 Feb 2021 09:26:02 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=15179 Con alle spalle un percorso come danzatore classico a Parigi e gli studi di ingegneria informatica al Politecnico di Milano, Gianluca Guzzo da un paio di decenni ha fatto un lavoro delle sue due principali passioni: l’arte e l’innovazione tecnologica. Proprio mentre viveva in Francia, negli anni novanta, ha subito compreso le grandi potenzialità delle […]

L'articolo Gianluca Guzzo, CEO Mymovies: “Il futuro è l’integrazione tra cinema sul web e in sala” proviene da Fabrique Du Cinéma.

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Con alle spalle un percorso come danzatore classico a Parigi e gli studi di ingegneria informatica al Politecnico di Milano, Gianluca Guzzo da un paio di decenni ha fatto un lavoro delle sue due principali passioni: l’arte e l’innovazione tecnologica. Proprio mentre viveva in Francia, negli anni novanta, ha subito compreso le grandi potenzialità delle rete e ne è rimasto fortemente affascinato. Mymovies, di cui è amministratore delegato e co-fondatore, nasce nel 2000 con l’idea di proporre una biblioteca online che digitalizzasse la letteratura cinematografica italiana. Ben presto però, seguendo la rapidissima evoluzione del web degli ultimi vent’anni, si è trasformato nel più importante sito di cinema del nostro paese, dando vita a partire dal 2010 anche a una piattaforma streaming pensata per simulare l’esperienza condivisa della sala: Mymovies Live. Con Guzzo abbiamo approfondito genesi e sviluppo di quest’ultimo progetto, che a seguito del diffondersi della pandemia ha avuto un’interessantissima evoluzione ed è oggi in pieno fermento. 

Mymovies Live parte dalle solide basi dell’esperienza di Mymovies. Come nasce inizialmente l’idea della piattaforma?

Quando siamo partiti con Mymovies il mondo di Internet era tutto da costruire, il nostro sito infatti nasce prima di Google, Youtube e chiaramente dell’esplosione dei social network. Ogni volta che si imponeva una importante tendenza, per noi si trattava di una nuova sfida. Con l’avvento di Google siamo stati tra i primi a comprenderne a fondo il modello, costruendo le nostre pagine affinché potesse capire cosa avessimo sul sito e premiarci nei risultati di ricerca. Prima dell’affermazione di Youtube eravamo in assoluto il sito di intrattenimento più visitato in Italia e ci siamo presto resi conto della necessità di seguire la tendenza dei video. In questo contesto, anche se può sembrare incredibile, Mymovies Live in realtà nasce per rispondere ai social network e alla loro estensione del concetto di community, pensando a una piattaforma in cui gli utenti potessero vedere i film insieme online in un determinato momento, chattando e pubblicando foto.

Come è evoluta negli anni l’offerta della piattaforma?

Il ruolo di Mymovies Live dalla sua nascita è stato soprattutto quello di presentare agli abbonati dei film in anteprima, prima dell’uscita nelle sale. Seguendo una logica di promozione che lasciava lo sfruttamento dei film ai cinema, attraverso l’organizzazione di eventi in sale virtuali con posti limitati per cui era necessaria una prenotazione. Il primo evento con cui siamo partiti nel 2010 è stato La bocca del lupo di Pietro Marcello, presentato online per sole 300 persone qualche giorno in anticipo rispetto all’arrivo in sala. Il film ha avuto poi un notevole successo anche al cinema e così tante altre opere hanno iniziato a seguire lo stesso percorso. Fino a quando nel 2018 non è esploso il caso di Netflix e Sulla mia pelle, che ha provocato grandi malcontenti nell’industria e ha portato in seguito all’approvazione della legge Bonisoli, con la quale è stata vietata l’uscita prima in streaming di qualsiasi film finanziato dallo Stato. L’impianto alla base di MyMovies Live ha subìto così un durissimo colpo e a inizio 2020 stavamo per chiudere la nostra esperienza.

Cos’è successo a questo punto?

All’improvviso è arrivato il lockdown e tutto è cambiato. Con le sale chiuse e gli italiani costretti a rimanere a casa, grazie all’appoggio di distributori come BIM, I Wonder Pictures, Sacher e realtà quali la Cineteca di Bologna, il Biografilm e il Far East Film Festival abbiamo iniziato a offrire su Mymovies Live la visione gratuita di diversi film. L’obiettivo era quello di mantenere un dialogo con i nostri utenti e ribadire l’importanza della settima arte in un momento così duro per tutti. Da lì sono partiti gli spunti per dare vita a nuovi progetti, come le piattaforme create a sostegno dei cinema in collaborazione con gli esercenti #Iorestoinsala e Miocinema o la piattaforma costruita ad hoc per la casa di distribuzione True Colours, True Colours Virtual Cinema. Di recente, in collaborazione con il Ministero degli Esteri, abbiamo anche chiuso un accordo con gli Istituti di Cultura italiani nel mondo e lanciato una nuova piattaforma per promuovere i film nostrani all’estero attraverso le varie ambasciate. In più, naturalmente, ci sono state tutte le iniziative legate alle piattaforme per gli oltre 100 festival con cui abbiamo lavorato. Dal 2015 siamo la piattaforma streaming ufficiale della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia, ma nell’ultimo anno questo tipo di collaborazioni sono aumentate esponenzialmente.

Che tipo di lavoro avete portato avanti con i festival?

Da marzo in avanti nella maggior parte dei casi i festival non si sono potuti svolgere in presenza e, anche in quei momenti in cui ciò è stato in parte possibile, gli organizzatori avevano bisogno di un supporto che permettesse loro di sviluppare un’offerta sul web da affiancare a quella tradizionale. Così abbiamo dato la possibilità di utilizzare la nostra piattaforma a tutti coloro che erano interessati, creando uno spazio personalizzato per i festival in cui questi potessero gestire le loro offerte e proposte di abbonamento in modo autonomo. L’organizzazione di visioni-evento, con countdown, date e orari precisi in cui poter partecipare, è andata nella direzione di una condivisione dell’esperienza che ha senz’altro favorito il successo delle iniziative.

Mymovies
Il Torino Film Festival su Mymovies Live.

La risposta del pubblico in effetti è stata molto positiva…

Considerando solo le attività legate ai festival, da giugno a oggi sono state consumate 400.000 ore di visione e l’incasso ottenuto per conto delle manifestazioni cinematografiche è stato di oltre 480.000 euro. Il dato impressionante è che la maggior parte dei festival con cui abbiamo stretto accordi ha incassato più quest’anno online che nelle edizioni in presenza del 2019. Giusto per fare un paio di esempi, il Torino Film Festival è stato un grandissimo successo, con decine di migliaia di biglietti venduti, e il Trieste Film Festival ha raggiunto poco meno di 30.000 presenze con oltre un milione e mezzo di minuti di visione. Molto partecipati sono stati anche gli eventi gratuiti portati avanti da quei festival che hanno preferito non far pagare i propri utenti: il solo Biografilm Festival, la prima manifestazione con cui abbiamo collaborato, ha superato le 50.000 prenotazioni.

Quali sono gli aspetti di cui vai più fiero dell’operazione che state portando avanti?

La nostra è una piattaforma che definisco collaborativa. Ogni volta che stringiamo l’accordo con un partner, il dialogo che si crea porta all’aggiunta di una funzione o di un servizio e in questo modo Mymovies Live cresce e si evolve continuamente. Dal punto di vista tecnologico trovo si tratti di una cosa bellissima. Sul piano culturale, invece, abbiamo riunito alcuni tra i migliori talenti del nostro paese in campo cinematografico (direttori di festival, programmer, esercenti, produttori, distributori), che hanno messo a disposizione la loro professionalità per proporre una ricchissima offerta di film inediti e di qualità. In questo contesto è l’autorevolezza della selezione a fare la differenza e non – come avviene con i grandi colossi dello streaming – un algoritmo che profila gli utenti e che, attraverso l’analisi dei dati raccolti, finisce per proporre contenuti sempre più simili, appiattendo notevolmente l’offerta.

Come pensi che questa esperienza si possa sviluppare in futuro, quando gli eventi potranno nuovamente svolgersi regolarmente in presenza?

Generalmente i festival si rivolgono soprattutto agli spettatori del territorio in cui si svolgono. Mediamente solo il 20% degli abbonati alle varie nostre piattaforme dedicate sono sul territorio, mentre il restante 80% proviene dal resto d’Italia. Sulla base di questi dati mi aspetto che, con l’emergenza alle spalle, non solo le sale dei festival torneranno ad essere piene, ma anche che crescerà sempre più l’interesse a vedere i film online da parte di chi è impossibilitato a recarsi in loco. Gli appassionati di cinema di un territorio in cui si organizza un festival non rinunceranno mai all’esperienza della sala. In più, alcuni partner stanno già sperimentando con noi un’offerta sul web continuativa che vada oltre la durata delle singole manifestazioni: il Far East Film Festival ha una sua versione in abbonamento per la visione di una selezione di film asiatici durante tutto l’anno e la stessa cosa la sta facendo la Cineteca di Bologna con i suoi film restaurati. Altre offerte di questo tipo arriveranno e sono assolutamente convinto che in futuro si andrà verso un modello virtuoso di integrazione tra programmazione fisica e sul web.

 

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Fellini: perché non possiamo fare a meno del suo genio https://www.fabriqueducinema.it/magazine/icone/fellini-perche-non-possiamo-fare-a-meno-del-suo-genio/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/icone/fellini-perche-non-possiamo-fare-a-meno-del-suo-genio/#respond Fri, 19 Jun 2020 13:31:05 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=14141 Quattro volte premio Oscar In esclusiva su Fabrique un’anticipazione della bellissima intervista che apre il libro di Aldo Tassone su tutti i film di Fellini, di prossima uscita per la Cineteca di Bologna: l’unico volume che, nel centenario della nascita, esamina uno a uno i 24 film del regista che ha vinto per ben quattro […]

L'articolo Fellini: perché non possiamo fare a meno del suo genio proviene da Fabrique Du Cinéma.

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Quattro volte premio Oscar

In esclusiva su Fabrique un’anticipazione della bellissima intervista che apre il libro di Aldo Tassone su tutti i film di Fellini, di prossima uscita per la Cineteca di Bologna: l’unico volume che, nel centenario della nascita, esamina uno a uno i 24 film del regista che ha vinto per ben quattro volte l’Oscar (per La strada, Le notti di Cabiria, 8 e 1/2, Amarcord).

Tassone-Fellini, un’amicizia lunga quarant’anni

Quello che ha legato per oltre quarant’anni lo storico del cinema Federico Fellini ad Aldo Tassone (direttore di un indimenticato festival del cinema francese a Firenze, France Cinéma, dal 1986 al 2008) è stato un rapporto di grande amicizia e un sodalizio professionale che negli anni ha condotto a numerose conversazioni in cui il Fellini, grande affabulatore, spiegava il suo cinema, non di rado depistando scherzosamente intervistatore e lettori.

[questionIcon]Si dice che Federico Fellini non vada quasi mai al cinema, e non rivedrebbe mai i suoi film.

[answerIcon]Quando un mio film è finito, ne esco come da una malattia. Rivederlo dopo anni mi sembra qualcosa di vagamente indecente, come riesumare appunto dei fatti patologici. Non so distinguere un film da un altro; per me, ho sempre girato lo stesso film. Si tratta di immagini, e solo di immagini, che ho realizzato usando i medesimi materiali, forse sollecitato di volta in volta da punti di vista diversi. Non è la memoria che domina i miei film. I miei film non sono autobiografici, questa è una classificazione sbrigativa: io mi sono quasi tutto inventato, un’infanzia, una personalità, nostalgie, sogni, ricordi, per il piacere di poterli raccontare. Nel senso dell’aneddoto, di autobiografico, nei miei film non c’è nulla. Quel che so è che ho voglia di raccontare. Raccontare mi sembra l’unico gioco che valga la pena di giocare.

[questionIcon]In una sequenza del suo film Roma, rispondendo sul set alla domanda capziosa di un giornalista lei dice: «Ciascuno deve fare solo ciò che gli è più congeniale».

[answerIcon]Mi pare che uno dovrebbe tentare di fare quello che sa fare, cosa ancora più importante, dovrebbe imparare a riconoscere in tempo che cos’è quello che sa fare. Ad esempio, io non saprei mai fare un film politico come li fanno ottimamente i fratelli Taviani, Rosi, Maselli, e quindi non mi ci provo nemmeno. Le idee generali, i sentimenti da barricata, l’abbandono rivoluzionario, possono anche commuovermi per un certo tratto, poi improvvisamente mi svuotano, mi disancorano, non capisco più. Allora mi ritiro, torno sul terreno che mi è più congeniale, quello di rappresentare magari una volta o l’altra anche una rivoluzione, la storia di una rivoluzione. Fallita. Che male c’è a stare a guardare e raccontare quello che si vede? Ma raccontare quello che si vede significa anche fare politica, oggi, dirà qualcuno. Certo, se per politica si intende solo sottolineare un episodio di malcostume politico o sociale, in questo senso io non faccio politica. Ma se per politica si intende la possibilità di vivere insieme, di operare in una società di individui che abbiano rispetto per se stessi e che sanno che la propria libertà finisce là dove comincia la libertà altrui, allora tutti i miei film sono politici in quanto parlano di queste cose; magari denunciandone esclusivamente l’assenza, rappresentando un mondo che ne è privo. Credo che tutti i miei film tentino di smascherare il pregiudizio, la retorica, lo schema, le forme aberranti di un certo tipo di educazione e del mondo che ha prodotto.

Federico Fellini con Marcello Mastroianni
Federico Fellini con Marcello Mastroianni

[questionIcon]Può succedere che un artista metta la stessa carica in un soggetto che non gli piace?

[answerIcon]Sì, certo. C’è solo bisogno di un pretesto per mettere in moto l’energia creativa. Superata la fase adolescenziale o della giovinezza, in cui sembri aver bisogno di tutto, di coincidenze, identificazioni, accensione ideologica, affermazioni autobiografiche, un motivo vale l’altro. Il pretesto più valido tutt’oggi per me è il contratto e l’anticipo. Sarei favorevole a una qualsiasi autorità statale o privata, come nel Quattrocento, quando un papa, un granduca, un viceré, chiamavano un pittore o un poeta e gli commissionavano l’opera, e se l’artista non l’eseguiva non gli davano da mangiare. Andando avanti con gli anni ho scoperto che se prima, per fare un film, il film mi doveva piacere, ora un film mi piace perché lo faccio.

[questionIcon]L’immagine, per lei, è protagonista assoluta. Lavora molto intensamente con l’operatore prima di iniziare a girare?

[answerIcon]Il cinema è immagine. L’immagine è fatta di luce. Quindi nel cinema la luce è tutto. Ideologia, sentimento, tono, colore, profondità, atmosfera, racconto, stile. Con un riflettore e un paio di “bandiere” il volto più opaco e inespressivo può diventare intelligente, misterioso, affascinante. La scenografia più elementare o rozzamente realizzata può con la luce rivelare prospettive insospettate e dare al racconto un’atmosfera sospesa, inquietante, oppure, spostando appena un cinquemila e accendendone un altro in controluce, ecco che ogni senso di angoscia scompare e tutto diventa sereno, amichevole, confortante. Il film si scrive con la luce, lo stile di un autore si esprime con la luce.

[questionIcon]La scelta degli attori è sicuramente un momento capitale. A proposito del suo cinema si parla troppo poco della sua capacità straordinaria di “dirigere” gli attori.

[answerIcon]Scelgo io anche la faccia dell’ultima comparsa, anche di quelle che stanno in mezzo a una folla e che non si vedranno nemmeno in proiezione. Ma come potrebbe essere diversamente? Eppoi, scusi, domanderebbe a un pittore se c’è qualcun altro oltre a lui che decide i colori di un suo dipinto? Non mi sono mai deciso alla scelta di un attore attratto dalla sua bravura, dalla sua capacità professionale; come non mi ha mai trattenuto dal prendere un non attore la sua inesperienza. Per i miei film vado in cerca di facce espressive, caratterizzate, che interessino, incuriosiscano, divertano subito, appena appaiono, e tendo a sottolineare con il trucco e il costume tutto ciò che può evidenziare la psicologia del tipo. Per scegliere non ho un sistema. La scelta dipende dalla faccia che ho davanti e da quel tanto che posso intuire o fantasticare su chi vedo per la prima volta. Mi capita anche di sbagliare, è ovvio, e di accorgermi alle prime inquadrature di avere sopravvalutato un volto, e che quella espressione che mi aveva colpito era del tutto casuale e ora il tipo non ce l’ha più, forse non l’aveva mai avuta, è proprio diverso… Che fare in questi casi? Be’, preferisco cambiare il personaggio della sceneggiatura piuttosto che obbligare il prescelto a entrare in panni non suoi. Il risultato per me è positivo. Ognuno ha la faccia che gli compete, non può averne un‘altra: e tutte le facce sono sempre giuste, la natura non sbaglia. Una risorsa per me, in questo campo, è osservare l’attore durante i momenti di pausa; a tavola, per esempio, quando cominciano le confidenze, i discorsi sulla politica; quando chiacchierano con i macchinisti. All’attore che deve dire all’amante o al suo torturatore: «È atroce passare un’altra notte come questa!» suggerisco: «Fai come quella volta che hai detto al cameriere: “Mi hai portato il riso scotto!”». Anzi a volte arrivo a far dire all’attore: «Mi hai portato il riso scotto!» anziché dichiarare che un’altra notte come quella è atroce. Al doppiaggio risistemo tutto, e la notte atroce torna al posto del riso scotto.

Federico Fellini sul set de La dolce vita
Federico Fellini sul set de “La dolce vita”

[questionIcon]Per fortuna Federico Fellini non sembra appartenere alla categoria dei “cervelloni armati” e nemmeno a quella degli “improvvisatori”, contrariamente a quanto si è a volta scritto.

[answerIcon]Quella di essere un “improvvisatore sul set” è una favola. Non si improvvisa mentre si gira, a parte qualche suggerimento e avvertimento marginale. La traduzione di una fantasia in termini plastici, corposi, fisici, è un’operazione delicata. Ora, il fascino maggiore di queste fantasie sta proprio nella loro non definizione. Definendole si perde inevitabilmente la dimensione sognata, lo smalto del mistero. Poi, quando giri, tutt’intorno c’è il pullulare di vita della troupe; e ci sei tu con le tue sollecitazioni private di simpatia o antipatia, e la noia, il fastidio, la stanchezza. Tutto ciò, se indubbiamente rappresenta un depauperamento, è a volte anche un arricchimento: in questa nuova vita nasce qualcosa di definito, di concreto, di permanente, qualcosa che è il film cosi come sarà visto anche dagli altri. Dal film che avevi in testa ne nasce un altro che è solo simile al primo, ma non è più quello. Per questa ragione non vorrei mai andare in proiezione a vedere ciò che ho girato. Perché a me sembra che, quando vai a vedere giorno dopo giorno il materiale girato, vedi un altro film, vedi cioè il film che stai facendo e che comunque non sarà mai identico a quello che volevi fare. E il film che volevi fare, avendo questo continuo termine di paragone nel film che stai realmente facendo, rischia di mutarsi, si affievolisce, può sparire. Questa cancellazione del film che volevi fare deve avvenire, sì, ma soltanto alla fine delle riprese, quando in proiezione accetterai il film che hai fatto e che è l’unico possibile; l’altro, quello che volevi fare, avrà avuto così soltanto una sua determinante funzione di stimolo, di suggerimento, e ora dinanzi alla realtà fotografata non lo ricordi nemmeno più, si è come scolorito, sta scomparendo. Perciò ritengo che sia assolutamente inutile e stupido parlare di un film prima di farlo, e anche parlarne dopo. Non se ne dovrebbe parlare mai: non c’è proprio niente da dire.

Leggi l’intervista completa sul numero 28 di “Fabrique du Cinema”

 

 

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