Chicco Agnese Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 20 Oct 2017 12:47:36 +0000 it-IT hourly 1 Che tempo che… farà? https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/che-tempo-che-fara/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/che-tempo-che-fara/#respond Fri, 20 Oct 2017 12:47:36 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9492 Che tempo che fa, il programma condotto da Fabio Fazio, trasferito da RAI 3 a RAI 1 in questa stagione televisiva, è da mesi oggetto di polemiche e anche di scontro politico, con riferimento ai costi, ai compensi, agli aspetti produttivi e alla stessa validità editoriale di questa importante novità del palinsesto di RAI 1. […]

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Che tempo che fa, il programma condotto da Fabio Fazio, trasferito da RAI 3 a RAI 1 in questa stagione televisiva, è da mesi oggetto di polemiche e anche di scontro politico, con riferimento ai costi, ai compensi, agli aspetti produttivi e alla stessa validità editoriale di questa importante novità del palinsesto di RAI 1.

I toni sono stati particolarmente accesi, a volte eccessivi, come spesso succede quando le polemiche riguardano personaggi famosi che non solo dividono il pubblico in sostenitori e detrattori, ma che offrono spunti per attacchi mediatici sul piano politico-ideologico e valutazioni di “tipo etico-sociale”, che poi trovano nel web il terreno adatto per infiammare gli animi.

l’acquario di Che tempo che fa

Il programma ha debuttato su RAI 1 il 24 settembre scorso con un esito brillante, oltre 5 milioni di telespettatori e 21% di share, poi l’ascolto è leggermente calato nelle settimane successive, e nella quarta puntata, quella del 15 ottobre, ha registrato uno share del 14,9%, pari a 3.762 mila telespettatori. Un risultato che, nonostante l’evidente attenuante dovuta al boom di ascolti su Sky del derby Inter-Milan, e all’impostazione “di servizio” della puntata, ha rivitalizzato il fronte dei detrattori.

Fin dall’inizio della programmazione, del resto, lo scontro si era inevitabilmente concentrato sul terreno dei risultati Auditel, considerati, da entrambi gli schieramenti, la controprova finale del valore del programma e della correttezza dei suoi costi. Un giudizio correlato sia alle aspettative di ascolto dichiarate, sia al confronto diretto con la fiction di Canale 5, L’isola di Pietro, dove la presenza di Gianni Morandi, come protagonista, in qualche modo lasciava trasparire anche una sfida in termini di popolarità.

In un articolo del Corriere della sera di domenica 15 ottobre, quindi precedente alla serata in questione, intitolato Tre chiavi di lettura per interpretare gli ascolti di “Che tempo che fa”, veniva osservato che nei confronti del programma di Fazio «i dati sono stati più “usati” che “interpretati”» e che una valutazione “senza pregiudizi” indicava che la media, allora pari al 19% (sceso al 18,6% dopo la quarta puntata), era superiore alla media della domenica di RAI 1 nel corso dell’anno (16,8%), e che quindi «Fazio ha portato un paio di punti alla serata» e che «I conti si fanno a fine stagione, ma per ora Che tempo che fa rispetta quanto meno le aspettative». In effetti, salvo sorprese eclatanti, è corretto attendere la fine dell’intera stagione per  formulare un giudizio definitivo e statisticamente significativo, considerando che le variabili che possono influenzare i risultati d’ascolto delle singole domeniche sono molteplici: la stessa programmazione di Mediaset è una variabile decisiva. Che succederà, per esempio, dopo le sei puntate della fiction con Morandi?

l'isola di pietro competitor di che tempo che fa

Evitando quindi giudizi affrettati sui numeri, è comunque legittimo proporre alcune osservazioni più generali sulle strategie editoriali. Poiché questa scelta di palinsesto incide direttamente sull’assetto di due reti RAI, e anche sulle strategie di programmazione della fiction RAI, che, peraltro, oggi vede in campo non solo RAI 1 ma anche RAI 2, occorrerà riflettere sugli equilibri complessivi del nuovo assetto di programmazione. Per quanto riguarda RAI 3, per esempio, ci si domanda quali saranno le ricadute in termini di ascolto e di visibilità di quest’operazione che non ha avuto il tempo per essere “ammortizzata”. Va rilevato che oggi, in uno scenario caratterizzato da un’offerta sempre più frammentata, l’incidenza del brand di un programma e di un conduttore assume un peso strategico crescente sulla visibilità e sul valore attrattivo di una rete (si pensi all’impatto di X factor su TV8 e di Crozza sulla NOVE). Nel caso di RAI 3, la storia del programma indica che la sua incidenza sulla crescita della rete è andata al di là del solo valore del brand.

Che tempo che fa debutta su RAI 3 nel settembre del 2003, come programma dell’access prime-time (dalle 20.00 alle 21.15) del weekend (sabato e domenica con una breve anteprima di lancio il venerdì), cioè come “programma-traino” della prima serata. In effetti, a quell’epoca la rete, dopo aver risolto il problema dell’access nei giorni feriali con la soap Un posto al sole, soffriva, nelle serate del fine settimana, la mancanza di una soluzione editoriale sufficientemente competitiva. Il ritorno di Fabio Fazio alla RAI, dopo l’esperienza a La7, offrì alla rete l’opportunità di avvalersi di un importante conduttore per sperimentare, in quello spazio, un nuovo e ambizioso progetto editoriale.

Inizialmente, con un titolo ispirato al Che tempo fa di Bernacca, prendendo spunto dall’abitudine, molto british, di “attaccare bottone” parlando del tempo, il programma dava spazio alle informazioni metereologiche italiane e internazionali, collegandosi con personaggi noti e con corrispondenti, per poi allargare il discorso a temi, fatti ed eventi di attualità. In seguito, il programma abbandonerà progressivamente la meteorologia per trasformarsi in un vero e proprio talk show di costume che, grazie anche all’ingresso della Littizzetto nel 2005, e ai prestigiosi ospiti intervistati da Fazio sul modello dei “late show” americani, diventerà un programma-cult, un brand di successo, che identifica fortemente la terza rete.

La forza del brand e la conseguente intensa fidelizzazione del pubblico, unite alla sua strategica collocazione di palinsesto hanno offerto alla rete un’ulteriore opportunità editoriale: la possibilità di sperimentare una programmazione modulare, abbinando Che tempo che fa a quei programmi informativo-divulgativo di prima serata, che avevano target omogenei e durate contenute. E così sono nate le accoppiate vincenti con Ulisse di Alberto Angela, il sabato, e con Report di Milena Gabanelli, la domenica.

Il progetto editoriale si è poi implementato allungando la durata di Che tempo che fa fino alle 21.30, anche nella prospettiva di valorizzare quest’asset strategico per un eventuale traino di nuove produzioni sperimentali.

Va detto che negli ultimi anni questa programmazione modulare è stata abbandonata a seguito dell’allungamento della durata di Che tempo che fa fino a coprire l’intero prime-time. Una scelta discutibile in termini di strategie aziendali (anche per via degli effetti penalizzanti sugli ascolti delle fiction di RAI 1), ma che, comunque, aveva mantenuto alte le performance della fascia prime-time di RAI 3 con share superiori al 10%.

che tempo che fa

Con il passaggio di Fazio a RAI 1, in questo inizio di stagione 2017, gli ascolti della domenica della fascia prime-time di RAI 3 sono calati al 4,4% di share e il palinsesto appare vincolato alla programmazione di film. Anche la somma degli ascolti di RAI 1 e RAI 3, della stessa fascia, è calata di qualche punto rispetto a quella degli autunni passati: dal 26,6% del 2015, al 23% della stagione autunnale in corso. Per ora ad avvantaggiarsi sembra essere Canale 5, che incrementa il suo share di oltre 2 punti. Ma al di là degli aspetti numerici, sul piano strettamente editoriale occorre notare che il nuovo palinsesto domenicale di RAI 1 offre a Canale 5 un’invitante “zona franca” per collocare la propria fiction di produzione, dopo che, negli ultimi anni, la netta supremazia dei titoli di RAI 1e la discesa in campo di RAI 2, con una propria offerta di fiction, avevano notevolmente ridotto gli spazi di manovra di Mediaset, creandole serie difficoltà di programmazione.

Si tratta di vedere se Mediaset saprà sfruttare quest’opportunità con fiction competitive, in grado perlomeno di eguagliare gli attuali risultati de L’isola di Pietro.

Quella della domenica è stata storicamente una collocazione canonica per le miniserie e per la fiction seriale di RAI 1, che ha registrato in passato ascolti record, anche con produzioni sperimentali: si pensi alla prima serie di Braccialetti rossi che nel 2014 superò i 7 milioni di spettatori con il 26 % di share.

Fino a quando Che tempo che fa, su RAI 3, aveva avuto come orario di chiusura le 21.30, si era creata con RAI 1 un’efficace sinergia, una sorta di staffetta, che vedeva un consistente flusso di pubblico migrare, alla chiusura di Fazio, verso la fiction della rete ammiraglia. Inoltre la forte complementarità dell’offerta delle tre reti RAI (fiction, telefilm, talkshow), rendeva pressoché inattaccabile la sua programmazione domenicale di prima serata, costringendo spesso Mediaset a soluzioni rinunciatarie.

L’indubbia esigenza della rete ammiraglia di diversificare la propria offerta con generi televisivi diversi dalla fiction e dall’intrattenimento, ha trovato una risposta immediata e potenzialmente efficace nell’acquisizione di un programma e di un conduttore di successo, già ampiamente “sperimentati” su un’altra rete, si tratta ora di vedere quali saranno, nel lungo periodo, gli effetti di questa scelta, dalla quale ritengo sia difficile tornare indietro, sull’insieme e sugli equilibri delle componenti editoriali coinvolte.

 

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La grande fuga dai talk show https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/la-grande-fuga-dai-talk-show/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/la-grande-fuga-dai-talk-show/#respond Fri, 26 May 2017 07:19:41 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8629 Negli ultimi anni abbiamo assistito, nelle reti generaliste, a una massiccia crescita dei talk show politici, distribuiti a macchia di leopardo in tutte le fasce orarie, un fenomeno che è stato definito dai massmediologi l’anomalia italiana, in relazione alla tipologia dei programmi, alla durata e al flusso eccessivo di politica che invade i palinsesti, rispetto […]

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Negli ultimi anni abbiamo assistito, nelle reti generaliste, a una massiccia crescita dei talk show politici, distribuiti a macchia di leopardo in tutte le fasce orarie, un fenomeno che è stato definito dai massmediologi l’anomalia italiana, in relazione alla tipologia dei programmi, alla durata e al flusso eccessivo di politica che invade i palinsesti, rispetto a quanto avviene negli altri paesi.

Anche nella fascia prime-time dei palinsesti generalisti sono oggi presenti numerosi talk show politici (da distinguere dai programmi d’inchiesta come Report), che dopo un periodo di programmazione disordinata hanno trovato, nelle ultime stagioni, un graduale assestamento delle collocazioni, evitando sovrapposizioni che potrebbero compromettere ulteriormente i già esigui e calanti ascolti auditel e cercando di ritagliarsi una propria nicchia di pubblico.

corrado formigli conduce piazza pulitaScorrendo i palinsesti settimanali troviamo il Lunedì Quinta colonna con Paolo del Debbio su Retequattro, il Mercoledì La gabbia open con Gianluigi Paragone su La7, il Giovedì Piazzapulita con Corrado Formigli su La7.

La sola sovrapposizione ancora presente è quella del martedì tra #cartabianca condotto da Bianca Berlinguer su RAI3 e Dimartedì con Giovanni Floris su La7.  In questo caso a spiegare lo scontro diretto intervengono motivazioni legate inizialmente alla difesa del brand televisivo e poi all’orgoglio aziendale. Dopo l’addio di Floris, per RAI3 si trattava, infatti, di confermare la continuità del “marchio di fabbrica” Ballarò e della sua collocazione storica nella serata del martedì, a prescindere dal conduttore.  Per La7 e per Floris si trattava, invece, di dimostrare che, a prescindere dal brand, il martedì era ormai uno spazio informativo di Floris, che aveva occupato come conduttore fin dal 2002.

Una volta “rottamato”, nel luglio 2016, fra mille polemiche, il Ballarò condotto dal giornalista di Repubblica Massimo Giannini, e dopo il fallimento di Politics, condotto da Gianluca Semprini (giornalista proveniente da SkyTg24), “l’orgoglio RAI” ha affidato a un’apprezzata giornalista interna, Bianca Berlinguer, il compito di contrastare il format di Floris.

In realtà, dopo quasi tre anni dall’addio di Floris, e dopo le tante polemiche che hanno accompagnato questo lungo duello e vivacizzato il dibattito sul ruolo dei talk-show politici, volendo fare un bilancio, mi sembra di poter dire che sul piano editoriale non ci sono stati vincitori ma solo perdenti, sia sul piano qualitativo sia su quello quantitativo.

gianluigi paragone conduce la gabbia openNonostante le promesse di rinnovamento non è emersa alcuna significativa evoluzione nelle formule televisive proposte e nel complesso si è assistito a un progressivo calo di spettatori. Se si confrontano i dati del periodo marzo-aprile 2017 con quelli del 2016, la somma degli ascolti dei due talk show è sensibilmente calata: Dimartedi (con una media inferiore al 5%) ha perso un punto e mezzo di share e #cartabianca (con una media intorno al 4%) ha perso 2 punti rispetto al Ballarò del 2016, condotto da Giannini. Siamo lontani dagli ascolti dello storico Ballarò (13% di media con puntate che, nei periodi caldi, superavano il 15%) e a questo punto, scomparso anche il marchio originale, questo confronto diretto appare senza grandi prospettive per entrambi i competitor.

Occorre ricordare che il brand BallaròFloris (2002-2014), è stato il risultato di un forte e costante impegno produttivo e ideativo di RAI3, inserito in una struttura di palinsesto equilibrata, coerente e fortemente consolidata, che poteva contare sul pubblico molto fidelizzato della rete (in tempi in cui la transizione alla TV digitale e la conseguente dispersione del pubblico erano ancora allo statu nascenti). Dunque un successo, ormai irripetibile, costruito nel tempo e in altri tempi, e determinato da una molteplicità di fattori, fra i quali anche le indubbie qualità del conduttore.

bianca berlinguer conduce cartabiancaGli andamenti dei due talk del martedì si collocano, peraltro, in uno scenario caratterizzato da un calo generalizzato degli ascolti medi di tutti i talk di prima serata. Rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (marzo-aprile) La gabbia open scende al 2,6% di media; Piazzapulita scende al 3,8%, tiene Quintacolonna con il 4,9% di media. Un calo che procede parallelamente a un invecchiamento del pubblico di tutti i programmi considerati, che oscilla dai 2 ai 3 punti percentuali (con età medie che variano dai 61 ai 64 anni).

Gli ascolti medi assoluti, che nel migliore dei casi raggiungono il milione di telespettatori, risentono delle lunghe durate dei programmi (intorno alle 3 ore), che chiudono dopo la mezzanotte e costringono il pubblico a faticose maratone e a un crescente abbandono della visione nel corso della serata. Il tutto per aumentare lo share, ormai utilizzato, spesso in modo improprio, come principale indicatore per decretare “vincitori e vinti”.

Calo di ascolti, invecchiamento del pubblico, bassa permanenza*, basso tasso d’innovazione dei format e dei linguaggi, sono indicatori negativi dello stato di salute di un’offerta considerata ridondante, cui si rimprovera di esser condizionata da un esasperato inseguimento degli ascolti, che spinge ad alzare i toni, a spettacolarizzare, a trasformare gli studi in tante piccole arene, con applausometri annessi, a privilegiare la logica dell’urlo e dell’insulto.  Una logica, però, che alla lunga non sembra ripagare.

* permanenza: è un indicatore della “fedeltà” di visione. Cioè il rapporto tra il numero di minuti visti mediamente dagli ascoltatori di un certo programma e la durata dello stesso. (Glossario Auditel)

 

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Fiction di stagione: Un bilancio https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/fiction-stagione-un-bilancio/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/fiction-stagione-un-bilancio/#respond Wed, 03 May 2017 07:44:13 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8112 La stagione primaverile si avvia stancamente verso la fase finale, mancano poche settimane all’avvio della programmazione estiva e alla definizione dell’offerta autunnale, che sarà presentata nel mese di giugno, e già si possono fare i primi bilanci. Protagonista di questa stagione è stata ancora una volta l’offerta di fiction con l’indiscussa affermazione di quella targata […]

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La stagione primaverile si avvia stancamente verso la fase finale, mancano poche settimane all’avvio della programmazione estiva e alla definizione dell’offerta autunnale, che sarà presentata nel mese di giugno, e già si possono fare i primi bilanci.

Protagonista di questa stagione è stata ancora una volta l’offerta di fiction con l’indiscussa affermazione di quella targata RAI, a fronte di una débâcle delle serie proposte da Mediaset. Trascinati dagli ascolti record del Commissario Montalbano, che con il suo 40% di share è stato l’evento della stagione, i titoli della RAI hanno spesso realizzato ascolti ai livelli dell’era pre-digitale: da Un passo dal cielo 4 (25% di share, quasi sei milioni di ascoltatori nell’ultima puntata) ai recenti Di padre in figlia (27% di share, oltre 6,5 milioni di telespettatori) e Sorelle (che ha chiuso con il 27% e oltre 6 milioni di telespettatori).

Al contrario Mediaset, nel 2017, ha inanellato una serie d’insuccessi, da Il bello delle donne ad Amore pensaci tu, solo parzialmente riscattati da L’onore e il rispetto 5 (che ha registrato il 15% di share) e ha fatto abbondante ricorso ai prodotti d’acquisto: dalle soap d’importazione come Il segreto, sia nel prime time sia nel day time, ai film.

In questo senso la crescente supremazia della RAI, se da una parte rappresenta un suo punto di forza editoriale, dall’altra rischia di trasformarsi in un punto di debolezza per la nostra fragile industria audiovisiva, che già negli ultimi anni ha registrato un crescente calo di produzione sia per numero di ore sia per quantità di titoli.

I valori dell’auditel, infatti, riflettono anche il diverso impegno finanziario e produttivo dei vari operatori del sistema televisivo italiano. Un’offerta squilibrata, in cui, secondo l’Osservatorio sulla fiction italiana (Ottobre 2016), il 76% della produzione «poggia sulle politiche produttive e editoriali della sola televisione pubblica», dove la fiction rimane un pilastro della programmazione: su RAI1 copre mediamente almeno quattro prime-serate su sette, concentrando circa la metà dell’intera offerta di fiction italiana, e dove nella stagione in corso ha rilanciato gli appuntamenti con la fiction anche su RAI2, con ottimi risultati (Rocco Schiavone, La porta rossa, Ispettore Coliandro), sia di ascolto sia per tasso d’innovazione.

Considerando che la produzione italiana di Sky è ancora giovane e limitata, anche se innovativa e prestigiosa (Romanzo criminale, Gomorra, The young pope), il rischio che si profila è che gli insuccessi di Mediaset possano disincentivarne la produzione e comportare una minor presenza di fiction italiana nei suoi palinsesti futuri e quindi un’ulteriore riduzione degli investimenti in un mercato già debole, «concentrato in una trentina di società che fatturano circa 470 milioni di euro».

Le ragioni di questa “sfida ineguale” vanno sicuramente ritrovate in una maggiore dinamicità (anche sul piano dell’apertura al mercato dei produttori) e sistematicità della produzione RAI, che ha saputo coniugare titoli “stagionati” (molto fidelizzati) con nuove produzioni e serie innovative. Ha puntato molto sull’identità (biografie, storia nazionale) e molto sul filone crime sia nella variante “solare” (Montalbano, Don Matteo), sia in quella meno convenzionale e più “ombrosa”, ma sempre giocata sulla forte caratterizzazione dei protagonisti: eroi/antieroi accattivanti e capaci di conquistare e fidelizzare il pubblico di riferimento (in quest’ottica è in arrivo, nei prossimi giorni, Maltese-il romanzo del commissario con Kim Rossi Stuart, una produzione Palomar, che racconta le gesta di un altro eroe solitario che si muove nella Trapani della seconda metà degli anni Settanta).

Si aggiunga che il pubblico della RAI è certamente per età, caratteristiche socio-culturali e abitudini di consumo mediatico, più vicino a questo genere televisivo, specie nella sua accezione più tradizionale e generalista, rispetto al pubblico del gruppo Mediaset, più esposto ai cambiamenti e alla concorrenza indotti dal nuovo scenario digitale. Diventa, dunque, necessario che Mediaset ritrovi una nuova identità narrativa, com’era avvenuto in passato con i successi de I Cesaroni, Elisa di Rivombrosa, Distretto di polizia ecc., ripensando il prodotto, sperimentando, ma anche interagendo più attivamente con il mondo della produzione indipendente e con quello autoriale e le sue creatività multimediali emergenti.

E difatti a Mediaset qualcosa si muove: alcune grandi serie come Squadra antimafia e L’onore e il rispetto saranno abbandonate, mentre si annunciano nuovi titoli. Una serie dedicata a Franca Sozzani, direttrice di Vogue Italia, per raccontare il made in Italy della moda e dei suoi talentuosi stilisti che ci hanno resi famosi nel mondo; Liberi sognatori, quattro film dedicati a eroi italiani che hanno sacrificato la vita per combattere la mafia; La valanga, che intende ricostruire il dramma dell’hotel di Rigopiano.

Un cambio di passo che punta sulla nostra storia, sui talenti e gli eroi del nostro paese e che tende a rafforzare la valenza sociale della fiction, una progettualità che per tematiche e intenti sembra però collocarsi più vicino al modello RAI che non a quelli più dinamici e innovativi della cosiddetta “televisione convergente”.

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Garko a “Pianeta Terra”, rispondete! https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/garko-a-pianeta-terra-rispondete/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/garko-a-pianeta-terra-rispondete/#respond Tue, 04 Apr 2017 09:13:27 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4443 Ci siamo presi una breve pausa per lasciare ampio spazio alla festa di Fabrique, sperando che nel frattempo la TV ci offrisse qualche importante novità su cui imbastire le nostre riflessioni. In realtà sfogliando la programmazione dell’ultima settimana, l’offerta televisiva offre pochi spunti di particolare interesse. Sul fronte della fiction ritroviamo le repliche di RAI1 […]

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Ci siamo presi una breve pausa per lasciare ampio spazio alla festa di Fabrique, sperando che nel frattempo la TV ci offrisse qualche importante novità su cui imbastire le nostre riflessioni. In realtà sfogliando la programmazione dell’ultima settimana, l’offerta televisiva offre pochi spunti di particolare interesse.

Sul fronte della fiction ritroviamo le repliche di RAI1 sia la domenica (Che Dio ci aiuti con il 10,5% di share, il 2 aprile), sia il lunedì (Montalbano sempre seguitissimo con il 32,14% di share, il 27 marzo), affiancate dal nuovo successo di Cinzia TH Torrini, Sorelle, che anche giovedì 30 marzo ha raccolto oltre 6milioni di spettatori, con il 27,46% di share. Sul fronte Mediaset, il tanto atteso debutto della “serie di punta di questa stagione” L’onore e il rispetto 5 –Ultimo capitolo (venerdì 31 marzo) con Gabriel Garko, non ha dato risultati esaltanti.

L’ultimo capitolo di questa saga, iniziata nel 2006 e giunta ormai alla sua quinta edizione, ha realizzato un modesto 15,10%, pari a 3,6 milioni di telespettatori, non tanto per effetto della contro-programmazione di RAI1 (il film La corrispondenza si è fermato al 14,86% di share), quanto per via di una serata caratterizzata da una forte parcellizzazione del pubblico nell’ambito di un’offerta molto articolata e diversificata.

A infastidire la fiction di Canale5 ha sicuramente contribuito il debutto in chiaro, su RAI3 (e Raitre HD), della serie Gomorra 2 che con uno share del 6%, pari a 1,4 milioni di telespettatori ha soddisfatto le aspettative di ascolto (risultati confermati nella seconda puntata in onda sabato 1 aprile). Va precisato che il capitolo 2 della serie ispirata all’omonimo libro di Roberto Saviano arriva in chiaro a meno di un anno dalla messa in onda su Sky, e mentre è in arrivo la terza serie, prevista a breve su Sky Atlantic.

Dunque una serata complicata per Garko, che oltre a Gomorra ha trovato sulla sua strada altri numerosi “piccoli” competitor, tra cui RAI2, che dopo vent’anni ha riproposto Furore (8,12% di share), l’intrattenimento musicale condotto da Alessandro Greco. Un’operazione nostalgia che conferma la tendenza a rispolverare i successi del passato, anziché avventurarsi in percorsi più innovativi ma più rischiosi.  Altri significativi frammenti di audience si sono rivolti alle nuove emittenti TV8 con Italia’s got talent (6%) e la NOVE con Fratelli di Crozza (4,5%).

Tralasciando di commentare l‘ennesima sfida del sabato sera tra gli “Amici di Maria (sedicesima edizione) e i ballerini di Milly” (dodicesima edizione), la cronaca della settimana televisiva ha offerto un’importante novità per gli amanti del documentario. Giovedì 23 marzo Rete4 ha programmato in prima serata un documentario naturalistico di elevata qualità: Planet Earth 2, prodotto dalla BBC.

Un viaggio in 40 paesi diversi, che ha richiesto 2089 giorni di riprese, presentato e narrato, nella versione originale, dal famoso divulgatore e naturalista britannico David Attenborough, con le musiche originali composte dal premio Oscar Hans Zimmer. La serie televisiva è il sequel di Planet Earth trasmesso dalla BBC nel 2006 ed è stato prodotto con tecnologie avanzatissime in Ultra-High-definition (4K), e con l’uso di droni aerei. La prima puntata ha totalizzato il 5,5% di share con 1,3 milioni di telespettatori, con un leggero calo nella seconda puntata del 30 marzo.

Nel complesso un buon risultato per Rete4 e soprattutto una scelta apprezzata dal pubblico più giovane e dinamico, come spiega il «Corriere della Sera» nel suo articolo (26 marzo) Se un bel documentario riesce a cambiare l’identità di un network.

Ci si chiede però come mai acquisti di tale livello siano fatti da una rete commerciale e non dal servizio pubblico. Una domanda che ci riporta a una questione irrisolta: come mai il genere documentario (nelle sue molteplici accezioni), pur essendo ricco di potenzialità, non riesce a trovare spazi adeguati e una continuità di programmazione nelle prime serate delle reti generaliste del servizio pubblico (se non in modo sporadico, legato a eventi come nel caso di Sacro Gra e Fuocommare di Gianfranco Rosi)? In realtà negli anni passati Rai3, con la collaborazione di RAI-Cinema, aveva avviato un piano di acquisti di documentari di livello internazionale, destinati a una programmazione di prima serata (da Il popolo migratore, capolavoro di Jacques Perrin, a Bowling a Columbine di Michael Moore, da In viaggio con Che Guevara di Gianni Minà, vincitore di cinque festival internazionali, a Katrina di Spike Lee, ai documentari di Oliver Stone). Ma poi l’iniziativa è sfumata nel nulla.

In effetti, la valorizzazione del documentario, con appuntamenti di prima serata in grado di sensibilizzare un vasto pubblico, richiede un lavoro di selezione e di acquisizione molto impegnativo che può essere sviluppato solo da una struttura organizzativa dedicata, con professionisti in grado di costruire da una parte una rete di contatti internazionali con registi, produttori, distributori, festival e dall’altra di implementare linee editoriali diversificate per tipologie di prodotto, per reti, per fasce orarie ecc., dando vita anche a co-produzioni con partner internazionali.

In mancanza di tali strutture, che richiedono investimenti a lungo termine in denaro e in risorse umane, per ora non ci resta che ringraziare Rete4 e invitare il pubblico a seguire le prossime puntate, ricordando che nel Regno Unito il primo episodio di Planet Earth II è stato seguito da 12,26 milioni di spettatori, con il 41% di share, dimostrandosi il documentario di storia naturale più visto negli ultimi 15 anni.

 

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La danza immobile https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/la-danza-immobile/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/la-danza-immobile/#respond Fri, 17 Mar 2017 16:48:17 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4355 In queste settimane abbiamo assistito a una serie di movimenti tattici di palinsesto da parte delle reti ammiraglie, con cambiamenti improvvisi di programmazione intesi a rafforzare gli ascolti dei propri programmi. Canale5 ha invertito la programmazione de Il segreto (da domenica al venerdì) con quella di Amore pensaci tu (da venerdì a domenica), RAI1 ha […]

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In queste settimane abbiamo assistito a una serie di movimenti tattici di palinsesto da parte delle reti ammiraglie, con cambiamenti improvvisi di programmazione intesi a rafforzare gli ascolti dei propri programmi.

Canale5 ha invertito la programmazione de Il segreto (da domenica al venerdì) con quella di Amore pensaci tu (da venerdì a domenica), RAI1 ha lanciato la nuova fiction di Cinzia TH Torrini Sorelle al giovedì, anziché alla domenica, spostando A un passo dal cielo al martedì e ha riproposto le repliche di Che Dio ci aiuti alla domenica. RAI2 ha tolto la Porta rossa dal venerdì per non far concorrenza a Standing ovation, e così via.

Una danza di titoli che sembra movimentare i palinsesti, ma che in realtà ci riporta a logiche concorrenziali di altri tempi, quando le reti ammiraglie si contendevano il primato serata per serata con ascolti che, però, allora complessivamente superavano ampiamente il 50%.

I tatticismi di palinsesto, per posizionare i programmi, per “creare appuntamento” e fidelizzare il pubblico, rispondevano a logiche editoriali precise, finalizzate a consolidare non solo il primato del gruppo, ma soprattutto quello delle reti ammiraglie che, principali portatrici di pubblicità, dominavano il sistema televisivo generalista. Erano tempi in cui l’offerta televisiva limitata rendeva la costruzione dei palinsesti e il meccanismo antinomico di programmazione e contro-programmazione un fattore importante del successo.

Oggi, in un sistema digitale multicanale, in una dimensione di piena convergenza, in cui il pubblico strutturale delle TV generaliste non supera il 40% dell’audience, dove cresce la popolazione convergente che si muove con tranquillità da una rete all’altra, da un mezzo all’altro e dà sempre meno importanza agli appuntamenti fissi, ci si chiede se abbia ancora senso questo tatticismo esasperato delle reti leader, che spesso non solo non dà risultati, ma finisce per infastidire il pubblico.

Prendiamo ad esempio i cambiamenti citati. Venerdì 10 marzo Standing ovation, nonostante l’assenza della Porta rossa è calato al 14% di share, mentre il Segreto di Canale5 ha registrato il 12,4%: il totale delle due reti ammiraglie ha raggiunto solo il 26,6%. Domenica 12 marzo la replica di Che Dio ci aiuti 3 ha realizzato il 13% e Amore pensaci tu l’8%: totale delle due reti 21%. Giovedì 9 marzo la nuova fiction di RAI1 Sorelle si è imposta con un buon 23,5% di share mentre il film di Canale5 Philomena si è fermato all’8,25%: totale delle due reti 31%.

Dunque nessun evidente vantaggio per i programmi a seguito dei cambiamenti operati, ma solo la conferma che siamo in presenza di un processo di dispersione del pubblico che rende sempre meno efficaci i meccanismi di fidelizzazione alle reti. Anche le forti oscillazioni dell’audience del prime-time delle due principali reti generaliste (si passa dal 15% di una serata al 30% di quella successiva) indicano che si è persa quella stabilità degli ascolti che è stata in passato un importante indicatore della fedeltà alle reti.

In un sistema che offre molteplici opzioni, il concetto di gradimento finisce con il prevalere su quello di fedeltà, non si sceglie passivamente la rete ma si ricerca il programma più gradito.

In questa logica si collocano anche le performance delle new entry TV8 e NOVE, che hanno ottenuto risultati di ascolto significativi con programmi caratterizzati da un forte brand: Italia’s got talent (TV8) e Fratelli Crozza (NOVE), che hanno compensato la debole notorietà delle reti.

In questo scenario si ha pertanto la sensazione che quest’affannosa competizione quotidiana, che questo gioco dell’audience, con le sue sfide déjà-vu, con i proclami di vittoria alimentati dai media e dai siti internet, diventino per le reti generaliste, e in particolare per le due reti dominanti RAI1e Canale5, un utile alibi, che contribuisce a mascherare un congenito immobilismo progettuale e a ritardare quel profondo rinnovamento dell’offerta che il nuovo scenario televisivo richiederebbe.

 

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A chi giova quella porta (rossa) chiusa? https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/a-chi-giova-quella-porta-rossa-chiusa/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/a-chi-giova-quella-porta-rossa-chiusa/#respond Wed, 08 Mar 2017 12:51:18 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4317 I numerosi fans de “La porta rossa”, la fiction di RAI2 scritta da Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi, si sono sorpresi ed anche irritati nello scoprire che la 4a puntata della serie televisiva, prevista per venerdì 3 marzo, era stata rinviata e sostituita con il film Non stop. La fiction che inizialmente aveva una cadenza […]

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I numerosi fans de La porta rossa”, la fiction di RAI2 scritta da Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi, si sono sorpresi ed anche irritati nello scoprire che la 4a puntata della serie televisiva, prevista per venerdì 3 marzo, era stata rinviata e sostituita con il film Non stop. La fiction che inizialmente aveva una cadenza bisettimanale, il mercoledì e il venerdì, nella nuova programmazione andrà in onda solo il mercoledì.

L’improvviso cambiamento di palinsesto trova una spiegazione nell’esigenza aziendale di evitare il ripetersi di una concorrenza interna con la rete ammiraglia, dopo che, il venerdì precedente, il 24 febbraio, Standing ovation, l’intrattenimento di RAI1condotto da Antonella  Clerici, aveva perso 3 punti (scendendo dal 18 al 15%), a fronte del buon risultato de La porta rossa con il 13,24% di share e 3,3 milioni di spettatori. Di fronte a questi risultati non sono mancate le critiche “del giorno dopo” nei confronti di una scelta definita autolesionista «per via dei profili di pubblico molto simili dei due programmi RAI» (entrambi molto femminili, con prevalenza di pubblico di età tra i 45-64 anni e sopra i 65).

In realtà, fino allora, la vera sfida del venerdì sembrava essere quella tra le due fiction in campo, La porta rossa di RAI2 e Amore pensaci tu di Canale5. Una sfida, peraltro, ampiamente vinta da RAI2, considerato il forte calo degli ascolti di Canale5 passato dal 12,2% di share (2,8 milioni) al 9,7% (2,3milioni).

Il ripensamento della RAI nasce probabilmente da un’iniziale sottovalutazione della fragilità del varietà di RAI1, emersa con evidenza in occasione del confronto diretto con La porta rossa, una serie pensata per RAI1 e poi spostata su RAI2 per via del suo “taglio molto sperimentale”, dai forti toni noir, in cui poliziesco e sovrannaturale s’intrecciano in un solo racconto.

Una decisione questa che indica come la programmazione della fiction su RAI2 rimanga comunque problematica, a causa sia dei pochi spazi di palinsesto disponibili, sia dei rischi di sovrapposizione di pubblico con RAI1, inevitabili se si considera che le reti RAI hanno storicamente target di riferimento simili: il cosiddetto “pubblico fedele RAI”, che ha un profilo molto tradizionale e si muove preferibilmente all’interno dei canali della televisione di Stato. I prodotti di fiction, in particolare, per quanto innovativi, risentono di questa contiguità di pubblici e richiedono tempi lunghi per ritagliarsi e fidelizzare i target più giovani e dinamici.

D’altra parte l’intento di riportare la fiction su RAI2 è un progetto recente, che comporta non solo la ricerca di nuovi stili e linguaggi, ma anche la definizione di un assetto di palinsesto stabile e aziendalmente coerente. Finora, alternandosi sulle due sole giornate disponibili, mercoledì e venerdì, RAI2 è riuscita ad avviare un percorso virtuoso prima con il rilancio del trasgressivo Ispettore Coliandro, poi con il dissacrante Rocco Schiavone e ora con La porta rossa, che con i suoi circa 3,3 milioni di telespettatori e un 13% di share (nelle prime tre puntate), nettamente superiore alle medie di rete, apre nuovi interrogativi: qual è il limite del successo consentito a RAI2 in relazione agli obiettivi di ascolto e pubblicitari della rete ammiraglia? Quale sarebbe stata la resa di questa fiction contesa fra le due reti se programmata su RAI1? E di conseguenza quali sono i criteri di assegnazione fra le diverse reti (tasso di sperimentazione, linguaggio, aspettative di ascolto)?

Tornando al nostro venerdì 3 marzo, l’assenza de La porta rossa, e una RAI2 ridimensionata (7,6% di share), sembra, in effetti, aver ridato un po’ di fiato a RAI1, con Standing ovation risalita al 17% (3,8 milioni).

Ma se guardiamo al futuro, a condizionare e a colorire i prossimi venerdì sarà la presenza di un “piccolo grande outsider”. Mi riferisco ai sorprendenti ascolti del debutto di Fratelli di Crozza, che sempre venerdì 3 marzo, su rete NOVE, canale del gruppo Discovery-Italia (Dmax, Focus e Real Time) ha realizzato un ascolto di 1.471.000 telespettatori pari al 5,5% (a fronte di una media di rete intorno all’1%), facendo percepire la dinamicità della televisione “convergente” (che ciò può essere fruita su più strumenti e piattaforme, PC, tablet, cellulare ecc.), con un “simulcast” su tutte le altre reti del gruppo che ha portato l’ascolto complessivo a oltre due milioni di telespettatori e uno share del 7,7%.

Crozza sembra diventato insomma un “brand televisivo” capace di spostare un pubblico rilevante su un piccolo canale digitale, aprendo nuove prospettive di mercato e anche di programmazione per la cosiddetta “popolazione convergente”.

 

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Montalbano, ancora un risultato record https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/montalbano-ancora-un-risultato-record/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/montalbano-ancora-un-risultato-record/#respond Wed, 01 Mar 2017 17:28:08 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4295 Il Commissario Montalbano torna in TV e fa il pieno di ascolti confermandosi come “il Sanremo della fiction”. Il primo dei due nuovi episodi della storica serie televisiva, dal titolo Un covo di vipere, in onda lunedì 27 febbraio, ha registrato un altro risultato record: 10.673.940 di spettatori hanno seguito la nuova indagine del commissario […]

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Il Commissario Montalbano torna in TV e fa il pieno di ascolti confermandosi come “il Sanremo della fiction”. Il primo dei due nuovi episodi della storica serie televisiva, dal titolo Un covo di vipere, in onda lunedì 27 febbraio, ha registrato un altro risultato record: 10.673.940 di spettatori hanno seguito la nuova indagine del commissario più amato d’Italia, interpretato da Luca Zingaretti, con uno share del 40,8%, con curiose oscillazioni regionali che vanno dal 29% della Val D’Aosta, al 35,6% della Calabria per raggiungere i suoi picchi nel Lazio (49%), in Liguria (50,3%) e ovviamente in Sicilia (56,8%).

Il film, con Sonia Bergamasco, eterna fidanzata del commissario, Alessandro Haber, guest star, e una tematica forte come l’incesto, è il terzo episodio più visto da sempre per ascolti assoluti e il secondo per share, il che è ancora più sorprendente se si considera che gli ascolti delle tv generaliste hanno subito una progressiva erosione nell’era dell’offerta digitale multicanale. Il trio Montalbano, Camilleri, Zingaretti, non sembra per nulla risentire dei processi, in atto, di frammentazione e dispersione dell’audience.

Si tratta, al contrario, di un prodotto che, come il festival di Sanremo, aggrega pubblici diversi e rientra nel novero degli eventi più attesi della stagione televisiva, e ciò anche grazie a un’intelligente politica di dosaggio degli episodi prodotti (da due a non più di quattro per stagione). Dal 1999, quando debuttò con Il ladro di merendine su Raidue – per poi passare nel 2002, visti i risultati di ascolto, su Raiuno – a oggi, sono stati realizzati solo 30 episodi distribuiti in 11 stagioni. Più che una serie TV in senso classico si deve parlare di una preziosa collezione di film TV (durata 100 minuti), che non sembrano invecchiare nel tempo. È questo un aspetto originale di questa fiction che Aldo Grasso definì «un ibrido riuscito di film (girato in qualità a 35 mm come un lungometraggio) e con gli elementi dello storytelling seriale».

Il grande successo riscosso e il concetto di collezione di film TV hanno reso possibile un tipo di programmazione altrettanto originale. A sorprendere, infatti, non sono solo gli ascolti delle prime emissioni, ma anche quelli delle numerose repliche, che da anni vengono proposte al pubblico con accurati accostamenti di vecchi e nuovi episodi. La possibilità di poter comporre e alternare, secondo le esigenze, sequenze diverse di singoli episodi ha consentito a RAI1 di costruire efficaci e competitive operazioni di palinsesto, realizzando, nel contempo, un progressivo e rilevante ammortamento dei costi di produzione. L’elevata “replicabilità” è dunque un importante valore aggiunto di questa collezione, sia in termini economici, sia in termini di strategie editoriali.

La soluzione più classica, come in quest’occasione, è quella di trasmettere gli episodi in prima visione facendoli seguire da una sequenza di 10-11 repliche per coprire, così, un’intera stagione, di solito con ottimi risultati d’ascolto. Non sono mancate, però, in passato, programmazioni di sole repliche (anche di pochi episodi) utilizzate o in senso tattico, per contrastare il debutto di programmi importanti della concorrenza (come in occasione dell’esordio di Squadra antimafia 6 su Canale5 nel settembre 2014) o in un’ottica commerciale con l’offerta di pacchetti speciali come il “Montalbano classic” (10 episodi in replica), proposto agli investitori da RAI Pubblicità nell’estate 2013. Sotto questo profilo “Salvuccio da Vigàta” rappresenta per la RAI uno dei migliori investimenti dell’area fiction.

In questo circolo virtuoso s’innesta anche la produzione, dal 2012, della serie Il giovane Montalbano, interpretato da Michele Riondino, un prequel del Commissario, firmato da Andrea Camilleri e Francesco Bruni e prodotto sempre da Palomar.

Un circolo virtuoso che nasce 18 anni fa da un connubio fortunato tra 3 forti personalità artistiche: lo scrittore Andrea Camilleri, ormai un caso letterario, l’attore Luca Zingaretti che incarna alla perfezione il commissario di Vigàta, il regista Alberto Sironi formatosi alla scuola di arte drammatica del Piccolo Teatro di Milano diretta da Giorgio Strelher.

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Non bastano i papà https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/non-bastano-i-papa/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/non-bastano-i-papa/#respond Thu, 23 Feb 2017 11:35:00 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4252 Dopo l’esordio non certo incoraggiante della serie Il bello delle donne, Canale5 ha proposto, sempre di venerdì (17 febbraio scorso), la nuova serie in 10 puntate Amore pensaci tu, prodotta da Publispei (Un medico in famiglia, I Cesaroni, Tutti pazzi per amore, È arrivata la felicità) e diretta da Francesco Pavolini. La serie, ispirata a […]

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Dopo l’esordio non certo incoraggiante della serie Il bello delle donne, Canale5 ha proposto, sempre di venerdì (17 febbraio scorso), la nuova serie in 10 puntate Amore pensaci tu, prodotta da Publispei (Un medico in famiglia, I Cesaroni, Tutti pazzi per amore, È arrivata la felicità) e diretta da Francesco Pavolini. La serie, ispirata a un format australiano di grande successo House Husbands, racconta le vicissitudini di quattro padri a tempo pieno, che si muovono all’interno di famiglie composte in modo molto diverso fra loro, nelle quali i ruoli tradizionali si sono invertititi ed è il papà a svolgere il ruolo di casalingo e a occuparsi a tempo pieno dei figli e della loro crescita.

Dunque un tema di grande attualità, potenzialmente ricco di spunti per una “dramedy” in versione nazionale, che insieme a un cast di livello (tra cui Emilio Solfrizzi, Martina Stella e Fabio Troiano), aveva creato grandi attese.


Nonostante queste premesse, i risultati di ascolto sono stati decisamente deludenti: una media di soli 2,8 milioni di telespettatori e uno share del 12,20% hanno indotto alcuni critici a ipotizzare che la collocazione del venerdì non sia stata una scelta azzeccata per la fiction di Canale5, anche per la presenza del nuovo programma di intrattenimento di RAI1 Standing Ovation, condotto da Antonella Clerici.

In realtà, analizzando i target, il tema della collocazione di palinsesto appare secondario: la fiction, se da un lato è stata seguita in gran parte da un pubblico femminile (14,6%) giovane, con una netta prevalenza nelle fasce di età comprese dai 15 ai 54 anni (che variano dal 19 al 22%), dall’altra ha registrato una vistosa assenza di pubblico maschile (9%) e una forte regionalizzazione. La sua penetrazione nelle regioni del nord (8-9%) e del centro-nord (7%) è, infatti, molto debole, a fronte di una maggior concentrazione in quelle del centro-sud (17%) e del sud (18%). Dunque la fiction di Canale5 va a pescare il suo pubblico proprio in quell’area geografica che storicamente premia la RAI e dove inevitabilmente lo scarto a favore di RAI1 diventa più significativo (Standing ovation in quelle aree registra share che vanno dal 20% fino al 26%, contro il 18% di Amore pensaci tu).

Tale squilibrio della fiction in termini di target è determinato da una debolezza di linguaggio e struttura narrativa, e più in generale dall’assenza di una strategia editoriale attenta all’evoluzione e alla frammentazione del pubblico indotte dai nuovi scenari dell’offerta digitale.

Quanto alla collocazione del venerdì, è evidente che al momento non ci sono molte alternative possibili. Dal momento che RAI1 presidia quattro giorni della settimana (domenica, lunedì, martedì, giovedì) con prodotti di fiction consolidati (è in arrivo anche Montalbano) e miniserie di forte impatto (Studiouno, I fantasmi di Portopalo), Canale5 per evitare un pericoloso scontro diretto non può che tentare di crearsi uno spazio il mercoledì e il venerdì, come di fatto sta avvenendo, per ora senza successo, con le due fiction attualmente in onda. Sono queste, peraltro, le serate nelle quali è entrata in scena anche la nuova serie di RAI2 La porta rossa, che potrebbe ulteriormente appesantire le prospettive della fiction di Canale5.

Se è vero che in queste ultime stagioni è cresciuta la distanza fra RAI e Mediaset, questa situazione, potrebbe, in realtà, rappresentare per entrambi i gruppi un’opportunità per uscire, almeno in parte e per motivi opposti, dalla logica degli ascolti e dello scontro diretto quotidiano, e per riappropriarsi di un ruolo di volano e di modernizzazione dell’industria audiovisiva, attraverso un maggiore impegno e apertura verso l’innovazione e soprattutto verso la formazione, intesa come valorizzazione delle nuove generazioni di sceneggiatori, registi, tecnici ecc., che stentano a farsi strada in un sistema la cui staticità spesso è frutto anche della sfida ossessiva degli ascolti.

La RAI potrebbe farlo, e in parte lo sta facendo, in virtù di questa crescente superiorità che le consente maggiori margini di rischio, Mediaset potrebbe farlo nell’ottica opposta, quella di individuare nuovi percorsi narrativi e una linea editoriale più originale e moderna.

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Il segreto della Domenica https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/il-segreto-della-domenica/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/auditel-tv-serie-tv/il-segreto-della-domenica/#respond Mon, 13 Feb 2017 15:26:32 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4151 Domenica scorsa, 12 febbraio, Canale5 ha programmato la settima puntata della soap opera spagnola Il segreto con un mediocre risultato di ascolto pari a 3,4 milioni di spettatori e al 13,36% di share, mentre RAI1 ha vinto la serata con la fiction Che Dio ci aiuti 4, prodotta dalla LuxVide, che ha realizzato un netto […]

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Domenica scorsa, 12 febbraio, Canale5 ha programmato la settima puntata della soap opera spagnola Il segreto con un mediocre risultato di ascolto pari a 3,4 milioni di spettatori e al 13,36% di share, mentre RAI1 ha vinto la serata con la fiction Che Dio ci aiuti 4, prodotta dalla LuxVide, che ha realizzato un netto (media dei due episodi) di oltre 5 milioni con il 21,3% di share (primo episodio ascolto 5.171.000, share 18,84%; secondo episodio ascolto 5.268.000 share 24,64%).

Un risultato soddisfacente quello di RAI1, che supera con ampio margine Canale5, che con Il segreto sembra ormai rassegnata a una programmazione difensiva a basso costo. Ma se confrontiamo l’attuale performance di Che di Dio ci aiuti con quella del 2014, programmata di giovedì (oltre 7 milioni di spettatori e il 27% di share), il risultato appare inferiore alle aspettative e alle potenzialità del prodotto.

In che misura questo minor ascolto può essere imputato alla collocazione della domenica?

La domenica ha rappresentato per molti anni una serata ottimale, oltre che storica, per la fiction di RAI1, tanto che molto spesso questa collocazione è stata usata come trampolino di lancio di nuove serie, anche sperimentali: ad esempio la prima serie di Braccialetti rossi, che intendeva coinvolgere anche un pubblico molto giovane, debuttò con successo proprio di domenica, il 26 gennaio 2014, e nell’ultima puntata, il 2 marzo, superò i 7 milioni con il 26 % di share. Con la stagione autunno-inverno 2016, però, i risultati della fiction di RAI1 programmata la domenica appaiono meno brillanti (a fronte di una debole offerta di Canale5): a partire dalla terza serie di Braccialetti, che in quel periodo realizza una media di ascolto deludente, intorno al 19% (4,9 milioni).

È cambiato qualcosa nell’offerta televisiva della domenica che rende più difficile le performance delle fiction?

Per rispondere occorre fare un passo indietro e risalire al 2005, anno che segna l’ingresso di Luciana Littizzetto nel programma Che tempo che fa di Fabio Fazio, in qualità di ospite fisso nelle puntate della domenica sera. In seguito, il programma di Fazio viene allungato fino alle 21,30 e Luciana Littizzetto diventa la protagonista del finale di trasmissione con picchi di ascolto altissimi. È uno di quei successi televisivi che riescono a incidere sulla struttura dell’offerta: per scavallare il picco di ascolto di RAI3, infatti, le altre reti generaliste ritardano l’orario di partenza della prima serata domenicale alle 21,35-21,40.

Il palinsesto della domenica si modifica in termini di orari, ma con conseguenze sugli aspetti editoriali. RAI1, in particolare, con il nuovo assetto riesce non solo a proteggere la propria fiction, ma a trarne un certo vantaggio intercettando buona parte del flusso di pubblico in uscita da RAI3 alla fine di Che tempo che fa.

Un esempio molto visibile di questo “effetto sinergico” si ebbe nel 2011 con la fiction Fuoriclasse, protagonista Luciana Littizzetto nel ruolo d’insegnante, che su RAI1 raggiunse ascolti record nonostante la concorrenza di Amici su Canale5, grazie alla staffetta con Che tempo che fa e il passaggio di testimone dalla comica di RAI3 all’insegnante di Fuoriclasse.

A partire dall’autunno 2016, l’equilibrio dell’offerta domenicale subisce una nuova scossa a seguito dell’ulteriore allungamento del programma di Fazio, a cui è affidata la copertura di tutta la prima serata domenicale di RAI3, con due conseguenze importanti: la presenza della Littizzetto (con i suoi picchi di ascolto ora intorno al 15-20%) si prolunga ben oltre le 21,30; il flusso di pubblico in uscita da RAI3 si disperde nell’arco di tutta la serata (anziché concentrarsi intorno alle 21,30).

A risentirne è soprattutto la fiction di RAI1 e in particolare il primo episodio che subisce in pieno la concorrenza della coppia Fazio-Littizzetto e non può più contare sul flusso di pubblico in uscita da RAI3. A questo si aggiunga che nella nuova versione il programma di Fazio, per dinamiche editoriali, tipologia di ospiti ecc., risulta molto più competitivo sui target tradizionali di RAI1. Il tentativo della rete ammiraglia di sfuggire a questa dinamica domenicale, con una mossa azzardata, cioè anticipando addirittura alle 20,30 la partenza della prima serata (Braccialetti rossi, 16 ottobre 2016), si è dimostrato fallimentare per gli ascolti ed è stato subito abbandonato.

Il segreto della domenica sta dunque in questa forte correlazione e contrapposizione tra le due reti della RAI, che da una parte condiziona i margini di successo della fiction, ma dall’altra costringe Canale5, almeno per ora, a una linea editoriale rinunciataria.

 

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“Il bello delle donne…” non piace più? https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/il-bello-delle-donne-non-piace-piu/ https://www.fabriqueducinema.it/serie/recensioni-tv-serie-tv/il-bello-delle-donne-non-piace-piu/#respond Thu, 02 Feb 2017 15:41:15 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=4085 La nuova stagione della fiction di Mediaset si apre con un esordio deludente, a fronte dei buoni andamenti della fiction di RAI1 e all’imminente e atteso debutto di quella di RAI2 (Porta rossa). Il primo titolo messo in onda da Canale5 nel 2017, Il bello delle donne… alcuni anni dopo, revival, in 8 puntate, di […]

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La nuova stagione della fiction di Mediaset si apre con un esordio deludente, a fronte dei buoni andamenti della fiction di RAI1 e all’imminente e atteso debutto di quella di RAI2 (Porta rossa).

Il primo titolo messo in onda da Canale5 nel 2017, Il bello delle donne… alcuni anni dopo, revival, in 8 puntate, di un grande successo degli anni  passati (2001-2003), ha raggiunto un ascolto del 12% nelle prime due puntate, pari a circa 3 milioni di telespettatori, per scendere ulteriormente, nella terza puntata di venerdì 27 gennaio, al 10,93% e a 2,6 milioni circa di spettatori, in assenza, peraltro, di una significativa contro programmazione di RAI1 (intorno al 14% rispettivamente con Music quiz – Speciale Porta a porta – Music quiz).

Si tratta di un insuccesso che si inserisce nella scia di altri risultati deludenti che hanno riguardato molte delle serie TV proposte da Canale5 nel 2016. Per questo alcuni osservatori parlano di una fase critica della fiction Mediaset, che, attenta solo ai target commerciali, non avrebbe saputo rinnovare la propria offerta e adeguarsi alle forti trasformazioni del sistema televisivo, le cui ricadute sui gusti, sulle abitudini di consumo e sulla stessa composizione dei pubblici di riferimento avrebbero invece richiesto un ripensamento delle strategie editoriali di un genere fondamentale per le reti generaliste.

Senza entrare nel merito di queste riflessioni, che potranno trovare più o meno conferma nei prossimi mesi, è indubbio che la RAI in queste ultime stagioni abbia saputo, con maggior efficacia, consolidare e ampliare il magazzino dei propri titoli “sicuri”, dimostrando una maggior dinamicità anche nella sperimentazione di nuovi percorsi narrativi (si pensi a L’allieva, alla Mafia uccide solo d’estate, a Rocco Schiavone, ai Bastardi), con il risultato che il divario tra la fiction di RAI1 e quella di Canale5 è sensibilmente aumentato.

Questa maggiore solidità dell’offerta RAI è anche riferibile, almeno in parte, a un’accurata strategia di programmazione, imperniata sulla stabilità e sul costante presidio delle collocazioni di palinsesto, peraltro funzionali alle scelte produttive (si pensi alla potenzialità delle tre serate consecutive di fiction: domenica, lunedì e martedì, che hanno consentito sia di gestire con grande flessibilità le “delicate” e preziose miniserie in due puntate, punto di forza dei piani di fiction degli anni passati, sia di alternarle con la lunga serialità, sia di sfruttare tatticamente i possibili raddoppi ravvicinati delle puntate).

La fidelizzazione del pubblico alla fiction RAI è stata senza dubbio facilitata dal fatto di poter contare su un forte bacino di spettatori più anziani, ma è stata perseguita con costanza attraverso la costruzione di appuntamenti fissi coerenti in termini di target di riferimento e di tipologia di prodotto, come nel caso della serata del giovedì. Un appuntamento, quello del giovedì, che nasce in tempi lontani, con Don Matteo 4, per contrastare il successo del reality il Grande Fratello (le cui prime edizioni furono programmate di giovedì), con una contro programmazione totalmente alternativa per genere e per audience, che si è poi consolidata nel tempo grazie al sapiente avvicendamento di alcune  nuove brillanti commedie familiari con l’inossidabile Don Matteo.

Tornando all’attuale scenario presidiato da titoli di RAI1 come Che Dio ci aiuti, Un passo dal cielo, I bastardi di Pizzofalcone, per la fiction Mediaset si profila una stagione particolarmente delicata, in cui i margini di manovra dei prodotti in arrivo rischiano di restringersi anche a fronte della recente entrata in scena di un nuovo competitor: RAI2.

La seconda rete della RAI, dopo essere stata (fine anni ’80-primi anni ’90) l’incubatrice della moderna fiction televisiva, grazie alle felici intuizioni del suo direttore Giampaolo Sodano (va ricordato che anche il mitico Commissario Montalbano nasce su RAI2, dove furono trasmesse le prime tre serie), aveva progressivamente abbandonato questo genere televisivo per sostituirlo con i telefilm seriali americani, che sono stati, e rimangono in parte, un suo asset identitario.

Ora RAI2 modifica la sua strategia e reinveste nella fiction, cercando ovviamente di differenziarsi da RAI1 con serie innovative, adatte al suo pubblico di riferimento più giovane e dinamico.

I titoli finora messi in campo, Ispettore Coliandro, Rocco Schiavone e l’imminente Porta rossa (un mistery firmato «dalla penna del maestro del noir Carlo Lucarelli», con Lino Guanciale e Gabriella Pession, regia di Carmine Elia), si collocano in questa prospettiva.

Con l’entrata in scena di RAI2 e con il conseguente maggior affollamento degli appuntamenti di fiction assisteremo probabilmente a nuovi riposizionamenti di palinsesto e/o a nuove interessanti sfide come quella tra Rocco Schiavone (RAI2) e Solo (Canale5) dello scorso novembre.

* Sociologo e giornalista, è stato dirigente della RAI dove ha ricoperto importanti incarichi nella sperimentazione, nel marketing di prodotto e nell’area palinsesti e strategie editoriali. È stato autore e redattore in numerosi programmi televisivi tra cui Mixer di Giovanni Minoli, Un po’ artista un po’ no, Eureka e Numeri zero e supervisore della soap Un posto al sole.

 

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