Carolina Sala Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 25 Jul 2023 10:50:25 +0000 it-IT hourly 1 Tiziano Russo: da Skam Italia a Noi anni luce https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/tiziano-russo-da-skam-italia-a-noi-anni-luce/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/tiziano-russo-da-skam-italia-a-noi-anni-luce/#respond Tue, 18 Jul 2023 12:23:28 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18595 Salentino, con una solida esperienza dietro la macchina da presa costruita tra spot e videoclip sempre con uno sguardo creativo al servizio dell’umanità delle sue storie, Tiziano Russo ha girato le immagini per canzoni di musicisti come Ghali, Francesco Gabbani, Boosta, Negramaro. Qualche cortometraggio e poi Skam Italia, il format internazionale di finzione Netflix. Ma […]

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Salentino, con una solida esperienza dietro la macchina da presa costruita tra spot e videoclip sempre con uno sguardo creativo al servizio dell’umanità delle sue storie, Tiziano Russo ha girato le immagini per canzoni di musicisti come Ghali, Francesco Gabbani, Boosta, Negramaro. Qualche cortometraggio e poi Skam Italia, il format internazionale di finzione Netflix. Ma è con Noi anni luce che esordisce alla regia cinematografica uscendo in sala il 27 luglio distribuito da Notorious Pictures, presentandolo prima al Festival di Giffoni il 23 luglio.

Carolina Sala, vincitrice del Fabrique Award 2022 per Vetro, in quest’altra opera prima diretta da Russo è con Rocco Fasano. Interpretano due ragazzi che s’incontrano in ospedale per un problema di leucemia. L’incipit narrativo  usa la malattia, con leggerezza e serietà, come leva per raccontare la vita e la crescita di una ragazza insieme a una madre un po’ ansiosa che ha il volto di Caterina Guzzanti.

Dalla regia di una serie come Skam Italia al film Noi anni luce, com’è avvenuto il tuo passaggio?

È stato tutto piuttosto automatico. Il film l’ho girato meno di un anno fa, ma si è incastrato perfettamente trai set di Skam 5 e Skam 6. Li ho vissuti quasi come un unico grande lavoro, anche se il film ha una storia a parte che ho provato a portare in scena cercando più autenticità possibile. Quindi non ho avvertito un grande salto tra serialità e cinema perché ho lavorato con il mio stesso modo di rappresentazione, di fare cinema.

Noi anni luce sembra racchiudere molti generi: dramedy, medical, road movie, ma soprattutto il coming of age. Qual è stata l’impostazione originaria della narrazione?

L’ho sempre presa come una storia di formazione, un coming of age. Tutti gli altri generi per me sono leggibili come sottotracce. Ed è inevitabile perché trattiamo la storia di una diciassettenne che a causa della malattia scopre di avere un mondo intorno fatto di rapporti, evoluzione, esplorazione e crescita. Nel mio modo di raccontare cerco di essere più vicino alla verità e ai giovani. Nella luce e nel buio. E nei coming of age proprio a quell’età ti arriva qualcosa addosso, così inizi a cambiare perché capisci che c’è davanti una vita. 

E questo l’hai fatto anche con la malattia, che hai toccato in maniera molto discreta, delicata, ma senza pietismi.

Sì, per questo motivo avevamo un referente. La malattia c’è, nel film costituisce il motore orizzontale che porta avanti la storia, e per questo il confronto con un medico anche in scrittura è stato fondamentale. Lui ci diceva che la malattia è fatta di grandi curve, picchi alti e bassi. Quindi non si può raccontare solo i momenti bassi di una malattia, solo la sofferenza, altrimenti se ne perde il realismo. Noi l’abbiamo affrontata con la giusta distanza perché nel film la malattia smuove anche qualcosa di bello, per assurdo. Michela Murgia ha detto che il periodo più libero della sua vita è iniziato paradossalmente con la sua malattia. “Faccio quello che voglio, dico quello che voglio: sono libera”. Secondo me lo è sempre stata, ma adesso ancora di più. Vedo questa libertà come la possibilità di mettere da parte la malattia. Raccontarla, ma tenendola a debita distanza.

Come hai scelto il cast di attori, e come hai lavorato con loro, e soprattutto con i protagonisti?

La ricerca non è stata facile. Ho fatto tantissimi provini, ma sempre con le idee chiare. Rocco Fasano lo conoscevo da Skam 5, e sapevo di avere un attore capace di muoversi in un linguaggio di spensieratezza. Carolina Sala mi sembrava perfetta invece perché apparentemente distante, ma con dentro la voglia di esplodere per comunicare. Ha un viso angelico ma deve affrontare una cosa più grande di lei. Poi una figura ironica, comica come Caterina Guzzanti affronta un personaggio nuovo. Lei è stata molto felice perché per la prima volta interpretava una madre, in più seria, drammatica. Ho scelto personalità molto diverse fra loro per renderle più simili a una famiglia vera e propria.

Tiziano Russo
Tiziano Russo sul set.

I due protagonisti sono molto giovani ma già con solide esperienze alle spalle. Cosa ti hanno donato lasciandoti sorpreso?

Fino al primo ciak la mia paura era: “Ce l’ho la coppia, si o no? Riuscirò a creare questa simbiosi?” Io faccio sempre delle prove a casa mia, e ci eravamo stati tre settimane. Già lì c’era una chimica, provando le scene più importanti. Ma dalle prove al set tutto può cambiare. Quello che mi hanno ridato è stato l’ascolto. Ho trovato due ragazzi che sanno come ascoltarsi, sono completamente aperti a ogni tipo d’informazione e richiesta. Sono grandi studiosi, presenti e attentissimi nel dedicarsi al copione. Mi hanno fatto felice.

Anche la musica svolge un ruolo importante. Oltre al tuo pezzo ci sono anche i ComaCose.

In un film di questo tipo c’è la possibilità di muoversi in diversi generi musicali. C’è anche Fulminacci, Filippo è un amico e amo la sua musica. I ComaCose coprono il finale, ma tengo molto anche a La musica di FORTE con Fulmini. C’è anche musica internazionale però. Come gli Isaac Delusion, con Isabella. Mentre io non sono musicista, cazzeggio con la chitarra, però una volta registrando voce e chitarra in camera ho pensato d’inserire una mia cosa per la scena del falò, che doveva dare un po’ l’idea dei sensi annebbiati. Così la mia imperfezione diventava perfettamente adatta a quel contesto. 

Quali sono i tuoi autori di riferimento e il cinema di cui ti nutri di più?

A Sergio Bassetti del Centro Sperimentale devo tantissimo, mi ha iniziato a tutto il cinema di Polanski. Poi con gli anni i riferimenti cambiano insieme allo sguardo. Oggi tra Bong Joon-ho e  Yorgos Lanthimos non saprei chi scegliere. Li guardo con grande rispetto… e da lontano! Spero di avvicinarmi piano piano, con umiltà. Ho 37 anni e ho notato che ogni decennio cambiano i riferimenti e questi tre registi dominano i miei tre decenni di vita e cinema.

Quali saranno i tuoi prossimi set?

Skam 6 l’ho finito di girare tre mesi fa, quindi adesso siamo in post-produzione.  Ora esce Noi anni luce e voglio godermi il momento. Lo presentiamo anche al Festival di Giffoni, e l’idea di incontrare così tanti ragazzi è molto stimolante. Dopo vorrei esplorare anche nuovi generi, nuovi scenari. Per l’anno prossimo ho già in cantiere una cosa, che non sarà un teen. Questo posso anticiparlo: sarà un dramedy con personaggi adulti.

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Vetro, tra claustrofobia e mistero l’opera prima di Domenico Croce https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/vetro-tra-claustrofobia-e-mistero-lopera-prima-di-domenico-croce/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/vetro-tra-claustrofobia-e-mistero-lopera-prima-di-domenico-croce/#respond Thu, 07 Apr 2022 13:24:05 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17054 Esce nelle sale Vetro, opera prima di Domenico Croce, regista romano classe ’92, già premiato nel 2021 ai David di Donatello per il cortometraggio Anne. Vetro è un thriller psicologico, girato interamente in un teatro di posa del Centro Sperimentale con il supporto degli effetti speciali di Edi e dello special make up di Andrea […]

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Esce nelle sale Vetro, opera prima di Domenico Croce, regista romano classe ’92, già premiato nel 2021 ai David di Donatello per il cortometraggio Anne. Vetro è un thriller psicologico, girato interamente in un teatro di posa del Centro Sperimentale con il supporto degli effetti speciali di Edi e dello special make up di Andrea Leanza. Protagonista assoluta è Carolina Sala, vista nella serie Fedeltà su Netflix e qui al suo esordio sul grande schermo, premiata con menzione speciale per la sua interpretazione alla tredicesima edizione del Bif&st (Bari International Film & TV Festival) dove il film è stato presentato il mese scorso.

Lei è una ragazza che vive reclusa nella sua stanza da un tempo indefinito, una hikikomori. I suoi unici contatti sono con il suo cane Hiro, con il padre (Tommaso Ragno) a cui però non è concesso entrare, e con Lui (Marouane Zotti) un ragazzo conosciuto in una community online, con il quale instaura un rapporto fatto di chat e videochiamate. Immersa nella sua routine costituita unicamente dal disegno, dalla musica e dai giochi con il padre, Lei sembra quasi non sentire la mancanza del mondo esterno, di cui è inconsapevole e terrorizzata. Un giorno, spiando i vicini dalla finestra, nota qualcosa di strano e terribile nell’appartamento di fronte, e si convince che una donna sia tenuta segregata dal marito.

La trama riprende il tema del celeberrimo La finestra sul cortile di Aldred Hitchcock, molto frequentato dal cinema (vedi anche il recente La donna alla finestra di Joe Wright), ma riesce tuttavia a trovare una sua originalità. Gli sceneggiatori (Ciro Zecca e Luca Mastrogiovanni) e il regista sfruttano con consapevolezza il richiamo al genere creando colpi di scena e cambi di registro che riescono, anche se non sempre, a sorprendere lo spettatore.

L’atmosfera è claustrofobica, enfatizzata dall’impiego di colori vivaci e acidi, quasi disturbanti, e dal fuoricampo, che sostengono e alimentano il mistero dai tratti horror su cui ruota il film. Lo spettatore ne ricava una sensazione quasi soffocante e faticosa, acuita dall’esperienza degli ultimi due anni di pandemia, che lo aiuta a immedesimarsi e, al tempo stesso, ad allontanarsi dal piccolo mondo della protagonista.

Presente dal primo all’ultimo fotogramma, Carolina Sala scandisce il ritmo e l’energia del film reggendo come un pilastro le fila della storia, e guidando, con il suo punto di vista, lo spettatore tra paranoia e realtà. Il vetro, quello della finestra ma anche quello del pc, è il filtro attraverso cui Lei, con il suo look da eroina manga, vede il mondo, immersa in una fotografia che ricorda anch’essa il gusto sudcoreano e giapponese.

 

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