Carolina Cavalli Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 19 Jul 2023 13:12:49 +0000 it-IT hourly 1 Cosa leggono gli sceneggiatori italiani da tenere d’occhio? https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/cosa-leggono-gli-sceneggiatori-italiani-da-tenere-docchio/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/industry/cosa-leggono-gli-sceneggiatori-italiani-da-tenere-docchio/#respond Tue, 18 Apr 2023 07:19:17 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18385 Cosa leggono gli sceneggiatori e le sceneggiatrici italiani? E in che modo quello che leggono li influenza nella scrittura di cinema? Lo abbiamo chiesto ai fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, sceneggiatori e registi de La terra dell’abbastanza, Favolacce, America Latina, ora impegnati nella preparazione della loro prima serie tv, Dostoevskij; Carolina Cavalli, che con Amanda […]

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Cosa leggono gli sceneggiatori e le sceneggiatrici italiani? E in che modo quello che leggono li influenza nella scrittura di cinema? Lo abbiamo chiesto ai fratelli Damiano e Fabio D’Innocenzo, sceneggiatori e registi de La terra dell’abbastanza, Favolacce, America Latina, ora impegnati nella preparazione della loro prima serie tv, Dostoevskij; Carolina Cavalli, che con Amanda ha esordito nella doppia veste di sceneggiatrice e regista; Alice Urciuolo, sceneggiatrice delle serie tv Skam Italia e Prisma; Giuseppe G. Stasi, che ha co scritto (e co diretto) la serie Amazon Prime Video The Bad Guy e, prima ancora tra gli altri, Gli uomini d’oro e Metti la nonna in freezer.

Ti ritieni un lettore o una lettrice forte? Pensi che la lettura abbia influito sulla scelta di scrivere di cinema?

 Fratelli D’Innocenzo: Non esistono lettori deboli. Non tutti i giorni vediamo film. Tutti i giorni leggiamo. Fin da bambini l’abbiamo fatto con tutto: da Topolino ai Peanuts, da Pasolini al retro dei cartoni di cereali del discount. Leggevamo anche i silenzi di nostro padre o i capelli appena lavati di nostra madre.

Cavalli: Il vero cambiamento nell’approccio alla lettura è arrivato con la possibilità di scegliere. Sono cresciuta in una casa in cui le letture a disposizione non erano molte. C’erano i Gialli Mondadori, mia nonna che leggeva gli Harmony. Anche di cinema non ne girava molto, quindi guardavo tanta tv, ma la tv di quindici anni fa, anche lì non c’era molta scelta. Il cinema lo guardavo un po’ come una tv: se ero libera alle quattro di pomeriggio andavo e vedevo lo spettacolo che c’era. Più tardi, verso i 18 anni, sono diventata una lettrice e una spettatrice più consapevole, è a partire da lì che ho iniziato a pensare di voler fare questa professione.

Urciuolo:  Se ci atteniamo alla definizione di lettore forte (almeno 12 libri letti in un anno ndr) sicuramente posso dire di esserlo. Ho iniziato a leggere da ascoltatrice, quando mio padre mi leggeva i libri, e poi da quando ho imparato a farlo autonomamente non ho più smesso. La lettura ha sempre fatto parte di me, così anche la scelta di fare questo mestiere è stata molto naturale, non me lo sono mai davvero chiesto. Mi rendo conto che prima leggevo in modo più costante, ogni giorno, adesso tendo a concentrare la lettura in modo intensivo quando ho più tempo. In realtà mi sono avvicinata alla scrittura di cinema perché volevo acquisire gli attrezzi del mestiere che ritenevo mi sarebbero stati utili per la scrittura di romanzi, come la stesura dei dialoghi o di una trama, e invece poi ho scoperto un mondo che per me è stato dirompente e me ne sono innamorata.

Stasi: Mi ritengo un lettore medio, riuscivo a leggere per piacere molto di più prima. Ora mi capita più spesso di dover leggere delle cose per lavoro. Ricordo con particolare piacere un’estate in cui una professoressa del ginnasio ci diede da leggere qualcosa come venti libri. Lessi Simone de Beauvoir a 14 anni, e la detestai. Dopo invece ci sono tornato e l’ho amata. Ricordo che i miei compagni odiarono l’insegnante per queste letture coatte, ma io l’apprezzai e da allora ogni estate, quando ho più tempo a disposizione, cerco di leggere più libri possibile. Sicuramente alcune letture hanno influito sulla mia scelta di fare questo lavoro. In realtà volevo fare lo scrittore, ma poi mi sono reso conto che per farlo bisogna essere ricchi di famiglia, magari avere una casa in campagna o al mare e non vivere a Roma che, come dice Jep Gambardella, ti fa perdere un sacco di tempo.

Scrittori o scrittrici non di cinema possono influenzare la scrittura cinematografica?

 Fratelli D’Innocenzo: Ogni scrittore di cui abbiamo letto qualcosa influenza la nostra scrittura: narratori, poeti, giardinieri, fidanzate, fantasmi.

Cavalli: Tantissimo, come del resto ogni esperienza che prescinde dal cinema. Tutto influenza la scrittura cinematografica, a maggior ragione la letteratura, capace di creare scenari che vivono soltanto nell’immaginazione di chi la legge, e quindi lo sforzo di creazione di un film è già dentro di te.

Urciuolo: Sì, infatti quando scrivo di cinema indico spesso dei riferimenti letterari. Quello che ho letto diventa la reference per un’idea su cui stiamo lavorando, un’atmosfera, un personaggio.

Stasi: Scrittori non di cinema devono influenzarci continuamente, come anche la musica e le canzoni. Tra l’altro sono profondamente convinto che le sceneggiature non debbano essere asettiche, dei verbali. Come regista mi capita molto più spesso di leggere sceneggiature di altri, e quelle che di solito mi colpiscono di più sono quelle scritte meglio, che sono più evocative, anche se magari non hanno delle storie che immediatamente ti agganciano. Cerco di fare lo stesso quando scrivo io. Per l’ultimo lavoro (Bad Guy) ho lavorato con Ludovica Rampoldi e Davide Serino, che sono tra gli sceneggiatori più piacevoli da leggere.

Quali sono gli autori o le autrici che più ti hanno influenzato nella scrittura cinematografica?

Fratelli D’Innocenzo: Don Rosa e Carl Barks, senza dubbio. Sceneggiavano le storie che disegnavano e questo conferiva loro una coerenza poetica assoluta, un fanatismo e fervore disperato. Sceneggiare è diverso da scrivere, è una (come insegna Tito Faraci) “scrittura invisibile”. Non abbiamo riferimenti eclatanti tra gli sceneggiatori cinematografici, anche perché è sempre complesso rimediare sceneggiature altrui da leggere.

Cavalli: Mi piace molto rileggere Ryū Murakami, Irvine Welsh e Joe R. Lansdale, me ne rendo conto anche dalla situazione spaziale della casa: sono sempre fuori dagli scaffali, mi capita di ritrovarli in giro, prenderli in mano e rileggerne delle parti.

Urciuolo: Ci sono tanti autori e autrici che hanno una grande potenza visiva. Mi vengono in mente Nadia Terranova, Teresa Ciabatti e Giulia Caminito o, al di là delle italiane, scrittrici che creano un racconto molto intimo fatto di sentimenti e memoria, come Annie Ernaux, sono molto potenti proprio per le immagini che evocano. Per non parlare di grandi romanzieri come Philip Roth, autori incredibilmente letterari ma che riescono ad abbinare allo stile anche delle trame grandiose, cosa tutt’altro che scontata.

Stasi: Partiamo da un presupposto: sono un lettore molto disattento sulle “nuove proposte”. Tra i nuovi stimo molto Enrico Dal Buono. Per il resto cerco di recuperare i classici (quelli che tutti ci vantiamo di aver letto, ma che magari non abbiamo fatto davvero) e quindi i russi, Cechov, Gogol, Bulgakov; i francesi Celine, Sartre, poi Henry Miller, che scriveva come un francese anche se era americano. Poi Dante, Pirandello, Calvino, che ritengo uno degli scrittori italiani più cinematografici ma meno sfruttati al cinema. Omero, che ha dentro tutto: Vincenzo Cerami diceva che con l’Odissea nasce il romanzo e finisce l’epica. E poi Calasso, Dumas, ma anche i filosofi, come Nietzsche che scriveva benissimo.

Quando sei nel processo creativo continui a leggere? Ci sono degli autori o delle autrici particolari su cui torni in quella fase, o continui a leggere quello che stavi leggendo?

Fratelli D’Innocenzo: Leggiamo sempre, mentre scriviamo poesie, racconti, quindi anche mentre scriviamo sceneggiature. Mentre giriamo film o dipingiamo o ascoltiamo musica. Gli scrittori su cui torniamo ossessivamente in questo momento sono Antonio Moresco, Piero Chiara, Federigo Tozzi, Milo De Angelis, Bruno Enna, William T. Vollmann, Ugo Moretti, Ivano Ferrari, Breece D’J Pancake, Pierluigi Cappello.

Cavalli: Nel momento di scrittura leggo molto meno, la voglia di leggere aumenta tantissimo quando non sto scrivendo. Non mi piace l’eccesso di parole, e quando scrivo vado alla ricerca di cose da leggere che mi liberino da questo eccesso, anche molto lontane da quello a cui sto lavorando: video sottotitolati su YouTube su come si costruisce qualcosa, libretti delle istruzioni o libri per bambini. Riguardo molto South Park con i sottotitoli proprio per il piacere di abbandonarmi alla lettura.

Urciuolo: Quando scrivo leggo libri che possono essermi utili, che richiamano o hanno a che fare con quello che sto scrivendo: mi servono da riferimento per saper cosa, prima di me, è stato scritto a proposito di un tema, o magari di un personaggio simile a quello che sto scrivendo. Cambiano quindi di volta in volta e per ogni progetto potrei citare degli autori o delle autrici che mi hanno accompagnata. Se dovessi fare tre nomi che sicuramente sono particolarmente importanti per me direi Annie Ernaux, Philip Roth e Gustave Flaubert.

Stasi: La lettura per svago quando sto scrivendo mi uccide, perché vedo autori molto più bravi di me. Però sì, c’è una serie di autori che rileggo. Per i dialoghi mi affido a Friedrich Dürrenmatt, che forse ha scritto i dialoghi più belli della letteratura, di grandissima modernità. Edgar Allan Poe è uno scrittore su cui torno sempre per le descrizioni, perché sapeva descrivere così bene una cosa immateriale come il terrore. Paradossalmente tendo poi a leggere sceneggiature, c’è una piccola casa editrice toscana (Erasmo Libri ndr) che sta pubblicando vecchie meravigliose sceneggiature, e ho riletto da poco In nome del popolo italiano dei maestri Age & Scarpelli. Le loro sceneggiature, così ben scritte, rappresentano il mio ideale di sceneggiatura e un aiuto per tutti. Il cinema è un lavoro d’equipe, e buone sceneggiature influenzano e stimolano tutte le parti, dal regista agli scenografi a chi lavora al suono. È una questione di ritmo, dipendiamo completamente dal ritmo.

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Carolina Cavalli: Ho scoperto la regia grazie ad Amanda https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/carolina-cavalli-ho-scoperto-la-regia-grazie-ad-amanda/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/carolina-cavalli-ho-scoperto-la-regia-grazie-ad-amanda/#respond Mon, 24 Oct 2022 03:00:05 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17876 I film hanno bisogno di pubblico, e il pubblico d’incontrare i protagonisti del grande schermo. Così dopo la partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia, durante il lancio cinematografico del suo Amanda, abbiamo parlato con Carolina Cavalli, regista alla sua opera prima che ci ha raccontato del film (con qualche aneddoto inaspettato). Amanda, interpretata da […]

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I film hanno bisogno di pubblico, e il pubblico d’incontrare i protagonisti del grande schermo. Così dopo la partecipazione alla Mostra del Cinema di Venezia, durante il lancio cinematografico del suo Amanda, abbiamo parlato con Carolina Cavalli, regista alla sua opera prima che ci ha raccontato del film (con qualche aneddoto inaspettato).

Amanda, interpretata da Benedetta Porcaroli, è una ragazza sospesa tra l’indifferenza dei suoi genitori e una solitudine che vuole infrangere ritrovando un’amica d’infanzia, Rebecca, Galatea Bellugi, anche lei in conflitto con la madre, Giovanna Mezzogiorno. Nel cast, prima volta da attore, anche il cantautore Michele Bravi.

Possiamo dire che Amanda è una storia d’amicizia?

Sì, ma soprattutto di ricerca dell’amicizia e del proprio posto nel mondo. È una storia d’amicizia un po’ ideale come l’amico immaginario che ci creiamo da bambini per dar sollievo all’inevitabile sensazione di solitudine che si prova anche da piccoli. È un antidoto che fa parte di noi e crescendo, per me, cercare l’amica ideale è come cercare il proprio posto del mondo. Forse non c’è, ma è bello continuare a cercarla. Ed è quello che fa Amanda.

A proposito di solitudine, qui sembrano proprio gli adulti a coltivare e imporre solitudini alle loro figlie.

Direi piuttosto una sorta d’isolamento, in cui le figlie possono sentirsi protette o lontane da tutto. A ogni modo risalta un’impossibilità di comunicazione e di rapporto con la realtà, il mondo esterno. La realtà è una cosa strana poi, perché è qualsiasi cosa condivisa. Quindi l’astrazione di sé dalla realtà è più isolamento che solitudine. Però sì, ce l’hanno tutti gli adulti del film.

È la tua prima regia: sei sceneggiatrice, hai scritto Zero per Netflix, ma sei partita vincendo il Solinas e adesso ti sei ritrovata sul set dietro la macchina da presa.

Sì, ho sempre sceneggiato, soprattutto per il seriale. Ho lavorato in tantissimi script negli ultimi cinque anni. Poi alcuni progetti escono, altri si fermano, ma Amanda è venuto anche come regista. Non sapevo se sarei stata adatta perché mi sento estremamente a mio agio riportando sul foglio la mia immaginazione, la regia mi sembrava diametralmente opposta. In tante cose lo è, ma è talmente adrenalinica che provoca quasi dipendenza. Infatti ho già di nuovo voglia di girare, non me lo sarei mai aspettato.

«Siamo in mezzo al niente», «Tu stai in mezzo al niente». Si dicono Amanda e la sorella a un certo punto. E fa riflettere sui tanti non-luoghi che hai scelto come ambientazioni.

Mi affascinano molto le frasi che possono voler dire tutto o niente. E lì ad esempio Amanda e la sorella si trovano a discutere in mezzo ad un parcheggio vuoto. Lo spaesamento è stato molto importante, avere dei luoghi che non fossero significativi geograficamente. Luoghi che si sentissero, più che vedersi. Sono location scelte non per lo stile ma per la storia. Perciò i miei non-luoghi sono quasi un non-esserci.

Amanda

Infatti dalla casa in cemento di Giovanna Mezzogiorno alle grandi stanze spoglie della villa di famiglia di Amanda, dalla natura rigogliosa fino agli squarci vuoti di città al neon hai privilegiato ambientazioni molto evocative. Dove hai girato?

È vero. Ho girato principalmente a Torino e nei comuni dell’hinterland. Sai, è una città che ti offre la possibilità di sentirti dappertutto e da nessuna parte. A volte sembra il Midwest, ogni tanto Parigi. Mi dà sempre l’impressione di essere un po’ sospesa: ha un cielo tanto piatto che sembra un mare, ma in lontananza ti mostra le montagne. La trovo molto strana, a tratti malinconica e quindi poetica.

A un certo punto mostri una specie di obelisco acuminato in fondo a un parcheggio …

È l’obelisco di un outlet di Torino! Vedi che è una città un po’ buffa? Sembra aggiunto in postproduzione, e invece è reale. In generale non abbiamo aggiunto niente in post, magari abbiamo giusto tolto qualcosa. Invece lo scoiattolo che si vede alle spalle di Amanda sulla strada è stato un colpo di fortuna. È sbucato dal nulla, con una bellissima coda alta, guardava in macchina e si è messo quasi in posa!

Su quello infatti ero in dubbio se fosse aggiunto in CGI o no… Perché era perfetto anche nei tempi.

È verissimo, ed è stato un momento meraviglioso.

E con gli attori com’è andata? Hai messo insieme due giovani attrici, ma poi ha tirato fuori dal cilindro un cantautore come Michele Bravi…

Micky ha il suo universo ma è un attore, legge il personaggio e lo interpreta distanziandosi da sé. Al provino ha portato una proposta molto forte che non mi aspettavo e abbiamo lavorato proprio su quella. Ho fatto dei provini a tutti ed è stato scioccante per me cambiare dal foglio alla realtà. Poi però capisci che la realtà è piena di dettagli e sfumature che possono offrirti nuove intuizioni o difficoltà che devi impegnarti a superare in modo creativo. Lo stesso aiuto ti arriva dagli attori, perché con loro il personaggio che hai scritto esiste a prescindere dalla tua immaginazione

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