Capri-Revolution Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 01 Apr 2022 17:36:18 +0000 it-IT hourly 1 Mario Martone: cinema e politica secondo me https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/mario-martone-cinema-e-politica-secondo-me/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/mario-martone-cinema-e-politica-secondo-me/#respond Wed, 19 Dec 2018 12:51:00 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=12058 Con una carriera di film dal taglio letterario ma sempre legati saldamente a temi attuali, Mario Martone ha raccontato storie profondamente umane sia in teatro che al cinema. Da domani è in sala il suo ultimo lavoro Capri-Revolution (qui la nostra recensione da Venezia), ambientato nella Capri del 1914 e interpretato da Marianna Fontana. In occasione dei […]

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Con una carriera di film dal taglio letterario ma sempre legati saldamente a temi attuali, Mario Martone ha raccontato storie profondamente umane sia in teatro che al cinema. Da domani è in sala il suo ultimo lavoro Capri-Revolution (qui la nostra recensione da Venezia), ambientato nella Capri del 1914 e interpretato da Marianna Fontana.

In occasione dei Fabrique Awards, di cui è stato applaudito ospite consegnando il premio alla Miglior opera prima 2018, abbiamo ripercorso con lui alcune tappe del suo percorso artistico e i suoi ricordi personali. Proprio questi ultimi sono andati anche a fondersi, un po’ inaspettatamente, con l’ultimo film di Paolo Virzì.

L’intervista completa la troverete sul prossimo numero di Fabrique du Cinéma.

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Oggi nel percorso di crescita di un autore conta di più una preparazione scolastica, quindi tecnica, o la pratica e quindi la vita sul set respirando cinema?

Credo di essere la persona meno indicata a rispondere perché ho fatto i miei primi lavori da giovanissimo. Un totale autodidatta. Iniziai in seconda liceo, senza aver frequentato nessuna scuola di cinema, né aver fatto da assistente. Di una cosa sono però certo: l’importanza del confronto e della dimensione collettiva. Puoi trovare te stesso, come regista o come attore solo attraverso il confronto nel lavoro collettivo, con gli altri, perciò una scuola è importante per quello che t’insegneranno i docenti, ma più di tutto saranno importanti i compagni con cui svilupperai un vero confronto. Nei giorni scorsi, vedendo Notti magiche di Paolo Virzì, mi è tornato alla mente l’inizio degli anni ’90 in cui eravamo in tanti a fare cinema a Roma, venendo da città diverse. Ricordo i dibattiti con Paolo. Lui era legato al cinema italiano, alla sceneggiatura e alla commedia. Io invece avevo un’idea di cinema diversa. Poi a distanza di anni le cose si metabolizzano in un film. Infatti, io ho girato con sceneggiature molto importanti, mentre Paolo ha dimostrato che con le immagini costruisce bene come nella scrittura. È stato fondamentale quel confronto iniziale, anche attraverso le discussioni. Oggi sui set ci sono più regole, anche per una maggiore sicurezza e quindi è un bene, ma al tempo stesso sono minori le possibilità di accedervi facilmente. 

In Capri-Revolution Marianna Fontana interpreta una pastorella che scopre il mondo. La sua crescita di donna passa tra un percorso di maturità cronologica naturale e la scoperta dell’indipendenza. Quanto è politico il suo cinema?

Non ho niente contro il termine ‘politico’, che viene dal greco polis. E io sono un regista di teatro che ha portato in scena molte tragedie greche. Per me l’idea di politica è il pensiero sul vivere insieme, sulla comunità. Siamo in un tempo dove la parola politica ha assunto un’accezione sporca, bisognerebbe sapere invece che ha anche un valore estremamente importante. Il teatro, ad esempio, che si tratti di tragedia greca o di Shakespeare, è politica in quanto racconta vicende di uomini in relazione alle loro comunità. È questo il valore che condivido. Il mio cinema non vuole lanciare messaggi o dare lezioni, si limita a porre delle domande. Ai miei personaggi, a me stesso e alle persone che lavorano con me sul set. Vive di un’interrogazione continua tra dubbi e possibilità e Capri-Revolution ne è una sintesi molto chiara perché mette molte idee in campo. Nessuna presentata come vincente, ma si racconta il confronto tra idee diverse. Certamente c’è l’amore per un personaggio femminile che è il perno del film, attraversando questo flusso di idee anche contrastanti. Lucia è affascinata mentre impara a padroneggiare temi così complessi per scoprire la sua propria identità. Penso sia questa la chiave di lettura. Soprattutto in un tempo di grande alienazione come quello che stiamo vivendo.

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A questo proposito, un regista, un intellettuale di oggi come può apportare un segno positivo alla cultura del proprio paese?

Facendo bei film e creando processi collettivi. Quello che bisogna cercare di fare quando uno spettatore vede un tuo film è far scattare qualcosa di vitale, una relazione. I film devono essere aperti, “farsi” da un lato e dall’altro dello schermo. E gli spettatori non possono essere passivi. Dobbiamo ricreare un rapporto intimo, come quello che vivevo io da ragazzino quando mi sentivo coinvolto dalle immagini che guardavo alla televisione. Dobbiamo coinvolgere lo spettatore in quello stesso modo. Ricorda quando in Noi credevamo, a un certo punto, ho messo una struttura in cemento armato completamente anacronistica nell’800?Ecco, quello è un segno chiaro del voler scuotere lo spettatore.

Un po’ come fece Sofia Coppola in Maria Antonietta, dove tra gli oggetti della Regina di Francia inserì scarpe da ginnastica moderne.

Certo, anche lei intendeva dare la stessa scossa attraverso questo espediente.

Ci sono giovani registi italiani, magari all’opera prima, che segue con interesse?

Non posso che ricordare il film che ho premiato proprio ai Fabrique Awards, La terra dell’abbastanza dei fratelli D’Innocenzo. Ma ce ne sono molti altri, mi sembra un momento molto vivo per il cinema italiano.

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Mario Martone, Elena Ferrante e la Morte di un matematico napoletano https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/mario-martone-elena-ferrante-e-la-morte-di-un-matematico-napoletano/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/mario-martone-elena-ferrante-e-la-morte-di-un-matematico-napoletano/#respond Wed, 10 Oct 2018 08:09:47 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11536 Mario Martone ha concluso quest’anno la trilogia iniziata da Noi credevamo e Il giovane favoloso con Capri-Revolution, presentato alla 75° Mostra del Cinema di Venezia, un film corale con una bravissima Marianna Fontana come protagonista. Il regista napoletano incarna poco lo stereotipo dell’artista: intellettuale ma senza esibizionismi, sognatore ma concreto artigiano della sua arte, decisamente […]

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Mario Martone ha concluso quest’anno la trilogia iniziata da Noi credevamo e Il giovane favoloso con Capri-Revolution, presentato alla 75° Mostra del Cinema di Venezia, un film corale con una bravissima Marianna Fontana come protagonista.

Il regista napoletano incarna poco lo stereotipo dell’artista: intellettuale ma senza esibizionismi, sognatore ma concreto artigiano della sua arte, decisamente un uomo di teatro con la vocazione per il cinema. Fa parte di quella corrente che viene chiamata il risorgimento napoletano: quell’affacciarsi del cinema come una vrenzola dal balcone, quello sguardo sulle cose che trasforma il privato in pubblico. La poetica di Martone è tutta lì, nella ricerca di una verità nascosta sotto la pelle quando si fa sottile, insieme a quel mescolarsi continuo e perfetto tra letteratura e cinema.

Uno dei film più famosi di Martone è la sua opera seconda, L’amore molesto (1995), tratto dal romanzo d’esordio di Elena Ferrante, la sua tetralogia pubblicata dalle Edizioni E/O è stata portata di recente sul grande schermo dai primi due episodi de L’Amica Geniale, la serie diretta da Saverio Costanzo e realizzata dall’inedita alleanza tra HBO, Wildside, RAI, Tim Vision e Fandango .

mario martone

L’opera prima di Mario Martone è meno famosa, nonostante la vittoria ai David e ai Nastri d’argento per il miglior esordio: Morte di un matematico napoletano (1992) è la storia del luminare Renato Caccioppoli, uno scienziato talentuoso ma tormentato, consumato da un logorio interiore che l’ha portato al suicidio. La pellicola mostra l’ultima settimana di vita di Renato (Carlo Cecchi), a partire dalla stazione in cui viene fermato dalla polizia per ubriachezza, per passare poi alle lunghe passeggiate e agli incontri con il fratello Luigi (Renato Carpentieri), l’ex moglie (Anna Bonaiuto), i compagni del PCI e gli studenti; soprattutto Pietro, interpretato da Toni Servillo in una delle sue prime apparizioni cinematografiche.

Martone dipinge, in un modo un po’ naïf, un uomo disilluso e stordito dall’alcol, ma soprattutto ne tratteggia il rapporto conflittuale con Napoli, che accoglie ma prosciuga e sa negarsi come la più crudele delle madri. La regia è aspra e secca e la macchina da presa, con l’ottima direzione della fotografia di Luca Bigazzi, segue Renato tra le viscere di una Napoli crepuscolare. E pensare che il film, Martone, lo voleva girare in bianco e nero, ma poi Bigazzi gli ha fatto cambiare idea, colpito dal giallognolo della luce napoletana. Morte di un matematico napoletano è una pellicola realizzata camminando a lungo, un po’ come Caccioppoli, che si spostava solo a piedi. Nel film quasi non compaiono automobili e, dopotutto, sono proprio le lunghe passeggiate del matematico ad averlo reso un personaggio impresso nella memoria collettiva: genio errante, emaciato e dall’impermeabile logoro.

morte di un matematico

Caccioppoli diceva «Quelli che si limitano saggiamente a ciò che pare loro possibile non avanzeranno mai di un passo», così Martone lo gira lo stesso, questo film quasi senza budget, e riesce a realizzare una pellicola ambientata nel ’59 riprendendo la Napoli del ’91. Mancavano i soldi per fare il film, trovare i costumi e ricostruire le scenografie con la cartapesta, allora ha cercato la Napoli del passato in quella presente. Non è un’operazione che sarebbe riuscita ovunque, perché Napoli è tante città in una e quello di Martone è un lavoro quasi archeologico, uno scavare. Un po’ come cercarsi dentro e trovare un dolore che ci somiglia e che ricorda il passato, come quella Facoltà di Matematica abbandonata, ancora con le tribune e i palchi a restituire quel senso di soggezione, distanza e spettacolo accademico.

Caccioppoli e Martone non avevano in comune solo la città, il matematico aveva abitato proprio nel palazzo dove Martone aveva vissuto in adolescenza «un grande palazzo napoletano, di quelli che sono più che altro delle piccole città» e allora, forse, questa storia ha scelto Martone e non il contrario. Ed è un po’ tutto lì, quel senso ancestrale di cinema, quell’esorcizzare i propri fantasmi sul grande schermo per lasciarseli alle spalle.

Per Martone, il cinema è fatale, accade e non si può cambiare mai più, lo paragona al tirare frecce: c’è tutta una preparazione ma a scagliarle basta un attimo. Vi sfido a dimenticarla, una volta vista, la morte di quel matematico napoletano, il funerale profondo e ipocrita insieme, quella mano che non afferra il polso e quella luce gialla che illumina ogni cosa ma non salva nessuno.

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Venezia 75: Capri-Revolution, un ritratto al femminile di Mario Martone https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-capri-revolution-un-ritratto-al-femminile-di-mario-martone/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-capri-revolution-un-ritratto-al-femminile-di-mario-martone/#respond Thu, 06 Sep 2018 17:27:24 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11271 Quest’isola compare e scompare continuamente alla vista e sempre diverso è il profilo che ciascuno ne coglie. In questo mondo troppo conosciuto è l’unico luogo ancora vergine e che ci attende sempre, ma solo per sfuggirci di nuovo. Con queste parole della scrittrice italiana Fabrizia Ramondino inizia Capri-Revolution (qui il trailer ufficiale), ultimo lungometraggio italiano in concorso […]

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Quest’isola compare e scompare continuamente alla vista
e sempre diverso è il profilo che ciascuno ne coglie.
In questo mondo troppo conosciuto è l’unico luogo ancora vergine
e che ci attende sempre, ma solo per sfuggirci di nuovo.

Con queste parole della scrittrice italiana Fabrizia Ramondino inizia Capri-Revolution (qui il trailer ufficiale), ultimo lungometraggio italiano in concorso nella Selezione Ufficiale della Mostra del Cinema di Venezia. Siamo nel 1914 e, con lo spettro sempre di un’imminente guerra, la giovane Lucia, unica figlia di una famiglia di pastori, passa le giornate portando a pascolare il bestiame, tra le montagne della celebre isola del Golfo di Napoli. Stanca dell’arretratezza mentale dei suoi famigliari e dei suoi compaesani, un pomeriggio decide di avvicinare Seybu, il capo spirituale di un gruppo di intellettuali dediti alla natura e alla libertà di pensiero. Nonostante il parere contrario dei fratelli, Lucia stringe un legame sempre più forte con l’uomo e i suoi compagni, scoprendo gradualmente una forza interiore che le permetterà di trovare la propria indipendenza.

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In uscita nelle sale italiane a Natale, Capri-Revolution segna il ritorno dietro la macchina da presa di Mario Martone, dopo tre anni dal corto Pastorale cilentana e dopo quattro dal successo de Il giovane favoloso con Elio Germano. In continuità con il passato del regista, questo nuovo lungometraggio pone l’accento fin dalle prime sequenze sul paesaggio, che diventa il vero protagonista della narrazione. Grazie alla fotografia di Michele D’Attanasio e alle scenografie di Giancarlo Muselli, gli scorci montani e marittimi dell’isola di Capri si tingono di una luce nostalgica, che riesce paradossalmente a confermare e a contrapporsi ad un mondo antico ormai – almeno teoricamente – non più così diffuso. Se il tema dell’arretratezza è imperante nella narrazione degli eventi e nella caratterizzazione dei personaggi, tale elemento non è dunque totalizzante nella messa in scena, che guarda al passato come ad una realtà non da riproporre concretamente, ma almeno da ricordare.

Nelle strade e nei sentieri di una Capri malinconica, si muove poi un personaggio inconsueto: Lucia, modello archetipico di una femminilità indipendente, rompe con qualsiasi schema pregresso, rovesciando le logiche culturali che la imprigionavano e aprendosi ad una realtà che le è maggiormente consona. Da questo punto di vista, Capri-Revolution è una storia molto moderna: tralasciando azzardati paragoni con la società contemporanea, Martone rappresenta un ritratto al femminile estremamente controcorrente, la cui riuscita è merito anche della convincente Marianna Fontana, vista in Indivisibili di Edoardo De Angelis. Seppur funzionale per le logiche del racconto, tale focalizzazione appare però sbilanciata rispetto alle linee narrative secondarie come quella dei fratelli o della problematica Lilian, che nella parte conclusiva del lungometraggio si perdono in conclusioni sbrigative o completamente assenti.

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Sempre nella seconda ora, più illuminata è invece la decisione di introdurre un tema difficile come quello della Prima Guerra Mondiale che, in modo non eccessivamente marcato, sconvolge il racconto, portando la protagonista a perdere le proprie certezze e a maturarne altre. Non sacrificando il proprio stile velatamente malinconico, Mario Martone gioca quindi sulla figura femminile fino alla fine, permettendo allo spettatore – uomo o donna che sia – di immedesimarsi con un’eroina tanto moderna quanto implicitamente ancorata al passato, senza sfociare in un pericoloso anacronismo.

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