brunori sas Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Mon, 21 Jun 2021 17:17:42 +0000 it-IT hourly 1 Fabrique Awards 2018: Brunori Sas è il primo membro ufficiale della giuria https://www.fabriqueducinema.it/cinema/news/fabrique-awards-2018-brunori-sas-e-il-primo-membro-ufficiale-della-giuria/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/news/fabrique-awards-2018-brunori-sas-e-il-primo-membro-ufficiale-della-giuria/#respond Wed, 10 Oct 2018 14:26:36 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11522 Fabrique du Cinéma è felice di annunciare il primo membro ufficiale della giuria dei Fabrique Awards 2018: stiamo parlando di Brunori Sas, noto cantautore italiano italiano pluripremiato da pubblico e critica. All’anagrafe Dario Brunori, l’artista di origine cosentina esordisce da solista nel 2009 con Vol. 1, album di debutto che segna un connubio tra musica […]

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Fabrique du Cinéma è felice di annunciare il primo membro ufficiale della giuria dei Fabrique Awards 2018: stiamo parlando di Brunori Sas, noto cantautore italiano italiano pluripremiato da pubblico e critica.

All’anagrafe Dario Brunori, l’artista di origine cosentina esordisce da solista nel 2009 con Vol. 1, album di debutto che segna un connubio tra musica d’autore e sonorità elegantemente pop. Nell’arco di meno di dieci anni, Brunori si impoine sulla scena indie italiana, pubblicando a cadenza regolare altri tre album (Vol. 2 – Poveri Cristi, Vol. 3 – Il cammino di Santiago in taxi e A casa tutti bene). Nella sua carriera, non sono poi mancate felici collaborazioni con il mondo del cinema: nel 2012, ha infatti curato la colonna sonora di È nata una star?, commedia diretta da Lucio Pellegrini e interpretata da Luciana Littizzetto.

Scelto da Fabrique per la grande importanza che riveste nel panorama del cantautorato italiano, Brunori Sas decreterà il vincitore del premio a Miglior Tema Musicale Italiano (Best Italian Music Theme in a Feature Film), dedicato alle colonne sonore.

In attesa di scoprire il volto internazionale scelto come presidente di giuria, non perdere l’occasione di iscrivere la tua opera alla nuova edizione dei Fabrique du Cinéma Awards direttamente su FilmFreeway. Affrettati! Le iscrizioni si chiuderanno il prossimo 16 novembre! Potresti vincere un importante montepremi! Per tutte le informazioni e per rimanere sempre aggiornato, consulta il sito ufficiale dei Fabrique du Cinéma Awards.

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Il concertone è finito, andate in pace https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/concertone-finito-andate-pace/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/concertone-finito-andate-pace/#respond Thu, 04 May 2017 08:19:14 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8175 Via Emanuele Filiberto chiusa al traffico è una romantica sinfonia da città dopo un bombardamento, con i semafori che cambiano colore nel vuoto di macchine e routine. Due camionette blindate annunciano blocchi di controlli e metal detector, sempre meno serrati degli stadi di Serie A. Il concerto è vicino. Un altro primo maggio a San […]

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Via Emanuele Filiberto chiusa al traffico è una romantica sinfonia da città dopo un bombardamento, con i semafori che cambiano colore nel vuoto di macchine e routine.

Due camionette blindate annunciano blocchi di controlli e metal detector, sempre meno serrati degli stadi di Serie A. Il concerto è vicino. Un altro primo maggio a San Giovanni incombe, sul palco ci aspetta tanta Italia e una scaletta non troppo ambiziosa, rispetto ai ricordi di fasti andati.

Il meltin’ pot di genti e sorrisi si ritrova sulle strade, tra i palazzi che rimbalzano i suoni del concerto ancora lontano, tutti si riscoprono più uniti con la cosa più multiculturale che c’è, che anticipa persino la musica, c’è un pallone che schizza in aria inseguito da mani e piedi multietnici, nel loro splendido linguaggio universale; tirare calci.

Ex-Otago

Entriamo nella piazza che va colmandosi e sul palco troviamo gli Ex-Otago che ci accolgono a Marassi, subito dopo che qualcuno ha dimostrato quanto sia facile ridicolizzarsi davanti a migliaia di persone, ricordandoci, con la più spietata banalità, che ogni emozione si ascolta col cuore e non con le orecchie. C’è bisogno di una birra.

La Press Area ci accoglie mentre Motta batte il suo tamburo, il vento impazza e la folla si anima dei primi entusiasmi sinceri. Ci muoviamo nell’area riservata cercando qualcosa da raccontare, troviamo solo una riunione di vecchi amici e giornalisti annoiati. Tutti con in mano un piattino di affettati, fave, pasta fredda e un bicchiere del vino in cartone più democratico che ci sia.

Gli Ex-Otago sono ora appollaiati su pochi sgabelli, in posa davanti al backdrop, e sono gli unici che rispondono alle domande di tutti. Massimo Marino si aggira spettrale intervistando persone che non sapremo mai chi siano. Tanti scrivono convulsamente sui loro laptop, seduti al coperto sotto i gazebo preposti, vivendo l’esperienza del concertone attraverso i televisori appesi qua e là.

Le persone che dovranno raccontare l’evento lo seguono filtrato dalla tv e ne sentono l’eco scomposto dell’enorme retropalco, tutto agghindato a lutto.

Le Luci della Centrale Elettrica si prendono la scena ma Vasco Brondi non è nella sua migliore giornata, un giornalista un po’ ubriaco in fila per il bagno, oltre a mostrarci la sua indifferenza all’ennesimo primo maggio, ci spiega che è lo stesso problema di sempre, gli strumenti regolati in cinque minuti, il sound check inesistente e il ritorno in cuffia che ovatta tutto. Di certo non ci siamo innamorati de Le Luci per la voce da usignolo di Brondi. La pazienza che gli concediamo viene ripagata quando lo sentiamo cantare «sono sacri gli interessi dell’Eni» proprio sotto al simbolo giallo, al cane a sei zampe che campeggia tra i main sponsor dell’evento.

Le luci della centrale elettrica

I tempi televisivi impongono un lungo stop e la noia lambisce tutti gli angoli del quartiere. Quando Levante riattacca sul palco siamo già usciti dal limbo del backstage, la notte incombe e la folla si agita danzando. La piazza col buio sembra più piena e la cantante siciliana illumina la serata, scaldando la scena prima che si manifesti il pezzo forte di giornata.

Sono gli Editors, che dall’Inghilterra portano pioggia fitta e musica che ti sorride. Non si scompongono neanche di fronte alla distesa di ombrelli che si dipana davanti a loro, alle persone che vanno a nascondersi sotto gli alberi, ai capannelli che occupano la piazza fino alle insegne luminose dei paninari in fila.

Il concerto torna indie quando sul palco si affacciano quei bei ragazzi de Lo Stato Sociale, con gli abiti privi di una manica e una gamba, salutano le mani che si levano nel pubblico e chiamano in causa il Ministro Poletti e le sue infelici uscite sul calcetto, tornando quindi al sempreverde linguaggio universale del calcio.

Lo Stato Sociale

I ragazzi ci suggeriscono di mettere dei curriculum nei nostri palloni, lanciandoli sulla folla e partendo con l’immortale Mi sono rotto il cazzo. Canzone che non si vergogna di cantare «tutti a lavoro in auto, ma una persona per auto per finanziare meglio l’Eni» sempre sotto al simbolo che si staglia maestoso ai loro lati. La piazza è già tutta loro, quasi non serve quella battuta su Salvini, però fa sempre ridere.

La sfilata prosegue con Gabbani in splendida forma, mentre noi aspettiamo Brunori Sas, con la sua verve da intellettuale anacronistico. Attacca con il nuovo album, tutto fila liscio e si conferma uno degli artisti più promettenti della scena.

Tra una canzone e l’altra sbrodola anche qualcosa a proposito del lavoro su se stessi e sull’aggregazione, poi per fortuna si scagiona annunciando la profonda falsità dei cantanti, ci strappa un sorriso e si libera dalla banalità a comando da impegno sociale.

Clementino pensa a introdurci il resto della serata, insieme a Camila Raznovich che ha finito la voce quando ancora il sole era alto, non sono finite invece le storie strappalacrime e piene di retorica tra una performance e l’altra. Dovrebbero richiamare Vasco Brondi, o aspettare Bennato, e farsi spiegare come si possa parlare di qualunque argomento senza scadere nella più scontata moralità a buon mercato.

Arriva Ermal Meta e lo segue proprio Bennato, che esordisce cantando una frase che dovrebbe essere da monito «via da quei luoghi comuni», nell’incipit della canzone Pronti a salpare, con il suo ossessivo ripetersi del titolo.

Samuel

Attendiamo di scoprire live la nuova solitudine di Samuel senza i Subsonica, e non delude neanche così, prima di congedarsi ci lascia cantando Vedrai, uno dei singoli più riusciti del nuovo album, un inno alla speranza che ci strilla in faccia che «se siamo ancora qui, vedrai che un motivo c’è…».

Quando, dopo di lui, i Planet Funk cantano Who Said capiamo quel motivo e ci emozioniamo dei nostri ricordi bambini, la nuova formazione del gruppo illumina la scena e fa saltare convulsamente la folla già agitata. I Public Service Broadcasting chiudono la serata mentre gli angoli della piazza si smussano di persone che raggiungono la metro anzitempo. Una ragazza dai capelli lunghi e castani balla da sola con gli occhi chiusi.

Qualcuno provvederà alla sporcizia e all’incuria. Un giorno qualcuno provvederà anche ai lavoratori. Forse.

 

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Giacomo Triglia, artista di videoclip https://www.fabriqueducinema.it/magazine/musica/giacomo-triglia-artista-videoclip/ Sat, 29 Apr 2017 10:42:50 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8092 Babbo Natale riverso sull’asfalto. Un’ambulanza con le luci accese e un paramedico che arriva a grandi passi per soccorrere il ferito. È questa immagine così surreale, difficile da cancellare dalla mente, a darci il benvenuto nel video del brano di Brunori Sas La verità, singolo di punta di A casa tutto bene, il suo ultimo album. L’immaginifico video, […]

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Babbo Natale riverso sull’asfalto. Un’ambulanza con le luci accese e un paramedico che arriva a grandi passi per soccorrere il ferito.

È questa immagine così surreale, difficile da cancellare dalla mente, a darci il benvenuto nel video del brano di Brunori Sas La verità, singolo di punta di A casa tutto bene, il suo ultimo album. L’immaginifico video, che racconta la storia struggente di due Babbi Natale assai diversi, è farina del sacco di Dario Brunori. A tradurre in immagini questa fiaba moderna dal sapore dolceamaro è, però, il regista Giacomo Triglia, autore affermato nel mondo dei videoclip nostrano.

Calabrese proprio come Brunori, Giacomo Triglia deve all’incontro col musicista l’esordio sulla scena del videoclip. «Nel 2009 vivevo a Reggio Calabria e curavo la direzione artistica di un festival di video e fotografia» racconta Giacomo. «Lì ho incontrato Dario Brunori che aveva un progetto musicale appena nato. Abbiamo deciso di fare il primo video insieme e mi sono trasferito a Cosenza. Sono stato io a scegliere il singolo, Come stai, che ha iniziato a circolare e da lì ho avuto richieste piuttosto consistenti. Per Brunori ho girato sei video e un docufilm di 40 minuti per SkyArte, Brunori Sas – A casa tutto bene, in cui si racconta il nuovo disco».

Ci sono artisti più legati al videoclip tradizionale in cui viene riprodotta la situazione del concerto e ci sono artisti che amano raccontare vere e proprie storie in pochi minuti. Ma come nasce l’idea per un videoclip? Nel caso di Giacomo Triglia il processo è molto naturale. «Lavoro nel settore dal 2009 e collaboro spesso con Sony e Universal. I discografici ormai conoscono il mio lavoro e sanno già quali artisti affidarmi. Vengo contattato dall’etichetta che mi propone il brano e partendo dalla canzone presento un’idea. Mi lascio ispirare dal pezzo, dal genere musicale, dal testo. A volte parto da una singola scena e poi le dò senso costruendoci una sceneggiatura intorno. Non esiste una formula precisa, ogni video è diverso dall’altro».

I video realizzati da Giacomo per Brunori, Afterhours, Irene Grandi, Zero Assoluto, Francesca Michielin e molti altri nomi importanti denunciano uno sguardo cinematografico e un gusto raffinato per la narrazione. Il regista calabrese ammette: «Ho visto sempre pochissimi video musicali, da giovane non guardavo molto MTV. I miei riferimenti sono cinematografici. Sono cresciuto con Fuori Orario e considero Enrico Ghezzi il mio padre putativo. Ho iniziato girando corti, ma ho smesso perché ho cominciato a lavorare nel videoclip e le commissioni sono arrivate una dopo l’altra. Mi piacerebbe tornare a sviluppare progetti miei, ma per ora non ne ho il tempo».

Sarà questa originalità nello sguardo nutrita da visioni cinematografiche che gli ha permesso di farsi un nome nel settore fino a diventare uno dei registi più ricercati, anche da artisti notoriamente “difficili”. «Di solito mi danno carta bianca. Quando i discografici sanno di avere tra le mani artisti particolarmente esigenti interpellano più registi, ma alla fine sono sempre riuscito a ottenere il lavoro. Quando ho girato il video degli Afterhours Non voglio ritrovare il tuo nome, l’idea iniziale era girare solo il playback con la band. Tutto il resto è venuto in un secondo momento. Manuel Agnelli ha visto il montaggio e gli è piaciuto talmente tanto che abbiamo deciso di aggiungere delle parti più narrative, scene ispirate a fotografie. Dopo aver visto il video, mi chiedono tutti se Manuel è così cattivo, in realtà con lui ho lavorato benissimo. Anche Francesca Michielin è molto esigente, sa esattamente ciò che vuole e quando non è soddisfatta del montaggio ci lavoriamo su insieme. Di solito interviene molto, ma alla fine l’idea è sempre la mia e poi anche con lei ho girato sei video, quindi il mio stile le piace».

Tra tante soddisfazioni derivate dalle sue opere, una battuta di arresto è arrivata quando il regista è incappato nella censura di YouTube. Niente di plateale, naturalmente, ma un tantino sorprendente. «Per Demartino ho realizzato il video di Non siamo gli alberi. Protagonista è una coppia che fa l’amore, ma il tutto viene mostrato al contrario. Si apre con loro nudi a letto e termina quando sono vestiti, all’inizio del rapporto. Non è un video spinto, non si vede molto, ma dopo tre giorni di pubblicazione deve essere arrivata qualche segnalazione perché Youtube ha imposto la censura ai minori di 18 anni».

Come è facile intuire dalle sue parole, per Giacomo la storia è uno degli ingredienti essenziali dei videoclip. L’altro è l’ambientazione, spesso in esterni, occasione per valorizzare scorci inediti della sua Calabria: «È ovvio che quando penso a una location mi vengono subito in mente i miei luoghi, ma non è una questione patriottica» chiarisce il regista. «Io amo girare dappertutto, ma a volte costruisco l’idea su una location specifica perché qui ci sono zone molto suggestive. L’idea di Battito di ciglia di Francesca Michielin è costruita su un antico fortino, una location bellissima e molto particolare che abbiamo usato come leitmotiv del video».

Vista la natura narrativa dei suoi lavori, viene spontaneo chiedersi se abbia mai avuto difficoltà nel far recitare i cantanti con cui ha lavorato: «Di solito non ho problemi. I cantanti sono abituati a stare sotto i riflettori. Quando scrivo io so già se l’artista sarà in grado o meno di fare le cose che ho in mente per lui. Gli unici artisti a cui ho richiesto performance più attoriali, al di là del classico playback, sono Afterhours, Irene Grandi, in parte Dario Brunori ed Eugenio Finardi. A Finardi, per il video di Passerà, abbiamo fatto guidare il trattore. Ecco, se devo dire la verità, vederlo sul trattore è stato l’unico momento in cui ho avuto una certa ansia».

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