Boris Sollazzo Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Fri, 15 Sep 2017 12:36:20 +0000 it-IT hourly 1 Festival: i premi aiutano i giovani https://www.fabriqueducinema.it/education/tavole-rotonde/festival-premi-aiutano-giovani/ https://www.fabriqueducinema.it/education/tavole-rotonde/festival-premi-aiutano-giovani/#respond Fri, 15 Sep 2017 12:36:20 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=9266 La location – lo spazio della Regione Veneto che dal 1932 ospita il festiva cinematografico più antico del mondo – è quella della cultura: qui, nell’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, si è svolta la tavola rotonda promossa da Fabrique che si è interrogata proprio sull’utilità e l’opportunità di festival e manifestazioni […]

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La location – lo spazio della Regione Veneto che dal 1932 ospita il festiva cinematografico più antico del mondo – è quella della cultura: qui, nell’ultima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, si è svolta la tavola rotonda promossa da Fabrique che si è interrogata proprio sull’utilità e l’opportunità di festival e manifestazioni cinematografiche in generale.

A ciascuno il suo premio: festival e territorio tra indotto, identità ed empowerment locale il titolo dell’incontro, animato da un parterre di livello, con i direttori di alcune tra le manifestazioni più importanti: Giorgio Gosetti, membro del direttivo dell’AFIC (Associazione Festival Italiani di Cinema), Boris Sollazzo, Codirettore dell’Ischia Film Festival, Pedro Armocida, Direttore della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, Roberto De Feo, Distributore cinematografico Prem1ere Film e coproduttore dei Fabrique Awards, Daniele Urciuolo, produttore cinematografico e direttore, tra gli altri, del Catania Film Fest e Valerio Carocci, Presidente dell’Associazione Piccolo America. Assieme a loro Elena Mazzocchi, qui nella duplice veste di Direttore Editoriale della nostra rivista e Responsabile dei Fabrique Awards, il premio dedicato alla creatività e alla sperimentazione in ambito filmico nato con lo scopo di dare il giusto riconoscimento a quanti nel cinema si impegnano con ogni mezzo a dar vita a progetti originali sia nelle forme che nei contenuti. Ha moderato il dibattito Ilaria Ravarino, giornalista e Direttore Responsabile di Fabrique.

Proprio Elena Mazzocchi ha aperto il dibattito, presentando insieme a Roberto De Feo le novità di quest’anno, con un premio – Fabrique Awards, che si celebrerà a Roma il 15 dicembre – che per la prima volta apre alle cinematografie internazionali, aggiungendo alle cinque categorie in concorso delle passate edizioni del Premio Fabrique (Miglior opera prima, Miglior opera innovativa e sperimentale, Attore rivelazione, Attrice rivelazione e Miglior tema musicale) ulteriori sezioni: Miglior film, Miglior cortometraggio, Miglior sceneggiatura, Migliore webserie e Miglior documentario.

Il dibattito subito si anima, con Boris Sollazzo, codirettore di Ischia, «un festival di locations, che vive proprio grazie al suo legame col territorio», che sottolinea quanto fondamentale e gratificante sia la risposta del pubblico a questo tipo di manifestazioni: «Vedere John Turturro applaudito da una platea entusiasta non meno di lui di essere in un luogo magico come Ischia» è uno dei segnali che dicono come un progetto culturale a cui si lavora con passione e competenza sia prezioso e riconosciuto dal pubblico. Ma, si chiede anche il giovane direttore, con una punta di provocazione, non sono forse troppi i premi cinematografici in circolazione in Italia?

 

«Al contrario, i premi servono – risponde Elena Mazzocchi – soprattutto ai giovani autori. L’idea che sottende i Fabrique Awards è proprio quella di evidenziare quanto ci sia di innovativo e creativo nel panorama italiano, e che spesso, ma non necessariamente, si sposa anche con criteri anagrafici». «Un festival – aggiunge Giorgio Gosetti – deve rispondere a due precise caratteristiche, identità e necessità, due delle parole chiave dello statuto dell’AFIC, che sono ancora oggi i due valori in cui crediamo di più. L’identità è data da un vero progetto culturale, mentre cosa sia la necessità ce lo dice il pubblico: un festival vuoto non è mai un festival necessario. Un festival, se non lo si costruisce per lo spettatore, non ha senso farlo».

la tavola rotonda sui festival di Fabrique a Venezia 74Di spettatori ha parlato anche Daniele Urciuolo, raccontando la sua esperienza a Catania, «una splendida piazza, che tra centro città e comuni della provincia conta 600.000 abitanti e potenziali utenti». E proprio il suo festival è tra quelli più radicati sul territorio, «riuscendo a portare sul palco ospiti spesso legati alla Sicilia, dagli attori (Stella Egitto e Katia Greco su tutti) a tecnici, direttori della fotografia, operatori, montatori».

Ugualmente fruttuosa rispetto al rapporto con il territorio è l’esperienza di Pedro Armocida, direttore di un festival dalla spiccata connotazione culturale. «Pesaro nasce nel 1975, fondato da Lino Micciché e Bruno Torri. Fin dagli inizi è stato uno principali festival internazionali, e ha ospitato intellettuali come Pier Paolo Pasolini, Roland Barthes, Umberto Eco, Roberto Rossellini. Il nostro impegno è quello di mantenere quell’ispirazione, anche dando vita a momenti unici che avvengono solo durante il festival. Ad esempio ci stiamo specializzando sulla pellicola, che a torto si penserebbe superata, e abbiamo una sala interamente dedicata a questo tipo di proiezioni, con i cineasti che commentano con il pubblico il loro lavoro. E qualche volta il pubblico ci sorprende, come quando ha riempito la sala del film supertintellettuale con i sottotitoli, snobbando quella che proiettava il blockbuster americano».

la tavola rotonda sui festival di Fabrique a Venezia 74

Con Valerio Carocci si è passati infine ad analizzare un fenomeno forse più marginale ma di grande impatto, come l’esperienza dell’arena del Festival Trastevere Rione di Cinema, «nato come un atto politico per ottenere la riapertura della storica sala del Cinema America». Muovere dalla politica alla cultura è stato un passo necessario, ottenuto – puntualizza Valerio Carocci – anche «imparando da quanti, come i direttori qui presenti, hanno un’esperienza di peso alle spalle. Quello che forse a Roma manca è un festival che dialoghi davvero con la città, che abbia la città come sua perla principale. Trastevere è il rione del cinema, quello con più sale chiuse e aperte, quello con il maggior numero di set attivi, e volevamo raccontare questa esperienza, questo rapporto tra cinema e territorio». E conclude: «la nostra presenza ha anche apportato una serie di vantaggi a tutto l’indotto: si pensi ad esempio al mercato rionale che era sempre solo aperto al mattino e che quest’anno abbiamo portato ad aprire anche di notte».

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Boris Sollazzo, a Ischia un direttore under 40 https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/boris-sollazzo-ischia-un-direttore-under-40/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/italia/boris-sollazzo-ischia-un-direttore-under-40/#respond Sat, 24 Jun 2017 11:50:47 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8821 Un under 40 alla direzione di un festival di cinema: è successo a Ischia Film Festival (24 giugno – 1 luglio), con l’ingresso del 39enne Boris Sollazzo alla guida della manifestazione, in tandem con il precedente direttore e fondatore Michelangelo Messina. Un caso interessante di avvicendamento generazionale – processo virtuoso già collaudato in Campania dal Salerno […]

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Un under 40 alla direzione di un festival di cinema: è successo a Ischia Film Festival (24 giugno – 1 luglio), con l’ingresso del 39enne Boris Sollazzo alla guida della manifestazione, in tandem con il precedente direttore e fondatore Michelangelo Messina. Un caso interessante di avvicendamento generazionale – processo virtuoso già collaudato in Campania dal Salerno Film Festival e dal Napoli Film Festival – che porta linfa nuova a un evento dall’importante ricaduta culturale sul territorio, che attribuirà quest’anno il premio IQOS alla carriera a John Turturro e ospiterà numerosi artisti nazionali (tra gli altri: Claudia Cardinale, Alessandro Borghi, Isabella Ragonese, Daniele Vicari, Toni D’Angelo, Maccio Capatonda, Walter Veltroni, Jasmine Trinca, Sergio Castellitto). Fabrique ha incontrato Boris Sollazzo, giornalista, critico e già firma brillante del giornale, per capire che rotta prenderà Ischia Film Festival – e come ci si senta a passare, prima di aver compiuto 40 anni, dalla coperta al timone della nave.

la veduta di Ischia e il suo festival
la veduta di Ischia e il suo festival

Come sei arrivato alla direzione di Ischia Film Festival?
È una manifestazione con la quale ho a che fare da sette anni. Ho iniziato presentando la serata finale, era saltata la persona che avrebbe dovuto condurla e lo chiesero a me. Accettai subito, perché fin dalla prima edizione ho sempre amato la passione con cui veniva portato avanti il festival: avevano pochissimi finanziamenti e si impegnavano in prima persona pur di portare grandi nomi e film di valore. Nei miei confronti hanno avuto un atteggiamento completamente meritocratico. Ogni anno facevo qualcosa in più per loro, ogni volta mi lasciavano un po’ di spazio in più. E alla fine è arrivata questa proposta.

Perché la co-direzione con Michelangelo Messina?
Il festival nasce quando Messina aveva quarant’anni. Ed esattamente quindici anni dopo, Messina ha fatto qualcosa che in Italia non fa nessuno: ha preso la propria creatura, quella che si è cresciuto da solo e l’ha messa in mano a qualcuno che sì l’ha amata, ma non è nemmeno tra i fondatori. Mi ha invitato a pranzo a Ischia a gennaio, a pochi giorni dalla fine della mia esperienza con Giornalettismo, e mi ha proposto la direzione del festival. Mi ha fatto un lungo discorso sull’importanza del passaggio dal vecchio al nuovo, sul ricambio generazionale: era disposto a lasciarmi al vertice da solo, mettendosi comunque a disposizione. Per me però non aveva alcun senso che lui smettesse di essere il direttore del festival. Se Ischia Film Festival è quello che è oggi, lo si deve a lui e a sua moglie Enny Mazzella, presidente dell’associazione che organizza la rassegna. E poi io sono convinto di una cosa: il segreto del ricambio generazionale non consiste nel succedersi, ma nel collaborare insieme.

Il pubblico del festival di Ischia
Il pubblico del festival di Ischia

Non bisognerebbe ucciderli, i padri?
Secondo me è un errore, questo insistere sessantottinamente sul fatto che si debba uccidere i padri. Per me l’importante è non smettere mai di picchiarsi, con i padri. Ucciderli significa negare un’esperienza, sovrapporvi la propria. E trasformarsi automaticamente in padre, in vecchio. E poi Michelangelo è un fratello maggiore: in un paese in cui non mollano nulla a 80 anni, lui pensa al ricambio generazionale a poco più di 50.

Quali sono le caratteristiche di un buon direttore di festival?
È un lavoro che ho scoperto adesso, molto diverso da come lo immaginavo. Il direttore di festival è una specie di sindaco: ha la responsabilità di tutto ciò che accade, ma non ha le competenze necessarie per fare ogni cosa. Deve essere abbastanza umile da capire a chi delegare quel che non può o non sa fare e abbastanza presuntuoso per mettere bocca su tutto. In pratica o ti senti dio, o ti senti un cretino – di solito a seconda di come vanno le telefonate che fai per invitare film e ospiti. Bisogna essere dotati di buonsenso, saper riconoscere l’identità culturale e territoriale del festival e capire che ogni cambiamento che si vuole apportare funziona solo se risponde a quella determinata logica. Serve coraggio, serve una capacità sovrumana di lavoro sul breve e medio termine, e infine serve non aver paura di prendere il buono che si è visto altrove. Ho apprezzato tanto i festival di Locarno e San Sebastian e non mi vergogno a dire che nel mio lavoro c’è una parte di quelle esperienze. Ho lavorato con Giorgio Gosetti alle Giornate degli Autori a Venezia e con Felice Laudadio a Taormina e alla Casa del Cinema di Roma: pesa anche il loro lavoro, in quel che faccio.

Qual è il tuo contributo a questa edizione di cui sei più orgoglioso?
La presunzione di andare oltre al classico prodotto da festival. Fermo restando che questa edizione è il primo percorso di un’idea che si svilupperà pienamente solo nel tempo, ho cercato di superare i getti e le definizioni in cui si tende a rinchiudere il cinema. In questo senso per me è importante la sezione Under the Sky, che si svolgerà prevalentemente nella sala più “alta” che abbiamo, in collaborazione con Sky. Mostreremo due serie, The night of e 1993, ma non ci limiteremo alle prime due puntate: le proietteremo per intero. L’idea è quella di far riflettere il pubblico sulle serie TV, che vivono oggi un momento insieme alto e pericolosissimo: non ci interessava fare il giochetto promozionale per cui ti accaparri il talent ma te ne freghi del prodotto nella sua interezza. Spero che il prossimo anno Under the Sky ospiti anche altre idee, web series, Instagram Stories… qualsiasi novità di qualità, insomma, indipendentemente dal formato.

Che consigli daresti a chi volesse fare questo lavoro?
Non aver paura delle idee: autocensurarsi è il modo migliore per non realizzarle. Ci vuole tenacia, forza d’animo, e bisogna essere idealisti: i festival non li fai certo per soldi. Bisogna pensare di farli perché si ama il cinema e il posto in cui li si vuole organizzare, avendo la presunzione di volerli migliorare entrambi… o almeno di dare un contributo.

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