Barbora Bobulova Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 19 Jul 2023 13:10:51 +0000 it-IT hourly 1 Il sol dell’avvenire. Il Moretti che aspettavamo da tanto https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/il-sol-dellavvenire-il-moretti-che-aspettavamo-da-tanto/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/il-sol-dellavvenire-il-moretti-che-aspettavamo-da-tanto/#respond Thu, 20 Apr 2023 13:28:32 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18399 Dopo la prova opaca di Tre piani torna da protagonista Nanni Moretti. Dalle prime immagini Il sol dell’avvenire trasmetteva già buone sensazioni, ma alla visione si rivela come una folgorante rinascita. Il suo alter ego è Giovanni, regista autoriale e navigato, che tanto gli somiglia, alle prese con il suo set ambientato nel quartiere Quarticciolo […]

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Dopo la prova opaca di Tre piani torna da protagonista Nanni Moretti. Dalle prime immagini Il sol dell’avvenire trasmetteva già buone sensazioni, ma alla visione si rivela come una folgorante rinascita. Il suo alter ego è Giovanni, regista autoriale e navigato, che tanto gli somiglia, alle prese con il suo set ambientato nel quartiere Quarticciolo di una Roma del ’56, dove il Partito Comunista raccordava parti importanti della vita e del lavoro delle persone.

Moretti escogita un intreccio di metacinema tra la Roma borghese attuale, popolata di personaggi assortiti, ognuno con la sua piccola fragilità, ognuno con la sua stortura, e il quartiere popolare di quasi settant’anni fa. Da psicoterapeuti che rispondono al telefono durante le sedute a produttori francesi dalla doppia vita; da registi ciecamente dediti a una compiaciuta violenza filmica fino ad attrici impuntate sull’improvvisare oltre il copione. Queste e tante altre le piccole e grandi rigidità e tic Moretti ce li fotografa nella sua nuova galleria con una lucidità giocosa e pedante a fasi alterne.

Il regista si prende cura dello spettatore con lezioni di cinema e sogni politici rivolti al passato togliattiano, ma profondamente attinenti alle tante svolte che hanno portato a oggi. Ma ipotizza pure un Quarticciolo ancora senza luce negli anni Cinquanta, e magari qualcuno potrebbe prendersela per la licenza, più che poetica, cinematografica. Resta il fatto che Moretti mostra a modo suo l’impegno politico attraverso il grande schermo con Silvio Orlando e Barbora Bobulova, segretario di sezione del PCI lui, sua moglie sarta tesserata e militante lei. Grazie a loro, la comunità artistica di un circo ungherese fuggito dalle repressioni sovietiche troverà il sostegno del PCI e del quartiere. Barbora e Silvio sono gli attori che seguono Giovanni, anche se i sabot della prima saranno motivo di reprimende morettiane da consegnare all’immaginario dei fan. 

Tanto autocitazionismo negli stilemi, inevitabile per un grande vecchio – lo fa anche Spielberg nel suo ultimo lavoro – ma anche tanto puro morettismo che inevitabilmente dividerà. Ma la costruzione del pastiche è così complessa e ricca di stratificazioni che potrebbe coinvolgere anche ben oltre il pubblico degli aficionados. Certo, Cannes arriva tra un mese, e l’affermazione sulla Croisette dov’è in concorso, spingerebbe Il sol dell’avvenire ulteriormente. 01 Distribution intanto scommette impegnandoci ben 500 sale.

Ed è una scommessa anche per i produttori. Nel ruolo della moglie produttrice di Giovanni abbiamo una Margherita Buy schiacciata dallo sguardo iperuranico del marito regista. E grazie a lei, Moretti, insieme alle sceneggiatrici Francesca Marciano, Federica Pontremoli e Valia Santella, ci schiude le vie alternative, professionali e non, di una donna giunta al capolinea del proprio matrimonio. La fotografia di Michele D’Attanasio esplode meglio che in Tre piani per lscelta del colore. Splendidi poi nella loro leggerezza musicale gli intermezzi sognanti ed estemporanei con Blu Yoshimi e Michele Eburnea, in un’epoca a metà strada tra il ’56 e il nostro 2023. Certo anche Moretti, come tanti registi italiani, non molla il vizietto della cantatina corale in macchina. Ma è con i suoi ben noti cliché che torna in sala un Nanni profondamente autoironico e giocoso, proprio passando attraverso la sua stessa pedanteria. Come il grande soliloquio sul set di un giovane regista assetato di sangue, al quale metterà i bastoni tra le ruote. Scena surreale, ma al tempo stesso lezione di cinema altissima quanto tragicomica perché disseziona il concetto di violenza estetizzata. Una sequenza della quale si parlerà certamente in futuro.

il sol dell'avvenire
Silvio Orlando e Barbora Bobulova,

Il sol dell’avvenire si scopre come il lavoro più complesso e multiforme di Moretti. Quindi giù con stilettate folgoranti al mercato delle piattaforme streaming; lo sguardo sensibile contro pregiudizi sull’omosessualità; la riflessione sull’accettazione di coppie etero con età molto distanti; le co-distribuzioni internazionali “strada facendo” necessarie alla sopravvivenza di un set; il musical come punteggiatura estetica; dire qualcosa di sinistra attraverso il cambiamento sociale a prescindere dalle bandiere rosse; la sostituzione della vespa coi monopattini elettrici; l’egocentrismo pervicace dei vecchi, registi e non; l’impiego di grandi attori europei come Mathieu Amalric, Jerzy Stuhr, Zsolt Anger; e alcune curiose preveggenze. Una è il pericoloso orso fuggito dal circo, sembra scritto apposta pensando al triste caso JJ4. Invece il film è stato girato l’anno scorso, in estate, e con la sua vitalità fa centro perché fa ridere e commuovere.

 

 

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Romantiche. Pilar Fogliati è “un sacco bella” https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/romantiche-pilar-fogliati-e-un-sacco-bella/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/opera-prima/romantiche-pilar-fogliati-e-un-sacco-bella/#respond Wed, 08 Feb 2023 13:46:30 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18174 Quest’inverno ha tenuto compagnia al pubblico delle piattaforme con una serie commedia sull’anima gemella da trovare entro Natale per sfidare la propria famiglia. Ma in Odio il Natale era solo protagonista Pilar Fogliati. Nel suo film Romantiche invece fa molto di più. Scrive la sceneggiatura con Giovanni Veronesi e Giovanni Nasta, esordisce dietro la macchina […]

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Quest’inverno ha tenuto compagnia al pubblico delle piattaforme con una serie commedia sull’anima gemella da trovare entro Natale per sfidare la propria famiglia. Ma in Odio il Natale era solo protagonista Pilar Fogliati. Nel suo film Romantiche invece fa molto di più. Scrive la sceneggiatura con Giovanni Veronesi e Giovanni Nasta, esordisce dietro la macchina da presa, ma soprattutto interpreta le quattro protagoniste con le caratteristiche che ricalcano il suo famoso video virale dove s’immergeva in parlate e tipologie di ragazze romane a seconda dei quartieri e delle estrazioni sociali. Un inconsueto e gustoso reel di quelli che restano impressi.

Roma si fa crocevia delle avventure e disavventure di queste quattro ragazze di belle speranze, ognuna molto diversa dalle altre, ma tutte in cerca di realizzare i propri sogni o mantenere il proprio status. C’è Tazia, fidanzata determinata e bulletta di Roma Nord che insieme alle sue amiche parioline dovrà affrontare una sfida inaspettata; Michela, giovane e morigerata negoziante, prepara il suo matrimonio a Guidonia cercando di sopravvivere ai parenti del promesso sposo; la logorroica Eugenia invece fugge da Palermo per diventare sceneggiatrice nella città del cinema; e infine Uvetta, giovane nobile un po’ boccalona, deciderà di tuffarsi nel mondo del lavoro per conoscere gente nuova. O cambiar vita, chissà.   

Ha trent’anni Pilar Fogliati, quanto Carlo Verdone quando uscì Un sacco bello quasi 40 anni fa. Altra epoca, tre personaggi maschili, ma stessa esigenza di portare al cinema i tic della propria generazione, del proprio tempo e della loro stessa città. Roma appunto. Fogliati, divide tutto in capitoli netti, scrolla visivamente le sue protagoniste sulla home di un social per proporci le storie delle sue quattro romane, ma soprattutto le raccorda attraverso lo studio della psicoterapista Barbora Bobulova, dove tutte loro finiranno per raccontarsi e cercare di riprendere le redini ognuna della propria vita un po’ scombussolata.

Un pizzico buonista negli intenti, ma bilanciata grazie ad alcuni sketch spietati e gustosi, Fogliati sbeffeggia il mondo dei sogni di gloria legati al cinema; scoperchia punzecchiandole certe ipocrisie dei ricchi, che siano nobili o soltanto borghesi; e con leggerezza racconta il modernissimo tabù del denaro e altre paure e rigidità della classe lavoratrice. Fa parlare la provincia microimprenditrice quanto i quartieri agiati, fino ai non luoghi nobili dove il lavoro è considerato poco più di un esotico hobby. Il romanticismo inseguito dal titolo sembra più un’amara chimera quindi, ma proprio in questo spazio liminale lo zampino di Veronesi si fa sentire in alcune sequenze.

RomanticheNel cast sono spalle di Fogliati alcune belle facce da commedia brillante come Giovanni Anzaldo, Emanuele Propizio, Diane Flerì, Ubaldo Pantani, il veterano Rodolfo Laganà, e poi un’outsider, Levante, che oltre a un cameo dove interpreta sé stessa, firma musiche e canzoni per il film. Proponendo comicità e tormentoni tutti al femminile, Romantiche, che sarà al cinema dal 23 febbraio 2023, distribuito da Vision Distriburtion, si presenta come un esordio un sacco bello, e chissà se nell’immaginario dei millenial Fogliati imbroccherà la stessa buona strada di Verdone.

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RomaFF13, i volti del cinema italiano fotografati in esclusiva da Fabrique! https://www.fabriqueducinema.it/focus/romaff13-i-volti-del-cinema-italiano-fotografati-in-esclusiva-da-fabrique/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/romaff13-i-volti-del-cinema-italiano-fotografati-in-esclusiva-da-fabrique/#respond Fri, 02 Nov 2018 08:35:19 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11728 La Festa del Cinema di Roma ha da sempre dedicato grande spazio al cinema nazionale, invitando ogni anno numerosi attori e registi italiani. Anche questa tredicesima edizione non è stata da meno, tanto che Fabrique du Cinéma non poteva mancare. Scopri Gabriele Muccino, Claudia Gerini, Alessio Boni e tutti gli altri protagonisti di RomaFF13 nel nostro […]

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La Festa del Cinema di Roma ha da sempre dedicato grande spazio al cinema nazionale, invitando ogni anno numerosi attori e registi italiani. Anche questa tredicesima edizione non è stata da meno, tanto che Fabrique du Cinéma non poteva mancare. Scopri Gabriele Muccino, Claudia Gerini, Alessio Boni e tutti gli altri protagonisti di RomaFF13 nel nostro esclusivo servizio fotografico!

Ph. Riccardo Riande
Ph. assistant Alessandra Sforza

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Venezia 75: Saremo giovani e bellissimi, il film musicale di Letizia Lamartire https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-saremo-giovani-e-bellissimi-il-film-musicale-di-letizia-lamartire/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/venezia-75-saremo-giovani-e-bellissimi-il-film-musicale-di-letizia-lamartire/#respond Mon, 03 Sep 2018 08:28:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=11232 La Mostra del Cinema di Venezia quest’anno è stata travolta dalla musica e sono le donne a guidare la tendenza: da Lady Gaga, attrice protagonista in A Star Is Born di Bradley Cooper, a Natalie Portman che si fa pop star in Vox Lux diretto da Brady Corbet, senza dimenticare la vicenda incredibile raccontata nel […]

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La Mostra del Cinema di Venezia quest’anno è stata travolta dalla musica e sono le donne a guidare la tendenza: da Lady Gaga, attrice protagonista in A Star Is Born di Bradley Cooper, a Natalie Portman che si fa pop star in Vox Lux diretto da Brady Corbet, senza dimenticare la vicenda incredibile raccontata nel documentario Arrivederci Saigon di Wilma Labate. Se è nata una star forse è però proprio Letizia Lamartire con Saremo giovani e bellissimi, unico film italiano in concorso alla Settimana Internazionale della Critica. Gli affezionati ricorderanno la giovane regista dalla proiezione dell’anno scorso, con l’indimenticabile corto Piccole Italiane.

L’opera prima di Letizia Lamartire è un film musicale che racconta la storia di Isabella: una star degli anni Novanta, con un unico singolo di successo, che ormai quarantenne si ritrova a suonare vecchie canzoni nei pianobar con Bruno, il figlio ventenne.

Saremo giovani e bellissimi, sullo sfondo di un’incantevole Ferrara, è soprattutto la storia di un rapporto speciale e fuori dagli schemi, quello tra una madre e un figlio che usano la musica per capirsi. Canzoni e dialoghi, anche grazie a un buon montaggio di Fabrizio Franzini, portano avanti una narrazione ritmata, con pochi rallentamenti. La bellissima Barbora Bobulova, brava anche a cantare, interpreta con naturalezza Isabella e Alessandro Piavani trova una dimensione credibile nel lasciarsi vivere di Bruno, che scrive la sua musica di nascosto – quei testi in inglese dal sound indie-rock, così distanti dalla musica della madre.

saremo giovani e bellissimi

I due vivono incastrati in una relazione ambigua e morbosa. Isabella fa parte di quella generazione di genitori che hanno usato i figli per perpetrare i propri sogni infranti, mentre Bruno sembra nato per adorarla, occuparsi di lei e accompagnarla alla chitarra nei live al Big Star. Ricopre però più la figura dell’amante che quella del figlio: gelosie, nevrosi, ripicche, baci a fine concerto e un memorabile litigio durante una cena a quattro. Bruno le perdona tutto, è affascinato e forse è anche un po’ innamorato di questa donna sexy, immatura e fragile, senza maschere.

Intorno a Isabella gravitano altri personaggi, la madre che era stata troppo severa con lei in gioventù, l’ex fiamma e Umberto (Massimiliano Gallo), il nuovo interesse romantico, alla quale vengono affidate quasi tutte le gag del film. Personaggi che restano comunque un contorno: la relazione madre-figlio catalizza tutta l’attenzione e anche la trama non lascia troppo spazio alle storyline secondarie.

Curioso come le relazioni sembrino svilupparsi tutte in triangoli sentimentale: tra Isabella, Bruno e la musica, tra Bruno, la madre e Arianna e tra Isabella, Umberto e Bruno. Tutto cambia proprio con l’arrivo di Arianna (Federica Sabatini), la giovane leader di un gruppo rock-underground. Bruno ne è subito attratto e, da questo punto in poi, la promessa anticonvenzionale del film viene un po’ infranta; si inizia a giocare su terreni già battuti. Tutti maturano, comprendono i propri sbagli e crescono. Isabella si ravvede, come se fosse necessario, ed è un peccato. Il coraggio iniziale di dare spazio alla narrazione di una donna differente e lontana dal senso di colpa e dagli stereotipi, si va via via affievolendo e il film abbandona le premesse perturbanti.

saremo giovani e bellissimi

Il lato musicale resta un punto centrale e decisamente riuscito, la musica di Matteo Buzzanca guida tutto: i tre generi suonati dai personaggi sono visibilmente il punto zero della loro creazione, il loro aspetto, i costumi e ogni più piccolo dettaglio. Dopotutto, il film unisce le due più grandi passioni di Letizia Lamartire, musica e immagine, la giovane regista condensa con competenza e autenticità gli anni di studio in conservatorio e le notti passate a suonare nei pub baresi.

L’altro punto di forza di questo film sono i personaggi, soprattutto Isabella. Letizia Lamartire riesce a ritrarre una donna che non vuole crescere, contraddittoria, simpatica e insopportabile insieme. Una quarantenne intrappolata nel passato, non ancora pronta a guardare in faccia la realtà e abbandonare l’illusione del successo. Lo spettatore forse lo capisce ancora prima della protagonista stessa, che non è la gravidanza inaspettata ad averle stroncato la carriera. Ammettere di non essere mai stata brava abbastanza è difficile, non per orgoglio ma per una questione d’identità. Isabella a quel punto avrebbe dovuto domandarsi: se non sono una star, se non sono la mia musica, cosa sono? Ed è quello il nodo che bisognava sciogliere e approfondire, il grumo pulsante della vicenda.

L’opera prima di Letizia Lamartire è nel complesso un film piacevole, con una regia composta che cerca a tratti di osare, con ottimi risultati. La sceneggiatura ha i suoi difetti, ma ha dato vita a dei personaggi affascinanti, nonostante un’evidente – ma comprensibile, per un’esordiente – paura di rischiare. Se Isabella è stata una meteora, ci auguriamo che il talento di Letizia Lamartire brilli ancora nel panorama del nuovo cinema italiano. C’è bisogno di registe, personaggi femminili tridimensionali e sogni impossibili che solo il cinema può realizzare, come quello di rimanere per sempre giovani e bellissimi, ingannando il tempo.

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Festival di Cannes: “Cuori puri” https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-cuori-puri/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-cuori-puri/#respond Thu, 25 May 2017 08:44:25 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8613 Siamo forti, a questa Quinzaine. Amatissimo e applauditissimo anche Cuori puri, terzo e ultimo film italiano della sezione, lungometraggio d’esordio di Roberto De Paolis, che arriva alla prima regia dopo un percorso composito che è partito dalla fotografia (con esposizioni in tutta Europa) e la video arte. C’era un’energia particolare nella sala dell’Hotel Marriott, sede […]

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Siamo forti, a questa Quinzaine. Amatissimo e applauditissimo anche Cuori puri, terzo e ultimo film italiano della sezione, lungometraggio d’esordio di Roberto De Paolis, che arriva alla prima regia dopo un percorso composito che è partito dalla fotografia (con esposizioni in tutta Europa) e la video arte.

Simone Liberati in una scena di Cuori puri

C’era un’energia particolare nella sala dell’Hotel Marriott, sede della Quinzaine: oltre a tutto il cast del film e a buona parte della troupe, era presente anche Jonas Carpignano, e una congiuntura astrale favorevole ci ha permesso di godere del film seduti accanto niente di meno che a Ed Lachman, affascinato durante la proiezione e molto contento all’accensione delle luci.

Cuori puri è una storia di periferia. È una storia, ancora una volta, che parla dei margini, siano essi sociali e/o geografici. Come A Ciambra, che sta tra i rom di Gioia Tauro, o L’intrusa, ambientato a Ponticelli, all’ombra del Vesuvio, Cuori puri affonda le radici nel grigiore di Tor Sapienza, ed è la storia di due ragazzi, Stefano e Agnese (Simone Liberati e Selene Caramazza, bravissimi, mai sotto la soglia dell’autenticità delle parole e dei gesti), che si aprono l’uno con l’altra fino a un atto di sacrificio estremo, che per lui significa perdere il lavoro, per lei, invece, perdere qualcos’altro, qualcosa di più intimo, nascosto, proibito, contravvenendo a una madre religiosissima (Barbora Bobulova) e alla lezione del parroco-guida spirituale dell’intera comunità (Stefano Fresi).

Stefano è un ragazzo che vive davvero una vita difficile: la madre e il padre sono disperati, il padrone di casa dopo due anni di affitto arretrato li sfratta e li costringe a vivere in una roulotte, con il conseguente inasprimento delle tensioni familiari, viene licenziato da un supermercato, riesce a trovare un altro lavoro come guardiano di un parcheggio con la complicazione del campo rom confinante e si ritrova con la madre che gli elemosina quelle poche centinaia di euro che lui riesce a guadagnare e un padre intrattabile con il quale viene quasi alle mani.

Ci sarebbe l’alternativa dello spaccio, ma Stefano proprio non è portato, e l’esuberante amico Lele (Edoardo Pesce, che gigioneggia e incute timore allo stesso tempo) prova a farglielo capire: ma Stefano è un “cuore puro”, non è fatto per frequentare la scuola della strada, fa il duro con i rom ma poi li difende, dovrebbe vendere la droga ma la coscienza lo bacchetta di fronte alle richieste dei ragazzini di 12 anni.

Selene Caramazza in una scena di Cuori puri

Il destino lo fa incontrare due volte con Agnese, prossima al compimento dei 18 anni e incatenata alla promessa di arrivare vergine al matrimonio, di cui sono artefici una madre fin troppo possessiva e il simpatico Don Luca, interprete molto sui generis delle Sacre Scritture.

Il film, date le premesse, è il barcamenarsi di questi due ragazzi fra cause impedienti di vario genere e barriere sociali o morali che in qualche modo bisogna scavalcare. Denominatore comune di altre prove del nostro cinema recente, si pensi a Fiore, a La ragazza del mondo, sono le nostre storie, che i nostri registi dimostrano di saper affrontare con piglio sicuro.

De Paolis si affida alla scuola del cinema-verità, sgancia la macchina dal cavalletto e alterna i primi piani ai campi lunghissimi, accenna il contesto e poi si attacca ai personaggi, predilige ogni volta che è possibile la luce naturale e suggerisce ai suoi attori di improvvisare i dialoghi, di conferire alle scene il loro apporto, il loro vissuto, e la strategia è vincente: l’aderenza alla realtà in più momenti raggiunge picchi talmente elevati che si prova quasi la sensazione di essere intrusi; anche grazie alla fluidità del dialetto Simone Liberati e Edoardo Pesce, su tutti, riescono a farci credere a ogni parola che dicono. E questo è sempre un pregio.

 

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Festival di Cannes 2017: “Dopo la guerra” https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-2017-la-guerra/ https://www.fabriqueducinema.it/festival/dal-mondo-festival/festival-cannes-2017-la-guerra/#respond Wed, 24 May 2017 13:52:54 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=8594 Qui al Festival l’attesa per Dopo la guerra, opera prima di Annarita Zambrano in concorso a Un Certain Regard, era molta e la lunghissima fila di spettatori fuori della sala Debussy per la prima proiezione del film l’ha ampiamente confermato. In molti, come chi scrive, non sono riusciti a entrare e si sono così dovuti […]

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Qui al Festival l’attesa per Dopo la guerra, opera prima di Annarita Zambrano in concorso a Un Certain Regard, era molta e la lunghissima fila di spettatori fuori della sala Debussy per la prima proiezione del film l’ha ampiamente confermato. In molti, come chi scrive, non sono riusciti a entrare e si sono così dovuti accontentare di vedere Dopo la guerra alla proiezione serale.

fotogramma dal film Dopo la guerra di Annarita Zambrano

La forte curiosità intorno all’esordio nel lungometraggio di finzione della 45enne Annarita Zambrano era dovuta a tre fattori in particolare: da una parte si tratta di una coproduzione franco-italiana a prevalenza francese; in secondo luogo la cineasta, romana che vive e lavora ormai da vent’anni a Parigi, viene da una serie di apprezzati cortometraggi presentati nei festival più prestigiosi del mondo, come lo stesso Cannes (Ophelia fu in gara per la Palma d’Oro nel 2013, Tre ore alla Quinzane des Réalisateurs), Venezia (À la lune montante) e Berlino (Andante mezzo forte); infine, Dopo la guerra affronta il delicato tema del terrorismo rosso e il rapporto fra Italia e Francia tra i primi anni Ottanta e i primi Duemila in materia di estradizione e diritto d’asilo.

Dopo aver fatto parte insieme al deceduto fratello di un gruppo terroristico italiano ed essere stato condannato all’ergastolo per l’uccisione di un magistrato, Marco Lamberti (Giuseppe Battiston) si è costruito una nuova vita in Francia, dove per vent’anni ha usufruito del diritto d’asilo garantito a partire dal 1982 dalla dottrina Mitterand. Qui ha avuto una figlia, la 16enne Viola (Charlotte Cétaire), che sa ben poco del drammatico passato del padre. Tutto cambia radicalmente quando nel 2002, in seguito alla decisione del Presidente francese Raffarin di abrogare la dottrina Mitterrand, un insegnante universitario viene assassinato a Bologna. L’ipotesi del governo italiano è che Marco sia la mente dell’attentato e così padre e figlia si trovano all’improvviso costretti a fuggire.

fotogramma dal film Dopo la guerra di Annarita Zambrano

Ambientato tra la Francia e l’Italia, Dopo la guerra si concentra non solo sulla fuga di Marco e Viola ma anche su come le passate attività terroristiche dell’uomo si ripercuotano ancora drammaticamente, a distanza di oltre vent’anni, sulla famiglia italiana: la madre Teresa (Elisabetta Piccolomini), la sorella Anna (Barbora Bobulova), il marito di quest’ultima Riccardo (Fabrizio Ferracane) e la loro figlioletta. Annarita Zambrano evita abilmente di prendere banali posizioni ideologiche e focalizza la propria attenzione sulle sofferenze e il travaglio esistenziale dei vari personaggi. La sceneggiatura, scritta a quattro mani dalla stessa regista insieme a Delphine Agut, colpisce per la solidità e sul piano drammaturgico alterna in maniera particolarmente efficace le vicende francesi e quelle italiane. In questo contesto, i percorsi emotivi dei protagonisti vengono raccontati con delicatezza, senza mai calcare la mano, optando per un approccio asciutto ed essenziale che allontana qualsiasi tipo di enfasi.

fotogramma dal film Dopo la guerra di Annarita Zambrano

Nonostante qualche piccola sbavatura registica iniziale (i primi minuti ambientati all’università e nella palestra in cui Viola gioca a pallavolo non convincono appieno), Dopo la guerra rivela il talento di Annarita Zambrano non solo come sceneggiatrice ma anche dietro la macchina da presa. Affascinanti sono ad esempio alcuni primi piani dedicati a Viola, in primis quello abbinato a un carrello laterale che la ritrae mentre va in bicicletta in uno dei momenti più intensi del film. Accolto da un lungo applauso al termine della proiezione ufficiale, Dopo la guerra uscirà in Italia in autunno e noi di Fabrique vi consigliamo fin d’ora di andarlo a vedere.

 

 

 

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