Amazon Prime Video Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Tue, 30 Jan 2024 16:06:52 +0000 it-IT hourly 1 Silvia Clo Di Gregorio, dall’indie romano (che non esiste più) al Love Club https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/silvia-clo-di-gregorio-dallindie-romano-che-non-esiste-piu-al-love-club/ https://www.fabriqueducinema.it/magazine/futures/silvia-clo-di-gregorio-dallindie-romano-che-non-esiste-piu-al-love-club/#respond Mon, 23 Oct 2023 15:22:25 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18765 Si è distinta nell’ambito della fotografia analogica, nell’arte contemporanea, nei video musicali e nella pubblicità. Silvia Clo Di Gregorio è nata a Verbania tra le Alpi e il Lago Maggiore, si è laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma, ha frequentato la Summer School in Filmaking alla Btk University di Berlino […]

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Si è distinta nell’ambito della fotografia analogica, nell’arte contemporanea, nei video musicali e nella pubblicità. Silvia Clo Di Gregorio è nata a Verbania tra le Alpi e il Lago Maggiore, si è laureata in Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma, ha frequentato la Summer School in Filmaking alla Btk University di Berlino e un master in Advanced Cinematography a Milano, ma continua a studiare.

Spicca come regista nella scena videomusicale indipendente e l’abbiamo vista tutti sorridere e ballare nell’iconico videoclip Oroscopo di Calcutta, diretto da Francesco Lettieri. In qualità di sceneggiatrice, con Bex Gunther e Denise Santoro insieme a Veronica Galli e Tommaso Triolo ha creato Love Club, la serie in quattro episodi diretta da Mario Piredda e disponibile su Prime Video.

Parlami del tuo rapporto con la forma videoclip, che ha caratterizzato l’inizio del tuo percorso.

La musica è sempre stata familiare per me, a casa si suonava e si cantava sempre. Suonicchiavo anche io, non tanto bene, ma sapevo le basi. Inserirmi nel mondo del videoclip è stata una sfida continua, riuscire a creare con poco budget delle piccole storie, con scenografie fatte in casa, un approccio “do it yourself” che ha settato anche il mio stile. Anche se dovessi avere milioni di euro per il mio primo film [ride ndr], la scenografia sarebbe artigianale, legata a un mondo indie che mi appartiene, che mi ricorda un po’ il realismo magico di Julio Cortàzar e l’immaginario infantile che non mi ha mai abbandonato.

Di te si dice che fai parte di quella manciata di persone che hanno inventato la scena romana indipendente. A distanza di qualche anno, come è cambiata quella scena?

Alle Mura organizzavo Margarina, un evento mensile dove si esibivano donne musiciste, tra cui Laila Al Habash, Chiara Monaldi, Iruna, In.versione Clotinsky e tante altre. Vivevo a San Lorenzo e c’era davvero un bel giro tra lì e il quartiere Pigneto. Sapevo che era un momento florido per la musica e quindi anche per i videoclip, si respirava tanta libertà nella creazione artistica, e lo si può vedere sia dagli album usciti negli anni 2016-2017 sia nella regia dei videoclip di quel periodo. C’era una bellissima atmosfera, io facevo ancora gavetta per i più “grandi” come Motta, Thegiornalisti e iniziavo a fare regia o fotografia per i più “piccoli”, all’epoca i Pinguini Tattici Nucleari, Giorgio Poi e Frah Quintale, e c’erano amici e nuove voci come Galeffi, Vanbasten, Canova, Gazzelle, I Cani e tanti altri. La scena indie non esiste più, è stato un periodo molto breve, e lo dico non solo perché la maggior parte di loro lavorano con le major, chi come artista chi come autore o entrambe le cose, ma anche perché anche a livello di locali hanno chiuso davvero la maggior parte dei magici luoghi dove si suonava (e questo non vale solo per Roma, ma anche per Milano e altre città d’Italia).

Pollo all’ananas ’98 è il tuo primo cortometraggio: perché hai scelto di raccontare proprio una storia di immigrazione ambientata in un ristorante cinese di provincia?

Pollo all’ananas ’98 l’ho scritto a 25 anni, durante la pandemia. L’abbiamo girato a giugno 2022 in due giorni e mezzo a Torino, è stato prodotto da Cattive Produzioni e Spicy Storm Production con il finanziamento del Mic e della Piemonte Torino Film Commission. In realtà deve ancora uscire, siamo alla ricerca dell’anteprima per i festival. Come ogni primo corto, non è perfetto, ma quando lo guardo mi dà una gioia immensa. Anche questa storia è ispirata alla mia infanzia: siamo nel 1998 e i miei genitori, immigrati dal centro-sud al nord, sono tra i pochi che frequentano il ristorante cinese di Verbania. Per festeggiare la promozione di mia sorella siamo andati a mangiare cinese, insieme ai miei nonni. Questo ricordo è ovviamente solo l’ispirazione iniziale del corto, che prende una piega molto diversa, spingendosi verso un finale grottesco, ironico e artigianale, proprio nel mio stile.

Quale tabù ti piacerebbe infrangere sul grande schermo?

Immagino che per molti già Love Club è pieno di tabù che abbiamo infranto, nonostante non ci fosse nessun intento di sconvolgere. Sono convinta che i corpi di molte persone e le loro scelte di vita sono di per sé un tabù per tanti. Mi piacciono le storie contraddittorie, che non riflettono quello che ti aspetti, che ti risvegliano in qualche modo. Mi accorgo, soprattutto nei libri scritti da voci incredibili come La cronologia dell’acqua, La breve favolosa vita di Oscar Wao, L’interprete dei malanni o Denti bianchi (sono letteralmente gli ultimi libri che ho letto e che mi sono piaciuti), che hanno un fil rouge di autenticità e di arguzia, con storie vicine agli scrittori, spesso le loro, frutto di traumi e ferite.

Quanto credi che i trend, i social e le mode del momento influenzino il tuo lavoro e la tua estetica?

Ci sono dei trend che mi influenzano, ma allo stesso tempo mi distacco dal mondo social perché sono ossessionata da storie e personaggi che non hanno nulla a che fare con quello che va di moda. Da Bridget Jones a Pedro Infante passando per i mormoni e l’immigrazione cinese in Italia. Sono molto umorale e iperattiva, vado a fondo nelle storie, potrei starci anni. Mi piace riprendere quel baule dei travestimenti di quando ero piccola ed essere fluida anche nel mio modo di vestire, di essere, in base a quello che provo.

Com’è stato co-scrivere Love Club?

Quando Denise Santoro nel gennaio 2021 ha detto a me e a Bex Gunther che forse era arrivato il momento di metterci a scrivere una storia sulla nostra comunità, è stato tutto molto spontaneo, come se fosse ovvio, giusto e naturale. Vivevo in una mansarda a Bee, sopra il Lago Maggiore, in attesa che finisse la pandemia e con Bex ci incontravamo online una o due volte a settimana a scrivere. Abbiamo lavorato tantissimo sull’immaginario di ogni personaggio e del quinto protagonista che è il Love Club stesso, a livello visuale con moodboard, booklet, stili, gusti personali, ma anche sulla musica (c’è la playlist di Love Club su Spotify). Poi quando il progetto si è strutturato con Prime e Tempesta, abbiamo creato noi tre, insieme a Veronica Galli e Tommaso Triolo, una writer’s room meravigliosa. Ci hanno capito subito, e ci hanno aiutato a strutturare al meglio la serie in così poco tempo. In nove mesi abbiamo creato Love Club

Una cosa che si capisce dai tuoi lavori è che non imponi una visione ma ti poni in posizione di ascolto e poi guidi la visione che ti restituiscono le persone: in questo modo quello che crei risulta autentico. Cosa possono fare le nuove generazioni di creativi per restare fedeli al reale?

Hai centrato il punto. Non impongo la mia visione, ci arrivo e guido gli altri. Shi Yang Shi mi ha scritto un messaggio molto bello dopo il lavoro insieme su Pollo all’ananas ’98, ringraziandomi per la mia “morbida determinazione”. Questo per me è oro, creare delle connessioni tra regia e cast, capirsi, comunicare. Riguardo alle nuove generazioni, quello che dico sempre è di studiare tanto, c’è molto da apprendere e tantissimo da fare. Quindi bisogna partire da lì, io non ho mai smesso di studiare, vorrò farlo sempre. Ora sto prendendo un’altra laurea tra la mediologia e il cinema, approfondendo l’immaginario collettivo del cinema messicano.

Nei primi sei minuti della serie compaiono due scene di sesso. So che sul set c’erano degli intimacy coordinators: cosa pensi di queste figure, le userai sui tuoi set in futuro?

Abbiamo spesso ribadito con Bex e Denise quanto fosse importante avere un approccio autentico alla vita amorosa e sessuale della comunità. Abbiamo voluto presentare una coppia lesbica diversa dallo stereotipo delle butch, mostrare che le lesbiche fanno sesso e che va fatto vedere tanto quanto il sesso eterosessuale (lì legato al tema del consenso – nel terzo episodio). Gli intimacy coordinators sono essenziali, mi è capitato come assistente alla regia di finire tra turbini di imbarazzo, poca comunicazione e colpe assurde date alle costumiste (sono loro che forniscono le protezioni e i famosi “sacchetti”), perché mancava una persona che coordinasse. Per me il miglior modo di lavorare è la trasparenza, la comunicazione, il consenso.

Ti senti pronta per realizzare un lungometraggio o vuoi continuare il tuo percorso nella serialità?

Sto scrivendo il mio primo film, una sorta di rom-com molto indie e autoriale sulla storia di un uomo trans, dal titolo Golden Trans Boy. C’è anche qui molto di personale e molta ironia.

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Dalla pagina allo schermo: Dikele e Autumn Beat https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/dalla-pagina-allo-schermo-antonio-dikele-distefano-e-autumn-beat/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/dalla-pagina-allo-schermo-antonio-dikele-distefano-e-autumn-beat/#respond Sun, 13 Nov 2022 09:20:41 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17927 Nei giorni dell’uscita su Prime Video della sua opera prima Autumn Beat, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Antonio Dikele Distefano. Ex-rapper, romanziere per Mondadori, editore multimediale per il suo magazine, sceneggiatore di Zero, serie Netflix, Dikele è un trentenne iperattivo e parla quattro lingue. Racconta la Milano del 2010 immersa nella cultura black, agli albori […]

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Nei giorni dell’uscita su Prime Video della sua opera prima Autumn Beat, abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Antonio Dikele Distefano. Ex-rapper, romanziere per Mondadori, editore multimediale per il suo magazine, sceneggiatore di Zero, serie Netflix, Dikele è un trentenne iperattivo e parla quattro lingue. Racconta la Milano del 2010 immersa nella cultura black, agli albori di una nuova scena hip hop con giovani italiani di seconda generazione.

Tito non parla bene ma scrive pezzi rap per il fratello Paco, più spregiudicato e ambizioso. Tra loro una ragazza, tanta musica da scrivere e far conoscere in giro, e intorno tanti amici della crew. A partire da screzi e fraternità, fino alla corsa per il successo, Dikele parla dei figli dell’immigrazione, una nuova fetta di società italiana che sta iniziando a raccontarsi anche nei film.

Il cinema, come la letteratura, risulta spesso un insieme di rimodulazioni drammaturgiche sul vissuto degli autori. Il tuo esordio in regia è una storia di due fratelli, della loro dualità, e in qualche modo ricorda quella tra te e Ghali.
Può essere. Dai, sì, si può dire che siamo stati fratelli, e in un modo o in un altro lo siamo ancora. Ci sono alcune cose in comune. Non abbiamo amato la stessa donna, ma magari la stessa donna era la musica. Però sì, il rapporto fraterno c’era. Nel film si rivedono mie esperienze nel mondo della musica. Ci sono dei momenti dove sono più Tito, e altri dove sono più Paco. Perché anch’io sono un bel “testa di…”.

 

Autumn Beat sembra anche il titolo di un pezzo musicale. Racconti presente, passato e futuro di questa storia rap. Il ritmo narrativo fa pensare a una partitura. Insomma, qualcosa di ancor più profondo dei temi trattati o della colonna sonora.
Se ci pensi l’Autumn Beat è ciò che dà speranza ai due fratelli, ma poi li divide. David ha l’intuizione di fare questo beat. Ma invece di realizzare il loro sogno, è ciò che li allontanerà. Ti dico, inizialmente il titolo del film era diverso. Era quello del mio romanzo, Qua è rimasto autunno. Nonostante mi piacesse molto l’idea, mi rendevo conto che cambiava ogni volta che veniva menzionato da altri. Forse non era così incisivo, lo tradivano. Così abbiamo pensato a Autumn Beat.

Quali sono le suggestioni cinematografiche con cui sei cresciuto, che ti hanno accompagnato, magari anche fino a questo set?
Tra tutti, Wong Kar-wai. Nella mia vita è successa una cosa, e di questo ringrazierò sempre mio cugino. C’è stato un prima e un dopo. Un giorno mi portò a casa un DVD di Old Boy. Dopo questo film, che mi sfracella, inizio a scoprire il cinema asiatico, fino a trovare Kar-wai. Nel progetto, la mia prima ispirazione era vicina a Ferro3 di Kim Ki-duk. Questo ragazzo che entra nelle case degli altri, invisibile, per poter vivere con la donna che ama. Non è andato avanti perché non era possibile. Qui invece ho subito suggerito al direttore della fotografia di Amazon un film ben preciso: 2046 di Kar-wai. Puntavo a quel lavoro over-the-shoulder e a quei colori caldi.

In un’intervista hai dichiarato: “In Prime Video non hanno paura della mia voce e della mia storia”. Cosa spaventa della tua storia?
Ci sono tante regole non scritte, per cui si cerca di soddisfare un pubblico che poi però non esiste. Spesso, quando parliamo di un target, sbagliamo. Le persone non sono tutte uguali, i sedicenni non sono tutti uguali. La cosa che ho trovato in Prime è stata la volontà di mettere prima la storia e poi tutte quelle regole non scritte che ci sono oggi nel mercato. Per esempio abbiamo avuto una chiacchiera lunga e intensa, piacevole, sulla parola “negro”. Non c’è stato subito un “no, non si può dire”, ma un confronto; “ragazzi, voi cosa ne pensate?”. È stato interessante mettere la storia al centro e poi tutto il resto. Per me un’esperienza super. Con loro ho avuto la possibilità di potermi esprimere senza timori, e senza certe regole che per me non hanno alcun senso.

Autumn Beat Dikele Pequeno
Antonio Dikele Distefano e Gue Pequeno.

Infatti con Prime hai firmato un contratto che ti porterà non solo a film, ma anche a progetti più trasversali.
Si, assolutamente. Io nasco sul web e ho un rapporto decuplicato con i social. Mi piace molto lavorare a contenuti e format web, e con loro sto facendo questo. L’obiettivo è quello di riuscire a portare format e contenuti che possono vivere sulle piattaforme di Prime, Twitch, TikTok, YouTube. Ma il mio obiettivo è sempre quello di riportare al cinema, e voglio provare a mettere la mia voce anche lì. Questo perché non sto mai fermo. Tra un film e l’altro dovrei star fermo un anno e mezzo, e per me è impossibile.

La musica si può ascoltare praticamente ovunque e in qualsiasi modo. Un film puoi guardarlo al cinema, in tivù o sui device. Avendo girato per una piattaforma, perdi il gusto del grande schermo. Un obiettivo o una rinuncia?
È qualcosa a cui ho dovuto rinunciare. Lo avrei voluto moltissimo, perché quando uno va al cinema stringe un patto: “ti pago e per un’ora e quaranta mi dedico solo a te”. Invece con la piattaforma non avviene: “ti pago per vedermi tutti i contenuti disponibili, con la possibilità di distrarmi e fare quel che voglio”. Il cinema resta il luogo sacro, la casa dei film. È la cosa che mi dispiace. Ma per come sono fatto, penso già a cose nuove. Spero di poter andare in sala e ai festival con un progetto futuro, se il film sarà di livello.

Da romanziere, come hai vissuto il salto dalla scrittura alla direzione di un set?
Quando fai un percorso di questo tipo, la prima cosa che scopri è che non puoi affezionarti a quello che c’è scritto sulla carta. Se lo fai, sbagli. C’è un continuo confronto, tante terre di mezzo. L’altra cosa che ti sbatte un po’ è il rapporto col tempo. Sul set parlavo con un operatore, Michel, che ha lavorato con Kechiche per La vita di Adele: facevano tre mesi di set! Vorrei anch’io lavorare così. La scrittura invece è come parlare senza essere mai interrotti. Io ho voluto fare la regia perché volevo avere il controllo di un progetto mio. Sono una persona disposta all’ascolto, ma ci tenevo a mantenere l’ultima parola.

Rispecchia anche la modalità di creazione di un pezzo in sala d’incisione.
La capacità vera, per me, è quella di sapersi scegliere le persone. Se ti circondi di persone che vogliono fare il tuo film, è fatta. Spesso invece ci circondiamo di persone che vogliono fare il loro film, ed è un limite. Io ho avuto la fortuna di incontrare persone che avevano tutte la volontà di fare il nostro film.

Invece sui tempi, avete fatto prove con gli attori prima del set?
Assolutamente sì. Abbiamo fatto quattro mesi di prove; avevo paura di sbagliare. Magari alcune cose sono meno riuscite, ma ci siamo massacrati di lavoro. Ad agosto del 2021 eravamo già negli uffici a parlare dei personaggi con il cast. Il percorso è stato lunghissimo e intenso, ma devo ringraziare gli attori.

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Colomba Legend: un western esilarante dopo il cult “Quattro carogne a Malopasso” https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/colomba-legend-un-western-esilarante-dopo-il-cult-quattro-carogne-a-malopasso/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/colomba-legend-un-western-esilarante-dopo-il-cult-quattro-carogne-a-malopasso/#respond Thu, 14 Jul 2022 08:09:59 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17373 La storia di Colomba Legend si sviluppa esattamente vent’anni dopo le vicende di Quattro carogne a Malopasso, il film western girato da Vito Colomba a cavallo degli anni ‘80 e ‘90, che vede protagonisti i figli degli storici personaggi, Parker e Nelson.  Dopo le malefatte del bandito Parker, i cittadini di Custon City si vedono costretti a fronteggiare una nuova […]

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La storia di Colomba Legend si sviluppa esattamente vent’anni dopo le vicende di Quattro carogne a Malopasso, il film western girato da Vito Colomba a cavallo degli anni ‘80 e ‘90, che vede protagonisti i figli degli storici personaggi, Parker e Nelson. 

Dopo le malefatte del bandito Parker, i cittadini di Custon City si vedono costretti a fronteggiare una nuova minaccia: tre banditi mascherati che compiono crimini a ripetizione terrorizzando l’intera città. Bill Nelson Junior, ossessionato dalla morte del padre, è convinto che i responsabili siano proprio i quattro figli di Parker abbandonati vent’anni prima, il giorno della loro nascita, davanti ad un convento di frati. Non soddisfatto dell’operato dello sceriffo, si mette sulle loro tracce e si batte affinché la verità venga a galla una volta per tutte. Ma saranno davvero loro i colpevoli di questi efferati crimini? O c’è sotto qualcos’altro?

Girato in Sicilia tra Custonaci e San Vito Lo Capo, Colomba Legend schiera una serie di location sensazionali per un western esilarante incorniciato anche dagli scenari naturali delle Grotte Mangiapane e della Riserva Naturale Monte Cofano. Grandi protagonisti del film, ancora una volta insieme, sono le figure mitiche di Custonaci e Vito Colomba, un cavalcatore siciliano ossessionato dal cinema. 

«Malopasso era un luogo in cui, a cavallo tra le due guerre mondiali, era stato costruito un bunker – racconta Vito Colomba – Quando ero piccolo mi narravano spesso delle storie su come quel posto fosse diventato teatro di crimini, furti e rapine. Episodi reali, alcuni anche buffi, raccontati alle forze dell’ordine e riportati in paese. Da lì Quattro carogne a Malopasso». Un esperimento filmico che è diventato parte della storia della televisione italiana grazie alla partecipazione del regista a programmi come Gialappa’s Band e Mai Dire, e al sostegno di Nino Frassica. 

Dopo il successo di Quattro carogne a Malopasso, i personaggi tornano con un nuovo capitolo della storia: Colomba Legend è ora disponibile su Amazon Prime Video Italia e Google Play distribuito da Direct to Digital.

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Buchi neri: Due serial killer, uno sguardo inquietante sulle perversioni dell’essere umano https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/buchi-neri-due-serial-killer-uno-sguardo-inquietante-sulle-perversioni-dellessere-umano/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/buchi-neri-due-serial-killer-uno-sguardo-inquietante-sulle-perversioni-dellessere-umano/#respond Thu, 14 Jul 2022 07:54:52 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17369 Flavio e Rayban sono due serial killer. Entrambi uccidono per ragioni e bisogni diversi, ma riescono a convivere e coesistere in una dimensione tutta loro. Insieme condividono una venerazione sacra per la loro prima vittima: decidono di chiamarla Eva. L’equilibrio tra i due viene però spezzato quando Rayban ammette che la loro routine gli è venuta a noia: […]

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Flavio e Rayban sono due serial killer. Entrambi uccidono per ragioni e bisogni diversi, ma riescono a convivere e coesistere in una dimensione tutta loro. Insieme condividono una venerazione sacra per la loro prima vittima: decidono di chiamarla Eva. L’equilibrio tra i due viene però spezzato quando Rayban ammette che la loro routine gli è venuta a noia: per lui è il momento di cercare emozioni più forti…

Buchi neri nasce dalla fascinazione di Valerio Di Stefano (sceneggiatore e regista del cortometraggio) per l’universo inquietante dei serial killer, tematica che ha approfondito attraverso la lettura di molti libri di genere. «Entrare nella mente di soggetti come Ed Gein, Albert Fish o Jeffrey Dahmer era un’esperienza che sentivo di voler fare e ho provato a ricostruire un modus operandi, una ritualità e un movente originale, unico e mai visto. Per questo ho voluto creare un equilibrio con due diversi serial killer, uniti in un unico atto ma con filosofia e percezioni completamente opposte. Uno è il corpo, l’istinto, la brutalità; l’altro è la mente, il sacro, il metodo».

Buchi neri è ora disponibile su Amazon Prime Video Italia distribuito da Direct to Digital (come episodio 4 della serie originale Poems). È un’opera che crea cortocircuiti interiori e che pone un grande interrogativo su una realtà che viene spesso celata, ma che fa parte delle nostre vite e della nostra società. Il mondo oscuro dei killer seriali rappresenta un universo complicato da accettare, che spesso tendiamo a nascondere e a non guardare. Eppure è clamorosamente vicino alle nostre fantasie e perversioni. 

 

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L’equilibrista con la stella: una storia d’amore in un circo degli anni ’40 https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/lequilibrista-con-la-stella-una-storia-damore-in-un-circo-degli-anni-40/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/lequilibrista-con-la-stella-una-storia-damore-in-un-circo-degli-anni-40/#respond Mon, 06 Jun 2022 08:28:20 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17272 Seconda Guerra Mondiale, Nord Italia. Anastasia è una giovane ragazza ebrea, figlia di ex artisti del circo che hanno dovuto chiudere l’attività a causa dell’entrata in vigore delle Leggi Razziali. In questo contesto Anastasia si innamora di Thomas, clown tedesco che la nasconderà proprio nel suo circo per farla sfuggire alle persecuzioni naziste, facendola lavorare […]

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Seconda Guerra Mondiale, Nord Italia. Anastasia è una giovane ragazza ebrea, figlia di ex artisti del circo che hanno dovuto chiudere l’attività a causa dell’entrata in vigore delle Leggi Razziali. In questo contesto Anastasia si innamora di Thomas, clown tedesco che la nasconderà proprio nel suo circo per farla sfuggire alle persecuzioni naziste, facendola lavorare come funambola. Liberamente ispirato a una storia vera.

Riconosciuto come film d’essai dal Ministero dei Beni Culturali, L’equilibrista con la stella intreccia passato e presente in una suggestiva narrazione visiva che procede su due binari: il bianco e nero da una parte, luci calde e colori vivi dall’altra. Il 1943 italiano è raccontato attraverso gli occhi di un amore votato al sacrificio e figlio della Storia, che cresce sotto i bombardamenti e sopravvive lottando. 

Davide Campagna, figlio d’artisti da sempre legato al mondo del circo, ha scritto il film insieme a sua madre Valeria Volpe, sceneggiatrice di spettacoli circensi. «Sono cresciuto tra spettacoli e tendoni – racconta il regista – incrociando gli occhi con il pubblico e con le tigri». E infatti il mondo circense è il grande protagonista de L’equilibrista con la stella: forte e imponente incombe con un’aura quasi magica sullo scenario storico del conflitto mondiale, periodo in cui accolse e diede rifugio a migliaia di stranieri ed ebrei. Perché questa non è solo una storia vera, ma una storia vera migliaia di volte

Il film è ora disponibile su Amazon Prime Video Italia e Google Play Italia, distribuito da Direct to Digital

 

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Totò e Daiana: calcio, caffè e fish&chips https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/toto-e-daiana-calcio-caffe-e-fishchips/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/toto-e-daiana-calcio-caffe-e-fishchips/#respond Thu, 21 Apr 2022 08:21:32 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=17098 Totò (Marco Gambino) è un rinomato chef palermitano, Daiana (Anna Elena Pepe) è una parrucchiera di Ferrara. Totò lavora da oltre trent’anni a Londra, è un Food Consultant per i più importanti ristoranti italiani della capitale britannica. Daiana invece si è appena trasferita, per ora fa la parrucchiera da casa perché non parla bene l’inglese. Due generazioni e due […]

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Totò (Marco Gambino) è un rinomato chef palermitano, Daiana (Anna Elena Pepe) è una parrucchiera di Ferrara. Totò lavora da oltre trent’anni a Londra, è un Food Consultant per i più importanti ristoranti italiani della capitale britannica. Daiana invece si è appena trasferita, per ora fa la parrucchiera da casa perché non parla bene l’inglese.

Due generazioni e due vite completamente diverse si incontrano all’improvviso: sarà l’inizio di un’amicizia insolita, stramba e divertente che procederà sui binari comico-grotteschi di una serie tv che è anche il ritratto degli italiani all’estero e delle loro avventure. Dalla ricerca del lavoro e della casa, al rapporto complesso con la città inglese e i suoi abitanti: Totò e Daiana, insieme, inizieranno a vedere il mondo che li circonda con occhi diversi, ritrovando perfino l’entusiasmo perduto. 

Marco Gambino e Anna Elena Pepe immaginano un’amicizia tra due personaggi uniti proprio dalla solitudine di chi espatria e dal sogno di farcela nonostante le difficoltà. Totò e Daiana, sempre maldestri e un po’ buffi, sono immersi nella Londra della Brexit. Dai quartieri bassi a quelli residenziali, entrambi cercano il loro posto nel mondo in un paese che potrebbe rivelarsi diverso da come l’avevano immaginato.

Distribuiti da Direct to Digital, i primi due episodi della serie (When Totò met Daiana / My fear Daiana) sono ora disponibili su Amazon Prime Video come terza stagione di Italian Episodes, format originale Direct to Digital.

MARCO GAMBINO
Attore/Autore/Regista

Marco Gambino è un attore italiano che da anni lavora tra Inghilterra, Italia ed altre nazioni Europee. La sua carriera spazia dal teatro alla televisione al cinema. Marco ha lavorato in alcune fra le più note serie televisive italiane e inglesi: Montalbano, Il Capo dei Capi, Squadra Antimafia, Romolo e Giuly, Emmerdale. Tra le recenti partecipazioni nel cinema: The International, Il traditore. Tra i suoi monologhi teatrali, che interpreta in più di una lingua: Parole d’onore, La colpa di Otello, Maria Callas the Black Pearl.

ANNA ELENA PEPE
Attrice/Autrice/Regista

Anna Elena Pepe è un’attrice e autrice bilingue italiano-inglese. Ha studiato recitazione e sceneggiatura conseguendo il prestigioso diploma “European Act” (Royal Academy Londra e International Performing Arts Parigi). Come attrice lavora attivamente in teatro e al cinema. È stata diretta, tra gli altri, da Pupi Avati (in Un viaggio di Cento Anni, Rai1), Daniel Percival (in Leonardo), e da Johan Nijenhuis. Anna è inoltre la protagonista delle Comedy TV serie It’s not you Interplay. Come scrittrice ha diversi progetti in sviluppo sia in Italia che nel Regno Unito e ha appena girato il suo primo film da regista.

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Re minore: le due Sicilie di Giuseppe Ferlito https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/re-minore-le-due-sicilie-di-giuseppe-ferlito/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/re-minore-le-due-sicilie-di-giuseppe-ferlito/#respond Thu, 31 Mar 2022 08:23:57 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16966 Mimì, musicista sperimentale, torna nel suo paese di origine in Sicilia insieme alla compagna Mirella. I due desiderano fortemente un figlio, ma mentre Mimì si aggira per le campagne, per trasformare i suoni della natura in musica, Mirella inizia a percepire il disagio di una società che non le appartiene. Questo ed altri eventi daranno il via ad […]

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Mimì, musicista sperimentale, torna nel suo paese di origine in Sicilia insieme alla compagna Mirella. I due desiderano fortemente un figlio, ma mentre Mimì si aggira per le campagne, per trasformare i suoni della natura in musica, Mirella inizia a percepire il disagio di una società che non le appartiene. Questo ed altri eventi daranno il via ad una serie di tensioni dai risvolti inaspettati…

“Questo film è un conto in sospeso con la mia Sicilia – racconta il regista Giuseppe Ferlito -, un viaggio a ritroso nella mia terra, luogo di contraddizioni, di sentimenti e di forti contrasti. La doppia anima della Sicilia: quella che guarda al futuro, giovane, moderna e innovativa, e quella che resiste e non vuol cambiare, ancorata alle tradizioni e ai vecchi costumi”.

Due Sicilie e due binari su cui si sviluppa anche la drammaturgia di Re Minore, film che porta in scena i toni del dramma insieme a quelli della commedia e perfino del grottesco. Ancora una volta Ferlito parte da tematiche sociali per raccontare conflitti psicologici e umani, mentre la musica è grande protagonista della storia. “Mimì, ingegnere del suono, va in giro a scovare rumori e suoni nei luoghi più remoti della sua terra per realizzare le sue bizzarre sinfonie. Un pretesto per dar vita alla metafora di ciò che è nascosto, di ciò che è invisibile”.

Distribuito da Direct to Digital, il film è ora disponibile su Amazon Prime Video e Google Play Italia.

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Casa della Pace, omaggio a un luogo di verità e silenzio https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/casa-della-pace-omaggio-a-un-luogo-di-verita-e-silenzio/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/casa-della-pace-omaggio-a-un-luogo-di-verita-e-silenzio/#respond Tue, 29 Mar 2022 13:01:01 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16960 Casa della Pace è un piccolo centro per ritiri, isolato tra i monti degli Appennini. Nel dargli vita il fondatore, Santi Borgni, si è ispirato al lavoro di Jiddu Krishnamurti, noto filosofo indiano vissuto nel Novecento. Negli ultimi vent’anni il centro ha ospitato moltissime persone venute per periodi di ritiro, per porsi domande sulla vita, per trovare […]

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Casa della Pace è un piccolo centro per ritiri, isolato tra i monti degli Appennini. Nel dargli vita il fondatore, Santi Borgni, si è ispirato al lavoro di Jiddu Krishnamurti, noto filosofo indiano vissuto nel Novecento. Negli ultimi vent’anni il centro ha ospitato moltissime persone venute per periodi di ritiro, per porsi domande sulla vita, per trovare una visione nuova o per vivere alcuni giorni in silenzio.

Attraverso un delicato lavoro di regia, Federico Maria Baldacci ha raccontato la realtà di Casa della Pace senza mai alterarla, ma anzi proteggendo e custodendo la verità impressa in ogni fotogramma del documentario.

“Jiddu Krishnamurti – racconta il regista – non si è mai imposto come un’autorità. Così come Santi Borgni ha edificato Casa Della Pace non per un auto soddisfacimento, bensì per lasciar germogliare quella verità che l’uomo della metropoli ha scaraventato nel suo inconscio”.

Casa della Pace è un documentario ricco di immagini di estrema bellezza, che attraverso il potere del cinema rendono omaggio al pensiero di Krishnamurti, all’opera di Borgni ma anche alla ricerca più intima dell’essere umano. Distribuito da Direct to Digital, è ora disponibile su Amazon Prime Video, Apple TV e Google Play Italia.

 

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Il teatro del silenzio: dalla Siria a Roma, arriva in streaming il docufilm di Alessandra Arcieri https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/il-teatro-del-silenzio-dalla-siria-a-roma-arriva-in-streaming-il-docufilm-di-alessandra-arcieri/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/il-teatro-del-silenzio-dalla-siria-a-roma-arriva-in-streaming-il-docufilm-di-alessandra-arcieri/#respond Fri, 18 Mar 2022 08:53:37 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16928 Novembre 2017, Siria: caduta di al-Raqqa. Alla notizia dell’uccisione di Padre Dall’Oglio, rapito dalle milizie jihadiste, Stella (giornalista freelance) si reca in alcuni luoghi di archivio cinematografico a Roma per cercare del materiale di repertorio girato nel noto monastero. La sua ricerca si conclude presso uno storico laboratorio di sviluppo e stampa cinematografico della capitale. Visionando […]

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Novembre 2017, Siria: caduta di al-Raqqa. Alla notizia dell’uccisione di Padre Dall’Oglio, rapito dalle milizie jihadiste, Stella (giornalista freelance) si reca in alcuni luoghi di archivio cinematografico a Roma per cercare del materiale di repertorio girato nel noto monastero. La sua ricerca si conclude presso uno storico laboratorio di sviluppo e stampa cinematografico della capitale.

Visionando il materiale, Stella ci accompagna in un Medio Oriente spirituale, alla scoperta di un asceta amico della gente.

«Un documento di enorme pregio dominerà il racconto – anticipa la regista Alessandra Arcieri – ovvero una delle ultime interviste, intime, complete e assolutamente senza reticenze, fatte a Padre Paolo Dall’Oglio. Con Il teatro del silenzio ho tentato un esperimento, cioè quello di avvicinare il pubblico alla vicenda, creando un ponte strumentale tra il narratore (fictional ma verosimile) e il narrato (reale). Incarnando fisicamente, per mezzo di un’attrice, il desiderio di verità sulla fine di Padre Dall’Oglio, il rispetto per il suo operato di pace, la ricerca di quel silenzio a cui egli ha eretto un tempio».  

Padre Dall’Oglio, gesuita italiano da sempre impegnato nel dialogo interreligioso con il mondo islamico, è stato rapito il 29 luglio 2013, in Siria: da quel momento si sono perse le sue tracce. Come sostiene la Blue Cinema TV, che ha prodotto il docufilm, il personaggio chiave dell’opera apre a tutti gli effetti uno scenario contemporaneo legato alle realtà politico-religiose che sono protagoniste della storia dei nostri giorni. 

Il teatro del silenzio è ora disponibile su Amazon Prime Video, Apple TV e Google Play Italia, distribuito da Direct To Digital.

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 La mia vita con Osho: racconti da Ustica https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/la-mia-vita-con-osho-racconti-da-ustica/ https://www.fabriqueducinema.it/focus/direct-to-digital/la-mia-vita-con-osho-racconti-da-ustica/#respond Fri, 04 Mar 2022 08:52:00 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=16865 Mentre descrive il suo viaggio avventuroso, il dottor Azima fa luce sulla spiritualità contemporanea e presenta un percorso di sette passi per i cercatori. L’autore è uno dei pochi discepoli europei che ha avuto la fortuna e il coraggio di trovarsi con Osho attraverso una serie di eventi tumultuosi. Basato sul libro autobiografico di Azima, La mia vita con Osho, il documentario […]

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Mentre descrive il suo viaggio avventuroso, il dottor Azima fa luce sulla spiritualità contemporanea e presenta un percorso di sette passi per i cercatori. L’autore è uno dei pochi discepoli europei che ha avuto la fortuna e il coraggio di trovarsi con Osho attraverso una serie di eventi tumultuosi. Basato sul libro autobiografico di Azima, La mia vita con Osho, il documentario di Alessandra Arcieri riesce a fare un ritratto della vita poetica e della voce di Azima, ma anche dell’affascinante rapporto tra Maestro e Discepolo che ha caratterizzato il suo incontro con Osho. Intervistato nella sua casa di Ustica, Azima ci porta nel cuore di una crisi esistenziale epocale: quella dell’uomo contemporaneo. 

“Tutto quello che aveva la forza e la chiarezza per poter essere espresso in maniera assolutamente non verbale – racconta la regista – ho preferito che si esprimesse attraverso le immagini, i suoni e l’energia pura. Perché c’era un’energia tale in questo racconto, da non aver bisogno di essere guidata eccessivamente. C’era Azima con la sua storia, e tutto il resto ho fatto in modo che fosse al servizio di questa grande esperienza”. 

Tradotto in cinque lingue e pensato per una fruizione internazionaleLa mia vita con Osho: racconti da Ustica è ora disponibile su Amazon Prime Video, Apple TV e Google Play Italia, distribuito da Direct To Digital

 

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