Alba Rohrwacher Archivi - Fabrique Du Cinéma https://www.fabriqueducinema.it La Rivista Del Nuovo Cinema Italiano Wed, 23 Oct 2024 14:10:55 +0000 it-IT hourly 1 Finalmente l’alba, film ambizioso con un’esordiente di incredibile talento https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/finalmente-lalba-film-ambizioso-con-unesordiente-di-incredibile-talento/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/finalmente-lalba-film-ambizioso-con-unesordiente-di-incredibile-talento/#respond Tue, 13 Feb 2024 08:43:34 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18963 I film di un autore eccezionale come Saverio Costanzo si aspettano sempre con grande trepidazione: anche laddove non convincono pienamente, anche quando possono sembrare diseguali e non sempre uniformemente ispirate, le opere di Costanzo rappresentano ogni volta un tassello importante nel panorama contemporaneo del cinema italiano, sia per ciò che il regista ha da dire, […]

L'articolo Finalmente l’alba, film ambizioso con un’esordiente di incredibile talento proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
I film di un autore eccezionale come Saverio Costanzo si aspettano sempre con grande trepidazione: anche laddove non convincono pienamente, anche quando possono sembrare diseguali e non sempre uniformemente ispirate, le opere di Costanzo rappresentano ogni volta un tassello importante nel panorama contemporaneo del cinema italiano, sia per ciò che il regista ha da dire, sia per lo stile con cui mette in scena le proprie storie. È quindi con grande gioia che si può salutare Finalmente l’alba, presentato in concorso a Venezia 80, nove anni dopo Hungry Hearts.

Si tratta di un film molto ambizioso, opus magnum prodotto da Fremantle, Wildside e Rai Cinema, e per governare un tale impianto Saverio Costanzo si è potuto avvalere di collaboratori eccellenti come il direttore della fotografia Sayombhu Mukdeeprom (il film è girato in 35mm), la montatrice Francesca Calvelli, la costumista Antonella Cannarozzi, la scenografa Laura Pozzaglio.

Il film si apre con un film: in un granuloso bianco e nero, scorrono le scene finali di un dramma di guerra di stampo neorealista, con un soldato americano che mette in salvo una bambina dopo che la madre è stata uccisa a sangue freddo da un ufficiale della Wehrmacht; fatto il proprio dovere, il soldato si allontana sulla scalinata di piazza di Spagna, in una inquadratura potentissima che a noi spettatori tornerà utile più avanti… Si accendono le luci, l’incanto svanisce, conosciamo la protagonista del film, anche se non lo sappiamo ancora: la giovane Mimosa, timida adolescente romana appassionata di cinema, in compagnia della madre e della sorella maggiore, Iris, che ha il sogno di fare l’attrice, e che viene intercettata (grazie alla sua bellezza) da un giovanotto spavaldo, che le promette di farle fare la comparsa nel nuovo, colossale peplum che gli americani stanno girando a Cinecittà.

Finalmente l'albaIn casa la notizia che la figlia maggiore vada a Cinecittà crea scompiglio, ma alla fine i genitori acconsentono: da qui, possiamo già immaginare gli sviluppi della storia, e cioè che sarà la timida (e più pudica) sorella minore, Mimosa, ad attirare l’attenzione della grande macchina da cinema americana, richiesta in scena addirittura dalla protagonista del film, la star planetaria Josephine Esperanto. La lunga e bella sequenza ambientata a Cinecittà, nel quale si possono cogliere i riferimenti cinematografici che più ci piacciono, in particolare non si può non pensare a Bellissima di Luchino Visconti, ha il suo acme nel secondo film nel film: la scena finale di un monumentale film storico, che ha come riferimento principale Cleopatra di Mankievicz e che spinge a una riflessione sull’impianto formale pensato da Saverio Costanzo: sia il film “neorealista” d’apertura che il “peplum” non sono girati in uno stile facsimile a quello dell’epoca, ma sono entrambi interpretazioni libere e contemporanee di quel peculiare genere cinematografico, nel montaggio, nella scelta delle lenti, nell’uso della luce, nella direzione degli attori.

La giovane Mimosa, tuttavia, intrufolandosi nei corridoi degli stabilimenti, si imbatte in un cinegiornale grazie al quale Costanzo stabilisce il “colore”, l’atmosfera nella quale è calato il film, e che a ben vedere è anche una dichiarazione di quale sia l’embrione effettivo di Finalmente l’alba: un grave fatto di cronaca nera del 1953, la morte della ventunenne Wilma Montesi, modenese, fidanzata con un poliziotto (anche Mimosa, lo scopriamo nelle scene iniziali, è in procinto di sposarne uno che, palesemente, non ama), ma con l’ambizione di entrare nel mondo del cinema, e ritrovata annegata sulla spiaggia di Torvaianica. Un caso ancora irrisolto.

Il rapporto fra Mimosa e Josephine Esperanto raggiunge, grazie alle riprese del colossal, un tale grado di complicità che la diva decide di portare con sé la ragazza per tutta la notte – con l’aiuto di un mefistofelico ma gentile traghettatore interpretato dallo straordinario Willem Dafoe -, in una lunga odissea che si svolge per gran parte nella villa di Capocotta di un signore molto potente, e nel quale si dispiega un caleidoscopio di eventi goliardici, goderecci ma anche dolorosamente grotteschi al quale prendono parte anche personaggi realmente esistiti, come il compositore Piero Piccioni, Alida Valli interpretata da Alba Rohrwacher, e tanti altri personaggi-maschere loschi e spaventosi.

L’enorme corpo cinematografico rappresentato dalla festa notturna ha il chiaro intento di suggerire, dapprima in maniera più allusiva e poi sempre più chiaramente, che l’esistenza di Mimosa e quella della povera Wilma Montesi sono sovrapponibili: Mimosa è Wilma? Ci troviamo di fronte a una allucinazione? Ci troviamo di fronte a una riproposizione dei medesimi eventi del caso della ragazza modenese, quasi a stabilire una implacabile serialità di questi macabri episodi che si svolgono all’ombra delle dorate promesse del mondo cinematografico?

Saverio Costanzo ci lascia liberi di crederlo, ma è probabilmente in questa rischiosa fase del film che c’è un momento di stagnazione che fa fare al racconto una brusca frenata, rispetto al più serrato ritmo della prima parte. Finalmente l’alba comunque si riscatta nel bellissimo finale: ritorna piazza di Spagna, ma stavolta in una veste nuova, sul volto di Rebecca Antonaci, la protagonista: ennesimo, incredibile talento scoperto da Saverio Costanzo, che dopo essersi inventato grazie all’Amica geniale una intera generazione di giovani, bravissimi attori napoletani, ora regala al cinema italiano una grande attrice dal futuro sicuramente radioso.

L'articolo Finalmente l’alba, film ambizioso con un’esordiente di incredibile talento proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/finalmente-lalba-film-ambizioso-con-unesordiente-di-incredibile-talento/feed/ 0
Te l’avevo detto, Ginevra Elkann ci riprova https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/te-lavevo-detto-ginevra-elkann-ci-riprova/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/te-lavevo-detto-ginevra-elkann-ci-riprova/#respond Mon, 29 Jan 2024 10:24:21 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=18933 Siamo in una Roma accaldata e giallastra. Anomalie termiche portano il caldo sopra i 35°. Ma siamo a gennaio, e i personaggi di questa coralità intitolata Te l’avevo detto sembrano un bel po’ spaesati anche per questo motivo. E soprattutto presi dalle personali vicende che condurranno ognuno di loro a venire a capo dei mille […]

L'articolo Te l’avevo detto, Ginevra Elkann ci riprova proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Siamo in una Roma accaldata e giallastra. Anomalie termiche portano il caldo sopra i 35°. Ma siamo a gennaio, e i personaggi di questa coralità intitolata Te l’avevo detto sembrano un bel po’ spaesati anche per questo motivo. E soprattutto presi dalle personali vicende che condurranno ognuno di loro a venire a capo dei mille rimandi di una vita. C’è la pornostar sul viale del tramonto ispirata a Cicciolina di Valeria Golino che dovrà fare i conti con la sua stalker un po’ nevrotica Valeria Bruni Tedeschi. C’è la giovane badante bulimica alle prese con un flirt da pianerottolo Sofia Panizzi, e ci sono poi i sottotitolati Greta Scacchi e Danny Huston, per l’occasione sorella e fratello sacerdote, americani, con l’incombenza di trovare una collocazione per le ceneri della loro madre.

Quest’opera seconda di Ginevra Elkann segue l’esordio di Magari, anno 2019, del quale mantiene Riccardo Scamarcio e Alba Rohrwacher, in coppia anche lì, ma qui divorziati e con un bambino conteso. La narrazione intessuta questa volta ambisce a una tridimensionalità che non spicca mai il volo. Vuoi perché i dialoghi tante volte scorrono farraginosamente – la sceneggiatura è scritta dalla regista con Chiara Barzini e Ilaria Bernardini – vuoi per la scelta di non spingere mai gli eventi ad un climax realmente catartico. Ma latitano anche invenzioni originali in macchina da presa. L’intenzione di stendere un affresco un po’ distopico sulla catastrofe ambientale imminente abitata da storie di singoli con esistenze al capolinea non era neanche malvagia, anzi, se ne poteva creare un bel ponte metaforico quanto attuale. Anche se qui Paolo Virzì con Siccità è arrivato un po’ prima. Il fatto è che sviluppo ed esecuzione risultano leggeri, e i personaggi mollicci. Queste donne dalle vite inciampate sui problemi potevano essere molto di più. E il cast lavora davvero bene con quel che ha, ma sempre limitatamente al proprio ruolo. Va bene, c’è la scelta di far bisbigliare alcuni personaggi, e questo è uno dei peccati capitali del nostro cinema negli ultimi lustri, ma le emozioni che lo schermo ci inocula restano poche e sfuggenti.

Con la sua ottima confezione tecnica, la fotografia opportunamente polverosa e appannata è di Vladan Radovic, Te l’avevo detto arriva in sala il primo febbraio distribuito da Fandango. Avendo prodotto in Italia i buoni esordi di Duccio Chiarini, con Short Skin, e Lamberto Sanfelice, con Cloro, ma pure i primi due film dell’iraniano Babak Jalali, Frontier Blues e Land, l’impressione è che Ginevra Elkann ha forse maturato più e meglio il ruolo di producer. Con pazienza, l’aspettiamo alla sua opera terza, o alle prossime produzioni. L’ultimissima nota di merito va a Riccardo Senigallia. È lui a comporre per la colonna sonora alcune musiche estremamente intriganti che salvano il film.

L'articolo Te l’avevo detto, Ginevra Elkann ci riprova proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/nuove-uscite/te-lavevo-detto-ginevra-elkann-ci-riprova/feed/ 0
Fabrique con il cinema italiano a sostegno del Baobab https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/#respond Thu, 21 Jul 2016 12:58:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=3420 Il 19 luglio 2016 moltissimi autori e protagonisti del cinema italiano si sono mobilitati a sostegno del Baobab, associazione che si occupa dei migranti transitanti a Roma. Moltissimi sono stati i sostenitori di questa iniziativa, fra cui: Gianni Amelio, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Gianfranco Rosi, Daniele Vicari, Andrea Segre, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Valeria Golino, […]

L'articolo Fabrique con il cinema italiano a sostegno del Baobab proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
Il 19 luglio 2016 moltissimi autori e protagonisti del cinema italiano si sono mobilitati a sostegno del Baobab, associazione che si occupa dei migranti transitanti a Roma.

Moltissimi sono stati i sostenitori di questa iniziativa, fra cui: Gianni Amelio, Bernardo Bertolucci, Marco Bellocchio, Gianfranco Rosi, Daniele Vicari, Andrea Segre, Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Valeria Golino, Luca Zingaretti, Claudio Santamaria, Mario Martone, Maya Sansa, Sabina Guzzanti.

L'articolo Fabrique con il cinema italiano a sostegno del Baobab proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/interviste/fabrique-con-il-cinema-italiano-a-sostegno-del-baobab/feed/ 0
“Perfetti sconosciuti”: metti, una sera a cena https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/perfetti-sconosciuti-metti-una-sera-a-cena/ https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/perfetti-sconosciuti-metti-una-sera-a-cena/#respond Tue, 16 Feb 2016 08:33:29 +0000 https://www.fabriqueducinema.it/?p=2700 I film ambientati in una sola location sono perfetti per tirar fuori dai personaggi le sfumature caratteriali meno prevedibili. Sono sufficienti una cena e un gruppo di personalità differenti e ben definite che nel lasso di tempo limitato di una serata entrano in conflitto a causa dello spazio ristretto in cui si trovano e di […]

L'articolo “Perfetti sconosciuti”: metti, una sera a cena proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
I film ambientati in una sola location sono perfetti per tirar fuori dai personaggi le sfumature caratteriali meno prevedibili. Sono sufficienti una cena e un gruppo di personalità differenti e ben definite che nel lasso di tempo limitato di una serata entrano in conflitto a causa dello spazio ristretto in cui si trovano e di un pretesto come, in questo caso, un gioco basato sulla sincerità: tutti decidono di mostrare, infatti, da un certo momento in poi, il contenuto dei propri telefoni cellulari. Chiamate, messaggi, email. Quel che è privato viene svelato. Non ci sono più segreti, e il film così ci mostra senza freni e senza timidezza per la sua intera durata ogni possibile conseguenza derivante dalla sospensione della sfera privata.

La forza di Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese sta nell’utilizzare al meglio il potere del cinema di rendere parlato il pensiero per mezzo di una sceneggiatura che non si vergogna di scavare a fondo. La nascita di vari equivoci provoca difatti reazioni che mostrano i lati oscuri dei caratteri, la polvere celata sotto il tappeto della coscienza. Una volta frantumato l’involucro del comune buon senso, l’immondizia accantonata è pronta a incendiarsi attraverso dialoghi feroci e intelligentemente scritti, pronunciati da attori a loro agio proprio perché liberi di incattivirsi laddove necessario. È la scrittura, ancor prima della regia, che quindi aiuta un cast ben assortito come questo (con le vette raggiunte dal trio Giallini – Mastandrea – Battiston) a scaldarsi e dominare la scena.


Nel frattempo, fuori dalla casa in cui i commensali litigano, è in corso un’eclissi lunare, metafora di una minaccia incombente così come il passaggio di una cometa lo era nell’indipendente Coherence (altro caso di film su una cena che prende una piega imprevedibile), o l’imminente impatto del pianeta Melancholia nell’omonima e più nota opera di Von Trier. Sembra che certi film ambientati soprattutto in interni, nel momento in cui si aprono all’esterno, abbiano bisogno di guardare a qualcosa di incredibilmente distante eppure angosciante come l’universo per raffigurare paure inconsce. E nel nostro caso il lato oscuro della luna sta a rappresentare il più grande terrore, il più grande tabù, che è quasi sempre lo stesso nel cinema e nell’arte in generale: il tradimento. La paura che il vincolo dell’esclusività possa rompersi, per via di quel delitto che risiede nel desiderare qualcun altro al di fuori del sistema-coppia.

Quest’angoscia la avvertiamo anche noi spettatori, che ci riconosciamo nei brevi e intensi scambi di sguardi tra i protagonisti, colti dai numerosi cambi di inquadratura con cui Genovese interviene registicamente, anche se è pur vero che qualche stacco in meno ci avrebbe fatto godere maggiormente della contemporaneità delle risposte emotive di ciascun personaggio. Il regista tuttavia preferisce la sottolineatura, con singoli (primi) piani d’ascolto che per fortuna non sfociano mai nella didascalia.
Anche la musica ha il compito di sottilineare, ma se fosse stata completamente assente non ne avremmo sentito più di tanto la mancanza, così come non ne sentiamo in altri film di “tavolate” come Il fascino discreto della borghesia, per citare un esempio eccellente.

Va detto però che c’è il preciso intento da parte di Genovese di movimentare dall’interno l’impostazione teatrale della narrazione mediante gli strumenti resi disponibili dal cinema come, oltre al commento musicale e al montaggio, alcune lievissime ma frequenti carrellate presenti in situazioni in cui non sarebbe stato un problema lasciare la macchina da presa fissa su un treppiedi. Al di là di questo, in ogni modo, il risultato è efficace, pungente e l’amaro che lascia in bocca ci ricorda quello assaggiato su vecchie terrazze scoliane.

E chissà se è un caso che il film si chiuda con la visione di un palazzo in Piazzale delle Belle Arti che appariva proprio in quel film del 1980, che portava via con sé tutta la vecchia commedia all’italiana, la quale però a quanto pare continua a pulsare, pronta a esplodere con buoni risultati come è successo stavolta, nel cuore di ogni italiano, di ogni perfetto sconosciuto.

L'articolo “Perfetti sconosciuti”: metti, una sera a cena proviene da Fabrique Du Cinéma.

]]>
https://www.fabriqueducinema.it/cinema/recensioni/perfetti-sconosciuti-metti-una-sera-a-cena/feed/ 0